Chi ha incastrato Roger Rabbit
Nel lontano 1981, Gary K. Wolf pubblicò negli Stati Uniti d’America un romanzo di scarso successo, le cui vendite furono fondamentalmente modeste e di cui, al tempo, si parlò molto poco. Un anno dopo, la Walt Disney Pictures, dall’alto della propria infallibile lungimiranza, acquistò i diritti del romanzo per farne un lungometraggio. Per la sceneggiatura, vennero assunti Jeffrey Price e Peter S. Seaman, mentre alla regia si propose un certo Robert Zemeckis che, all’epoca, aveva diretto alcuni film dalla tiepida accoglienza al botteghino, motivo per il quale la Disney non lo prese inizialmente in considerazione. Nel frattempo, la casa di produzione statunitense aveva creato una divisione autonoma per la produzione e distribuzione di commedie leggere, non appositamente concepite per il pubblico infantile, dal nome Touchstone Pictures – marchio che nel 2018 ha cessato di esistere. La Disney cercò, allora, di assumere Terry Gilliam alla regia del film, ma quest'ultimo rifiutò il ruolo poiché, secondo lui, il progetto di adattamento del romanzo era troppo difficile da realizzare. Intanto, nei cinema statunitensi era uscito un film di discreto successo dal titolo “Ritorno al futuro”, diretto proprio da quel Robert Zemeckis di cui sopra, il che convinse la Disney ad assumerlo alla regia del proprio lungometraggio. Nello stesso anno, ovvero il 1985, Michael Eisner, l'allora amministratore delegato Disney, assunse Frank Marshall, Steven Spielberg e Kathleen Kennedy come produttori della pellicola. Il budget finale stanziato fu di 29,9 milioni di dollari, una cifra non proprio irrisoria per l’epoca. Eppure, le scelte di Eisner pagarono e non poco, perché a livello internazionale il film, adattamento di quel romanzo così poco conosciuto, incassò la bellezza di 351 milioni e mezzo di dollari. Per chi non lo avesse capito, il romanzo in questione è “Who Censored Roger Rabbit?” e il lungometraggio che ne ha tratto ispirazione “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, uscito negli Stati Uniti d’America nel 1988.
Nel 1947, a Los Angeles, esseri umani e cartoons vivono insieme. I toons lavorano come attori nei cartoni animati e abitano a Toontown, una città tutta loro. Roger Rabbit, famoso attore-toon ma molto emotivo, teme che sua moglie Jessica lo tradisca. Per tale ragione, il capo degli studi cinematografici, R.K. Maroon, assume il detective privato Eddie Valiant per scattare foto compromettenti a Jessica. Eddie fotografa la moglie di Roger Rabbit mentre gioca a patty-cake – un’innocua gag – con Marvin Acme, il proprietario di Toontown. Poco dopo, Acme viene trovato morto, ucciso da un pianoforte caduto dal cielo. Ovviamente, tutti sospettano di Roger che, disperato, si presenta da Eddie professando la propria innocenza. Eddie, suo malgrado, finisce per aiutarlo a nascondersi e inizia ad indagare per scoprire la verità.
Ciò che rende “Chi ha incastrato Roger Rabbit” un film cult è la combinazione tra attori in carne ed ossa e personaggi animati, i toons. In realtà, la tecnica usata da Robert Zemeckis è tutt’altro che originale, perché a partire dagli anni ’20 già altri corti Disney e lungometraggi se n’erano serviti: celebri, in tal senso, i prodotti con protagonisti Tom e Jerry. Il grande merito del regista statunitense, invece, è stato sicuramente quello di aver combinato alcuni dei personaggi più famosi provenienti dall’universo Disney con quelli legati alla Warner Bros: Roger e Jessica Rabbit, Baby Herman, Topolino e Paperino, Bugs Bunny e Duffy Duck ecc. Alcuni di questi personaggi fanno solo una breve comparsa all’interno del film; eppure, la loro presenza basta a rendere questa pellicola unica nel suo genere. A ciò, si sommano le performances irripetibili del grande Bob Hoskins nei panni di Eddie Valiant e della seducente Joanna Cassidy nelle vesti di Dolores, la compagna di vita dell’investigatore privato. Zemeckis propone un roster di personaggi ampio ed invidiabile, in cui spiccano inevitabilmente i due protagonisti: Eddie e Roger, il cui rapporto fuori dalle righe rappresenta la linea comica del film.
