Kubo Won't Let Me Be Invisible
Quando ho iniziato la visione, speravo di non trovarmi di fronte a un fac simile di “The Girl I Like Forgot Her Glasses”, perché mi aveva annoiato tantissimo, e devo dire che questo anime è sì andato meglio, ma non più di tanto.
Sapevo vagamente la trama: il protagonista Shiraishi non viene mai visto perché insignificante, ma la sua vicina di banco, Kubo, lo vede eccome, continuando a interagire con lui.
L’idea di base è carina per il genere in cui l’anime si colloca, ma dopo pochi episodi la ripetitività prende il sopravvento e mi ha fatto storcere un po’ il naso, specie per due fattori, ossia i protagonisti.
La gag di Shiraishi che risulta invisibile è carina e simpatica per i primissimi episodi, ma alla lunga non fa più ridere e diventa anche assurda. Ok risultare invisibile nel senso di non spiccare tra la gente, ma essere invisibile fisicamente non ha molto senso, tipo come quando Shiraishi vuole entrare in libreria, ma le porte scorrevoli non si aprono, perché non lo rilevano. Oppure come quando poggia i suoi acquisti alla cassa del konbini, ma la cassiera non lo vede e si ritrova magicamente poggiati gli articoli sul bancone, e lo stesso dicasi per quando accompagna in giro il fratellino, con la gente che si convince che un bambino piccolo stia camminando da solo.
Kubo e gli “stuzzicamenti” che mette in atto con “Prova a fare così, prova a fare questo” sono interessanti all’inizio, ma poi, anche loro, diventano ripetitivi. Carina l’idea di tenere la sorella e la cugina di Kubo come personaggi ricorrenti: tengono un po’ viva l’attenzione, ma più di tanto non fanno.
Se le puntate fossero state più corte, anche solo di quindici minuti, avrei gradito di più la visione.
D’accordo che viene mostrato anche qualcos’altro, oltre a Shiraishi e la sua invisibilità, ma per il 90% le varie scenette che compongono gli episodi sono “Shiraishi non c’è? Ah! Eccoti qua! Ma dove sei stato finora?”, e ben presto ci si stufa.
Shiraishi l’ho anche trovato un po’ senza una caratterizzazione ben delineata, ma forse perché quasi mi infastidiva il suo accettare di fare tutto quello che gli diceva Kubo senza battere ciglio, quasi fosse il suo pupazzetto. Mentre mi ha lasciato di stucco quando Shiraishi sta per iniziare il secondo anno di superiori e pensa a quello precedente, dicendo che non è cambiato nulla. Ah, be’, le ragazze Kubo sarebbero felicissime di sentire questa cosa, dopo che l’hanno pure invitato a mangiare con loro durante la fioritura dei ciliegi.
Boccio quest’anime e non lo consiglierei neanche a chi è alla ricerca di qualcosa di dolce e leggero, perché ben presto si finisce in un vortice di noia.
Se invece siete intenzionati a vederlo, non aspettatevi chissà cosa.
Sapevo vagamente la trama: il protagonista Shiraishi non viene mai visto perché insignificante, ma la sua vicina di banco, Kubo, lo vede eccome, continuando a interagire con lui.
L’idea di base è carina per il genere in cui l’anime si colloca, ma dopo pochi episodi la ripetitività prende il sopravvento e mi ha fatto storcere un po’ il naso, specie per due fattori, ossia i protagonisti.
La gag di Shiraishi che risulta invisibile è carina e simpatica per i primissimi episodi, ma alla lunga non fa più ridere e diventa anche assurda. Ok risultare invisibile nel senso di non spiccare tra la gente, ma essere invisibile fisicamente non ha molto senso, tipo come quando Shiraishi vuole entrare in libreria, ma le porte scorrevoli non si aprono, perché non lo rilevano. Oppure come quando poggia i suoi acquisti alla cassa del konbini, ma la cassiera non lo vede e si ritrova magicamente poggiati gli articoli sul bancone, e lo stesso dicasi per quando accompagna in giro il fratellino, con la gente che si convince che un bambino piccolo stia camminando da solo.
Kubo e gli “stuzzicamenti” che mette in atto con “Prova a fare così, prova a fare questo” sono interessanti all’inizio, ma poi, anche loro, diventano ripetitivi. Carina l’idea di tenere la sorella e la cugina di Kubo come personaggi ricorrenti: tengono un po’ viva l’attenzione, ma più di tanto non fanno.
Se le puntate fossero state più corte, anche solo di quindici minuti, avrei gradito di più la visione.
D’accordo che viene mostrato anche qualcos’altro, oltre a Shiraishi e la sua invisibilità, ma per il 90% le varie scenette che compongono gli episodi sono “Shiraishi non c’è? Ah! Eccoti qua! Ma dove sei stato finora?”, e ben presto ci si stufa.
Shiraishi l’ho anche trovato un po’ senza una caratterizzazione ben delineata, ma forse perché quasi mi infastidiva il suo accettare di fare tutto quello che gli diceva Kubo senza battere ciglio, quasi fosse il suo pupazzetto. Mentre mi ha lasciato di stucco quando Shiraishi sta per iniziare il secondo anno di superiori e pensa a quello precedente, dicendo che non è cambiato nulla. Ah, be’, le ragazze Kubo sarebbero felicissime di sentire questa cosa, dopo che l’hanno pure invitato a mangiare con loro durante la fioritura dei ciliegi.
