Liz e l'uccellino azzurro
Se qualcuno mi chiedesse che cos'è davvero la "regia" nell'ambito degli anime, indicherei immediatamente questo film. "Liz e l'uccellino azzurro", diretto dalla geniale Naoko Yamada, è uno spin-off della serie "Sound! Euphonium" che si colloca in parallelo al film sequel della seconda stagione, ossia durante il secondo anno di Kumiko, ed è incentrato sui personaggi di Mizore e Nozomi. Non è strettamente necessario aver visionato la serie, ma conoscere questi due personaggi aiuta sicuramente ad apprezzarlo.
Per spiegare la frase relativamente forte con cui ho iniziato la recensione, trovo ideale analizzare la sequenza iniziale. Dopo una breve introduzione nel mondo fantastico (storia nella storia), il film si apre con una scena di oltre sei minuti in cui le due protagoniste fanno poco altro che camminare dall'entrata della scuola fino all'aula di musica. Mizore arriva prima, ma si ferma e aspetta sui gradini fino all'arrivo di Nozomi, la quale, sorridente e con passo deciso, resta davanti per tutto il tragitto. Mizore la segue a una certa distanza e la osserva ininterrottamente con un misto di ammirazione e soggezione; fa fatica a rispondere quando Nozomi le porge una piuma blu, e prosegue lentamente. Yamada mostra il contrasto tra le due ragazze con gli sguardi, ma in particolare inquadrando le gambe: vivaci e reattive quelle di Nozomi, che sale due gradini alla volta e arriva in fretta in cima; caute e strette quelle di Mizore, che si ferma e osserva dal basso la figura quasi divina dell'amica. È tuttavia Mizore, dopo un breve flashback che mostra come il loro rapporto non sia cambiato molto rispetto al loro primo incontro, che apre la porta dell'aula. La sequenza è accompagnata da una traccia musicale minimalista che integra i suoni ritmici dei passi come percussioni, delineando un'atmosfera a tratti magica. Non sono quasi presenti dialoghi: la situazione, i sentimenti delle ragazze, le loro personalità, la loro distanza e il loro rapporto vengono trasmessi interamente e perfettamente tramite la maestria audiovisiva. Finita questa introduzione, lo spettatore sa, e sente, tutto ciò che deve sapere riguardo le protagoniste, senza una sola spiegazione a parole.
La narrazione si concentra sul parallelismo tra la storia reale di Mizore e Nozomi e quella fittizia di Liz e l'uccellino azzurro. La fiaba, che ispira il brano scelto dalla banda scolastica, parla di una ragazza di nome Liz che stringe una forte amicizia con un uccellino che assume sembianze umane, e finisce con la loro separazione. Le due ragazze devono prepararsi a un duetto in cui l'oboe di Mizore rappresenta Liz, mentre il flauto di Nozomi rappresenta l'uccellino, e si immedesimano nella fiaba: come l'uccellino con Liz, l'energetica Nozomi ha aperto il mondo buio dell'introversa Mizore, diventando per lei necessaria. Tuttavia, le protagoniste fanno fatica a comprendere il finale della fiaba, in cui Liz lascia andare l'uccellino, sentendosi in colpa per averla tenuta in gabbia e impedito di spiegare le ali; questo le porterà, nel mezzo di difficili decisioni circa i loro piani di vita all'indomani delle superiori, a mettere in discussione la loro interpretazione della fiaba e quale personaggio davvero le rispecchi. Le ali dell'uccellino diventano quindi una rappresentazione dell'incredibile talento musicale di Mizore, catalizzatore di una svolta nella relazione delle due ragazze.
Il film parte da uno scheletro narrativo apparentemente semplice, per poi costruire una complessa e sfaccettata esplorazione piscologica di due personaggi veri e tridimensionali. Canalizza tutta l'attenzione al loro rapporto, per poterlo trattare con la massima completezza, senza appesantirlo con sotto-trame o accennando a più tematiche di quelle necessarie. Utilizza numerosi simbolismi visivi che accentuano ogni scena e trasmettono ogni tema con grazia ed empatia, e sono integrati a dir poco magistralmente. Affronta l'amicizia (o amore) delle protagoniste, la paradossale distanza che ciascuna crea per paura di perdere l'altra completamente, e la vicinanza che ottengono quando finalmente decidono di lasciar andare e seguire la propria strada, e come questo non sia affatto un abbandono. La scena finale rispecchia perfettamente quella iniziale, dando all'opera un senso di completezza e coesione. Yamada ha il totale controllo di ogni scena e ogni fotogramma, rendendoli tutti indispensabili. La colonna sonora minimale di Kensuke Ushio valorizza ogni momento, compresi i lunghi silenzi, ed è utilizzata in modo impeccabile. Nao Touyama e Atsumi Tanezaki danno vita alle protagoniste in una delle loro migliori interpretazioni, veicolando i drammi e le emozioni in modo realistico e credibile. I colori e i design dei personaggi sono rinnovati e diversi rispetto a quelli della serie madre, sposandosi meglio con l'impostazione più fiabesca e personale. E prevedibilmente, essendo un prodotto Kyoto Animation, i disegni e le animazioni sono costantemente mozzafiato.
Un film di rara bellezza per chiunque apprezzi una storia semplice ma profonda, messa in scena con maestria e passione.
"Happy Ice Cream!"
Per spiegare la frase relativamente forte con cui ho iniziato la recensione, trovo ideale analizzare la sequenza iniziale. Dopo una breve introduzione nel mondo fantastico (storia nella storia), il film si apre con una scena di oltre sei minuti in cui le due protagoniste fanno poco altro che camminare dall'entrata della scuola fino all'aula di musica. Mizore arriva prima, ma si ferma e aspetta sui gradini fino all'arrivo di Nozomi, la quale, sorridente e con passo deciso, resta davanti per tutto il tragitto. Mizore la segue a una certa distanza e la osserva ininterrottamente con un misto di ammirazione e soggezione; fa fatica a rispondere quando Nozomi le porge una piuma blu, e prosegue lentamente. Yamada mostra il contrasto tra le due ragazze con gli sguardi, ma in particolare inquadrando le gambe: vivaci e reattive quelle di Nozomi, che sale due gradini alla volta e arriva in fretta in cima; caute e strette quelle di Mizore, che si ferma e osserva dal basso la figura quasi divina dell'amica. È tuttavia Mizore, dopo un breve flashback che mostra come il loro rapporto non sia cambiato molto rispetto al loro primo incontro, che apre la porta dell'aula. La sequenza è accompagnata da una traccia musicale minimalista che integra i suoni ritmici dei passi come percussioni, delineando un'atmosfera a tratti magica. Non sono quasi presenti dialoghi: la situazione, i sentimenti delle ragazze, le loro personalità, la loro distanza e il loro rapporto vengono trasmessi interamente e perfettamente tramite la maestria audiovisiva. Finita questa introduzione, lo spettatore sa, e sente, tutto ciò che deve sapere riguardo le protagoniste, senza una sola spiegazione a parole.
La narrazione si concentra sul parallelismo tra la storia reale di Mizore e Nozomi e quella fittizia di Liz e l'uccellino azzurro. La fiaba, che ispira il brano scelto dalla banda scolastica, parla di una ragazza di nome Liz che stringe una forte amicizia con un uccellino che assume sembianze umane, e finisce con la loro separazione. Le due ragazze devono prepararsi a un duetto in cui l'oboe di Mizore rappresenta Liz, mentre il flauto di Nozomi rappresenta l'uccellino, e si immedesimano nella fiaba: come l'uccellino con Liz, l'energetica Nozomi ha aperto il mondo buio dell'introversa Mizore, diventando per lei necessaria. Tuttavia, le protagoniste fanno fatica a comprendere il finale della fiaba, in cui Liz lascia andare l'uccellino, sentendosi in colpa per averla tenuta in gabbia e impedito di spiegare le ali; questo le porterà, nel mezzo di difficili decisioni circa i loro piani di vita all'indomani delle superiori, a mettere in discussione la loro interpretazione della fiaba e quale personaggio davvero le rispecchi. Le ali dell'uccellino diventano quindi una rappresentazione dell'incredibile talento musicale di Mizore, catalizzatore di una svolta nella relazione delle due ragazze.
Il film parte da uno scheletro narrativo apparentemente semplice, per poi costruire una complessa e sfaccettata esplorazione piscologica di due personaggi veri e tridimensionali. Canalizza tutta l'attenzione al loro rapporto, per poterlo trattare con la massima completezza, senza appesantirlo con sotto-trame o accennando a più tematiche di quelle necessarie. Utilizza numerosi simbolismi visivi che accentuano ogni scena e trasmettono ogni tema con grazia ed empatia, e sono integrati a dir poco magistralmente. Affronta l'amicizia (o amore) delle protagoniste, la paradossale distanza che ciascuna crea per paura di perdere l'altra completamente, e la vicinanza che ottengono quando finalmente decidono di lasciar andare e seguire la propria strada, e come questo non sia affatto un abbandono. La scena finale rispecchia perfettamente quella iniziale, dando all'opera un senso di completezza e coesione. Yamada ha il totale controllo di ogni scena e ogni fotogramma, rendendoli tutti indispensabili. La colonna sonora minimale di Kensuke Ushio valorizza ogni momento, compresi i lunghi silenzi, ed è utilizzata in modo impeccabile. Nao Touyama e Atsumi Tanezaki danno vita alle protagoniste in una delle loro migliori interpretazioni, veicolando i drammi e le emozioni in modo realistico e credibile. I colori e i design dei personaggi sono rinnovati e diversi rispetto a quelli della serie madre, sposandosi meglio con l'impostazione più fiabesca e personale. E prevedibilmente, essendo un prodotto Kyoto Animation, i disegni e le animazioni sono costantemente mozzafiato.