Eddie Valiant e Roger Rabbit sono come cane e gatto. Roger è affettuoso e giocherellone, un coniglio a cui piace scherzare, fare battute e intrattenere con brevi spettacoli comici gli spettatori – anche quelli non paganti –, il che è giustificato dalla sua natura di cartone animato. Eddie, invece, è scontroso e schivo, e non prova particolare affetto per i toons – per motivi chiariti durante lo svolgimento della storia –, simboli di un mondo da cui preferirebbe tenersi alla larga. Eppure, quando Roger si trova in difficoltà, Eddie, da vecchio cuore quale egli è, non riesce proprio a negargli il suo aiuto, scelta di cui poi avrà più volte a pentirsene. Insieme, l’esuberante coniglio e il rammaricato investigatore privato formano una coppia tutta da scoprire, le cui interazioni fungono da inesauribile motore comico del lungometraggio, che nasce con lo scopo di divertire ed intrattenere, e ci riesce egregiamente, anche a quasi quarant’anni di distanza dal suo lancio.
A proposito di intrattenimento, nulla mi ha colpito maggiormente – in senso positivo – del plot twist finale. A scanso di equivoci, è mia premura chiarire un fatto: ho seguito il film con grandissima attenzione, motivo per il quale credo fermamente di non aver tralasciato nessun segnale inequivocabile, a meno che non abbia iniziato a soffrire a mia insaputa di qualche grave deficit cognitivo. Dunque, escludendo questa estrema possibilità, la conclusione a cui sono giunto è che la trama è stata costruita così bene da non far sospettare di nulla lo spettatore che, arrivato alla fine, resterà sbigottito dinanzi alla rivelazione circa la reale identità del nemico comune di Eddie e Roger – chi ha visto il film capirà la mia allusione. Per quel che mi riguarda, questa è stata la conferma che per ideare un finale ad effetto non serve essere per forza il Christopher Nolan di turno, bensì basta costruire una trama coerente e lineare, rivelando ciò che bisogna sapere al momento giusto, né un attimo prima né un attimo dopo.
A fare da cornice la Los Angeles del 1947 e un’atmosfera da noir americano del dopoguerra, in cui spiccano strade fumose, night club, bar malfamati, tram ormai desueti, corruzione dilagante e una capillare speculazione edilizia. Retaggio di un’epoca ormai molto lontana nel tempo, di cui “Chi ha incastrato Roger Rabbit” si fa carico, portandoci a riflettere su una verità troppo difficile da accettare, ovvero che, sotto sotto, si stava meglio quando si stava peggio.
Nel 1947, a Los Angeles, esseri umani e cartoons vivono insieme. I toons lavorano come attori nei cartoni animati e abitano a Toontown, una città tutta loro. Roger Rabbit, famoso attore-toon ma molto emotivo, teme che sua moglie Jessica lo tradisca. Per tale ragione, il capo degli studi cinematografici, R.K. Maroon, assume il detective privato Eddie Valiant per scattare foto compromettenti a Jessica. Eddie fotografa la moglie di Roger Rabbit mentre gioca a patty-cake – un’innocua gag – con Marvin Acme, il proprietario di Toontown. Poco dopo, Acme viene trovato morto, ucciso da un pianoforte caduto dal cielo. Ovviamente, tutti sospettano di Roger che, disperato, si presenta da Eddie professando la propria innocenza. Eddie, suo malgrado, finisce per aiutarlo a nascondersi e inizia ad indagare per scoprire la verità.
Ciò che rende “Chi ha incastrato Roger Rabbit” un film cult è la combinazione tra attori in carne ed ossa e personaggi animati, i toons. In realtà, la tecnica usata da Robert Zemeckis è tutt’altro che originale, perché a partire dagli anni ’20 già altri corti Disney e lungometraggi se n’erano serviti: celebri, in tal senso, i prodotti con protagonisti Tom e Jerry. Il grande merito del regista statunitense, invece, è stato sicuramente quello di aver combinato alcuni dei personaggi più famosi provenienti dall’universo Disney con quelli legati alla Warner Bros: Roger e Jessica Rabbit, Baby Herman, Topolino e Paperino, Bugs Bunny e Duffy Duck ecc. Alcuni di questi personaggi fanno solo una breve comparsa all’interno del film; eppure, la loro presenza basta a rendere questa pellicola unica nel suo genere. A ciò, si sommano le performances irripetibili del grande Bob Hoskins nei panni di Eddie Valiant e della seducente Joanna Cassidy nelle vesti di Dolores, la compagna di vita dell’investigatore privato. Zemeckis propone un roster di personaggi ampio ed invidiabile, in cui spiccano inevitabilmente i due protagonisti: Eddie e Roger, il cui rapporto fuori dalle righe rappresenta la linea comica del film.
