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esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"Il rimpianto diventa poesia, e il passato sembra un rifugio dove l'anima torna a cercare la felicità"

“Bird’s Song” di Yoshitaka Amano è un'opera ostica e anche in senso lato divisiva: surreale, criptica, onirica, di non immediata comprensione, nemmeno sforzandosi di provare a "camminare nelle scarpe" del suo autore.

Ho iniziato con un giudizio sintetico e forse quasi "apodittico" perché al termine della visione del cortometraggio è onestamente difficile nutrire la presunzione di aver compreso il messaggio e il simbolismo rappresentato dalla sequela di immagini e colori e dai dialoghi piuttosto stringati e non sempre esplicativi di quanto visto.
Premesso che non ho mai approcciato ad un'opera con la presunzione di intuire tutte le possibili sfaccettature più o meno esplicite che l'opera sembra celare e contemplare, mi limito alle impressioni che l'opera mi ha suscitato dopo una sola e non semplice visione.

A me è sembrata un’elegia visiva sul rimpianto e su ciò che è stato e non potrà più tornare. Il cortometraggio sembra muoversi come una piuma nel vento, o un petalo di ciliegio che cade ad una velocità di cinque centimetri al secondo (ogni riferimento non è puramente casuale…): leggero, astratto ma intriso di malinconia dei ricordi offuscati dal tempo e quindi idealizzati.

Nel suo stile onirico e pittorico, Amano conduce lo spettatore in un'ambientazione interiore, una sorta di visione dal punto di vista della coscienza del protagonista che rivive flash e frammenti di un passato giovanile emozionante e ormai perso o svanito.
Il canto dell’uccello, che dà il titolo al corto, non è solo musica ma rappresenta a sua volta un simbolo: richiama la bellezza e l'armonia di ciò che è stato, ma che è volato via e ormai irraggiungibile. Le immagini sembrano acquerelli delicati che si dissolvono e sfumano nell'oblio del tempo, e le scene non sembrano altro che un invito a contemplare la bellezza fragile del ricordo, con un finale che sembra anelare ad una sorta di riconciliazione con il passato e il tempo per valorizzare ciò che realmente conta: il sentimento che ha animato il protagonista per tutta la sua esistenza.

"Bird's Song" è un'opera breve che può risultare intensa o fastidiosa (a seconda del punto di vista) nel suo modo originale di trasmettere un'esperienza emotiva e visiva, che si potrebbe definire come collocabile tra il surrealismo e la poesia visiva, con uno stile frammentario ricco di suggestioni visive e simboliche in cui la realtà si confonde con il sogno, e il confine tra memoria e desiderio si dissolve.
Tale impressione è corroborata dallo stile adottato da Amano che fa sfoggio di disegni eterei, colori tenui e sfumati, con figure umane stilizzate ed evanescenti.
La sequenza di disegni mi ha richiamato alla memoria le visioni di una serie di diapositive con un sottofondo musicale composto da melodie minimaliste, che rafforzano la sensazione di intimità e malinconia già ben ricavabile dalle immagini.

"Bird's Song" resta comunque un'opera di difficile comprensione: non ha una trama, prevalendo la componente simbolica. E tutto ciò disorienta e potrebbe portare al rifiuto. E tale reazione non sarebbe esecrabile… Di sicuro è un'opera che è stata realizzata come tale su esplicita richiesta della TOEI animation e che sembra voler sfidare i classici stilemi dell'animazione.
Non intrattiene in senso stretto: tende ad essere una esperienza sensoriale sulla scia di opere che mi è capitato di vedere come "Tenshi no Tamago" di M. Oshii o "Serial Experiments Lain". E al pari delle opere citate, tale caratteristica rappresenta la sua croce e delizia.


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ALUCARD80

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7,5
Amano o lo si ama o non lo si conosce appieno, ma difficilmente lo si odia.
Se da giovanissimo non comprendevo il suo tratto e le sue intenzioni, con l'avanzare dell'età ho imparato ad amare il suo stile indefinito, quegli schizzi che non necessitano di essere completati, quei disegni che sono sogni a occhi aperti, o a volte brutti sogni - non per forza corroboranti, non per forza sereni, non per forza piacevoli.
Come la vita, talvolta dolorosi e scomodi.
Io non so se questo corto è anche autobiografico ma qualcosa me lo ha fatto senza dubbio sospettare.
A partire da quel suo minimalismo esistenziale e quella tridimensionalità annullata in favore di una piattezza che favorisce l'introspezione trasversale, Tori no Uta ricorda una fra le piu tristi side story dei suoi gloriosi Final fantasy. La musica malinconica, triste, a tratti straziante, accompagna situazioni surreali che necessitano un costante lavoro di decifrazione da parte dell'osservatore: è un prodotto estremamente ermetico, volutamente criptico, dove ogni sequenza animata e ogni frase nasconde un significato parallelo.
Un amore perduto di gioventù, un allontanarsi dalla città natale per poi tornarvi e scoprire che niente è come ce lo ricordavamo. Quella bellissima ragazza, che come una sirena di "Omeriana" memoria aveva attratto a sè senza alcuna resistenza il protagonista, si scopre non essere invecchiata di un giorno.
Ma fu solo un sogno o realtà? Ad ogni colore è associato un ricordo, come un gioco, come un riflesso mentale ad occhi aperti che, sotto alcuni aspetti, si rivela quasi un incubo.
Il cielo grigio, le strade di città con le insegne spente, le frecce scolorite disegnate sull'asfalto inondato dalla pioggia e il dedalo di vie uguale come un labirinto imprigionante, sono il lato negativo di un'infanzia smarrita, persa assieme a preziosi ricordi.
E' come se l'autore avesse voluto guardarsi indietro e rivangare nel passato un legame fugace e altrettanto velocemente smarrito, recuperato poi solo con la forza dei malinconici ricordi nel tornare alla città natia tanti anni dopo. Un dialogo con sè stesso, dove forse niente davvero è stato fisicamente ritrovato, se non nei propri ricordi, dove ogni particolare rimarrà custodito per sempre.
Il corto vola via veloce, e la sontuosa, malinconica musica che lo chiude ci fa intuire la fase finale - come sempre accade - di ogni storia vissuta e terminata: l'accettazione, amara ed isolata da ogni altra cosa che non sia la triste rassegnazione.
Chi artisticamente si aspetta un corto di animazione sarà spiazzato, perché Amano si cimenta per Toei in questo OAV con una sequenza di diapositive che raccontano, o forse meglio sarebbe dire accompagnano ed illustrano dialoghi estremamente criptici, schizzi di colore e di inchiostro spesso non terminati, studi di emozione, piu che di fisicità concrete, ma che lasciano un ricordo particolare e davvero originale. Chi ama Amano ne rimarrà ipnotizzato.