Un film di rara bellezza per chiunque apprezzi una storia semplice ma profonda, messa in scena con maestria e passione.
"Happy Ice Cream!"
Ho tentato di guardare il film, ma mi sentivo stanco, e il film era lento, molto lento, alla fine mi sarò addormentato una mezz’oretta e mi sono svegliato per arrivare alla risoluzione del problema delle due ragazze. Insomma, ho perso mezz’ora del film e mi è sembrato non ci fosse bisogno di tornare indietro perché mi sono perso qualcosa, mi è sembrato di non essermi perso nulla.
La storia ha quattro protagoniste: due coppie che vanno avanti parallelamente, le studentesse Nozomi e Mizore, e la fornaia Liz con l’uccellino Aoi. La seconda storia è una favola, la prima la realtà in cui Mizore è attratta da Nozomi, ma non riesce a dirglielo. Mizori ha un carattere schivo, non riesce a farsi amici, non riesce a discutere con nessuno... sempre monosillabi... Nozomi invece è spigliata e popolare fra le compagne. Visto che non ci sono praticamente personaggi maschili (tranne un professore), ho pensato che si trattasse di una storia delicata di stampo shojo ai, e probabilmente è così, e anche altri personaggi oltre alle due studentesse principali me lo fanno pensare.
Naoki Yamada è una buona regista, ma stavolta la storia ha decisamente meno brio rispetto a “A Silent Voice”, dove vengono alla luce tematiche simili; certo, qui la presenza di una coppia omosessuale rende tutto più difficile, in quanto la paura del rifiuto è di natura duplice, e può comportare l’esclusione della lesbica dalla società. Mizore di fatto si auto-esclude da tutti, tranne in parte Nozomi, la quale non si accorge della solitudine dell’amica.
Insomma, uno slice of life che narra una storia potenzialmente drammatica che però ha un finale lieto.
Voto (per quel che ho visto) sei.
La storia ha quattro protagoniste: due coppie che vanno avanti parallelamente, le studentesse Nozomi e Mizore, e la fornaia Liz con l’uccellino Aoi. La seconda storia è una favola, la prima la realtà in cui Mizore è attratta da Nozomi, ma non riesce a dirglielo. Mizori ha un carattere schivo, non riesce a farsi amici, non riesce a discutere con nessuno... sempre monosillabi... Nozomi invece è spigliata e popolare fra le compagne. Visto che non ci sono praticamente personaggi maschili (tranne un professore), ho pensato che si trattasse di una storia delicata di stampo shojo ai, e probabilmente è così, e anche altri personaggi oltre alle due studentesse principali me lo fanno pensare.
Naoki Yamada è una buona regista, ma stavolta la storia ha decisamente meno brio rispetto a “A Silent Voice”, dove vengono alla luce tematiche simili; certo, qui la presenza di una coppia omosessuale rende tutto più difficile, in quanto la paura del rifiuto è di natura duplice, e può comportare l’esclusione della lesbica dalla società. Mizore di fatto si auto-esclude da tutti, tranne in parte Nozomi, la quale non si accorge della solitudine dell’amica.
Insomma, uno slice of life che narra una storia potenzialmente drammatica che però ha un finale lieto.
Voto (per quel che ho visto) sei.
Anche se sai che non è la regia ad averti causato un certo sentimento, è sempre un trauma riconoscere di non aver apprezzato una data opera, soprattutto per una persona curiosa e vorace di arte come il sottoscritto. La mente ti si riempie di dubbi, e di speculazioni su quali siano i confini di un tale non apprezzamento.
Così, quando vidi "A Silent Voice - La forma della voce", mi domandai se il mio problema fosse solo quel film, o Naoko Yamada in generale.
Per fortuna, il mio problema era solo quel film.
Mi sono ritrovato ad apprezzare molto "Liz e l'uccellino azzurro".
Lo ritengo uno di quei film che, a differenza di altri, riesce davvero nel suo intento di voler essere una storia che parla di rapporti umani con semplicità, senza essere didascalici o retorici. Chiaramente è un discorso che va contestualizzato: tutte le opere artistiche sono retoriche sino a un certo punto. Esse esistono per comunicare un qualcosa, anche solo per il fatto che non riusciamo a prenderle sul serio quando non riusciamo a contestualizzarle, soprattutto se non ci danno gli elementi per farlo.
Lo fa anche "Liz e l'uccellino azzurro": per chi sa come si scrive una storia, diventa subito chiaro cosa voglia raccontare, e che mezzi sta usando per farlo. Però, come sto cercando di dire, questo non è un problema, perché è inevitabile.
Quello che però rende umana un'opera come questa è il suo svolgersi in un mondo di comportamenti e atteggiamenti davvero, appunto, umani. Anche al di là delle protagoniste, ogni singolo personaggio ha dei piccoli atteggiamenti e gesti che, nella loro semplicità, riescono a donare quel senso di verosimiglianza e di confortevole intimità di cui ha bisogno una storia del genere.
Quindi, lo sviluppo dei suoi pochi temi è molto facile da riconoscere e seguire, ma è così delicato ed empatico da essere, quasi ironicamente, molto più d'impatto di tante altre opere, e molto più profondo nel suo non andare troppo in alto.
Dopotutto, anche qualcosa di maestoso come una stella, per chi non conosce l'universo, può sembrare un foro luminoso nella tenda celeste che copre il mondo; mentre quasi tutti siamo stati innamorati o anche solo affezionati a qualcuno, e anche solo raccontare queste cose può smuoverci emozioni incredibili.
Credo che la parola "semplicità" sia la chiave per descrivere questo film.
Sono semplici i paralleli tra la favola dell'uccellino azzurro e il rapporto tra le due protagoniste, come quelli tra la musica e questo rapporto. Lo è anche il tema stesso del film, e lo sono i mezzi narrativi con cui viene portato avanti. Questa semplicità però non scade mai nella banalità o nella finta modestia, rendendolo un film dimenticabile o pretenzioso.
"Liz e l'uccellino azzurro" sa davvero come dire le cose senza parlare molto, e non solo perché il film è poco verboso a livello di dialoghi. L'esempio più ovvio, ma anche il più immediato da comprendere, sono i primi cinque minuti del film, dove con una semplice camminata Naoko Yamada riesce a descrivere tutto il rapporto attuale e pregresso delle due protagoniste, oltre a dare il là per il parallelismo tra la fiaba e le due protagoniste.
Detto questo, mi sono ritrovato anche ad apprezzare la sostanza stessa dei messaggi in questione.
Non è facile comunicare al meglio la necessità di non dover ingabbiare gli altri a noi stessi, ma anche di non farci ingabbiare dagli altri, e trovo esemplare l'abilità con cui il film lo ha fatto, senza dover essere roboante. Inoltre, a differenza di altri film che ho visto, quest'opera riesce a descrivere il confrontarsi e il rivelare due prospettive diverse, quelle delle protagoniste, sullo stesso argomento, con una tale naturalezza che, davvero, posso solo complimentarmi con una sensibilità che riesce a cogliere così bene questi dissidi e i modi in cui reagiamo ad essi, e che riesce anche a descriverli senza caricarli all'inverosimile.
Non ho molto altro da dire: delle cose belle è molto facile parlare, sono le cose brutte che richiedono analisi approfondite sul perché lo siano.
Vorrei quindi terminare dicendo che, quando scrissi la recensione di "Serial Experiment Lain", asserii che quell'opera fosse un monumento alla vera capacità di raccontare la complessità. "Liz e l'uccellino azzurro" è il capo opposto di questa linea di pensiero: è uno dei migliori esponenti su come si racconta la semplicità.
Non vedo l'ora di recuperare altre opere della regista.
Auf wiedersehen!
P.S. Ho visto alcune clip in italiano del film: il doppiaggio è osceno. Guardatelo in giapponese.
Così, quando vidi "A Silent Voice - La forma della voce", mi domandai se il mio problema fosse solo quel film, o Naoko Yamada in generale.
Per fortuna, il mio problema era solo quel film.
Mi sono ritrovato ad apprezzare molto "Liz e l'uccellino azzurro".
Lo ritengo uno di quei film che, a differenza di altri, riesce davvero nel suo intento di voler essere una storia che parla di rapporti umani con semplicità, senza essere didascalici o retorici. Chiaramente è un discorso che va contestualizzato: tutte le opere artistiche sono retoriche sino a un certo punto. Esse esistono per comunicare un qualcosa, anche solo per il fatto che non riusciamo a prenderle sul serio quando non riusciamo a contestualizzarle, soprattutto se non ci danno gli elementi per farlo.
