Recensione
Tori no Uta
7.5/10
Amano o lo si ama o non lo si conosce appieno, ma difficilmente lo si odia.
Se da giovanissimo non comprendevo il suo tratto e le sue intenzioni, con l'avanzare dell'età ho imparato ad amare il suo stile indefinito, quegli schizzi che non necessitano di essere completati, quei disegni che sono sogni a occhi aperti, o a volte brutti sogni - non per forza corroboranti, non per forza sereni, non per forza piacevoli.
Come la vita, talvolta dolorosi e scomodi.
Io non so se questo corto è anche autobiografico ma qualcosa me lo ha fatto senza dubbio sospettare.
A partire da quel suo minimalismo esistenziale e quella tridimensionalità annullata in favore di una piattezza che favorisce l'introspezione trasversale, Tori no Uta ricorda una fra le piu tristi side story dei suoi gloriosi Final fantasy. La musica malinconica, triste, a tratti straziante, accompagna situazioni surreali che necessitano un costante lavoro di decifrazione da parte dell'osservatore: è un prodotto estremamente ermetico, volutamente criptico, dove ogni sequenza animata e ogni frase nasconde un significato parallelo.
Un amore perduto di gioventù, un allontanarsi dalla città natale per poi tornarvi e scoprire che niente è come ce lo ricordavamo. Quella bellissima ragazza, che come una sirena di "Omeriana" memoria aveva attratto a sè senza alcuna resistenza il protagonista, si scopre non essere invecchiata di un giorno.
Ma fu solo un sogno o realtà? Ad ogni colore è associato un ricordo, come un gioco, come un riflesso mentale ad occhi aperti che, sotto alcuni aspetti, si rivela quasi un incubo.
Il cielo grigio, le strade di città con le insegne spente, le frecce scolorite disegnate sull'asfalto inondato dalla pioggia e il dedalo di vie uguale come un labirinto imprigionante, sono il lato negativo di un'infanzia smarrita, persa assieme a preziosi ricordi.
E' come se l'autore avesse voluto guardarsi indietro e rivangare nel passato un legame fugace e altrettanto velocemente smarrito, recuperato poi solo con la forza dei malinconici ricordi nel tornare alla città natia tanti anni dopo. Un dialogo con sè stesso, dove forse niente davvero è stato fisicamente ritrovato, se non nei propri ricordi, dove ogni particolare rimarrà custodito per sempre.
Il corto vola via veloce, e la sontuosa, malinconica musica che lo chiude ci fa intuire la fase finale - come sempre accade - di ogni storia vissuta e terminata: l'accettazione, amara ed isolata da ogni altra cosa che non sia la triste rassegnazione.
Chi artisticamente si aspetta un corto di animazione sarà spiazzato, perché Amano si cimenta per Toei in questo OAV con una sequenza di diapositive che raccontano, o forse meglio sarebbe dire accompagnano ed illustrano dialoghi estremamente criptici, schizzi di colore e di inchiostro spesso non terminati, studi di emozione, piu che di fisicità concrete, ma che lasciano un ricordo particolare e davvero originale. Chi ama Amano ne rimarrà ipnotizzato.
Da vedere con la consapevolezza di un breve viaggio attraverso concetti da decifrare, chiusi, criptici, da interpretare e per nulla espliciti. Arte da non prendere alla leggera nè in modo scontato, espressa in modo estremo, plausibile il fatto che possa non piacere a tutti.
Se da giovanissimo non comprendevo il suo tratto e le sue intenzioni, con l'avanzare dell'età ho imparato ad amare il suo stile indefinito, quegli schizzi che non necessitano di essere completati, quei disegni che sono sogni a occhi aperti, o a volte brutti sogni - non per forza corroboranti, non per forza sereni, non per forza piacevoli.
Come la vita, talvolta dolorosi e scomodi.
Io non so se questo corto è anche autobiografico ma qualcosa me lo ha fatto senza dubbio sospettare.
A partire da quel suo minimalismo esistenziale e quella tridimensionalità annullata in favore di una piattezza che favorisce l'introspezione trasversale, Tori no Uta ricorda una fra le piu tristi side story dei suoi gloriosi Final fantasy. La musica malinconica, triste, a tratti straziante, accompagna situazioni surreali che necessitano un costante lavoro di decifrazione da parte dell'osservatore: è un prodotto estremamente ermetico, volutamente criptico, dove ogni sequenza animata e ogni frase nasconde un significato parallelo.
Un amore perduto di gioventù, un allontanarsi dalla città natale per poi tornarvi e scoprire che niente è come ce lo ricordavamo. Quella bellissima ragazza, che come una sirena di "Omeriana" memoria aveva attratto a sè senza alcuna resistenza il protagonista, si scopre non essere invecchiata di un giorno.
Ma fu solo un sogno o realtà? Ad ogni colore è associato un ricordo, come un gioco, come un riflesso mentale ad occhi aperti che, sotto alcuni aspetti, si rivela quasi un incubo.
Il cielo grigio, le strade di città con le insegne spente, le frecce scolorite disegnate sull'asfalto inondato dalla pioggia e il dedalo di vie uguale come un labirinto imprigionante, sono il lato negativo di un'infanzia smarrita, persa assieme a preziosi ricordi.
E' come se l'autore avesse voluto guardarsi indietro e rivangare nel passato un legame fugace e altrettanto velocemente smarrito, recuperato poi solo con la forza dei malinconici ricordi nel tornare alla città natia tanti anni dopo. Un dialogo con sè stesso, dove forse niente davvero è stato fisicamente ritrovato, se non nei propri ricordi, dove ogni particolare rimarrà custodito per sempre.
Il corto vola via veloce, e la sontuosa, malinconica musica che lo chiude ci fa intuire la fase finale - come sempre accade - di ogni storia vissuta e terminata: l'accettazione, amara ed isolata da ogni altra cosa che non sia la triste rassegnazione.
Chi artisticamente si aspetta un corto di animazione sarà spiazzato, perché Amano si cimenta per Toei in questo OAV con una sequenza di diapositive che raccontano, o forse meglio sarebbe dire accompagnano ed illustrano dialoghi estremamente criptici, schizzi di colore e di inchiostro spesso non terminati, studi di emozione, piu che di fisicità concrete, ma che lasciano un ricordo particolare e davvero originale. Chi ama Amano ne rimarrà ipnotizzato.
Da vedere con la consapevolezza di un breve viaggio attraverso concetti da decifrare, chiusi, criptici, da interpretare e per nulla espliciti. Arte da non prendere alla leggera nè in modo scontato, espressa in modo estremo, plausibile il fatto che possa non piacere a tutti.