C’era una volta un paese che stava uscendo da un periodo molto buio della sua storia per gettarsi con tutto il suo carico di speranze, ambizioni e sogni verso un futuro che si prospettava tutto a colori come le prime tv di questo tipo che iniziavano a girare per le case. Un paese rimasto provinciale che cercava di mettersi gli abiti della modernità non essendo ancora pronto ad affrontarne le conseguenze.
Era l’Italia di fine anni 70, quella delle Brigate Rosse, dei governi Andreotti, della Banda della Magliana e dal 4 aprile 1978 anche l’Italia di Goldrake e dell’invasione dei cartoni giapponesi.

goldrake tv sorrisi e canzoni


Una vera rivoluzione culturale quest’ultima, che forse le generazioni di oggi non possono ben capire, ma che quella formata dai bambini di allora ricorda ancora bene e porta con se nel suo bagaglio personale insieme alla rabbia e alla frustrazione dell’avversità che dovette essere affrontata allora contro un certo bigottismo che nascondeva l’usuale paura verso qualcosa di diverso, di “altro” e che poteva essere riassunta con la più classica delle affermazioni dei grandi dell’epoca :"I cartoni animati giapponesi sono fatti dal computer!
Il tempo, si sa, tende ad annebbiare la memoria e dopo più di trent’anni abbiamo in parte dimenticato, arrivando a pensare che tutto fosse frutto dell’esagerazione fanciullesca e archiviando la cosa nell’ambito delle leggende metropolitane.
Torniamo indietro nel tempo quindi, a scoprire che la realtà, invero, non solo era quella che affiora dai nostri ricordi ma, per certi versi, è ancora più assurda e divertente, uno specchio impietoso dell’Italia di allora e che per certi versi ancora si ravvede in quella di oggi.

Da "TV Sorrisi e Canzoni" n. 14 del 1978: articolo di presentazione della nuova serie a cartoni animati della RaiAtlas Ufo Robot”:

"L’Atlas Ufo Robot ha inoltre una particolarità che lo distingue dagli altri cartoni animati: è stato realizzato con la collaborazione di un cervello elettronico nel quale sono stati inseriti dei dati riguardanti il tipo di disegno e i colori. L’elaboratore ha poi fornito i ragguagli tecnici necessari; naturale che il prodotto sia riuscito bene!”.

Lo stesso articolo affermava poi:

I giapponesi non hanno una lunga tradizione nel campo del fumetto (che è sempre all’origine del cartone animato); non hanno personaggi che sono riusciti a sfondare: i loro giornali pubblicano storie disneyane o le vicende di Charlie Brown…

Quanto scritto in questo articolo evidentemente fu preso per oro colato dato che fu ripreso anche da uno dei settimanali più letti per ragazzi: Topolino.

supergoldrake


Per realizzare Goldrake e C., questi emuli di Disney dagli occhi a mandorla, hanno fatto ricorso a un cervello elettronico nel quale hanno inserito i dati riguardanti le vicende, il tipo di disegno e i colori previsti. Il computer ha quindi fornito tutti i ragguagli tecnici perchè i cartoni animati risultassero perfetti. Una tecnica quasi fantascientifica.” - TOPOLINO N. 1181 - 16 Luglio 1978

Articoli fatti sul sentito dire, senza una seria verifica di quanto scritto dato che, allora come oggi, sappiamo che non esiste nessun computer al mondo che, premendo un bottone, sforna un cartone animato di trenta minuti inventandosi di sana pianta storia, personaggi e scenografie. Con molta probabilità l’idea che ci fosse l’utilizzo di macchinari elettronici nella realizzazione dei cartoni nipponici era nata notando in questi una continua ripetizione di scene e intere sequenze (basti pensare alla metamorfosi di Duke Fleed in Goldrake e nella partenza del Big Shootter in Jeeg) nell’ambito delle varie puntate, frutto però di un riciclo che serviva ad un risparmio generale sugli alti costi della produzione.
Ipotesi nata quindi dal puro pregiudizio e che non tardò a produrre i suoi nefasti effetti in una società, quale quella italiana dell’epoca, che già vedeva ancora con circospetto i programmi televisivi, figuriamoci qualcosa di così diverso. Quando sentirono che Goldrake e gli altri “cartoni giapponesi” erano fatti “col computer”, genitori, insegnanti, educatori, giornalisti e chi più ne ha più ne metta, annunciarono scandalizzati che i cartoni animati giapponesi andavano vietati, perché erano tutti fatti “DA UN computer” (quindi neppure “COL computer” come sosteneva l’articolo…) ed erano dunque privi di sentimenti umani con la conseguenza di far crescere gli inermi bambini italici con valori totalmente distorti e “pericolosi”.
Basti pensare agli anatemi di un'intellettuale quale Alberto Bevilacqua che arrivava a scrivere: "Goldrake è lo stadio che può precedere la droga vera e propria"!(Corriere della Sera 14 aprile 1980).