Lo fa anche "Liz e l'uccellino azzurro": per chi sa come si scrive una storia, diventa subito chiaro cosa voglia raccontare, e che mezzi sta usando per farlo. Però, come sto cercando di dire, questo non è un problema, perché è inevitabile.
Quello che però rende umana un'opera come questa è il suo svolgersi in un mondo di comportamenti e atteggiamenti davvero, appunto, umani. Anche al di là delle protagoniste, ogni singolo personaggio ha dei piccoli atteggiamenti e gesti che, nella loro semplicità, riescono a donare quel senso di verosimiglianza e di confortevole intimità di cui ha bisogno una storia del genere.
Quindi, lo sviluppo dei suoi pochi temi è molto facile da riconoscere e seguire, ma è così delicato ed empatico da essere, quasi ironicamente, molto più d'impatto di tante altre opere, e molto più profondo nel suo non andare troppo in alto.
Dopotutto, anche qualcosa di maestoso come una stella, per chi non conosce l'universo, può sembrare un foro luminoso nella tenda celeste che copre il mondo; mentre quasi tutti siamo stati innamorati o anche solo affezionati a qualcuno, e anche solo raccontare queste cose può smuoverci emozioni incredibili.
Credo che la parola "semplicità" sia la chiave per descrivere questo film.
Sono semplici i paralleli tra la favola dell'uccellino azzurro e il rapporto tra le due protagoniste, come quelli tra la musica e questo rapporto. Lo è anche il tema stesso del film, e lo sono i mezzi narrativi con cui viene portato avanti. Questa semplicità però non scade mai nella banalità o nella finta modestia, rendendolo un film dimenticabile o pretenzioso.
"Liz e l'uccellino azzurro" sa davvero come dire le cose senza parlare molto, e non solo perché il film è poco verboso a livello di dialoghi. L'esempio più ovvio, ma anche il più immediato da comprendere, sono i primi cinque minuti del film, dove con una semplice camminata Naoko Yamada riesce a descrivere tutto il rapporto attuale e pregresso delle due protagoniste, oltre a dare il là per il parallelismo tra la fiaba e le due protagoniste.
Detto questo, mi sono ritrovato anche ad apprezzare la sostanza stessa dei messaggi in questione.
Non è facile comunicare al meglio la necessità di non dover ingabbiare gli altri a noi stessi, ma anche di non farci ingabbiare dagli altri, e trovo esemplare l'abilità con cui il film lo ha fatto, senza dover essere roboante. Inoltre, a differenza di altri film che ho visto, quest'opera riesce a descrivere il confrontarsi e il rivelare due prospettive diverse, quelle delle protagoniste, sullo stesso argomento, con una tale naturalezza che, davvero, posso solo complimentarmi con una sensibilità che riesce a cogliere così bene questi dissidi e i modi in cui reagiamo ad essi, e che riesce anche a descriverli senza caricarli all'inverosimile.
Non ho molto altro da dire: delle cose belle è molto facile parlare, sono le cose brutte che richiedono analisi approfondite sul perché lo siano.
Vorrei quindi terminare dicendo che, quando scrissi la recensione di "Serial Experiment Lain", asserii che quell'opera fosse un monumento alla vera capacità di raccontare la complessità. "Liz e l'uccellino azzurro" è il capo opposto di questa linea di pensiero: è uno dei migliori esponenti su come si racconta la semplicità.
Non vedo l'ora di recuperare altre opere della regista.
Auf wiedersehen!
P.S. Ho visto alcune clip in italiano del film: il doppiaggio è osceno. Guardatelo in giapponese.
"Chi tace soggiace alla volontà del loquace" (Caparezza - Il silenzio dei colpevoli)
Il gioco di parole dell'eccentrico ma ficcante e arguto artista pugliese (in una canzone che ha ben altri contesti e significati di denuncia) mi dà l'ispirazione a scrivere dei pensieri che "Liz e l'uccellino azzurro" mi ha suscitato durante e dopo la sua visione.
Della regista Naoko Yamada e della sceneggiatrice Reiko Yoshida avevo avuto modo di vedere e apprezzare "Koe no Katachi" ("A Silent Voice" o "La forma della voce" - 2016) e questo film successivo mi è sembrato rappresentare l'evoluzione dell'ottima opera precedente, di cui tuttavia non riesce, per poco, a raggiungere le vette di contenuto e drammaticità.
La premiata ditta Yamada/Yoshida riesce tuttavia a confezionare da una storia molto eterea, quasi impalpabile ed effimera, un capolavoro "visivo" capace di trasmettere e far capire sul "non detto" molto di più di tanti monologhi interiori esplicativi degli stati d'animo dei personaggi, rendendo l'animazione molto, se non del tutto simile alla cinematografia d'autore, basata sulla comunicazione non verbale, sui silenzi prolungati e pregni di dolorosa sofferenza, imbarazzo, disagio e incapacità di esprimersi, sull'inseguirsi continuamente senza riuscire a raggiungersi, senza quella ingenuità tipica e anche un po' stupida e stucchevole di tanti anime in cui gli adolescenti vengono rappresentati come vittime del dramma dell'incomunicabilità, dell'incapacità ad esprimere ciò che realmente si pensa e si vuole fare e dell'equivoco, costringendosi ad accettare insulsi compromessi su ogni aspetto dell'esistenza.
Eh già, "Liz e l'uccellino azzurro" riprende il tema di "Koe no Katachi" e per certi versi lo esaspera al punto da rendere la trama quasi noiosa, lenta, banale e poco attraente, perché, in fondo, narrare di una coppia di amiche di cui una è in apparenza brillante, "popolare" (come amano dire negli anime delle persone al centro dell'attenzione), estroversa, sempre con la battuta pronta e decisa in ogni cosa che vuole fare, e dell'altra che è timida e introversa al punto di isolarsi da tutto e da tutti e di considerare solo l'amica brillante la persona da seguire, imitare (ove possibile) e in un certo senso seguire ovunque lei vada, sostenendola e cercando di comprenderla, non può essere accattivante in assoluto.
Un rapporto che chi vede la situazione rappresentata dall'esterno potrebbe definire "malato", di "dipendenza affettiva patologica", in cui la introversa Mizore Yoroizuka assume un comportamento che la rende dipendente da Nozomi Kasaki, fino a instaurare un attaccamento morboso verso di lei, anche quando la loro amicizia mette a repentaglio il suo benessere emotivo e anche le sue capacità e abilità di suonare.
Da buona "dipendente", in Mizore si vede l'evidente alterazione del suo comportamento, volto all’estenuante tentativo di tenere sotto controllo le sue emozioni come l'ansia di essere rifiutati o allontanati da Nozomi e la profonda carenza di autostima che la porta a sembrare meno brava nel suonare l'oboe rispetto all'amica, per non rendere evidente il suo minor talento, e quindi creare una situazione di "tensione" con l'unica persona che reputa degna di attenzione e della sua amicizia.
Il parallelismo con la fiaba che dà il nome al film è palese fin dagli inizi. Infatti, "Liz e l’uccellino azzurro" narra la storia di Liz, una ragazza isolata e sola, che salva un uccellino azzurro che può magicamente assumere la forma umana di una ragazza che diventa sua amica. Ma l'essere magico ha bisogno della sua libertà, e spesso si ritrasforma in uccellino, per volare e vivere come meglio crede. Liz alla fine diventa consapevole della forte diatriba interna dell'uccellino dovuta all'attaccamento nei suoi confronti, e sia pur con la morte nel cuore accetta e, anzi, favorisce la liberazione dalle catene della dipendenza affettiva e fa volare libero e felice l'uccellino.
La metafora tra la storia della fiaba e quella di Nozomi e Mizore è pertanto chiara sin dalle prime note del duetto musicale che le due amiche dovranno performare nel concerto della scuola, e con la mancata armonizzazione dei loro suoni saranno costrette a iniziare a esplorare il loro ego allo scopo di risolvere i problemi che affliggono il loro rapporto e le loro interazioni, scoprendo che il parallelismo tra loro e i personaggi della fiaba non è poi così "scontato", nell'iniziale apparente coincidenza tra Liz e Mizore e l'uccellino azzurro e Nozomi.
Yoshida e Yamada prendono spunto da un classico spaccato di vita adolescenziale nipponico (e non solo...) che, per chi ama il genere slice of life e commedie ad ambientazione scolastica, potrà facilmente ritrovare anche nel loro film. Una vera e propria istantanea sul percorso del "coming of age", del cercare, volenti o nolenti, di "diventare grandi", una sorta di bildungsroman, di romanzo di formazione, in cui si percepisce nel finale con il nuovo "(re)joint" tra le due amiche una possibile soluzione ai piccoli e grandi problemi e ostacoli dell'adolescenza.
