Il mastino e altre storie
"Il mastino e altre storie" di Gou Tanabe si conferma un'aggiunta preziosa per gli amanti delle atmosfere lovecraftiane trasposte su carta. Questo è il primo volume della serie dedicata a Lovecraft. Dopo aver apprezzato le sue magistrali interpretazioni de "L'orrore di Dunwich" e "La maschera di Innsmouth", ritrovare la sua matita in questi tre racconti brevi – "Il tempio", "Il mastino" e "La città senza nome" – è stata un'esperienza nuovamente coinvolgente e inquietante.
Ancora una volta, Tanabe dimostra una rara capacità di catturare l'essenza del cosmo lovecraftiano, non solo attraverso la fedele riproduzione di creature e ambientazioni, ma soprattutto attraverso la sottile e crescente sensazione di orrore che pervade ogni vignetta. In "Il tempio", la claustrofobica discesa negli abissi marini e la scoperta di un'antica e aliena civiltà sono rese con un tratto minuzioso, capace di evocare sia la magnificenza che il terrore del non umano. La narrazione visiva si fa lenta e inesorabile, proprio come la discesa del protagonista verso una verità incomprensibile e agghiacciante.
Ne "Il mastino", l'ossessione morbosa per un artefatto maledetto e le sue conseguenze nefaste sono delineate con un crescendo di tensione psicologica. Tanabe riesce a trasmettere il senso di decadenza e di malsana curiosità che anima i protagonisti, culminando in visioni oniriche e disturbanti. Il tratto si fa più cupo e nervoso, riflettendo l'incubo che si insinua nella realtà.
Infine, "La città senza nome" è forse l'apice della raccolta. La rappresentazione di un'antica metropoli aliena, eretta in un deserto ostile e dimenticata dal tempo, è semplicemente stupefacente. Le architetture ciclopiche, le geometrie impossibili e il senso di una storia remota e incomprensibile pervadono ogni pagina. Tanabe non si limita a illustrare, ma interpreta visivamente l'orrore cosmico di Lovecraft, quel senso di insignificanza dell'uomo di fronte a entità e civiltà di indicibile antichità e potenza.
Ciò che rende speciale l'opera di Tanabe è la sua abilità nel tessere un filo sottile tra le diverse storie di Lovecraft. Anche in questi racconti brevi, si percepisce un universo narrativo coerente, dove miti e orrori si richiamano e si completano a vicenda. La sua interpretazione visiva non è mai didascalica, ma lascia spazio all'immaginazione del lettore, amplificando il senso di mistero e di inquietudine.
Se avete apprezzato gli altri adattamenti di Tanabe, "Il mastino e altre storie" è un acquisto obbligato. Se invece vi state avvicinando per la prima volta al connubio tra il maestro dell'orrore di Providence e il talentuoso mangaka, questa raccolta rappresenta un ottimo punto di partenza per esplorare le oscure profondità della loro collaborazione. Ancora una volta, Gou Tanabe si dimostra un interprete sensibile e visionario dell'opera di H.P. Lovecraft, capace di tradurre in immagini l'orrore cosmico con una maestria che lascia senza fiato.
Ancora una volta, Tanabe dimostra una rara capacità di catturare l'essenza del cosmo lovecraftiano, non solo attraverso la fedele riproduzione di creature e ambientazioni, ma soprattutto attraverso la sottile e crescente sensazione di orrore che pervade ogni vignetta. In "Il tempio", la claustrofobica discesa negli abissi marini e la scoperta di un'antica e aliena civiltà sono rese con un tratto minuzioso, capace di evocare sia la magnificenza che il terrore del non umano. La narrazione visiva si fa lenta e inesorabile, proprio come la discesa del protagonista verso una verità incomprensibile e agghiacciante.
Ne "Il mastino", l'ossessione morbosa per un artefatto maledetto e le sue conseguenze nefaste sono delineate con un crescendo di tensione psicologica. Tanabe riesce a trasmettere il senso di decadenza e di malsana curiosità che anima i protagonisti, culminando in visioni oniriche e disturbanti. Il tratto si fa più cupo e nervoso, riflettendo l'incubo che si insinua nella realtà.
