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Ito Junji ha un nome noto nel campo dell’horror nipponico e da più parti leggo che è un ottimo mangaka. Purtroppo io ho visto solo questa parte animata e quindi posso recensire solo quest’opera.
È un anime di 12 episodi che raccoglie, contenitore di 25 minuti per episodio, racconti più o meno lunghi; alcuni prendono un intero episodio, altri solo la metà.

Il livello dei racconti è abbastanza inquietante. In questo immaginifico nipponico ma non solo, emerge il solito protagonista fastidioso, Soichi, che a Ito Junji piace di sicuro ma le cui vicende tra l’orrido e il tragicomico hanno finito solo con il farmi tedio; un personaggio così spostato in una famiglia apparentemente normale che normale non è a tollerarne le stranezze ben evidenti, per me è troppo.

Per il resto si succedono racconti ambientati in case marce, vicoli stretti, paesini inquietanti di montagna, gallerie oscure, labirinti macabri, scuole cadenti. E se molte volte le ambientazioni aiutano di molto a creare quest’atmosfera giusta, sono i personaggi o la conduzione stessa della narrazione, a far scadere il tutto.

Parto dal secondo elemento: molte storie non hanno un finale degno e per quanto funzionino benino fino ad un certo punto, muoiono la senza dare un esito o una spiegazione. Pare che lo scopo sia l’urlo di terrore liberatorio del poveretto di turno e null’altro, ma la resa, in un racconto brevissimo, non è mai potente.
I racconti che prendono un episodio di solito tendono ad essere più efficaci, ma la percezione è che, a volte, menino il cane per l’aia.
Eventi più che surreali non permettono di attivare la credulità da spettatore, spingendo chi guarda ad un distacco emotivo e generando tedio, fastidio o rifiuto di un tal racconto rispetto che un altro.

Per quanto riguarda la nutrita galleria di personaggi, troviamo uomini angoscianti perché mentalmente instabili, che diventano o vittime di demoni strani o carnefici di altri. Da lucidi criminali a deboli vittime, a volte si salvano quelli che ad inizio episodio hanno capacità raziocinante e che alla fine (forse) non mantengono nemmeno una testa o un corpo.
Le donne non si salvano: da vittime (quasi) consenzienti, passano a lucide carnefici, oppure cercano verità che si rivelano orribili, rischiando scalpo, cranio, vita e salute mentale.
Tutti questi personaggi passano e scompaiono, senza lasciare una traccia molto efficace nel racconto.

La grafica non aiuta affatto tutto l’insieme: se a volte va più che bene scarna, altre non rende abbastanza e in un’epoca in cui anche l’occhio vuole la sua parte, genera un rifiuto preconcetto che mina la credibilità dell’opera stessa. Superata questa ritrosia, accade ciò che ho denunciato sopra: ci si disaffeziona o si guarda quest’anime con quel senso di fatalità del tipo “speriamo che questo racconto sia migliore”.

Opening dai disegni inquietanti, orecchiabile e potente, ending dedicata a Soichi, più lenta a livello musicale.

È un’opera tappabuco tra un anime e l’altro, ma questo non toglie che rende proprio poco. Rispetto a "Yami Shibai", a volte non riesce ad andarci oltre e questo è tutto dire.
Voto 5, perché si percepisce che alle spalle c’è qualcosa, ma nella parte animata non emerge davvero.