Ho apprezzato in positivo per una volta anche l'intervento (pro)positivo degli insegnanti, che cercheranno di favorire la miglior "calibrazione" delle interazioni tra Mizore e Nozomi: un intervento che mi è apparso così "lontano" da come vengono dipinti negli anime i soliti professori e adulti in genere, che sembrano esclusivamente ispirati alla weltanschaaung "tutto sudore e sangue", dove l'individualità abdica in favore del bene del gruppo e della società, nella classica visione culturale della società nipponica. Un intervento molto mirato, con la consapevolezza di ascoltare e stuzzicare l'individualità delle ragazze, piuttosto che porsi in modo rigido e autoritario... E, per questa volta, non si vedono ragazzi/e abbandonati a sé stessi nei tentativi di cercare di risolvere i loro problemi.
La trama così delicata e intimistica nella sua palese semplicità (nulla di nuovo o scioccante sotto gli occhi dello spettatore) è supportata, anzi ne esce enormemente corroborata e rafforzata, dal comparto tecnico, visivo e musicale. E qui il duo Yamada/Yoshida è riuscito a dare alla pellicola un tocco di delicatezza e sensibilità che raggiunge, se non supera, quello di "Koe no Katachi".
L'incapacità di comunicare tra Nozomi e Mizore è fondata sul "non detto" e i silenzi impacciati, gli sguardi tremolanti e fissi nel vuoto, mentre si cerca di esprimere qualcosa che non riesce ad uscire dalla bocca, i mancati abbracci, le continue inquadrature sui piedi e gambe delle protagoniste, testimoni dei continui inseguimenti tra due persone che non riescono a camminare "fianco a fianco", l'apparente insensibilità di Nozomi nei confronti di Mizore, la maschera brillante di Nozomi che non accetta la bravura di Mizore, ecc. sono tutte pennellate d'acquarello sui sentimenti e sensazioni delle due ragazze che trasmettono allo spettatore una emotività non spiegata da inutili e barbosi monologhi, lasciandolo solo nello sforzarsi di capire e trovare, come nella realtà, il significato di determinati atteggiamenti e comportamenti.
"Liz e l'uccellino azzurro" rappresenta una sorta di spin off della fortunata saga anime "Sound! Euphonium", tratta dall'omonimo manga del 2013 di Ayano Takeda, guarda caso ambientata in un club di musica della scuola superiore Kitauji, prendendo spunto dai due personaggi secondari, Nozomi e Mizore, che compaiono della seconda serie anime. Tutte le serie e i film sono di produzione della Kyoto Animation, rimasta coinvolta nell'estate del 2019 da un gravissimo incendio doloso, con trentasei persone dello studio decedute, che ha decretato la fine della produzione di uno degli studi più interessanti degli anni 2000 in termini di qualità delle produzioni.
"Liz e l'uccellino azzurro" rappresenta una carezza gentile, una lieve brezza che sfiora la pelle e il conseguente intimo e delicato brivido che percorre il corpo. È il suo grande pregio ma anche il suo profondo limite. A coloro che non piacciono le storie lente, 100% slice of life, la visione risulta oltremodo faticosa se non noiosa, essendo basata quasi esclusivamente sulla percezione quasi maniacale e rarefatta dei dettagli e dei particolari, al limite di sembrare pretenziosa e pretestuosa.
Resta a mio avviso un "must watch", un punto di intersezione tra qualità visiva e musicale, in cui i dialoghi per una volta lasciano la strada libera alla percezione delle sensazioni e dei sentimenti.
Il gioco di parole dell'eccentrico ma ficcante e arguto artista pugliese (in una canzone che ha ben altri contesti e significati di denuncia) mi dà l'ispirazione a scrivere dei pensieri che "Liz e l'uccellino azzurro" mi ha suscitato durante e dopo la sua visione.
Della regista Naoko Yamada e della sceneggiatrice Reiko Yoshida avevo avuto modo di vedere e apprezzare "Koe no Katachi" ("A Silent Voice" o "La forma della voce" - 2016) e questo film successivo mi è sembrato rappresentare l'evoluzione dell'ottima opera precedente, di cui tuttavia non riesce, per poco, a raggiungere le vette di contenuto e drammaticità.
La premiata ditta Yamada/Yoshida riesce tuttavia a confezionare da una storia molto eterea, quasi impalpabile ed effimera, un capolavoro "visivo" capace di trasmettere e far capire sul "non detto" molto di più di tanti monologhi interiori esplicativi degli stati d'animo dei personaggi, rendendo l'animazione molto, se non del tutto simile alla cinematografia d'autore, basata sulla comunicazione non verbale, sui silenzi prolungati e pregni di dolorosa sofferenza, imbarazzo, disagio e incapacità di esprimersi, sull'inseguirsi continuamente senza riuscire a raggiungersi, senza quella ingenuità tipica e anche un po' stupida e stucchevole di tanti anime in cui gli adolescenti vengono rappresentati come vittime del dramma dell'incomunicabilità, dell'incapacità ad esprimere ciò che realmente si pensa e si vuole fare e dell'equivoco, costringendosi ad accettare insulsi compromessi su ogni aspetto dell'esistenza.
Eh già, "Liz e l'uccellino azzurro" riprende il tema di "Koe no Katachi" e per certi versi lo esaspera al punto da rendere la trama quasi noiosa, lenta, banale e poco attraente, perché, in fondo, narrare di una coppia di amiche di cui una è in apparenza brillante, "popolare" (come amano dire negli anime delle persone al centro dell'attenzione), estroversa, sempre con la battuta pronta e decisa in ogni cosa che vuole fare, e dell'altra che è timida e introversa al punto di isolarsi da tutto e da tutti e di considerare solo l'amica brillante la persona da seguire, imitare (ove possibile) e in un certo senso seguire ovunque lei vada, sostenendola e cercando di comprenderla, non può essere accattivante in assoluto.
Un rapporto che chi vede la situazione rappresentata dall'esterno potrebbe definire "malato", di "dipendenza affettiva patologica", in cui la introversa Mizore Yoroizuka assume un comportamento che la rende dipendente da Nozomi Kasaki, fino a instaurare un attaccamento morboso verso di lei, anche quando la loro amicizia mette a repentaglio il suo benessere emotivo e anche le sue capacità e abilità di suonare.
Da buona "dipendente", in Mizore si vede l'evidente alterazione del suo comportamento, volto all’estenuante tentativo di tenere sotto controllo le sue emozioni come l'ansia di essere rifiutati o allontanati da Nozomi e la profonda carenza di autostima che la porta a sembrare meno brava nel suonare l'oboe rispetto all'amica, per non rendere evidente il suo minor talento, e quindi creare una situazione di "tensione" con l'unica persona che reputa degna di attenzione e della sua amicizia.
Il parallelismo con la fiaba che dà il nome al film è palese fin dagli inizi. Infatti, "Liz e l’uccellino azzurro" narra la storia di Liz, una ragazza isolata e sola, che salva un uccellino azzurro che può magicamente assumere la forma umana di una ragazza che diventa sua amica. Ma l'essere magico ha bisogno della sua libertà, e spesso si ritrasforma in uccellino, per volare e vivere come meglio crede. Liz alla fine diventa consapevole della forte diatriba interna dell'uccellino dovuta all'attaccamento nei suoi confronti, e sia pur con la morte nel cuore accetta e, anzi, favorisce la liberazione dalle catene della dipendenza affettiva e fa volare libero e felice l'uccellino.
La metafora tra la storia della fiaba e quella di Nozomi e Mizore è pertanto chiara sin dalle prime note del duetto musicale che le due amiche dovranno performare nel concerto della scuola, e con la mancata armonizzazione dei loro suoni saranno costrette a iniziare a esplorare il loro ego allo scopo di risolvere i problemi che affliggono il loro rapporto e le loro interazioni, scoprendo che il parallelismo tra loro e i personaggi della fiaba non è poi così "scontato", nell'iniziale apparente coincidenza tra Liz e Mizore e l'uccellino azzurro e Nozomi.
Yoshida e Yamada prendono spunto da un classico spaccato di vita adolescenziale nipponico (e non solo...) che, per chi ama il genere slice of life e commedie ad ambientazione scolastica, potrà facilmente ritrovare anche nel loro film. Una vera e propria istantanea sul percorso del "coming of age", del cercare, volenti o nolenti, di "diventare grandi", una sorta di bildungsroman, di romanzo di formazione, in cui si percepisce nel finale con il nuovo "(re)joint" tra le due amiche una possibile soluzione ai piccoli e grandi problemi e ostacoli dell'adolescenza.
Ho apprezzato in positivo per una volta anche l'intervento (pro)positivo degli insegnanti, che cercheranno di favorire la miglior "calibrazione" delle interazioni tra Mizore e Nozomi: un intervento che mi è apparso così "lontano" da come vengono dipinti negli anime i soliti professori e adulti in genere, che sembrano esclusivamente ispirati alla weltanschaaung "tutto sudore e sangue", dove l'individualità abdica in favore del bene del gruppo e della società, nella classica visione culturale della società nipponica. Un intervento molto mirato, con la consapevolezza di ascoltare e stuzzicare l'individualità delle ragazze, piuttosto che porsi in modo rigido e autoritario... E, per questa volta, non si vedono ragazzi/e abbandonati a sé stessi nei tentativi di cercare di risolvere i loro problemi.