Eddie Valiant e Roger Rabbit sono come cane e gatto. Roger è affettuoso e giocherellone, un coniglio a cui piace scherzare, fare battute e intrattenere con brevi spettacoli comici gli spettatori – anche quelli non paganti –, il che è giustificato dalla sua natura di cartone animato. Eddie, invece, è scontroso e schivo, e non prova particolare affetto per i toons – per motivi chiariti durante lo svolgimento della storia –, simboli di un mondo da cui preferirebbe tenersi alla larga. Eppure, quando Roger si trova in difficoltà, Eddie, da vecchio cuore quale egli è, non riesce proprio a negargli il suo aiuto, scelta di cui poi avrà più volte a pentirsene. Insieme, l’esuberante coniglio e il rammaricato investigatore privato formano una coppia tutta da scoprire, le cui interazioni fungono da inesauribile motore comico del lungometraggio, che nasce con lo scopo di divertire ed intrattenere, e ci riesce egregiamente, anche a quasi quarant’anni di distanza dal suo lancio.
A proposito di intrattenimento, nulla mi ha colpito maggiormente – in senso positivo – del plot twist finale. A scanso di equivoci, è mia premura chiarire un fatto: ho seguito il film con grandissima attenzione, motivo per il quale credo fermamente di non aver tralasciato nessun segnale inequivocabile, a meno che non abbia iniziato a soffrire a mia insaputa di qualche grave deficit cognitivo. Dunque, escludendo questa estrema possibilità, la conclusione a cui sono giunto è che la trama è stata costruita così bene da non far sospettare di nulla lo spettatore che, arrivato alla fine, resterà sbigottito dinanzi alla rivelazione circa la reale identità del nemico comune di Eddie e Roger – chi ha visto il film capirà la mia allusione. Per quel che mi riguarda, questa è stata la conferma che per ideare un finale ad effetto non serve essere per forza il Christopher Nolan di turno, bensì basta costruire una trama coerente e lineare, rivelando ciò che bisogna sapere al momento giusto, né un attimo prima né un attimo dopo.
A fare da cornice la Los Angeles del 1947 e un’atmosfera da noir americano del dopoguerra, in cui spiccano strade fumose, night club, bar malfamati, tram ormai desueti, corruzione dilagante e una capillare speculazione edilizia. Retaggio di un’epoca ormai molto lontana nel tempo, di cui “Chi ha incastrato Roger Rabbit” si fa carico, portandoci a riflettere su una verità troppo difficile da accettare, ovvero che, sotto sotto, si stava meglio quando si stava peggio.
Un classico del cinema, un’operazione di incrocio tra personaggi Disney e Warner Bros che fino ad allora appariva coraggiosa e forse impossibile e che contribuì molto ad attirare il pubblico. Quest’ultimo ebbe poi la soddisfazione di ritrovarsi davanti ad un film veramente bello, che unisce alla qualità tecnica la qualità artistica, diretto con mano sicura da Robert Zemeckis e ben interpretato sia dagli umani (in particolare Bob Hoskins e Christopher Lloyd) che dai cartoni (molto efficaci nei loro ruoli).
Proprio l’aspetto cartonesco ha forse impedito all’epoca di cogliere appieno la qualità del film, perché in molti si sono concentrati solo sull’aspetto comico (certo irresistibile grazie all’esuberante e scatenato Roger Rabbit) e non hanno fatto molto caso alle diverse anime del film, tutte realizzate con la stessa qualità di quella comica e capaci di fondersi tra loro senza stonare o snaturarsi (fusioni di questo tipo sono rare): il detective Eddie Valiant è un perfetto personaggio da film noir, cinico, disincantato, reso così da un terribile trauma del passato (ed è un riuscito momento drammatico quando lo racconta); il terribile giudice Morton fa veramente paura; l’amore represso tra Eddie e Dolores suscita tenerezza come pure quello tormentato (anche se in maniera tragicomica) tra Roger e l’affascinante moglie Jessica; il finale ha una suspense quasi da thriller. Da notare anche il messaggio di fondo, semplice ed efficace, rappresentato da Roger: la risata non serve solo per prendere in giro, ma anche per sdrammatizzare e andare avanti in un mondo che, troppe volte, appare cattivo.
