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Rudido

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
C'è qualcosa nell'estetica e nel modo in cui è girata questa pellicola, che evoca un’epoca mitica del cinema giapponese. “Yokai Monsters: Spook Warfare” è il secondo capitolo della trilogia di Daiei sugli yokai, ed è diventato un cult non solo per la sua trama, ma soprattutto per l’aura che emana. Tra cinema per ragazzi, horror fantastico e folklore, questa pellicola potrebbe sembrare semplice, ma è la forza evocativa di ogni singolo elemento che la compone a renderla iconica: un'alchimia tra artigianalità degli effetti speciali, costumi e recitazione, insieme a un ritmo narrativo che oggi non esiste più.
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La storia parla di un mostro millenario, Daimon, che viene risvegliato tra le rovine di babilonia e vola in Giappone. Qui uccide un samurai, ne beve il sangue e ne assume le sembianze, infiltrandosi tra gli uomini. Ma un kappa, scopre l’inganno e raduna gli altri yokai. Insieme, usando i loro poteri, affronteranno la creatura demoniaca.
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Guardare quest'opera oggi è come fare un salto nel passato, in un tempo cinematografico che non esiste più. Una delle cose più gustose del film è la sua artigianalità visiva, figlia di un’epoca in cui l’effetto speciale non era digitale ma tangibile, fatto con mani, colla e sudore. Kuroda e il team della Daiei mescolano miniature, costumi, marionette e trucchi ottici per dare vita agli yokai. Non c’è solo mestiere: c’è uno stile che richiama apertamente il teatro kabuki e il bunraku, con movenze marcatamente teatrali e un’estetica pittorica che rimanda agli emakimono. Le sovrimpressioni, le dissolvenze, le inquadrature fisse su scenografie dipinte a mano contribuiscono a creare un’atmosfera che potremmo definire di "artigianato poetico".
Certo oggi l’effetto può sembrare un po' naif, ma è proprio questo il punto: si tratta di un cinema che non imita la realtà ma la trasfigura. E proprio per questo, conserva ancora oggi una grande forza espressiva e un fascino quasi ipnotico.

"Yokai Monsters" è poi anche un documento cinematografico del Giappone degli anni '60, momento storico in cui il paese cercava di preservare le proprie radici culturali durante una modernizzazione frenetica. Gli yokai, in questo contesto, non sono semplici mostri, ma incarnazioni della memoria collettiva e della tradizione. Simboli e artefici di una resistenza contro la colonizzazione culturale del dopoguerra, con l'arrivo in massa di espressioni artistiche e pellicole occidentali.
E si può dire che ce l'abbiano fatta in pieno. Oggi, infatti, gli yokai sono ancora più vivi che mai nell'immaginario nipponico e non solo. Presenti costantemente in opere di tutti i tipi, si sono anzi trasformati in icone pop: tra film, anime, manga, e altre forme di arte contemporanea sono andati loro stessi alla conquista del mondo.