Infine, "La città senza nome" è forse l'apice della raccolta. La rappresentazione di un'antica metropoli aliena, eretta in un deserto ostile e dimenticata dal tempo, è semplicemente stupefacente. Le architetture ciclopiche, le geometrie impossibili e il senso di una storia remota e incomprensibile pervadono ogni pagina. Tanabe non si limita a illustrare, ma interpreta visivamente l'orrore cosmico di Lovecraft, quel senso di insignificanza dell'uomo di fronte a entità e civiltà di indicibile antichità e potenza.
Ciò che rende speciale l'opera di Tanabe è la sua abilità nel tessere un filo sottile tra le diverse storie di Lovecraft. Anche in questi racconti brevi, si percepisce un universo narrativo coerente, dove miti e orrori si richiamano e si completano a vicenda. La sua interpretazione visiva non è mai didascalica, ma lascia spazio all'immaginazione del lettore, amplificando il senso di mistero e di inquietudine.
Se avete apprezzato gli altri adattamenti di Tanabe, "Il mastino e altre storie" è un acquisto obbligato. Se invece vi state avvicinando per la prima volta al connubio tra il maestro dell'orrore di Providence e il talentuoso mangaka, questa raccolta rappresenta un ottimo punto di partenza per esplorare le oscure profondità della loro collaborazione. Ancora una volta, Gou Tanabe si dimostra un interprete sensibile e visionario dell'opera di H.P. Lovecraft, capace di tradurre in immagini l'orrore cosmico con una maestria che lascia senza fiato.
"Il Mastino e Altre Storie" è una raccolta di racconti, ripresi dai libri di H.P. Lovecraft e quindi adattata e disegnata da Gou Tanabe, sua prima opera.
Premessa: non ho letto i racconti di Lovecraft. Di conseguenza la recensione è basata esclusivamente sul manga, e quindi sono impossibilitato a sottolineare la fedeltà, o no, col libro.
Il manga è suddiviso in tre storie: "Il tempio"; "Il mastino" e "La città senza nome".
La prima, "Il tempio", si focalizza nel Giugno del 1917 all'interno di un sottomarino tedesco, dove avvengono strani retroscena tra i vari membri dell'equipaggio, dopo essersi impossessati di una statuetta presa, dopo essere riemersi, da un corpo rimasto sul ponte.
"Il mastino" invece narra le vicende di due dotti archeologi e collezionisti che arrivano a depredare una tomba, macchiandosi inesorabilmente il loro destino.
L'ultima, "La città senza nome", invece mostra fino a dove porta la curiosità di un uomo in mezzo al deserto.
Analizzando con precisione i testi e la storia, direi che tutte e tre sono fortemente sottotono sia per ritmo che per testi. Trovo spesso banale descrivere o far dire (o far pensare) ad un personaggio quello che sta facendo in quell'esatto momento. Tutte e tre i racconti sono un'intermittenza tra dialoghi e sproloqui ricercati, presi penso dal racconto originale e mal mixati con gli adattamenti fatto dall'adattatore/disegnatore. Non avendo letto il libro mi risulta un po' difficile da descrivere, però sembra che comunque anche i racconti non siano proprio ottima merce su cui lavorarci sopra: il ritmo è molto lento. Vengono considerate storie horror, ma sono oggi troppo datate. In certi punti tuttavia, soprattutto sul finale, sono presenti dei bei retroscena e delle belle rappresentazioni.
Per quanto riguarda il tratto questo è il fattore sicuramente più curioso. Abbiamo davanti un mangaka che disegna fumetti. Non è una critica positiva né negativa. Tutto ciò, sinceramente rende il lavoro più originale e frizzante perché, a livello personale, mai visto. Il tratto non è dei migliori, ma comunque risulta tutto sommato piacevole, anche se oggettivamente troppo rigido. I personaggi spesso(soprattutto nella prima storia) sembrano dei pupazzi fotografati. Inoltre la sceneggiatura, focalizzandoci sulla disposizione delle vignette e su certi passaggi, non è delle migliori, non aiutato anche dall'edizione: è troppo piccola sia per scritte che per la grandezza non espressa delle tavole.
