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Potrei definirmi come quel tipo di spettatore che predilige le persone alle storie e "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG" è l'esempio migliore per spiegarlo. Il desiderio di addentrarmi anche nella seconda serie di un'opera davvero impegnativa e dalla trama molto articolata è nato dalla volontà di non abbandonare uno dei personaggi femminili più carismatici dell'intero panorama dell'animazione giapponese, ovvero Motoko Kusanagi. Sebbene in "Stand Alone Complex" il suo personaggio era paragonabile a un calcolatore dai lineamenti femminili estremamente provocanti, glaciale al punto tale da non far trasparire alcuna emozione e da domandarsi se la trasformazione in cyborg privasse l'individuo del proprio "ghost", in "2nd GIG" ritroviamo il maggiore in una veste più umana, a volte persa fra ricordi e nostalgie del passato, addirittura quasi materna. Uno dei miei episodi preferiti è pertanto l'episodio 11, che si districa fra le memorie di una bambina (già! Kusanagi è sempre stata una ragazza, cosa non scontata dato che in Stand Alone Complex" si instaurava qualche dubbio in merito) e piccole gru di origami, rappresentazione di un'incombente esigenza di libertà.
Questo secondo filone di "Ghost in the Shell" non si concentra soltanto sull'unico personaggio femminile, bensì dona ulteriori sfaccettature agli altri membri della sezione 9: Togusa, umano al 100%, si lascia troppo travolgere dalle emozioni, rischiando di danneggiare l'intero gruppo; Saito, il cecchino, parlerà del suo primo incontro con il maggiore, inducendo però a pensare che in realtà si sia inventato tutto; Batou, anche se dall'aspetto burbero e dagli occhi che farebbero concorrenza a uno "sharingan", è colui che meglio rappresenta la transizione uomo-macchina, ovvero corpo potenziato e sentimenti a go go; i tachikoma, i mini-carriarmato intelligenti, sono stati invece puniti dal maggiore per avere quasi violato il confine fra coscienza e non, riducendo le loro conoscenze/capacità all'essenziale, seppur mantenendo un certo livello di personalità individuale. I personaggi sono, dunque, ancora tutti da scoprire, avendo alla fine una visione a tutto tondo di ciascuno di essi.

Per quanto riguarda la trama, non ho alcun timore ad affermare che l'ho trovata particolarmente complessa e non affatto immediata: serve notevole attenzione e memoria per tenere il filo di tutti gli intrighi politico-militari che interessano il governo giapponese. Probabilmente, per avere la giusta chiarezza dei fatti, servirebbero almeno due o tre visioni dell'intera serie. Come accennato, la mia attenzione non si è focalizzata particolarmente sulla trama, anche perché il tema poliziesco/militare non è uno dei miei preferiti; personalmente, l'ho trovata persino superflua in taluni episodi. Ciò è dovuto sostanzialmente all'eccessiva distribuzione degli indizi, alle atmosfere davvero pesanti usate nei vari uffici governativi e al contorto pensiero di Gouda, l'uomo dal volto sfigurato, che sfrutta le critiche condizioni dei profughi dell'ultima guerra mondiale, rifugiati a Dejima, per il suo scopo. Diciamo che è adatta solo ai cultori del genere.

Allora perché guardare "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG"? Di ragioni ce ne sono a sufficienza. La seconda serie di "Ghost in the Shell" trasuda, come la prima, di temi di grande profondità. Tratta dalla psicologia più spicciola dei poveracci scappati dalle atrocità della guerra e in attesa di un eroe che li salvi, alla quasi ossessione di definire il concetto di anima e le relazioni fra anima-corpo. Si sfiora poi, attraverso gli undici individuali, un tema abbastanza drammatico e attuale come quello dei suicidi di massa, il cui primato per numero di casi spetta proprio al Giappone. Insomma, c'è molta carne al fuoco. Altra ragione, non meno importante, è la qualità della grafica. Va ricordato che questo anime è del 2004, eppure i suoi disegni, le sue animazioni, il "fattore digitale", sono di gran lunga superiori a molti anime più recenti. La regia delle scene d'azione è superba. Al video si intreccia l'audio in una perfetta simbiosi: la colonna sonora è a cura di Yoko Kanno, la quale ha curato sia l'opening, "Rise" di Origa, che l'ending, "Living inside the shell" di Steve Conte, casualmente capitate sul mio Ipod. La particolarità interessante è la presenza anche di alcuni pezzi in lingua italiana, come "I Do", cantata da Ilaria Graziano.

In conclusione, consiglio la visione a tutti coloro che abbiano già visto la prima serie o ai fan del genere "cyberpunk"; direi, invece, che è da evitare assolutamente per chi cerca un anime soft, giusto per passare il tempo. Sebbene l'opera sia meritevole di un altissimo voto, viene, secondo me, troppo penalizzata dalla trama, una palla... al piede.