Recensione
Il mastino e altre storie
8.5/10
"Il mastino e altre storie" di Gou Tanabe si conferma un'aggiunta preziosa per gli amanti delle atmosfere lovecraftiane trasposte su carta. Questo è il primo volume della serie dedicata a Lovecraft. Dopo aver apprezzato le sue magistrali interpretazioni de "L'orrore di Dunwich" e "La maschera di Innsmouth", ritrovare la sua matita in questi tre racconti brevi – "Il tempio", "Il mastino" e "La città senza nome" – è stata un'esperienza nuovamente coinvolgente e inquietante.
Ancora una volta, Tanabe dimostra una rara capacità di catturare l'essenza del cosmo lovecraftiano, non solo attraverso la fedele riproduzione di creature e ambientazioni, ma soprattutto attraverso la sottile e crescente sensazione di orrore che pervade ogni vignetta. In "Il tempio", la claustrofobica discesa negli abissi marini e la scoperta di un'antica e aliena civiltà sono rese con un tratto minuzioso, capace di evocare sia la magnificenza che il terrore del non umano. La narrazione visiva si fa lenta e inesorabile, proprio come la discesa del protagonista verso una verità incomprensibile e agghiacciante.
Ne "Il mastino", l'ossessione morbosa per un artefatto maledetto e le sue conseguenze nefaste sono delineate con un crescendo di tensione psicologica. Tanabe riesce a trasmettere il senso di decadenza e di malsana curiosità che anima i protagonisti, culminando in visioni oniriche e disturbanti. Il tratto si fa più cupo e nervoso, riflettendo l'incubo che si insinua nella realtà.
Infine, "La città senza nome" è forse l'apice della raccolta. La rappresentazione di un'antica metropoli aliena, eretta in un deserto ostile e dimenticata dal tempo, è semplicemente stupefacente. Le architetture ciclopiche, le geometrie impossibili e il senso di una storia remota e incomprensibile pervadono ogni pagina. Tanabe non si limita a illustrare, ma interpreta visivamente l'orrore cosmico di Lovecraft, quel senso di insignificanza dell'uomo di fronte a entità e civiltà di indicibile antichità e potenza.
Ciò che rende speciale l'opera di Tanabe è la sua abilità nel tessere un filo sottile tra le diverse storie di Lovecraft. Anche in questi racconti brevi, si percepisce un universo narrativo coerente, dove miti e orrori si richiamano e si completano a vicenda. La sua interpretazione visiva non è mai didascalica, ma lascia spazio all'immaginazione del lettore, amplificando il senso di mistero e di inquietudine.
Se avete apprezzato gli altri adattamenti di Tanabe, "Il mastino e altre storie" è un acquisto obbligato. Se invece vi state avvicinando per la prima volta al connubio tra il maestro dell'orrore di Providence e il talentuoso mangaka, questa raccolta rappresenta un ottimo punto di partenza per esplorare le oscure profondità della loro collaborazione. Ancora una volta, Gou Tanabe si dimostra un interprete sensibile e visionario dell'opera di H.P. Lovecraft, capace di tradurre in immagini l'orrore cosmico con una maestria che lascia senza fiato.
Ancora una volta, Tanabe dimostra una rara capacità di catturare l'essenza del cosmo lovecraftiano, non solo attraverso la fedele riproduzione di creature e ambientazioni, ma soprattutto attraverso la sottile e crescente sensazione di orrore che pervade ogni vignetta. In "Il tempio", la claustrofobica discesa negli abissi marini e la scoperta di un'antica e aliena civiltà sono rese con un tratto minuzioso, capace di evocare sia la magnificenza che il terrore del non umano. La narrazione visiva si fa lenta e inesorabile, proprio come la discesa del protagonista verso una verità incomprensibile e agghiacciante.
Ne "Il mastino", l'ossessione morbosa per un artefatto maledetto e le sue conseguenze nefaste sono delineate con un crescendo di tensione psicologica. Tanabe riesce a trasmettere il senso di decadenza e di malsana curiosità che anima i protagonisti, culminando in visioni oniriche e disturbanti. Il tratto si fa più cupo e nervoso, riflettendo l'incubo che si insinua nella realtà.
Infine, "La città senza nome" è forse l'apice della raccolta. La rappresentazione di un'antica metropoli aliena, eretta in un deserto ostile e dimenticata dal tempo, è semplicemente stupefacente. Le architetture ciclopiche, le geometrie impossibili e il senso di una storia remota e incomprensibile pervadono ogni pagina. Tanabe non si limita a illustrare, ma interpreta visivamente l'orrore cosmico di Lovecraft, quel senso di insignificanza dell'uomo di fronte a entità e civiltà di indicibile antichità e potenza.
Ciò che rende speciale l'opera di Tanabe è la sua abilità nel tessere un filo sottile tra le diverse storie di Lovecraft. Anche in questi racconti brevi, si percepisce un universo narrativo coerente, dove miti e orrori si richiamano e si completano a vicenda. La sua interpretazione visiva non è mai didascalica, ma lascia spazio all'immaginazione del lettore, amplificando il senso di mistero e di inquietudine.
Se avete apprezzato gli altri adattamenti di Tanabe, "Il mastino e altre storie" è un acquisto obbligato. Se invece vi state avvicinando per la prima volta al connubio tra il maestro dell'orrore di Providence e il talentuoso mangaka, questa raccolta rappresenta un ottimo punto di partenza per esplorare le oscure profondità della loro collaborazione. Ancora una volta, Gou Tanabe si dimostra un interprete sensibile e visionario dell'opera di H.P. Lovecraft, capace di tradurre in immagini l'orrore cosmico con una maestria che lascia senza fiato.