Grazie alla qualità del film, i momenti memorabili si sprecano: dal prologo, con Roger al lavoro, passando alla prima, supersexy, apparizione di Jessica Rabbit, poi alle faine che inseguono Benny il Taxi e a quel tripudio di colori e suoni che è Cartoonia.
Forse l’unico difetto è che rivisto oggi la differenza tra personaggi umani e cartoni risalta di più, insomma l’unione tra i due mondi adesso appare un po' più artificiosa.
Ma stiamo comunque parlando di un capolavoro senza tempo.
Proprio l’aspetto cartonesco ha forse impedito all’epoca di cogliere appieno la qualità del film, perché in molti si sono concentrati solo sull’aspetto comico (certo irresistibile grazie all’esuberante e scatenato Roger Rabbit) e non hanno fatto molto caso alle diverse anime del film, tutte realizzate con la stessa qualità di quella comica e capaci di fondersi tra loro senza stonare o snaturarsi (fusioni di questo tipo sono rare): il detective Eddie Valiant è un perfetto personaggio da film noir, cinico, disincantato, reso così da un terribile trauma del passato (ed è un riuscito momento drammatico quando lo racconta); il terribile giudice Morton fa veramente paura; l’amore represso tra Eddie e Dolores suscita tenerezza come pure quello tormentato (anche se in maniera tragicomica) tra Roger e l’affascinante moglie Jessica; il finale ha una suspense quasi da thriller. Da notare anche il messaggio di fondo, semplice ed efficace, rappresentato da Roger: la risata non serve solo per prendere in giro, ma anche per sdrammatizzare e andare avanti in un mondo che, troppe volte, appare cattivo.
Grazie alla qualità del film, i momenti memorabili si sprecano: dal prologo, con Roger al lavoro, passando alla prima, supersexy, apparizione di Jessica Rabbit, poi alle faine che inseguono Benny il Taxi e a quel tripudio di colori e suoni che è Cartoonia.
Forse l’unico difetto è che rivisto oggi la differenza tra personaggi umani e cartoni risalta di più, insomma l’unione tra i due mondi adesso appare un po' più artificiosa.
Ma stiamo comunque parlando di un capolavoro senza tempo.
Era l'anno 1988 quando il regista Robert Zemeckis realizzò un film a tecnica mista che ha cambiato per sempre il mondo del cinema e persino permesso alla Disney di reinventarsi al meglio con lo storico periodo del "rinascimento Disney". Con la partecipazione di Steven Spielberg della Ambling Entertainment e persino di Richard Williams nel comparto animazione, "Chi ha incastrato Roger Rabbit" è un'esilarante commedia ispirata liberamente al romanzo di Gary Wolf "Who censored Roger Rabbit".
Ambientato nella California del 1945, siamo in un mondo dove esseri umani e cartoni animati convivono e comunicano tra loro e questi ultimi lavorano come attori nello studio cinematografico della "Maroon Cartoni" tra cui lo svampito e iperattivo coniglio animato Roger Rabbit e il suo collega Baby Herman, un rozzo neonato con voce adulta e catarrosa e fumatore di sigari.
Il burbero investigatore Eddie Valiant (Bob Hoskins R.I.P.) viene ingaggiato dal proprietario R.K. Maroon che, lamentandosi del fatto che Roger non stia facendo bene il proprio lavoro da attore, lo manda a indagare sulla moglie del coniglio, la conturbante e sessuale Jessica Rabbit, divenuta una vera e propria icona del sex symbol in quel periodo, che si dice stia tradendo il marito. Eddie, pur riluttante a causa di un episodio a dir poco tragicomico che lo ha portato a provare astio verso i cartoni, accetta l'incarico inconsapevole che questa mossa lo porterà ad intraprendere un incarico molto più impegnativo.
Come detto prima il film vuole essere una commedia, ma questa commedia ha la sorpresa di inserire molti più generi in un solo film creando più atmosfere ed emozioni. Si passa ad un film noir in stile anni '30 mentre Eddie Valiant è impegnato nelle indagini. Passando poi a diventare un film più comico e irresistibile grazie alle gag e alle battute intraprese dalla coppia Roger/Eddie in cui loro rapporto, all'inizio molto brusco, continua a migliorare col progredire del film. Ai momenti persino più seducenti anche per il pubblico più grandicello con Jessica Rabbit che ella "non immagina cosa significhi essere degli uomini che vedono una donna come lei per l'aspetto che ha, ma lei non è cattiva, è che la disegnano così". Ma con l'arrivo del sinistro ed inquietante antagonista, il giudice Morton (Christopher Lloyd) ecco che con la sua fredda presenza e con l'interpretazione perfetta di Lloyd il film cambia ancora atmosfera, diventando molto più cupo e drammatico e a tratti persino horror e chi ha visto il film ricorderà bene un paio di momenti terribilmente traumatici, e dannatamente ben architettati. Un minuto di silenzio per quella povera scarpetta innocente ed inoltre la sorpresa finale...Shock.