Passando infine all'edizione, 6,90€ è un prezzo alto per il prodotto complessivo, che inoltre non aiuto col suo format per una storia così: doveva essere leggermente più grande. J-Pop come sempre però mostra carta Grand Cru a buonissima densità e una bella sovraccoperta a condensare il tutto.
Il voto finale è un 4. Non di cattiveria. Ma Tanabe oltre a scegliere delle storie poco frizzanti, queste sono anche state mal presentate. I punti a favore ci sono. In primis la tipologia di disegno molto particolare che personalmente non starebbe male riconfigurato su un western o una storia noir. Tanabe è agli inizi e si vede. E' giusto dargli opportunità più forti nell'avvenire. Per ora però non è sufficiente e se dovessi consigliarlo a qualcuno... credo a coloro che hanno letto le storie di Lovecraft per rivedere se ciò che han letto è stato ben trasposto.
Premessa: non ho letto i racconti di Lovecraft. Di conseguenza la recensione è basata esclusivamente sul manga, e quindi sono impossibilitato a sottolineare la fedeltà, o no, col libro.
Il manga è suddiviso in tre storie: "Il tempio"; "Il mastino" e "La città senza nome".
La prima, "Il tempio", si focalizza nel Giugno del 1917 all'interno di un sottomarino tedesco, dove avvengono strani retroscena tra i vari membri dell'equipaggio, dopo essersi impossessati di una statuetta presa, dopo essere riemersi, da un corpo rimasto sul ponte.
"Il mastino" invece narra le vicende di due dotti archeologi e collezionisti che arrivano a depredare una tomba, macchiandosi inesorabilmente il loro destino.
L'ultima, "La città senza nome", invece mostra fino a dove porta la curiosità di un uomo in mezzo al deserto.
Analizzando con precisione i testi e la storia, direi che tutte e tre sono fortemente sottotono sia per ritmo che per testi. Trovo spesso banale descrivere o far dire (o far pensare) ad un personaggio quello che sta facendo in quell'esatto momento. Tutte e tre i racconti sono un'intermittenza tra dialoghi e sproloqui ricercati, presi penso dal racconto originale e mal mixati con gli adattamenti fatto dall'adattatore/disegnatore. Non avendo letto il libro mi risulta un po' difficile da descrivere, però sembra che comunque anche i racconti non siano proprio ottima merce su cui lavorarci sopra: il ritmo è molto lento. Vengono considerate storie horror, ma sono oggi troppo datate. In certi punti tuttavia, soprattutto sul finale, sono presenti dei bei retroscena e delle belle rappresentazioni.
Per quanto riguarda il tratto questo è il fattore sicuramente più curioso. Abbiamo davanti un mangaka che disegna fumetti. Non è una critica positiva né negativa. Tutto ciò, sinceramente rende il lavoro più originale e frizzante perché, a livello personale, mai visto. Il tratto non è dei migliori, ma comunque risulta tutto sommato piacevole, anche se oggettivamente troppo rigido. I personaggi spesso(soprattutto nella prima storia) sembrano dei pupazzi fotografati. Inoltre la sceneggiatura, focalizzandoci sulla disposizione delle vignette e su certi passaggi, non è delle migliori, non aiutato anche dall'edizione: è troppo piccola sia per scritte che per la grandezza non espressa delle tavole.
Passando infine all'edizione, 6,90€ è un prezzo alto per il prodotto complessivo, che inoltre non aiuto col suo format per una storia così: doveva essere leggermente più grande. J-Pop come sempre però mostra carta Grand Cru a buonissima densità e una bella sovraccoperta a condensare il tutto.
Il voto finale è un 4. Non di cattiveria. Ma Tanabe oltre a scegliere delle storie poco frizzanti, queste sono anche state mal presentate. I punti a favore ci sono. In primis la tipologia di disegno molto particolare che personalmente non starebbe male riconfigurato su un western o una storia noir. Tanabe è agli inizi e si vede. E' giusto dargli opportunità più forti nell'avvenire. Per ora però non è sufficiente e se dovessi consigliarlo a qualcuno... credo a coloro che hanno letto le storie di Lovecraft per rivedere se ciò che han letto è stato ben trasposto.