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6.5/10
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Tatsuki Fujimoto è senz'altro il nome che ricalca al meglio lo stile “bizzarro”, tra le nuove leve di casa Shueisha, e grazie a “Fire Punch” ha potuto spiegare a tutti di cosa è capace e quali sono i suoi limiti.

Il suo primo fumetto in otto volumi, editi qui da noi grazie a Star Comics, è ambientato in un non ben precisato futuro nel quale il pianeta terra è diventato inospitale per gli esseri umani: l'intera superficie non fa che raffreddarsi sempre più, la flora e la fauna stanno scomparendo ed i pochi uomini ancora in vita faticano a mantenere la ragione e spesso finiscono per far nascere situazioni grottesche, ingiuste, viscide, maschiliste, nauseanti, tutte vissute insieme ad Agni, un ragazzo che possiede una benedizione, ovvero una sorta di super potere, che gli consente una rigenerazione quasi istantanea. Le benedizioni non sono cosa rara, ma purtroppo sono fonte di lotte al potere, sadismo ai limiti, ulteriore sofferenza e situazioni malate/cattive che costringeranno faide interne tra un popolo già di per sé ridotto all'osso.
La trama è un orpello che incornicia ed evidenzia il tema dell'importanza di avere un qualcuno che ricopra il ruolo da protagonista, così che in momenti di totale desolazione i comuni mortali possano avere qualcosa o qualcuno su cui aggrapparsi: che sia una religione, che sia una persona qualunque che gli ha salvato la vita, che sia un comunissimo film di cui il DVD ti è rimasto per caso in cantina e rispolveri dopo anni, riscoprendone una trama su cui sogni. In fondo anche la società nostra, quella che viviamo oggi, non sembra riuscire a fare un passo avanti senza una preghiera o un sogno rivolto verso qualcosa di irraggiungibile. “Fire Punch” ci mostra vari esempi di questa “dipendenza” creata e consumata per le povere anime indifese di questi personaggi che sfortunatamente, non sono tutti riusciti a convincere e soprattutto trascinare le vicende fino alla fine.

In ogni racconto c'è sempre un cast fatto di individui più o meno simpatici, meglio scritti o semplicemente con cui è più facile simpatizzare ed è normale che tutti non possano spiccare allo stesso modo. Il punto è che in questo fumetto c'è sempre stata un'ancora di salvataggio molto carismatica e vistosa, pronta a sobbarcarsi il peso della mediocrità o ripetitività altrui, regista delle follie di ognuno, direttore d'orchestra delle sciagure che nauseano sì, ma anche un po' sorridere, mischiando sempre le carte in tavola e facendo sì che la narrazione rimanesse sempre su un sottile filo tra la tragedia ed il folle. Filo che ad un certo punto, circa a metà, serie si rompe e lascia il lettore con un titolo che ormai non sembra più nemmeno “Fire Punch” ma più un sequel, nel quale si decide di prolungare le vicende con un registro diverso, molto più pesante, nel quale si toccano tematiche delicate senza spiegarle bene, con frasi spesso non brillanti e poco chiare, prive di mordente, colpi di scena che non esaltano più e la sola curiosità di scoprire come terminerà.

La sensazione è che lo stesso autore ad un certo punto abbia capito che i suoi lettori fossero stati irradiati dalla luce di un solo ed unico soggetto, decidendo dunque di metterlo da parte e tentare di porre i riflettori su tutto ciò che aveva costruito insieme ad esso, ma fallendo miseramente poiché orfano della sua valvola di sfogo per i momenti bizzarri (quelli meglio riusciti) atti ad aiutare una trama che è infatti divenuta un dramma costruito male, con una romance insensata (oltre che malata) ed un cast tutto dipendente dal protagonista che purtroppo, per ovvie ragioni, non può di certo far leva sul carisma e spesso stenta a portare avanti un ritmo che rallenta ed affanna.
Si potrà forse dire che questo titolo è troppo introspettivo e folle perché la massa possa capirlo, ma basta leggere il nuovo fumetto di Fujimoto, “Chainsaw Man” e sarà subito chiaro come lui stesso abbia compreso quali sono i suoi punti forti, puntando tutto ciò che ha su di essi.

Dal punto di vista tecnico abbiamo uno stile di disegno sobrio, con personaggi realistici anche nel loro mostrarci svariate “benedizioni”, con corpi proporzionati e volti delicati, colori che ballano tra il bianco ed il nero dell'inchiostro con qualche sprizzo di rosso fiammante e gelido azzurro, niente esuberi classici dei manga, tutto molto concreto anche nelle scene splatter che abbondano, ma se riuscirete ad andare oltre i primi volumi tutto filerà in discesa. Non c'è una grande maestria nel narrare i momenti più movimentati e spesso l'autore prende la decisione di omettere delle tavole complesse spiegandoci solo dopo cosa è accaduto: mossa furba per evitare disegni insufficienti su scene troppo concitate, adoperando anche la tecnica di ripetere più e più volte la stessa vignetta come una vecchia pellicola dai fotogrammi in bianco e nero, proiettata in un vecchio cinema dalla sala deserta dove vedrai passarti sotto gli occhi scene lente, ripetute ed in alcuni casi, quanto ti avrà abituato a osservare due pagine della stessa identica posa, magari sorprenderti all'improvviso e farti risvegliare con un colpo di scena.

Riassumendo, “Fire Punch” non è un titolo per tutti. Prima di tutto sconsiglio la lettura ai lettori troppo sensibili sia alla violenza che alle tematiche più delicate (amori proibiti, cannibalismo, omosessualità, disforia di genere, stupro e tante altre), in secondo luogo non lo farei leggere a chi ha troppe aspettative, poiché probabilmente questa storia è servita come prova per capire i limiti narrativi di un mangaka agli inizi.
Se vi piacciono le storie folli, i protagonisti sventurati, le citazioni nerd al mondo del cinema e soprattutto una grande dose di violenza spesso ingiustificata, questo titolo potrà senz'altro sfamare il vostro appetito per un po', ma purtroppo vi lascerà sul finale con un certo amaro in bocca e la sensazione di aver vissuto due storie diverse, due narrati che non si incastrano, come se fossero due pezzi di due puzzle differenti, seppur simili.