Sul comparto animazione, i personaggi animati sono realizzati davvero molto bene in modo da dare la sensazione di essere più realistici possibili in un mondo reale e non solo quando interagiscono con i personaggi umani, ma anche negli ambienti dove risultano più illuminati in zone all'aperto o con luce e più nell'ombra nelle zone più oscure e poco illuminate. Persino nel breve momento che si passa a Cartoonia, mondo tutto animato, il protagonista umano Eddie viene a sua volta ben integrato in mondo animato.
I personaggi, sia reali che animati, sono ben accurati e indimenticabili anche nella recitazione soprattutto i due protagonisti: Eddie: inizialmente burbero, irascibile e sarcastico, con il progredire del film il suo carattere si rallegra e migliora sempre più, arrivando perfino ad affrontare il suo passato grazie sopratutto alla spensieratezza del suo "partner" Roger Rabbit: molto più estroverso, folle e pieno di energia; due facce della stessa medaglia alla fin fine. Oltre a loro anche lo scatenato Taxi animato Benny e le storiche faine, scagnozzi del sinistro giudice, riescono ad entrare nel cuore di molti appassionati, sebbene quest'ultime non si distinguano molto tra di loro a parte il loro leader, ma non è una cosa così rilevante alla fine. Grande menzione onorevole ai molti camei di altri personaggi animati presi in prestito dalla Disney e Warner Bros e come non dimenticarsi ad esempio dell'aspra competizione tra Daffy Duck e Paperino durante il loro numero con il pianoforte o di Topolino e Bugs Bunny nella caduta di Eddie?
"Chi ha incastrato Roger Rabbit" è alla fine un capolavoro senza tempo partorito da quella vecchia volpe di Robert Zemeckis e destinato ad essere un intramontabile icona del mondo cinema del genere della tecnica mista che prima di allora fu un genere poco sfruttato o solo abbozzato.
Ambientato nella California del 1945, siamo in un mondo dove esseri umani e cartoni animati convivono e comunicano tra loro e questi ultimi lavorano come attori nello studio cinematografico della "Maroon Cartoni" tra cui lo svampito e iperattivo coniglio animato Roger Rabbit e il suo collega Baby Herman, un rozzo neonato con voce adulta e catarrosa e fumatore di sigari.
Il burbero investigatore Eddie Valiant (Bob Hoskins R.I.P.) viene ingaggiato dal proprietario R.K. Maroon che, lamentandosi del fatto che Roger non stia facendo bene il proprio lavoro da attore, lo manda a indagare sulla moglie del coniglio, la conturbante e sessuale Jessica Rabbit, divenuta una vera e propria icona del sex symbol in quel periodo, che si dice stia tradendo il marito. Eddie, pur riluttante a causa di un episodio a dir poco tragicomico che lo ha portato a provare astio verso i cartoni, accetta l'incarico inconsapevole che questa mossa lo porterà ad intraprendere un incarico molto più impegnativo.
Come detto prima il film vuole essere una commedia, ma questa commedia ha la sorpresa di inserire molti più generi in un solo film creando più atmosfere ed emozioni. Si passa ad un film noir in stile anni '30 mentre Eddie Valiant è impegnato nelle indagini. Passando poi a diventare un film più comico e irresistibile grazie alle gag e alle battute intraprese dalla coppia Roger/Eddie in cui loro rapporto, all'inizio molto brusco, continua a migliorare col progredire del film. Ai momenti persino più seducenti anche per il pubblico più grandicello con Jessica Rabbit che ella "non immagina cosa significhi essere degli uomini che vedono una donna come lei per l'aspetto che ha, ma lei non è cattiva, è che la disegnano così". Ma con l'arrivo del sinistro ed inquietante antagonista, il giudice Morton (Christopher Lloyd) ecco che con la sua fredda presenza e con l'interpretazione perfetta di Lloyd il film cambia ancora atmosfera, diventando molto più cupo e drammatico e a tratti persino horror e chi ha visto il film ricorderà bene un paio di momenti terribilmente traumatici, e dannatamente ben architettati. Un minuto di silenzio per quella povera scarpetta innocente ed inoltre la sorpresa finale...Shock.
