Kiss Me Licia Manga 1Le produzioni giapponesi degli anni ’80 sono sempre state caratterizzate da una grande influenza di tematiche tipicamente occidentali, che si intersecavano con altre, tipicamente nipponiche.
Si pensi, ad esempio, ad Akira Toriyama e al suo Penguin Village [...] oppure, a Hokuto no Ken di Tetsuo Hara e Buronson [...].
Ci sono poi due opere che sono ancora più rappresentative di questa dicotomia.
Una di queste è Sakigake!! Otoko Juku!! di Akira Miyashita, che mostra a chiare lettere, tramite i nerboruti studenti e insegnanti della sua bizzarra scuola dei veri uomini, il confronto tra le tradizioni del Giappone e l’invasione culturale del modello occidentale.
L’altra è Kimagure Orange Road di Izumi Matsumoto, una commedia adolescenziale ambientata in un universo giovanile dettagliatissimo e talmente influenzato da mode, sport, musiche, bevande, film occidentali da farne dimenticare quasi la giapponesità.
Ai shite knight sta nel mezzo, esprimendo gli anni ’80 in una maniera che ricorda entrambe queste opere e sviluppando le influenze occidentali in maniera più moderna rispetto alla maggior parte degli shojo manga suoi contemporanei, i quali invece mostravano sì l’Occidente ma un Occidente passato, da libro di storia, a volte puntigliosamente descritto (come nel caso delle opere di Ryoko Ikeda), a volte solo abbozzato, romanzato e molto idealizzato (come nelle opere di Yumiko Igarashi), per farne lo sfondo di grandi e tragiche storie d’amore da feuilleton.
La serializzazione di Ai shite knight (Ai shite naito) comincia nel 1981 sulle pagine della rivista Margaret della Shueisha, dove si protrae poi fino al 1983, venendo poi raccolto in sette volumetti.
Alle matite c’è Kaoru Tada, una delle autrici di shojo manga più conosciute e amate del Sol Levante, ma, ahimè, anche una delle più sfortunate, dato che è tristemente deceduta, a causa di un incidente domestico, nel 1999.
Ciò che salta subito all’occhio, approcciandosi ad Ai shite knight, è, appunto, la sua ambientazione, dato che la storia si svolge in epoca moderna e in Giappone, a Osaka, non in America o in chissà quale paese dell’Europa ottocentesca com’era da prassi per gli shojo manga di quel periodo.
Protagonista della vicenda è Yaeko “Yakko” Mitamura, una ragazza come tante che si divide fra le lezioni all’università serale e il lavoro nell’okonomiyakiya Mambo, gestita dal suo burbero e tradizionalista padre Shige-san. La vita di Yakko cambierà radicalmente grazie all’incontro con Hashizo Kato, un buffo bimbo di 5 anni che gira sempre con un grosso e truce gatto di nome Giuliano. La ragazza fa immediatamente amicizia col bambino, e questo la porterà a conoscere il di lui fratello maggiore: Go, un ragazzo sfrontato e spregiudicato ma dal grande fascino, che porta i capelli tinti di biondo con un bel ciuffo rosso e un vistoso tatuaggio sul braccio, indossa giacconi di pelle e cinture borchiate ed è piuttosto libertino con le donne ma si prende amorevolmente cura del fratellino a cui fa da padre. Cosa più importante, inoltre, Go è il vocalist dei Beehive, una boyband che sta ottenendo un crescente successo, diventando l’idolo dei giovani e una nascente stella della rock music.
Tra Yakko e Go nasce immediatamente un reciproco interesse, ma questo comporta svariati problemi. Primo fra tutti il fatto che Yakko interessa anche a Satomi Ohkawa, il femmineo e gentile tastierista dei Beehive dalla vaporosa chioma viola, e questo dà il via ad un tormentato triangolo amoroso fra i tre ragazzi. In secundis, quale dei due ragazzi Yakko scelga, pensate davvero che l’irascibile Shige-san, che (da fervente sostenitore delle tradizioni nipponiche e degli enka) detesta quella musicaccia moderna fatta di schiamazzi e quei cantanti capelloni ed effeminati, concederà mai a chiunque dei due la mano dell’amata figliola?

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