La trama così delicata e intimistica nella sua palese semplicità (nulla di nuovo o scioccante sotto gli occhi dello spettatore) è supportata, anzi ne esce enormemente corroborata e rafforzata, dal comparto tecnico, visivo e musicale. E qui il duo Yamada/Yoshida è riuscito a dare alla pellicola un tocco di delicatezza e sensibilità che raggiunge, se non supera, quello di "Koe no Katachi".
L'incapacità di comunicare tra Nozomi e Mizore è fondata sul "non detto" e i silenzi impacciati, gli sguardi tremolanti e fissi nel vuoto, mentre si cerca di esprimere qualcosa che non riesce ad uscire dalla bocca, i mancati abbracci, le continue inquadrature sui piedi e gambe delle protagoniste, testimoni dei continui inseguimenti tra due persone che non riescono a camminare "fianco a fianco", l'apparente insensibilità di Nozomi nei confronti di Mizore, la maschera brillante di Nozomi che non accetta la bravura di Mizore, ecc. sono tutte pennellate d'acquarello sui sentimenti e sensazioni delle due ragazze che trasmettono allo spettatore una emotività non spiegata da inutili e barbosi monologhi, lasciandolo solo nello sforzarsi di capire e trovare, come nella realtà, il significato di determinati atteggiamenti e comportamenti.
"Liz e l'uccellino azzurro" rappresenta una sorta di spin off della fortunata saga anime "Sound! Euphonium", tratta dall'omonimo manga del 2013 di Ayano Takeda, guarda caso ambientata in un club di musica della scuola superiore Kitauji, prendendo spunto dai due personaggi secondari, Nozomi e Mizore, che compaiono della seconda serie anime. Tutte le serie e i film sono di produzione della Kyoto Animation, rimasta coinvolta nell'estate del 2019 da un gravissimo incendio doloso, con trentasei persone dello studio decedute, che ha decretato la fine della produzione di uno degli studi più interessanti degli anni 2000 in termini di qualità delle produzioni.
"Liz e l'uccellino azzurro" rappresenta una carezza gentile, una lieve brezza che sfiora la pelle e il conseguente intimo e delicato brivido che percorre il corpo. È il suo grande pregio ma anche il suo profondo limite. A coloro che non piacciono le storie lente, 100% slice of life, la visione risulta oltremodo faticosa se non noiosa, essendo basata quasi esclusivamente sulla percezione quasi maniacale e rarefatta dei dettagli e dei particolari, al limite di sembrare pretenziosa e pretestuosa.
Resta a mio avviso un "must watch", un punto di intersezione tra qualità visiva e musicale, in cui i dialoghi per una volta lasciano la strada libera alla percezione delle sensazioni e dei sentimenti.
Spin-off della celebre serie "Hibike! Euphonium" della Kyoto Animation, ambientato temporalmente sempre durante le vicende del primo anno di Oumae Kumiko e Kosaka Reina, "Liz and the Blue Bird" inserisce un altro tassello importante per la risoluzione del rapporto tra le due studentesse dell'orchestra del liceo Kitaiju e coprotagoniste della seconda stagione, Yoroizuka Mizore e Kasaki Nozomi.
Pur azzardando una scelta singolare per quanto riguarda il charachter design dei personaggi, discostandosi dallo stile della serie televisiva e vincendo, tra l'atro, a mio parere, la scommessa, il comparto tecnico nel suo insieme e la fine sceneggiatura ne fanno uno dei prodotti meglio riusciti nel suo genere. Personalmente, non ho problemi a considerarlo un capolavoro.
Le musiche, a tratti evocative, creano (e supportano) una sinergia tematica con la regia, che costituisce la punta di diamante e colonna portante dell'opera, valorizzandola enormemente.
Oltre a una sufficiente componente dialogica, la maggiore espressività delle vicende risiede nel linguaggio visivo offerto dalle inequivocabili inquadrature, che sembrano quasi urlare allo spettatore tutto il sommerso del non detto e, soprattutto, integrato con le precedenti, il linguaggio del corpo, al quale viene prestata molta attenzione (soprattutto per quanto riguarda Nozomi).
Da non trascurare, inoltre, la buonissima qualità delle animazioni, le quali contornano il nucleo qualitativo dell'opera, nella loro piacevolissima fluidità, soprattutto per quanto riguarda le affascinanti e trasfiguranti scene iniziali e finali del film, che nella loro speculare dicotomia racchiudono tutto il significato del lungometraggio.
In virtù di queste considerazioni quanto più tecniche possibili, oltre a un inevitabile e personale coinvolgimento di cuore, il mio voto non può che rasentare il massimo consentito: 9,5.
Pur azzardando una scelta singolare per quanto riguarda il charachter design dei personaggi, discostandosi dallo stile della serie televisiva e vincendo, tra l'atro, a mio parere, la scommessa, il comparto tecnico nel suo insieme e la fine sceneggiatura ne fanno uno dei prodotti meglio riusciti nel suo genere. Personalmente, non ho problemi a considerarlo un capolavoro.
Le musiche, a tratti evocative, creano (e supportano) una sinergia tematica con la regia, che costituisce la punta di diamante e colonna portante dell'opera, valorizzandola enormemente.
Oltre a una sufficiente componente dialogica, la maggiore espressività delle vicende risiede nel linguaggio visivo offerto dalle inequivocabili inquadrature, che sembrano quasi urlare allo spettatore tutto il sommerso del non detto e, soprattutto, integrato con le precedenti, il linguaggio del corpo, al quale viene prestata molta attenzione (soprattutto per quanto riguarda Nozomi).
Da non trascurare, inoltre, la buonissima qualità delle animazioni, le quali contornano il nucleo qualitativo dell'opera, nella loro piacevolissima fluidità, soprattutto per quanto riguarda le affascinanti e trasfiguranti scene iniziali e finali del film, che nella loro speculare dicotomia racchiudono tutto il significato del lungometraggio.
In virtù di queste considerazioni quanto più tecniche possibili, oltre a un inevitabile e personale coinvolgimento di cuore, il mio voto non può che rasentare il massimo consentito: 9,5.
"Liz and the Blue Bird" è un meraviglioso film diretto dalla strabiliante Naoko Yamada, già regista di altre opere superlative come "K-On!" o "La forma della voce".
Questa pellicola rappresenta al meglio, a parer mio, l'essenza e l'estro artistico di questa magnifica regista, infatti il più grande punto di forza non sta tanto nei personaggi, o nella storia, ma nel lato tecnico e artistico: questo film è un sublime esercizio stilistico, che presenta tutti i tratti caratteristici della Yamada, che in questo caso, però, sono i veri protagonisti della pellicola.
La regia è una parte fondamentale dell'opera, che, tramite inquadrature sulle gambe, sugli sguardi, o i piccoli gesti dei personaggi, possiede una grandissima forza comunicativa, così tanto da essere in grado di rappresentare il rapporto fra le due meravigliose protagoniste senza neanche l'uso di parole; anche i semplici silenzi, mediante l'eccelso lavoro di inquadrature, storyboarding e fotografia, hanno un forte impatto sullo spettatore.
Io non ho mai capito nulla di regia né mi sono mai interessato all'argomento, e, anche se cerco di porre sempre molta attenzione a ciò che guardo o leggo, la regia è sempre uno degli aspetti su cui mi concentro di meno, ma di questo film, la cui colonna portante è proprio questo, non ho potuto fare a meno di apprezzare e godere ad ogni singola scelta registica, tanto da andare talvolta indietro col minutaggio per comprendere nei minimi dettagli ciò che ogni minuziosa scena voleva comunicarmi.
La narrazione è molto lenta e si sofferma spesso sui dettagli, ma anche per chi, come me, non apprezza i ritmi troppo pesanti, questo film non risulta stucchevole, se ci si sofferma sulle minuzie registiche e di storyboarding di cui ho già parlato.
Inoltre, alterna due storie apparentemente differenti, ma che col passare del tempo risulteranno più simili e parallele che mai.
Visivamente parlando, non c'è neanche bisogno di spendere troppe parole, visto che si tratta della Kyoto Animation: l'unico studio ad essere una garanzia sotto questo punto di vista.
Chiaramente, non essendo una serie di azione, l'animazione punta sull'espressività e la forza comunicativa dei movimenti dei personaggi, il così detto "character acting", marchio di fabbrica di gran parte delle serie targate KyoAni.
Un altro elemento particolarmente frequente nelle produzioni dello studio sono gli effetti di fotografia, che creano una particolare suggestione, e sono fondamentali per isolare i personaggi in determinate scene.
La direzione artistica è spettacolare, soprattutto nella fiaba di "Liz e l'uccello blu", i cui colori e sfondi sono meravigliosi, variegati e sgargianti: durante la visione ero incantato dalla loro bellezza, comunicano gioia e contrastano alla perfezione con i momenti più malinconici.