Sul comparto animazione, i personaggi animati sono realizzati davvero molto bene in modo da dare la sensazione di essere più realistici possibili in un mondo reale e non solo quando interagiscono con i personaggi umani, ma anche negli ambienti dove risultano più illuminati in zone all'aperto o con luce e più nell'ombra nelle zone più oscure e poco illuminate. Persino nel breve momento che si passa a Cartoonia, mondo tutto animato, il protagonista umano Eddie viene a sua volta ben integrato in mondo animato.
I personaggi, sia reali che animati, sono ben accurati e indimenticabili anche nella recitazione soprattutto i due protagonisti: Eddie: inizialmente burbero, irascibile e sarcastico, con il progredire del film il suo carattere si rallegra e migliora sempre più, arrivando perfino ad affrontare il suo passato grazie sopratutto alla spensieratezza del suo "partner" Roger Rabbit: molto più estroverso, folle e pieno di energia; due facce della stessa medaglia alla fin fine. Oltre a loro anche lo scatenato Taxi animato Benny e le storiche faine, scagnozzi del sinistro giudice, riescono ad entrare nel cuore di molti appassionati, sebbene quest'ultime non si distinguano molto tra di loro a parte il loro leader, ma non è una cosa così rilevante alla fine. Grande menzione onorevole ai molti camei di altri personaggi animati presi in prestito dalla Disney e Warner Bros e come non dimenticarsi ad esempio dell'aspra competizione tra Daffy Duck e Paperino durante il loro numero con il pianoforte o di Topolino e Bugs Bunny nella caduta di Eddie?
"Chi ha incastrato Roger Rabbit" è alla fine un capolavoro senza tempo partorito da quella vecchia volpe di Robert Zemeckis e destinato ad essere un intramontabile icona del mondo cinema del genere della tecnica mista che prima di allora fu un genere poco sfruttato o solo abbozzato.
Un film unico ed esilarante. L'idea originale di far coesistere essere umani in carne ed ossa e cartoni animati è una trovata geniale. Se poi i cartoni animati sono quelli della Walt Disney e della Warner Bros è ancora meglio, perché sono esilaranti/deliranti, esasperanti e comicamente violenti, ovviamente tutto nel rispetto della sensibilità.
Tuttavia in questa pellicola si basa su un caso di omicidio di un essere umano in carne ed ossa, di cui un cartone animato è sospettato. Questo crea una sorta di equilibrio e il punto di forza che attira e cattura l'attenzione dello spettatore, il quale riesce quindi ad immergersi e ad immedesimarsi spontaneamente nel film e a ridere come non mai. La colonna sonora è caratterizzata da musica in stile jazz e altre sonorità. I personaggi dei cartoni animati fanno da contrasto, con la loro personalità, alla rozzezza, schiettezza e crudezza degli attori in carne ed ossa creando un'equilibrio nell'atmosfera.
In particolare il protagonista si dimostra restio e pieno di rancore per una questione personale che lo riguarda. Più che altro il film vuole essere un invito a non smettere di credere in un mondo migliore, di cui i cartoni cercano di essere portavoce e ambasciatori. Uno dei messaggi più sinceri, semplici e spensierati è quello di ridere delle incongruenze e delle sciagure/disgrazie della vita.
Tuttavia in questa pellicola si basa su un caso di omicidio di un essere umano in carne ed ossa, di cui un cartone animato è sospettato. Questo crea una sorta di equilibrio e il punto di forza che attira e cattura l'attenzione dello spettatore, il quale riesce quindi ad immergersi e ad immedesimarsi spontaneamente nel film e a ridere come non mai. La colonna sonora è caratterizzata da musica in stile jazz e altre sonorità. I personaggi dei cartoni animati fanno da contrasto, con la loro personalità, alla rozzezza, schiettezza e crudezza degli attori in carne ed ossa creando un'equilibrio nell'atmosfera.
In particolare il protagonista si dimostra restio e pieno di rancore per una questione personale che lo riguarda. Più che altro il film vuole essere un invito a non smettere di credere in un mondo migliore, di cui i cartoni cercano di essere portavoce e ambasciatori. Uno dei messaggi più sinceri, semplici e spensierati è quello di ridere delle incongruenze e delle sciagure/disgrazie della vita.