Esattamente 8 anni fa, il Giappone veniva colpito da un terremoto di incredibile forza distruttiva, a cui seguì uno tsunami senza precedenti che, investendo la centrale nucleare di Fukushima Daichi, provocò una fuga radioattiva e una conseguente crisi che prosegue ancora oggi.

Ma com'è la situazione al momento? Ad oggi, quanti sono ancora gli sfollati? Come procede la ricostruzione?
 
Facciamo il punto della situazione a 8 anni del terremoto che ha colpito duramente il Giappone

Secondo un censimento effettuato a gennaio dall'agenzia per la ricostruzione, circa 54.000 persone vivono da sfollate, quindi 20.000 in meno rispetto all'anno precedente. Di queste, quasi 5.000 persone sono ancora costrette a vivere negli alloggi prefabbricati in attesa di potersi trasferire in una casa vera.

Bisogna però calcolare che da marzo 2017 la prefettura di Fukushima ha smesso di fornire alloggi temporanei gratuiti per le persone che si trovavano fuori dalle zone di evacuazione, ma che hanno ugualmente voluto lasciare le loro case. Di conseguenza, molti di loro non sono più considerati rifugiati "ufficiali" ed anche per questo il loro numero è diminuito significativamente.
 
Circa 54.000 persone vivono da sfollate

In un anno ci sono state più di 50 morti "correlate al terremoto": le precarie condizioni di vita hanno causato un peggioramento delle condizioni igieniche (da cui più malattie) e un aumento dei suicidi.

Secondo l'agenzia, entro la fine di marzo l'edificazione degli "alloggi sociali per la ricostruzione" (circa 30.000 previsti) e lo sviluppo di terreni residenziali posti sulle alture su cui ricostruire le case (circa 18.000) saranno sostanzialmente completati. Assieme a queste, dovrà andare di pari passo la ricostruzione delle infrastrutture stradali e del sistema di assistenza medica.
 
A che punto siamo con la ricostruzione?

Per quel che riguarda invece le industrie e le aziende delle tre prefetture colpite (Iwate, Miyagi e Fukushima) si è tornati ai livelli pre-disastro. L'89% dei terreni coltivabili colpiti dallo tsunami è ora nuovamente sfruttabile e il 96% degli impianti di idrocoltura ha ripreso a pieno regime. Tra le società che hanno ricevuto sovvenzioni nelle aree colpite, il 46% è tornato ai guadagni di prima del terremoto, sebbene vi siano differenze a seconda dei settori.

Attorno allo stabilimento di Fukushima Daiichi, invece, alcuni comuni, compresi quelli di Futaba, Okuma e parte di Namie, non sono ancora abitabili.

Ricordiamo che esistono tre tipi di zone di evacuazione:
Zona 1: divieto indeterminato di alloggio, con alto tasso di radioattività.
Zona 2: divieto temporaneo di abitazione.
Zona 3: rimozione del divieto di residenza in preparazione.

Dall'aprile 2014, queste aree, costituite da 11 comuni attorno allo stabilimento, si stanno gradualmente riducendo, consentendo ai residenti di tornare alle loro case.
 
Le zone di evacuazione si stanno riducendo man mano

Iil prossimo aprile nella municipalità di Ôkuma (10.000 abitanti), dove si trova la centrale di Fukushima Daiichi, è prevista la revoca del divieto di abitazione. Il nuovo edificio che ospiterà il municipio è in costruzione nel distretto di Okawara, a ovest della città. Otto anni dopo il disastro, alcuni sfollati potranno finalmente tornare a casa.

Purtroppo, non per tutti è così: stando ai dati della prefettura di Fukushima, a gennaio di quest'anno quasi 42.000 persone erano ancora costrette a vivere in abitazioni diverse dalla loro residenza principale; di queste oltre 32.000 al di fuori della prefettura. La decontaminazione di case e strutture pubbliche è stata però ampiamente completata e la dose di radiazioni nell'aria stanno gradualmente diminuendo.
 
Otto anni dopo il disastro, alcuni sfollati potranno finalmente tornare a casa.

Il lavoro di smantellamento continua nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi, che è stata la fonte del peggiore disastro nucleare della storia.

Nel 2017 sono stati utilizzati robot per entrare nel contenimento dei reattori 1, 2 e 3. Il mese scorso uno di questi robot è finalmente entrato in contatto con i detriti di combustibile nucleare, fusi nel recinto di contenimento del reattore 2.

A settembre 2017 il governo e la società elettrica Tepco hanno comunicato il loro programma di smantellamento degli impianti rinnovato sugli ultimi progressi:

- A metà del 2019 sarà scelto il metodo di recupero dei detriti nucleari e il primo reattore in cui sarà avviata questa operazione (inizialmente prevista per il 2018).
- Nel 2023 è previsto l'avvio delle operazioni di recupero del combustibile esaurito immagazzinato nei pool di stoccaggio dei reattori 1 e 2 (originariamente previsto per il 2020).
- Tra il 2030 e il 2040 vi sarà lo smantellamento totale dell'impianto (come inizialmente previsto).
 
Programma di smantellamento degli impianti

Nel 2019 c'è poi stata una storica sentenza: a seguito di diverse class action presentate dagli sfollati contro lo stato e la TEPCO (la società che gestiva l'impianto), il giudice ha ordinato un risarcimento danni nei confronti delle vittime.

Nella causa intentata da 60 famiglie (175 persone) evacuate nella prefettura di Kanagawa, il tribunale distrettuale di Yokohama ha ordinato allo stato e alla Tepco di pagare un risarcimento di 420 milioni di yen (3,3 milioni di euro) a 152 denunzianti.
 
Sentenza storica di risarcimento

Il tribunale ha stabilito che era possibile, prima del terremoto del marzo 2011, prevedere una possibile inondazione della centrale nucleare in caso di uno tsunami importante e quindi, considerando che lo Stato e la Tepco erano stati negligenti nel prendere contromisure contro gli incidenti gravi, era giusto che risarcissero le vittime.

Prosegue, inoltre, nel tribunale distrettuale di Tokyo il processo penale contro tre ex dirigenti della Tepco (tra cui l'ex presidente Katsumata Tsunehisa) con l'accusa di "negligenza causante la morte". Lo scorso dicembre, il pubblico ministero aveva chiesto una pena detentiva di cinque anni. Il verdetto è previsto per il 19 marzo.


Fonte consultata:
Nippon