La casa degli smarriti sul promontorio
Da poco arrivato ma molto attivo, lo studio David Production ci offre nel 2021 questo bel film, arrivato da noi grazie a Plaion, di cui recentemente sto iniziando a recensire parecchia roba.
Non parlerò dello staff, di cui a prima vista i nomi non mi dicono nulla, parlerò direttamente dell’opera, che parte come slice of life, fra i sopravvissuti di un terremoto, per virare presto in un film con molti risvolti fantastici. I risvolti arrivano insieme alla casa che accoglie un’anziana signora e due sopravvissute, una liceale di diciassette anni e una bambina rimasta muta dallo shock.
Ma cos’è questa casa? Ce lo spiega la vecchina fonte di numerosi racconti folcloristici: è una casa degli smarriti, che compare per accogliere le persone buone e porta loro fortuna. Arrivate in questa casa, le ragazzine vedranno esseri particolari (tipo i kappa, ma anche tanti altri), che le aiuteranno contro l’entità malvagia (un mostro/serpente dagli occhi rossi) che vuole mandare via tutti gli abitanti del villaggio. Purtroppo, la battaglia finale è veramente troppo veloce, tanto da rimanerci male.
Dal punto di vista del lato dei significati contenuti nell’opera, forse c’è quello dell’importanza di essere una famiglia o quello che una famiglia non è solo formata da legami di sangue.
Dal punto di vista artistico, la regia non è particolarmente brillante.
Dal punto di vista della narrazione, invece è un successo: la storia è molto interessante, e anche se prima il nome di Reiko Yoshida non mi diceva nulla (pur avendo già visto delle sue opere “Liz e l’uccellino azzurro” e “Arte”, ma conoscendo di fama “Violet Evergarden” delle tantissime serie a cui ha lavorato), d’ora in avanti la terrò d’occhio.
Voto finale otto, per una storia lineare senza grandi cliffhanger ma ben strutturata.
Non parlerò dello staff, di cui a prima vista i nomi non mi dicono nulla, parlerò direttamente dell’opera, che parte come slice of life, fra i sopravvissuti di un terremoto, per virare presto in un film con molti risvolti fantastici. I risvolti arrivano insieme alla casa che accoglie un’anziana signora e due sopravvissute, una liceale di diciassette anni e una bambina rimasta muta dallo shock.
Ma cos’è questa casa? Ce lo spiega la vecchina fonte di numerosi racconti folcloristici: è una casa degli smarriti, che compare per accogliere le persone buone e porta loro fortuna. Arrivate in questa casa, le ragazzine vedranno esseri particolari (tipo i kappa, ma anche tanti altri), che le aiuteranno contro l’entità malvagia (un mostro/serpente dagli occhi rossi) che vuole mandare via tutti gli abitanti del villaggio. Purtroppo, la battaglia finale è veramente troppo veloce, tanto da rimanerci male.
Dal punto di vista del lato dei significati contenuti nell’opera, forse c’è quello dell’importanza di essere una famiglia o quello che una famiglia non è solo formata da legami di sangue.
Dal punto di vista artistico, la regia non è particolarmente brillante.
Dal punto di vista della narrazione, invece è un successo: la storia è molto interessante, e anche se prima il nome di Reiko Yoshida non mi diceva nulla (pur avendo già visto delle sue opere “Liz e l’uccellino azzurro” e “Arte”, ma conoscendo di fama “Violet Evergarden” delle tantissime serie a cui ha lavorato), d’ora in avanti la terrò d’occhio.
Voto finale otto, per una storia lineare senza grandi cliffhanger ma ben strutturata.