Boccio quest’anime e non lo consiglierei neanche a chi è alla ricerca di qualcosa di dolce e leggero, perché ben presto si finisce in un vortice di noia.
Se invece siete intenzionati a vederlo, non aspettatevi chissà cosa.
Chiariamolo subito: questo non sarà certamente l’anime più originale che vedrete ultimamente.
Si tratta infatti del classico shojo con ambientazione scolastica: lei, Kubo, è la quintessenza della carineria, ragazza acqua e sapone della porta accanto, bella ma non troppo appariscente, dolce, gentile; lui, Junta, è la quintessenza dello ‘sfigato’, emarginato, senza amici, pallido e mingherlino, talmente insignificante che i suoi compagni di classe non lo vedono, nemmeno si accorgono della sua presenza.
Ovviamente, essendo in un anime, a Kubo piace Junta, e con la scusa di fare esperimenti per farlo “vedere” anche agli altri gli fa spudoratamente il filo, dandogli continuamente prove palesi di interesse, che Junta però, da tontolone insicuro, non coglie mai.
È questa la magia delle commedie romantiche di questo genere: sappiamo tutti che nella realtà non accade mai che la ragazza più carina e popolare della scuola si innamori del compagno di classe bruttarello e ‘sfigato’, ma è bello pensare che almeno nella fantasia questo possa accadere, e così andiamo di sospensione dell’incredulità e ci facciamo trasportare dalla storia. Devo dire che, in questo, “Kubo Won't Let Me Be Invisible” fa bene il suo lavoro: le situazioni sono carine e dolci senza eccedere nello stucchevole, pertanto la storia è gradevole e gli episodi si guardano con piacere.
Purtroppo c’è una cosa che ho fatto molto fatica a mandare giù, ed è proprio il concept di base dell’anime, ossia il fatto che Junta sia invisibile. Se si intendesse “invisibile” in senso metaforico (nel senso di insignificante, che non si nota, non spicca, non viene considerato), sarebbe un conto, ma qui invece sembra che Junta sia proprio invisibile nel vero senso della parola: la gente gli sbatte addosso per la strada o non lo vede alzare la mano a scuola, o se accompagna fuori il fratellino, pensa che il bambino stia passeggiando da solo, come se Junta non fosse proprio visibile fisicamente, come un ectoplasma. Che è un’assurdità senza senso, e mi spezza un po’ l’immedesimazione.
Inoltre, personalmente non mi è piaciuto che la storia sia partita in medias res: sin dall’inizio della prima puntata a Kubo piace inspiegabilmente Junta, senza che si capisca come si sia arrivati a quel punto. Sarebbe stato più interessante vedere nascere passo passo questo interesse.
In definitiva, è un anime carino e senza troppe pretese, non molto originale ma leggero e piacevole da seguire.
Si tratta infatti del classico shojo con ambientazione scolastica: lei, Kubo, è la quintessenza della carineria, ragazza acqua e sapone della porta accanto, bella ma non troppo appariscente, dolce, gentile; lui, Junta, è la quintessenza dello ‘sfigato’, emarginato, senza amici, pallido e mingherlino, talmente insignificante che i suoi compagni di classe non lo vedono, nemmeno si accorgono della sua presenza.
Ovviamente, essendo in un anime, a Kubo piace Junta, e con la scusa di fare esperimenti per farlo “vedere” anche agli altri gli fa spudoratamente il filo, dandogli continuamente prove palesi di interesse, che Junta però, da tontolone insicuro, non coglie mai.
È questa la magia delle commedie romantiche di questo genere: sappiamo tutti che nella realtà non accade mai che la ragazza più carina e popolare della scuola si innamori del compagno di classe bruttarello e ‘sfigato’, ma è bello pensare che almeno nella fantasia questo possa accadere, e così andiamo di sospensione dell’incredulità e ci facciamo trasportare dalla storia. Devo dire che, in questo, “Kubo Won't Let Me Be Invisible” fa bene il suo lavoro: le situazioni sono carine e dolci senza eccedere nello stucchevole, pertanto la storia è gradevole e gli episodi si guardano con piacere.
Purtroppo c’è una cosa che ho fatto molto fatica a mandare giù, ed è proprio il concept di base dell’anime, ossia il fatto che Junta sia invisibile. Se si intendesse “invisibile” in senso metaforico (nel senso di insignificante, che non si nota, non spicca, non viene considerato), sarebbe un conto, ma qui invece sembra che Junta sia proprio invisibile nel vero senso della parola: la gente gli sbatte addosso per la strada o non lo vede alzare la mano a scuola, o se accompagna fuori il fratellino, pensa che il bambino stia passeggiando da solo, come se Junta non fosse proprio visibile fisicamente, come un ectoplasma. Che è un’assurdità senza senso, e mi spezza un po’ l’immedesimazione.
Inoltre, personalmente non mi è piaciuto che la storia sia partita in medias res: sin dall’inizio della prima puntata a Kubo piace inspiegabilmente Junta, senza che si capisca come si sia arrivati a quel punto. Sarebbe stato più interessante vedere nascere passo passo questo interesse.
In definitiva, è un anime carino e senza troppe pretese, non molto originale ma leggero e piacevole da seguire.