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Sin dai primi minuti di visione, per me che ho apprezzato il drama coreano –anche se ricordo che non è l’opera originale e che, rispetto a quest’ultima, apporta delle modifiche-, il paragone è stato inevitabile.
“Sposa mio marito” è una coproduzione tra Giappone e Corea con la sceneggiatura di Oshima Satomi e la regia di Ahn Gil-ho. Tratto dalla web novel originale, è stato però ribadito fin da subito la volontà di non voler creare un remake, ma una trasposizione adatta al pubblico giapponese.
Questo e il fatto che presenta numerose differenze rispetto alla trasposizione coreana fanno in modo che lo spettatore si possa godere entrambe le versioni senza annoiarsi e senza avere l’impressione di vedere una copia dell’altro.

Fin da subito il drama giapponese anticipa, grazie a dei flashback, alcuni dettagli che nella versione coreana vengono svelati piano piano, a storia già ingranata, fattore che incuriosisce maggiormente lo spettatore.
Inoltre l’ambientazione è ben curata: i protagonisti lavorano in un’azienda di prodotti alimentari tradizionali, ed è così che i due visitano magnifici locali e pasticcerie tradizionali, assaggiando dolcetti tipici dai colori bellissimi e dalle forme eleganti che fanno venire l’acquolina in bocca. Il tutto contornato da inquadrature e luci splendide.

Un tocco adorabile è stato il cambiamento dell’animale chiave della storia rispetto alla trasposizione coreana: da un tenero gatto rosso ad una piccola tartaruga, che nella cultura nipponica ha un grandissimo significato, soprattutto legato alla longevità della vita. Oltretutto è un simbolo ricorrente nel drama perché il padre di Misa donava spesso alla protagonista dei piccoli origami a forma di tartaruga; forse gesto ancora più poetico rispetto alla versione coreana, in cui il padre lasciava alla figlia la paghetta con un cuoricino disegnato sopra alla banconota, ma meno immediato, per cui Misa, protagonista giapponese, fa più fatica ad associarlo al papà rispetto a Ji-won, protagonista coreana.

Il drama giapponese apporta, sì, delle modifiche, ma con il fine di adattare la storia alla propria cultura e lasciando intatta (o quasi) la trama principale.
Sottolineo "quasi" perché un enorme cambiamento è stato fatto. Il drama giapponese è composto da 10 episodi da un’ora, fattore che mi aveva fatto ben sperare che questa versione riuscisse a trattare tutti gli argomenti in modo adeguato, ma senza inserire momenti morti o parti piatte; in realtà non viene presentato uno dei personaggi chiave della storia, ovvero, Yu-ra: fidanzata del protagonista, scelta ovviamente dal nonno senza consultare il diretto interessato, come per tutti i CEO che si rispettino, e che nell’originale è un personaggio chiave della storia.
Non mettendola in scena, si alleggerisce la trama da ulteriore drammaticità e cattiveria, ma ne semplifica anche le regole del viaggio nel tempo che qui vengono sintetizzate al massimo, rischiando così di non essere comprese appieno.
La mancanza di Yu-ra rende, oltretutto, un po’ scontata la parte finale, avendo un personaggio in meno su cui verte la ruota del destino; questo fattore è stato uno dei motivi per cui l’episodio numero nove è risultato pesante. Se si aggiunge il fatto che l’intera puntata sia incentrata sul genere thriller, senza interruzioni, si ha la sensazione che l’episodio duri molto di più, appesantendone la visione.
Si perde così un po’ la poesia che caratterizza questo drama, cosa che ritroveremo solo nella seconda parte del decimo episodio.

In generale, l’adattamento del 2025 ha reso la storia più “giapponese”, integrandola al contesto culturale.
Riuscire in un intento del genere non è mai semplice, poiché si rischia di snaturare la storia.
Sicuramente alcune scelte le ho apprezzate meno di altre: ad esempio, contrariamente alla versione coreana e al webtoon (le uniche opere per me accessibili), la protagonista giapponese, Misa, non scappa dall’ospedale ancora in pigiama per capire dove sono finiti i soldi che servivano per le sue cure, ma chiede un giorno di libera uscita per indagare sul cambio di destinatario dell’assicurazione la cui beneficiaria doveva essere sua nonna. Tralasciando il dettaglio sull'esistenza o meno di giorni di libera uscita per i ricoverati malati di cancro, questo è un cambiamento che può sembrare banale, ma la scena coreana di lei in pigiama alla ricerca di un taxi è diventata quasi iconica. Nel drama giapponese è come se la protagonista debba avere un comportamento più maturo e responsabile, quasi a voler sottolineare che, anche davanti alla malattia, non bisogna abbandonarsi ai propri istinti.
Anche l’atmosfera generale è, appunto, diversa: nella serie coreana, soprattutto nei primi episodi, si percepisce un forte senso di tensione, dovuto alla rabbia provata dalla protagonista.
Qui, invece, questa sensazione si attenua, regalandoci anche momenti di calma.
Misa, addirittura, arriva quasi a colpevolizzarsi per non aver capito prima i pensieri e i comportamenti della sua migliore amica, arrivando quasi a giustificarla e a chiederle perdono.
In definitiva, tutto risulta più delicato e intimistico.
Questo fattore non deve per forza essere letto come un difetto, anzi, quest’atmosfera risulta forse più consona ai drama giapponesi.

In conclusione “Sposa mio marito” è un drama adatto anche a chi ha già visto la versione coreana e, ora come ora, non ci sono davvero più scuse per non iniziarne la visione: proprio come il cugino coreano, dopo un primo periodo in cui era disponibile solo con i sottotitoli, ora è stato inserito anche il doppiaggio italiano!