Prima ho detto che i personaggi e la storia non sono il principale punto di forza, e in effetti è così, la bellezza di "Liz and the Blue Bird" sta prevalentemente nella messa in scena del rapporto tra Nozomi e Mizore, non tanto nel rapporto in sé - tuttavia, il livello si mantiene alto anche sotto questo aspetto. La trama si concentra principalmente sul legame fra le due protagoniste che, come ho già detto in precedenza, viene rappresentato in più modi, non solo tramite le parole, ma anche grazie alla direzione della Yamada, e al racconto parallelo della fiaba di "Liz e l'uccello blu": è una relazione complessa, caratterizzata da ossessione, incomprensione dell'altro e anche amore, nei novanta minuti che compongono il film assisteremo all'evoluzione e al culmine di questo altalenante legame.
Quella dell'incomprensione dell'altro, e in generale della difficoltà a relazionarsi, sono tematiche già affrontate dalla regista nell'altrettanto meraviglioso film "La forma della voce", e che in "Liz and the Blue Bird" sono ripresentate in maniera un po' differente e meno drammatica, ma con la stessa intensità.
Essendo questo un anime musicale, non potevo esimermi dal parlare di questo aspetto.
Infatti, il club musicale è parte integrante della vita delle protagoniste, grazie a cui vengono trattati argomenti come il talento e le scelte per il proprio futuro; inoltre, la fantastica ed emozionante composizione musicale suonata dai personaggi è la trasposizione della fiaba che ho già menzionato più volte, "Liz e l'uccello blu", e quest'ultima è importantissima per la rappresentazione della loro relazione.
Parlando sempre di musica, è anche fondamentale menzionare la fenomenale colonna sonora di Kensuke Ushio, già compositore delle musiche de "La forma della voce".
Dal punto di vista musicale, questi due film sono molto simili, infatti le musiche di Ushio in entrambe le pellicole si somigliano molto, e svolgono un ruolo fondamentale.
Il lato sonoro, pur non vantando a parer mio la qualità e l'importanza che ha ne "La forma della voce", è un altro elemento importante dell'opera, senza il quale il film perderebbe molta carica emotiva, malgrado ci siano comunque molti momenti in cui il silenzio è fondamentale.
"Liz and the Blue Bird" è ciò che per me rappresenta maggiormente Naoko Yamada, e che mi ha fatto apprezzare ancora di più un'artista che già amavo grazie ad altre opere, e che le ha permesso di salire in cima nella classifica dei miei artisti preferiti in assoluto.
Questa pellicola rappresenta al meglio, a parer mio, l'essenza e l'estro artistico di questa magnifica regista, infatti il più grande punto di forza non sta tanto nei personaggi, o nella storia, ma nel lato tecnico e artistico: questo film è un sublime esercizio stilistico, che presenta tutti i tratti caratteristici della Yamada, che in questo caso, però, sono i veri protagonisti della pellicola.
La regia è una parte fondamentale dell'opera, che, tramite inquadrature sulle gambe, sugli sguardi, o i piccoli gesti dei personaggi, possiede una grandissima forza comunicativa, così tanto da essere in grado di rappresentare il rapporto fra le due meravigliose protagoniste senza neanche l'uso di parole; anche i semplici silenzi, mediante l'eccelso lavoro di inquadrature, storyboarding e fotografia, hanno un forte impatto sullo spettatore.
Io non ho mai capito nulla di regia né mi sono mai interessato all'argomento, e, anche se cerco di porre sempre molta attenzione a ciò che guardo o leggo, la regia è sempre uno degli aspetti su cui mi concentro di meno, ma di questo film, la cui colonna portante è proprio questo, non ho potuto fare a meno di apprezzare e godere ad ogni singola scelta registica, tanto da andare talvolta indietro col minutaggio per comprendere nei minimi dettagli ciò che ogni minuziosa scena voleva comunicarmi.
La narrazione è molto lenta e si sofferma spesso sui dettagli, ma anche per chi, come me, non apprezza i ritmi troppo pesanti, questo film non risulta stucchevole, se ci si sofferma sulle minuzie registiche e di storyboarding di cui ho già parlato.
Inoltre, alterna due storie apparentemente differenti, ma che col passare del tempo risulteranno più simili e parallele che mai.
Visivamente parlando, non c'è neanche bisogno di spendere troppe parole, visto che si tratta della Kyoto Animation: l'unico studio ad essere una garanzia sotto questo punto di vista.
Chiaramente, non essendo una serie di azione, l'animazione punta sull'espressività e la forza comunicativa dei movimenti dei personaggi, il così detto "character acting", marchio di fabbrica di gran parte delle serie targate KyoAni.
Un altro elemento particolarmente frequente nelle produzioni dello studio sono gli effetti di fotografia, che creano una particolare suggestione, e sono fondamentali per isolare i personaggi in determinate scene.
La direzione artistica è spettacolare, soprattutto nella fiaba di "Liz e l'uccello blu", i cui colori e sfondi sono meravigliosi, variegati e sgargianti: durante la visione ero incantato dalla loro bellezza, comunicano gioia e contrastano alla perfezione con i momenti più malinconici.
Prima ho detto che i personaggi e la storia non sono il principale punto di forza, e in effetti è così, la bellezza di "Liz and the Blue Bird" sta prevalentemente nella messa in scena del rapporto tra Nozomi e Mizore, non tanto nel rapporto in sé - tuttavia, il livello si mantiene alto anche sotto questo aspetto. La trama si concentra principalmente sul legame fra le due protagoniste che, come ho già detto in precedenza, viene rappresentato in più modi, non solo tramite le parole, ma anche grazie alla direzione della Yamada, e al racconto parallelo della fiaba di "Liz e l'uccello blu": è una relazione complessa, caratterizzata da ossessione, incomprensione dell'altro e anche amore, nei novanta minuti che compongono il film assisteremo all'evoluzione e al culmine di questo altalenante legame.
Quella dell'incomprensione dell'altro, e in generale della difficoltà a relazionarsi, sono tematiche già affrontate dalla regista nell'altrettanto meraviglioso film "La forma della voce", e che in "Liz and the Blue Bird" sono ripresentate in maniera un po' differente e meno drammatica, ma con la stessa intensità.
Essendo questo un anime musicale, non potevo esimermi dal parlare di questo aspetto.
Infatti, il club musicale è parte integrante della vita delle protagoniste, grazie a cui vengono trattati argomenti come il talento e le scelte per il proprio futuro; inoltre, la fantastica ed emozionante composizione musicale suonata dai personaggi è la trasposizione della fiaba che ho già menzionato più volte, "Liz e l'uccello blu", e quest'ultima è importantissima per la rappresentazione della loro relazione.
Parlando sempre di musica, è anche fondamentale menzionare la fenomenale colonna sonora di Kensuke Ushio, già compositore delle musiche de "La forma della voce".
Dal punto di vista musicale, questi due film sono molto simili, infatti le musiche di Ushio in entrambe le pellicole si somigliano molto, e svolgono un ruolo fondamentale.
Il lato sonoro, pur non vantando a parer mio la qualità e l'importanza che ha ne "La forma della voce", è un altro elemento importante dell'opera, senza il quale il film perderebbe molta carica emotiva, malgrado ci siano comunque molti momenti in cui il silenzio è fondamentale.
"Liz and the Blue Bird" è ciò che per me rappresenta maggiormente Naoko Yamada, e che mi ha fatto apprezzare ancora di più un'artista che già amavo grazie ad altre opere, e che le ha permesso di salire in cima nella classifica dei miei artisti preferiti in assoluto.
Due ragazze si incrociano fuori da scuola prima dell’inizio delle lezioni, e si dirigono verso l’aula di musica in un lungo silenzio pregno d’attesa. La simmetria spaziale in cui si muovono, scandita dai loro passi e dalle pulsazioni dell’ambiente, definisce una fuga impressionista carica di cadenze, di astrazioni visive e sonore: la fusione di diegesi ed extra-diegesi, il linguaggio del corpo e il ritmo del montaggio mettono a fuoco quella che è una vera e propria danza di corpi e suoni che riecheggiano in uno spazio distante.
Il delicatissimo incipit, della notevole durata di quasi sei minuti, cristallizza un’istantanea assoluta di cosa sia Liz and the Blue Bird (リズと青い鳥, “Liz to Aoi Tori”). Una fotografia sbiadita di un fugace momento nella vita di due adolescenti, un film dove la percezione emotiva prende il sopravvento sul racconto, un capolavoro di comunicazione sensoriale che rappresenta il punto culminante della “poetica delle piccole cose” dello studio Kyoto Animation, filtrata dall’occhio e dalla voce di una delle personalità più genuinamente talentuose, per quanto non troppo conosciuta, dell’intera industria: la regista Naoko Yamada.
Il film ci cala nella vita quotidiana di due ragazze, Mizore e Nozomi, giunte ormai al loro ultimo anno nel liceo Kitauji: mentre la fine del percorso scolastico è ormai alle porte e si avvicina il momento delle scelte, le due amiche fanno parte della banda scolastica e studiano insieme in vista del concorso nazionale tra scuole. Il brano che l’orchestra sta preparando è una composizione ispirata alla fiaba L’uccellino azzurro: un racconto che sembra quasi una metafora del legame che unisce le due ragazze.
