Recensione
L'ultima partita di go
8.5/10
L’ultima partita di go era un film che attendevo da tempo, soprattutto per la presenza nel cast di Lee Byung-hun, uno dei miei attori preferiti. Il mio entusiasmo, però, ha dovuto fare i conti con un rinvio a data da destinarsi dovuto allo scandalo che ha coinvolto Yoo Ah-in, altro attore protagonista: accusato di uso di sostanze stupefacenti, la sua immagine non viene mai usata nelle visual promozionali del film e persino il trailer è stato montato in modo da non mostrare mai il volto del suo personaggio.
Va fatta subito una piccola premessa: il film, pur ruotando attorno a un gioco così complesso e tradizionale come il go, è perfettamente fruibile anche da chi non ne conosce le regole; anzi, alla fine della visione ci si ritrova affascinati e incuriositi, tanto da avere il desiderio di saperne di più su questo gioco e sulle sue mosse.
L’ultima partita di go non è solo la storia della sfida fra due rivali, ma il racconto del profondo legame che lega i due protagonisti.
Ambientato tra gli anni ‘80 e ‘90, la storia racconta di Jo Hun-hyun, campione di go, che assistendo a una partita, scopre un piccolo talento, Lee Chang-ho: lui gioca a go solo da pochi mesi e nessuno gli ha mai insegnato le basi, ma in compenso ha un grande intuito e tanta ambizione. Hun-hyun decide di prenderlo sotto la sua ala protettrice e insegnargli tutto quello che sa. Per fare ciò, Chang-ho si trasferisce a casa del maestro dove cresce sotto le cure di Hun-hyun e sua moglie.
Si percepisce fin da subito che il loro non sarà una semplice relazione tra maestro e allievo, bensì un legame più profondo che ricorda spesso quello tra un padre e un figlio.
La dimensione psicologica della storia è forse il suo elemento più interessante: conoscere l’affetto che lega i due protagonisti che sono destinati, tuttavia, a sfidarsi nel gioco -che comunque ha donato loro l’opportunità di incontrarsi- aggiunge una tensione emotiva che va oltre la competizione.
Il fatto che il film sia ispirato a una storia vera, infine, amplifica ulteriormente l’impatto emotivo.
Gli attori sono straordinari. Primo su tutti, proprio come mi aspettavo, Lee Byung-hun che ci offre una performance intensa e piena di sfumature.
Sia lui che Yoo Ah-in, che interpreta Lee Chang-ho, riescono a trasmettere le emozioni provate dai protagonisti solo attraverso uno sguardo o un piccolo gesto, anche nelle scene di rigoroso silenzio. È così che, grazie alla bravura di questi due attori, si percepisce l’affetto e il rispetto che i loro personaggi provano l’un l’altro, la preoccupazione di vedere l’altro sconfitto, ma anche la voglia di scontrarsi nuovamente per vedere chi sarà il migliore nella prossima sfida.
Ma non sono solo loro due che mi hanno colpito per la loro bravura; infatti, sono rimasta affascinata anche dal giovane Kim Kang-hoon che veste i panni di Lee Chang-ho bambino: un piccolo talento in continua crescita che riesce ogni volta a sorprendere per le sue interpretazioni. Ha iniziato recitando il ruolo del bambino dei protagonisti in alcuni drama e di anno in anno si è ritagliato parti sempre più importanti.
Questo film si può vedere sulla piattaforma Netflix, sia con i sottotitoli in italiano, sia con il doppiaggio italiano, il quale ho trovato molto buono. In particolare, è stato un piacere ritrovare Francesco De Francesco nel ruolo di doppiatore del personaggio di Lee Byung-hun, come già accaduto con il Front Man nel drama Squid Game.
L’ultima partita di go, in definitiva, è un film intenso che racconta di una partita che non si gioca solo sulla scacchiera contro un avversario, ma nella vita contro i propri limiti.
Va fatta subito una piccola premessa: il film, pur ruotando attorno a un gioco così complesso e tradizionale come il go, è perfettamente fruibile anche da chi non ne conosce le regole; anzi, alla fine della visione ci si ritrova affascinati e incuriositi, tanto da avere il desiderio di saperne di più su questo gioco e sulle sue mosse.
L’ultima partita di go non è solo la storia della sfida fra due rivali, ma il racconto del profondo legame che lega i due protagonisti.
Ambientato tra gli anni ‘80 e ‘90, la storia racconta di Jo Hun-hyun, campione di go, che assistendo a una partita, scopre un piccolo talento, Lee Chang-ho: lui gioca a go solo da pochi mesi e nessuno gli ha mai insegnato le basi, ma in compenso ha un grande intuito e tanta ambizione. Hun-hyun decide di prenderlo sotto la sua ala protettrice e insegnargli tutto quello che sa. Per fare ciò, Chang-ho si trasferisce a casa del maestro dove cresce sotto le cure di Hun-hyun e sua moglie.
Si percepisce fin da subito che il loro non sarà una semplice relazione tra maestro e allievo, bensì un legame più profondo che ricorda spesso quello tra un padre e un figlio.
La dimensione psicologica della storia è forse il suo elemento più interessante: conoscere l’affetto che lega i due protagonisti che sono destinati, tuttavia, a sfidarsi nel gioco -che comunque ha donato loro l’opportunità di incontrarsi- aggiunge una tensione emotiva che va oltre la competizione.
Il fatto che il film sia ispirato a una storia vera, infine, amplifica ulteriormente l’impatto emotivo.
Gli attori sono straordinari. Primo su tutti, proprio come mi aspettavo, Lee Byung-hun che ci offre una performance intensa e piena di sfumature.
Sia lui che Yoo Ah-in, che interpreta Lee Chang-ho, riescono a trasmettere le emozioni provate dai protagonisti solo attraverso uno sguardo o un piccolo gesto, anche nelle scene di rigoroso silenzio. È così che, grazie alla bravura di questi due attori, si percepisce l’affetto e il rispetto che i loro personaggi provano l’un l’altro, la preoccupazione di vedere l’altro sconfitto, ma anche la voglia di scontrarsi nuovamente per vedere chi sarà il migliore nella prossima sfida.
Ma non sono solo loro due che mi hanno colpito per la loro bravura; infatti, sono rimasta affascinata anche dal giovane Kim Kang-hoon che veste i panni di Lee Chang-ho bambino: un piccolo talento in continua crescita che riesce ogni volta a sorprendere per le sue interpretazioni. Ha iniziato recitando il ruolo del bambino dei protagonisti in alcuni drama e di anno in anno si è ritagliato parti sempre più importanti.
Questo film si può vedere sulla piattaforma Netflix, sia con i sottotitoli in italiano, sia con il doppiaggio italiano, il quale ho trovato molto buono. In particolare, è stato un piacere ritrovare Francesco De Francesco nel ruolo di doppiatore del personaggio di Lee Byung-hun, come già accaduto con il Front Man nel drama Squid Game.
L’ultima partita di go, in definitiva, è un film intenso che racconta di una partita che non si gioca solo sulla scacchiera contro un avversario, ma nella vita contro i propri limiti.