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"Zankyou no Terror" poteva essere la serie per eccellenza della stagione estiva 2014, ma purtroppo invece sarà solo ricordata come una delle tante serie di pregevole fattura ma niente più. Preamboli ottimi e rulli di tamburi che si vanno a perdere poi in un nulla di fatto. Nonostante l'opera infatti sia permeata da un lirismo di fondo, grazie a un ottimo e coordinato funzionamento di tutti i comparti, spesso ci sono state delle lacune troppo evidenti e il messaggio finale se voleva essere profondo non è passato nel modo migliore.

Con Watanabe alla regia che ritorna a un anime spiccatamente d'azione dopo diverso tempo, Yoko Kanno alle musiche e Kazuto Nakazawa al chara design, si va a formare una squadra di un certo spessore che lascia ben sperare. La produzione allo studio Mappa.
Il soggetto di base è ottimo e all'inizio pensavo prendesse una direzione affine a quella presa, con presupposti simili, da Satoshi Kon (vedi "Paranoia Agent"), ma poi si è rivelato essere tutt'altra cosa.

Nine e Twelve, un duo insospettabile di giovani liceali che si fa enigmaticamente chiamare Sphinx, desta terrore e preoccupazione nell'intera città di Tokyo tramite una serie di eventi sovversivi a sfondo apparentemente terroristico e di crescente gravità, che le forze dell'ordine non riescono ad arginare. Le loro richieste alle autorità sono ancora ignote, ma sembra che vogliano portare qualcosa all'attenzione dell'opinione pubblica. Dall'altro lato vi è Shibazaki, brillante detective della polizia, relegato al lavoro d'archivio per aver indagato troppo a fondo su un caso scomodo, riabilitato per le sue intuizioni proprio nel caso degli Sphinx.

I protagonisti sono due diciassettenni asettici e apatici, segnati da un passato drammatico e isolato dalla società comune, che li spinge a compiere le loro rimostranze. Sembrano mossi da intenti nichilisti e autodistruttivi. I loro piani sono alterati dall'incontro fortuito con una coetanea, che ne spezza gli equilibri, e pur nella sua inutilità e semplicità fa porre delle domande profonde ai due giovani terroristi.
Sphinx, il nome scelto dai due ragazzi, non è casuale: di volta in volta sfidano in maniera dissacrante le forze dell'ordine con degli indovinelli di carattere classicista, con rimandi a Sofocle e alla vicenda di Edipo. Personalmente ho trovato interessante questo tipo di riferimenti, sicuramente poco noti in un mondo come quello giapponese, permeato da tutt'altro tipo di cultura. Ma una volta gettati lì non hanno avuto ripercussione a livello di trama.

Purtroppo non è stato definito con precisione chi fosse l'antagonista o se effettivamente ce ne fosse uno, motivo per cui poi certi svolgimenti nel corso dell'opera perdono un po' di significato; forse le alte sfere politiche che bramavano al potere, e per raggiungerlo erano disposte a tutto? Dei vecchi signori influenti nel passato politico del Giappone e ora ridotti a delle amebe nel loro ricovero senile? O chi altro? Sicuramente anche questo mancato approfondimento ha contribuito a spezzare il climax - nelle intenzioni degli autori - ascendente.
Nella narrazione e nella sensatezza degli eventi che si susseguono poi ci sono delle evidenti forzature e sproporzioni, che si potrebbero pure ammettere se finalizzate a comunicare un messaggio profondo, ma purtroppo questo, sebbene atteso fino alla fine, non ha avuto l'incisività sperata.
Un eventuale messaggio di "speranza" si perde in quanto il sacrificio di pochi non ha avuto la giusta sacralità che si meritava. Il dramma della catarsi che mi aspettavo non è arrivato nel modo dovuto e di questo mi rammarico. La sensazione finale è di una malinconia non giustamente celebrata, perciò spezzata.

Per quanto riguarda comparto grafico e audio invece nulla da obiettare, sempre ai massimi livelli, con animazioni fluide e character design molto realistico. Inquadrature super incisive e primi piani che catturano le espressioni drammatiche dei protagonisti, insomma tutto ottimo dal punto artistico-visivo. Yoko Kanno poi in forma strepitosa ci regala delle perle, tra carillon, intimistici intermezzi rumoristici e drammatiche sonate al piano.

Ciò che mi aspettavo però da Watanabe & company era la profondità di un messaggio di fondo che non è stato sufficientemente approfondito, forse per l'eccessiva frettolosità o per la ristrettezza della serie, che in undici episodi non ha potuto rendere al meglio.