duo harlock


La “campagna” mediatica ma anche politica (riguardare l’articolo "35 anni dopo ricordiamo: chi aveva paura di Goldrake?") contro “la violenza” di questi robottoni nati da un cervellone elettronico non riuscì ad impedire, però, il grande successo in termini di ascolti televisivi e merchandising di Goldrake. Sull’onda di questo successo l’anno dopo una troupe Rai del TG1 andò direttamente a Tokyo negli Studi Toei sulle tracce del successo di Goldrake, scoprendone la realtà: "Abituati a associare il lavoro dei giapponesi a sofisticate attrezzature elettroniche, gli occidentali, quando apparvero i cartoni nipponici parlarono subito di programmazione ed elaborazione elettroniche. Non è così: come mostrano queste immagini, i disegni animati giapponesi sono il risultato del più artigianale dei lavori..."- Tam TamSpeciale Tg1: «Heidi, Goldrake, Harlock and Co.» del 5/4/1979
Servì a sfatare il mito? Proprio per niente!
Siamo nel settembre 1979 e su "Radiocorriere TV" si torna a disquisire del successo dei cartoni giapponesi in Italia, sull’onda dei consensi che stava avendo in quel momento Capitan Harlock sulla seconda rete Rai.
Stavolta si va più nello specifico, analizzando i risvolti economici dell’animazione “ con gli occhi a mandorla”. Leggiamo:

il costo per esempio, delle loro animazioni e dei loro prodotti in generale è decisamente inferiore a quello medio della nostra produzione; e non di poco. Alcuni dati: una puntata di un cartone come Heidi viene a costare (prodotto finito in edizione italiana pronto per essere messo in onda) 5 milioni; tre minuti di un cartone italiano ne costano mediamente tre.
Come si spiegano costi così contenuti? La manodopera, per esempio, è il fattore che più incide nella lavorazione del cartone. Ma se è vero che inizialmente i giapponesi si sono avvalsi della collaborazione di disegnatori coreani mal pagati è anche vero che con l’affermazione di questo nuovo tipo di industria il “popolo del Sol Levante”, che di tecnologia ne ha da vendere, si è specializzato affidandosi a sofisticati elaborati elettronici. Si, anche nel cartone animato l’era del computer è insomma arrivata.
Sarà un computer infatti a disegnare nuove storie. Basterà inserire nel cervello elettronico alcuni schizzi base, l’idea della storia ed il tipo di mercato al quale il prodotto si rivolge, e poi ci penserà lui, il computer, adattando ad ogni circostanza l’immagine giusta, quella più idonea a far maggior presa sul piccolo telespettatore.


A leggere oggi queste parole viene da farsi una bella e amara risata al pensiero che oggi quello giapponese è uno dei pochi baluardi dell'animazione classica di fronte ai colossi americani che ormai riconoscono solo la computer grafica...

In galleria potete trovare l'articolo del Radiocorriere Tv Settembre 1979 su gentile concessione del sito L'Antro Atomico del Dr. Manhattan. Noterete che oltre ad Harlock si parla anche di Remi, cartone che doveva essere ancora trasmesso, e di occhialetti 3D.
Questi vennero effettivamente allegati al giornale (foto in galleria) con una lente verde e una rossa...e disponibile anche per le tv in B/N con lenti nere e bianche!
In realtà per effetto tridimensionale non era inteso quello che conosciamo oggi ma riguardava bensì i fondali che venivano ripresi a distanze differenti tra di loro rispetto alle figure in primo piano: in questo modo sfondi e figure si muovevano a velocità diverse, appunto con un effetto di tridimensionalità. Una vera innovazione per l'epoca al contrario degli occhialini venduti sulla rivista, che risultarono praticamente inutili per la delusione dei bimbi dell'epoca!


Fonti consultate:
L'Antro Atomico del Dr. Manhattan
Rapporto Confidenziale | rivista digitale di cultura cinematografica
Imago Recensio
MAZINGER Z, IL GRANDE MAZINGER E GOLDRAKE-Guide Supereva sezione cartoni animati