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6.5/10
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Napoleone, Parigi, la Torre Eiffel, Notre-Dame, la reggia di Versailles. Il Pinot Noir, lo Chardonnay. Voltaire, Victor Hugo, Alexandre Dumas, Gustave Flaubert. Gli Champs-Élysées.
Il fascino che il folklore francese esercita su Riyoko Ikeda non è certo un segreto. Dalla celebre Le Rose di Versailles (Lady Oscar) a Eroica – La gloria di Napoleone, la talentuosa autrice del Gruppo 24 ha scelto la Francia come scenario privilegiato per alcune delle sue opere più iconiche. Claudine non fa eccezione.

Pubblicato nel 1978, Claudine arriva in uno dei momenti più floridi della carriera di Riyoko Ikeda. Dopo aver raccontato la grande Storia, le rivoluzioni e i destini intrecciati di nobiltà e popolo, l’autrice rivolge lo sguardo all’interiorità, all’identità e al desiderio individuale, proseguendo la linea tracciata con la coeva La finestra di Orfeo.
Ambientato nella Francia di fine Ottocento – quella delle carrozze, dei collegi religiosi, e dei giardini di provincia – il racconto abbandona il tono epico de Le Rose di Versailles per farsi più intimo e soffocante, pur mantenendo alcuni cardini del magnum opus di Ikeda, come il sentirsi estranei al proprio corpo, la ricerca di sé in un contesto ostracizzante, e l’impossibilità di conciliare libertà e convenzioni.
Oltre al physique du rôle e a una bellezza androgina tanto cara all’autrice, Claudine ed Oscar condividono la profondità dei sentimenti e la tensione tra desiderio personale e aspettative sociali, affrontando l’amore e l’esplorazione dell’io con sensibilità e coraggio.

"Ancora una volta, mi sento di affermare che nessun uomo, nato tale, avrebbe potuto amare una donna così profondamente come lei."

Compiuti gli otto anni, Claudine comincia a identificarsi come uomo, suscitando la preoccupazione della madre, che decide di affidarla alle cure di uno psichiatra. Il medico, tuttavia, riconosce in lei una personalità complessa e sfaccettata, lontana anni luce dalla mentalità bigotta e conformista della genitrice.
Questo precoce confronto con l’incomprensione e il giudizio esterno segna l’inizio di un cammino tormentato, lastricato di sofferenza, che la condurrà verso un destino inesorabile e tragico.
La voce narrante dello psichiatra – figura che diverrà per Claudine una sorta di confidente e testimone silenzioso della sua crescita – definisce la giovane come un “transessuale”, un “uomo dal corpo incompleto”, cogliendo l’essenza di un’anima divisa tra ciò che è e ciò che il mondo le impone di essere.
Seguiremo Claudine nella scoperta del rifiuto e dell’amore, e in tutto ciò che ne consegue quando il desiderio di vivere autenticamente entra in conflitto con le regole ferree di una società incapace di comprendere la diversità.
Temi sorprendentemente attuali.
L’opera diventa così non solo il racconto di una tragedia shakespeariana personale, ma anche una riflessione universale sull’accettazione, sulla libertà e sulla fragilità dell’essere umano di fronte a un mondo che rifiuta ciò che non sa accogliere.

La storia è densa di avvenimenti e carica di pathos; tuttavia, la brevità del racconto fa sì che tutto accada troppo rapidamente, senza permettere di approfondire a dovere le figure che orbitano intorno a Claudine. La protagonista finisce così per diventare un buco nero che inghiotte ogni luce e attenzione, accentuando il senso di isolamento che permea l’intera vicenda.

Il volume contiene altri due racconti brevi, Collage Parte 1 e Collage Parte 2, spin-off de La finestra di Orfeo. Il primo, nonostante alcune forzature volte al cliffhanger, funziona discretamente bene. Il secondo, invece, tra amori incestuosi, melodrammi dai toni elegiaci e gag che tentano invano di alleggerire l’atmosfera, risulta ridondante e facilmente dimenticabile. Sicuramente, vista la caratura dell’opera da cui entrambi attingono, si poteva fare molto di più.

L’iconico tratto di Riyoko Ikeda trova terreno fertile nella rappresentazione ornamentale della Francia ottocentesca: saloni sfarzosi, ambienti raffinati e una meticolosa attenzione ai dettagli tessili e ai ricami degli abiti. I personaggi, slanciati e dai colli lunghi di richiamo modiglianesco, si inseriscono perfettamente nel corpus opere dell’autrice; qui, tuttavia, il segno appare più morbido e meno spigoloso rispetto al passato, mostrando la solita attenzione all’intensità espressiva degli sguardi.

Claudine è un volume unico capace di affrontare temi delicati con sensibilità, pur senza introdurre elementi realmente innovativi nella semantica visiva e narrativa dell’autrice — e, più in generale, del Gruppo 24.
Un titolo consigliato agli estimatori di Riyoko Ikeda.