Yamada confeziona un’opera che può dirsi un passo avanti in ogni direzione rispetto al precedente La forma della voce, che ne condivideva gran parte dello staff. Liz and the Blue Bird è un film che tocca le corde più intime delle relazioni interpersonali, una piccola storia sulla capacità delle persone di comunicare e connettersi tra loro. Le due protagoniste del film sono come due facce della stessa medaglia: Nozomi è una ragazza solare, innamorata della vita e della musica; nel momento in cui conosce l’introversa Mizore e le propone di partecipare allo stesso club scolastico tirandola fuori dalla dimensione ovattata in cui vive, per lei diventa un faro nella nebbia, un punto fermo su cui appoggiarsi. E come asserisce la stessa Yamada «l’esistenza di Nozomi per Mizore è il mondo intero, e quindi la forma del suo amore verso Nozomi non coincide con la forma dell’amore di Nozomi verso Mizore». Un “amore”, quello di Mizore, che lega le due ragazze in modo indissolubile, a dispetto delle loro personalità diametralmente differenti e - di rimando - dei sentimenti dissimili che provano l’un l’altra.
Concepito come spin-off della serie televisiva Sound! Euphonium e sceneggiato dalla veterana Reiko Yoshida, Liz and the Blue Bird è un’opera che si prende numerosi rischi: il film prende parte a un franchise già popolare e affermato, ma il suo approccio autoriale e la vena registica per alcuni versi sperimentale ne fanno un prodotto considerevolmente differente, sia nella forma che negli intenti.
Il character designer Futoshi Nishiya ripensa completamente la caratterizzazione grafica dei personaggi, scolpendone forme più lunghe, sinuose e mature; lo slancio delle figure e la delicata semplicità dei volti consentono al team di animatori di realizzare quella che è una vera e propria lezione di character acting, un lavoro di animazione delle movenze del corpo di rara complessità e minuzia. Yamada e Nishiya, come nel precedente La forma della voce, pongono un’attenzione straordinaria nell’arte del mettere i disegni in sequenza: alcuni dei momenti più significativi del film riescono a veicolare la più realistica pressione emotiva senza che alcuna parola sia proferita, e non a caso i primissimi piani sono tra le inquadrature più utilizzate, per mettere in risalto il fulgore degli occhi e le dettagliatissime espressioni facciali. La comunicazione è tutta affidata ai corpi, alle mani, agli sguardi: come nel climax del duetto tra l’oboe di Mizore e il flauto di Nozomi, che rappresenta il culmine di tutto il magistrale lavoro creativo e tecnico dello staff KyoAni, e si staglia tra le scene più intense e memorabili dell’annata.
La storia prende luogo interamente nella stessa location, la scuola Kitauji. Yamada sceglie tuttavia di far confluire il piano narrativo reale e quello fiabesco in un unico flusso, il cui punto d’unione risiede nella dimensione intimista del racconto. In particolar modo nel piano della fiaba avviene un radicale cambio di stile: la colorista Naomi Ishida accende il mondo di Liz utilizzando una palette dalle forti tinte pastello, e il direttore artistico Matsuo Shinohara configura i boschi e gli ambienti domestici con un’estetica mittel-europea che richiama quasi l’universo meisaku. Al contrario, lo spazio del mondo reale trova il suo punto di equilibrio in un minimalismo cromatico di rara consapevolezza compositiva, che verte su colorazioni più delicate e desaturate, come se fossero filtrate attraverso un vetro opaco; la scuola non è solo l’ambiente scenografico, ma è l’esteriorizzazione fisica, tangibile dei sentimenti delle due ragazze. Un elemento innovativo del film risiede proprio in come le regole della composizione spaziale siano alterate per sottrazione: Yamada frammenta l’immagine in cornici, forme e linee nei quali incastona i personaggi, utilizzando una vasta gamma di inquadrature irregolari; l’espediente del fuori campo è utilizzato con superba consapevolezza, e spesso i personaggi risultano coperti dall’oggettistica o posti in secondo piano rispetto all’ambiente circostante, per mettere in risalto la distanza che li separa.
Ma è grazie alla magistrale colonna audio a opera di Kensuke Ushio che Liz and the Blue Bird prende veramente vita. Alla sua seconda collaborazione con la regista - nella speranza di vedere concretizzarsi un duraturo connubio artistico - il compositore delinea tutta la dimensione uditiva dell’opera, che nella visione di Yamada ha la stessa importanza di quella visiva. Ushio arricchisce ogni singola scena con un tappeto sonoro a base di ambient, field recording e minimalismo, attingendo a una serie di campionamenti registrati nella stessa scuola di Kyoto in cui sono ispirati gli eventi, pur di restituirne il vibrante realismo della messinscena. La ricchezza del sound design è mesmerizzante, i timbri sonori penetrano sottopelle, e la qualità del registro acustico è palpabile anche nel semplice rumorismo d’ambiente, che accompagna costantemente le immagini: passi, scatti di porte, l’acqua che scorre da un rubinetto, le foglie trascinate dal vento, il monotono pulsare di un ventilatore.
Liz and the Blue Bird, per quanto affine alle storie care alla Kyoto Animation, va a porsi su un pianeta a sé stante, ancor più che il precedente (e già stilisticamente sofisticato) La forma della voce. La ricercatezza registica e la potenza del suo intimo immaginario si distaccano coraggiosamente da tutta l’opera dello studio d’animazione di Kyoto, notoriamente devoto al proprio peculiare stile consolidato negli ultimi tre lustri di attività; e Naoko Yamada, ad appena trentaquattro anni di età, appare l’unica personalità nell’azienda dotata della consapevolezza, del talento e della leadership necessari per spingere la propria arte verso territori sempre nuovi e inesplorati. Sound! Euphonium è ormai solo un lontano parente, e il concorso nazionale per il quale l’orchestra si sta preparando non è che un vago concetto che rimarrà distante; Liz and the Blue Bird è un mondo a sé, una piccola storia di adolescenza e amore raccontata in punta di piedi, un microcosmo narrativo carico di nostalgia e bellezza inconfessata. Un film che certamente mai verrà associato alle grandi produzioni che negli ultimissimi anni stanno facendo (ri)scoprire l’animazione giapponese al pubblico internazionale; ma personalmente memorabile, in quanto opera che consacra in modo definitivo la sua autrice come indiscutibile artista del cinema. In attesa di scoprire verso che orizzonti si dirigerà in futuro.
Il delicatissimo incipit, della notevole durata di quasi sei minuti, cristallizza un’istantanea assoluta di cosa sia Liz and the Blue Bird (リズと青い鳥, “Liz to Aoi Tori”). Una fotografia sbiadita di un fugace momento nella vita di due adolescenti, un film dove la percezione emotiva prende il sopravvento sul racconto, un capolavoro di comunicazione sensoriale che rappresenta il punto culminante della “poetica delle piccole cose” dello studio Kyoto Animation, filtrata dall’occhio e dalla voce di una delle personalità più genuinamente talentuose, per quanto non troppo conosciuta, dell’intera industria: la regista Naoko Yamada.
Il film ci cala nella vita quotidiana di due ragazze, Mizore e Nozomi, giunte ormai al loro ultimo anno nel liceo Kitauji: mentre la fine del percorso scolastico è ormai alle porte e si avvicina il momento delle scelte, le due amiche fanno parte della banda scolastica e studiano insieme in vista del concorso nazionale tra scuole. Il brano che l’orchestra sta preparando è una composizione ispirata alla fiaba L’uccellino azzurro: un racconto che sembra quasi una metafora del legame che unisce le due ragazze.
Yamada confeziona un’opera che può dirsi un passo avanti in ogni direzione rispetto al precedente La forma della voce, che ne condivideva gran parte dello staff. Liz and the Blue Bird è un film che tocca le corde più intime delle relazioni interpersonali, una piccola storia sulla capacità delle persone di comunicare e connettersi tra loro. Le due protagoniste del film sono come due facce della stessa medaglia: Nozomi è una ragazza solare, innamorata della vita e della musica; nel momento in cui conosce l’introversa Mizore e le propone di partecipare allo stesso club scolastico tirandola fuori dalla dimensione ovattata in cui vive, per lei diventa un faro nella nebbia, un punto fermo su cui appoggiarsi. E come asserisce la stessa Yamada «l’esistenza di Nozomi per Mizore è il mondo intero, e quindi la forma del suo amore verso Nozomi non coincide con la forma dell’amore di Nozomi verso Mizore». Un “amore”, quello di Mizore, che lega le due ragazze in modo indissolubile, a dispetto delle loro personalità diametralmente differenti e - di rimando - dei sentimenti dissimili che provano l’un l’altra.
Concepito come spin-off della serie televisiva Sound! Euphonium e sceneggiato dalla veterana Reiko Yoshida, Liz and the Blue Bird è un’opera che si prende numerosi rischi: il film prende parte a un franchise già popolare e affermato, ma il suo approccio autoriale e la vena registica per alcuni versi sperimentale ne fanno un prodotto considerevolmente differente, sia nella forma che negli intenti.
Il character designer Futoshi Nishiya ripensa completamente la caratterizzazione grafica dei personaggi, scolpendone forme più lunghe, sinuose e mature; lo slancio delle figure e la delicata semplicità dei volti consentono al team di animatori di realizzare quella che è una vera e propria lezione di character acting, un lavoro di animazione delle movenze del corpo di rara complessità e minuzia. Yamada e Nishiya, come nel precedente La forma della voce, pongono un’attenzione straordinaria nell’arte del mettere i disegni in sequenza: alcuni dei momenti più significativi del film riescono a veicolare la più realistica pressione emotiva senza che alcuna parola sia proferita, e non a caso i primissimi piani sono tra le inquadrature più utilizzate, per mettere in risalto il fulgore degli occhi e le dettagliatissime espressioni facciali. La comunicazione è tutta affidata ai corpi, alle mani, agli sguardi: come nel climax del duetto tra l’oboe di Mizore e il flauto di Nozomi, che rappresenta il culmine di tutto il magistrale lavoro creativo e tecnico dello staff KyoAni, e si staglia tra le scene più intense e memorabili dell’annata.
La storia prende luogo interamente nella stessa location, la scuola Kitauji. Yamada sceglie tuttavia di far confluire il piano narrativo reale e quello fiabesco in un unico flusso, il cui punto d’unione risiede nella dimensione intimista del racconto. In particolar modo nel piano della fiaba avviene un radicale cambio di stile: la colorista Naomi Ishida accende il mondo di Liz utilizzando una palette dalle forti tinte pastello, e il direttore artistico Matsuo Shinohara configura i boschi e gli ambienti domestici con un’estetica mittel-europea che richiama quasi l’universo meisaku. Al contrario, lo spazio del mondo reale trova il suo punto di equilibrio in un minimalismo cromatico di rara consapevolezza compositiva, che verte su colorazioni più delicate e desaturate, come se fossero filtrate attraverso un vetro opaco; la scuola non è solo l’ambiente scenografico, ma è l’esteriorizzazione fisica, tangibile dei sentimenti delle due ragazze. Un elemento innovativo del film risiede proprio in come le regole della composizione spaziale siano alterate per sottrazione: Yamada frammenta l’immagine in cornici, forme e linee nei quali incastona i personaggi, utilizzando una vasta gamma di inquadrature irregolari; l’espediente del fuori campo è utilizzato con superba consapevolezza, e spesso i personaggi risultano coperti dall’oggettistica o posti in secondo piano rispetto all’ambiente circostante, per mettere in risalto la distanza che li separa.
Ma è grazie alla magistrale colonna audio a opera di Kensuke Ushio che Liz and the Blue Bird prende veramente vita. Alla sua seconda collaborazione con la regista - nella speranza di vedere concretizzarsi un duraturo connubio artistico - il compositore delinea tutta la dimensione uditiva dell’opera, che nella visione di Yamada ha la stessa importanza di quella visiva. Ushio arricchisce ogni singola scena con un tappeto sonoro a base di ambient, field recording e minimalismo, attingendo a una serie di campionamenti registrati nella stessa scuola di Kyoto in cui sono ispirati gli eventi, pur di restituirne il vibrante realismo della messinscena. La ricchezza del sound design è mesmerizzante, i timbri sonori penetrano sottopelle, e la qualità del registro acustico è palpabile anche nel semplice rumorismo d’ambiente, che accompagna costantemente le immagini: passi, scatti di porte, l’acqua che scorre da un rubinetto, le foglie trascinate dal vento, il monotono pulsare di un ventilatore.
Liz and the Blue Bird, per quanto affine alle storie care alla Kyoto Animation, va a porsi su un pianeta a sé stante, ancor più che il precedente (e già stilisticamente sofisticato) La forma della voce. La ricercatezza registica e la potenza del suo intimo immaginario si distaccano coraggiosamente da tutta l’opera dello studio d’animazione di Kyoto, notoriamente devoto al proprio peculiare stile consolidato negli ultimi tre lustri di attività; e Naoko Yamada, ad appena trentaquattro anni di età, appare l’unica personalità nell’azienda dotata della consapevolezza, del talento e della leadership necessari per spingere la propria arte verso territori sempre nuovi e inesplorati. Sound! Euphonium è ormai solo un lontano parente, e il concorso nazionale per il quale l’orchestra si sta preparando non è che un vago concetto che rimarrà distante; Liz and the Blue Bird è un mondo a sé, una piccola storia di adolescenza e amore raccontata in punta di piedi, un microcosmo narrativo carico di nostalgia e bellezza inconfessata. Un film che certamente mai verrà associato alle grandi produzioni che negli ultimissimi anni stanno facendo (ri)scoprire l’animazione giapponese al pubblico internazionale; ma personalmente memorabile, in quanto opera che consacra in modo definitivo la sua autrice come indiscutibile artista del cinema. In attesa di scoprire verso che orizzonti si dirigerà in futuro.
Guardate questo film, solo se avete voglia di stare male.
Inutile dire che Yamada e Nishiya ci sappiano fare alla grande. Più che film le loro opere sono poesie, i personaggi non hanno bisogno di parole, ci pensano le loro espressioni e le inquadrature perfette a immergerti nelle sensazioni dei personaggi.
Non reputo quest'opera perfetta né tantomeno all'altezza di "Koe no Katachi", non trovo errori, ma personalmente ho trovato alcune questioni un tantino fastidiose.
Partiamo dal personaggio di Ririka, forse il personaggio che stavo apprezzando di più. Entra in scena come un personaggio fondamentale per la storia, ma subito dopo scompare, senza capirne le intenzioni e senza spiegare il ruolo che ha in quest'opera. Pensavo si trattasse di un triangolo amoroso, ma l'anime non mi ha minimamente dato spiegazioni. Inoltre ho trovato Nozomi veramente indelicata. Se l'autore abbia voluto farla trasparire come Liz, nel mio caso ho avuto tutt'altra visione. A me è sembrato un personaggio egoista e smosso dall'invidia. Non posso entrare troppo nei dettagli, altrimenti farei spoiler, ma alla visione avrete ben chiaro ciò che voglio dire.
Mizore è il classico personaggio che non si può far altro che amare, è il tipo di personaggio che più mi piace negli anime, come è accaduto per Tachibana in "Angel Beats" e Mashiro Shiina in "Sakurasou no Pet na Kanojo". I suoi sentimenti sono chiari sin dall'inizio dell'opera, ma quelli di Nozomi sono abbastanza confusi, oserei dire fino alla fine dell'opera, perché, altro punto a discapito, non ho ben capito la scena finale. Non capisco la faccia di stupore di Mizore, non capisco cosa l'autore abbia voluto farmi capire, ma anche qui non posso entrare nei dettagli.
Tutto sommato l'opera è davvero bella, non mi son accorto di quanto sia durata, ma il tempo è volato. Il pregio più grande che posso fare è alla canzone "Liz e l'uccellino blu", è davvero stupenda, penso entrerà di prepotenza nella mia playlist, emozionante a dir poco.
L'opera non mi ha fatto piangere, ma mi ha trasmesso comunque forti emozioni. Promuovo e consiglio solo se si vuole stare male.
Inutile dire che Yamada e Nishiya ci sappiano fare alla grande. Più che film le loro opere sono poesie, i personaggi non hanno bisogno di parole, ci pensano le loro espressioni e le inquadrature perfette a immergerti nelle sensazioni dei personaggi.
Non reputo quest'opera perfetta né tantomeno all'altezza di "Koe no Katachi", non trovo errori, ma personalmente ho trovato alcune questioni un tantino fastidiose.
Partiamo dal personaggio di Ririka, forse il personaggio che stavo apprezzando di più. Entra in scena come un personaggio fondamentale per la storia, ma subito dopo scompare, senza capirne le intenzioni e senza spiegare il ruolo che ha in quest'opera. Pensavo si trattasse di un triangolo amoroso, ma l'anime non mi ha minimamente dato spiegazioni. Inoltre ho trovato Nozomi veramente indelicata. Se l'autore abbia voluto farla trasparire come Liz, nel mio caso ho avuto tutt'altra visione. A me è sembrato un personaggio egoista e smosso dall'invidia. Non posso entrare troppo nei dettagli, altrimenti farei spoiler, ma alla visione avrete ben chiaro ciò che voglio dire.
Mizore è il classico personaggio che non si può far altro che amare, è il tipo di personaggio che più mi piace negli anime, come è accaduto per Tachibana in "Angel Beats" e Mashiro Shiina in "Sakurasou no Pet na Kanojo". I suoi sentimenti sono chiari sin dall'inizio dell'opera, ma quelli di Nozomi sono abbastanza confusi, oserei dire fino alla fine dell'opera, perché, altro punto a discapito, non ho ben capito la scena finale. Non capisco la faccia di stupore di Mizore, non capisco cosa l'autore abbia voluto farmi capire, ma anche qui non posso entrare nei dettagli.
Tutto sommato l'opera è davvero bella, non mi son accorto di quanto sia durata, ma il tempo è volato. Il pregio più grande che posso fare è alla canzone "Liz e l'uccellino blu", è davvero stupenda, penso entrerà di prepotenza nella mia playlist, emozionante a dir poco.
L'opera non mi ha fatto piangere, ma mi ha trasmesso comunque forti emozioni. Promuovo e consiglio solo se si vuole stare male.