Da vedere con la consapevolezza di un breve viaggio attraverso concetti da decifrare, chiusi, criptici, da interpretare e per nulla espliciti. Arte da non prendere alla leggera nè in modo scontato, espressa in modo estremo, plausibile il fatto che possa non piacere a tutti.


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Robocop XIII

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Tori no Uta è un OVA del 2007, diretto e disegnato da Amano Yoshitaka.
Prima di intraprendere la visione di questo prodotto, bisogna sapere che il concept stilistico generale non è dettato direttamente da Amano ma è una scelta che si inserisce in un contesto più ampio. Questo OAV di 32 minuti circa fa infatti parte di un progetto creato dalla Toei Animation fra il 2006 e il 2007 per celebrare i cinquant'anni di attività. Il progetto si chiama "Ga-nime", neologismo che nasce dall'unione delle parole "anime" e "Ga", prefisso che indica il tratto del disegno (lo stesso che compone la parola manga). Per questi progetti - 15 in tutto - dalla durata che oscilla tra i 20 e i 50 minuti, la Toei si è affidata a diversi registi, dotandoli di un budget ridotto ma anche di piena libertà creativa.
Ma cosa differenzia un anime da un Ganime?
Un ganime esalta il disegno, e non l'animazione. E quando si tratta di disegni, un vero artista come Amano è il meglio che si può pretendere, il quale infatti prende parte a ben due progetti, questo e "Fantascope - Tylosoma", diretto da Soichi Rimura.

Vedere Tori no Uta è come vedere delle diapositive. L'unico compito della telecamera è di spostarsi lentamente lungo il foglio oppure zoomare, le animazioni sono ridotte all'osso e riguardano solo pochi elementi del disegno. Così come un cieco affina gli altri sensi, anche Tori no Uta cerca di compensare la mancanza di animazioni in altri modi, viene infatti esaltato il suono, la musica (di Yasuharu Takanashi) e la voce. Anche il disegno trova modo di esprimersi e parlare, il tratteggio, la scelta cromatica e lo stile di disegno hanno infatti significati simbolici che aumentano la percezione dello spettatore.

Per quanto riguarda il comparto narrativo, avrete pane per i vostri denti. Onirico, enigmatico, criptico, ermetico. Nulla è come sembra, la realtà si intreccia con il sogno finendo per scambiarsi di ruolo e rendere il tutto più confusionario. Non lo nascondo, non sono riuscito a capire praticamente nulla di questo OAV, ma per tutta la durata dello stesso i miei occhi non si sono staccati dallo schermo.
Se volete vedere qualcosa di particolarmente impegnativo ma nel contempo scorrevole e interessante, Tori no Uta fa per voi, sempre considerando che per percepirlo appieno bisognerà guardarlo più di una volta.

Utente5795

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Utente5795

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
"Tori no Uta" è un buon OAV di stampo sperimentale, ideato e realizzato dal noto illustratore Yoshitaka Amano. Si tratta di un opera abbastanza peculiare dal punto di vista grafico, mentre purtroppo accusa un eccessivo ermetismo a livello di trama e sviluppi, rendendo il risultato piuttosto complesso e poco chiaro, sebbene in linea di massima sia comunque apprezzabile.
Per spiegare al meglio le caratteristiche visive di questo mediometraggio, non c'è nulla di meglio delle stesse immagini presenti in questa scheda: il filmato è infatti composto unicamente da frames immobili, a parte per qualche lieve animazione digitale. Questo potrebbe risultare un punto debole, poiché lo spettatore medio rischia di annoiarsi di fronte a questa sequenza di immagini a puro carattere descrittivo (il succo dell'OAV sta infatti nei dialoghi), ma in ogni caso esse affascinano per la loro atmosfera onirica ed ancestrale.

Parlando invece della trama, essa può essere riassunta così: un ragazzino, mentre sta tornando a casa, decide di prendere una deviazione ed incontra una misteriosa ragazza, di cui s'innamora perdutamente. La fanciulla gli dona una piuma, dicendo che se la conserverà essi potranno incontrarsi nuovamente. Purtroppo il giorno seguente il protagonista non riesce più a trovare la casa della ragazza, e dopo tanto tempo si scorda di lei. Venticinque anni dopo il ragazzo, ora diventato un uomo nostalgico e disilluso, ritorna nella sua città natale, e incredibilmente ritrova la sua amata, rimasta giovane come allora...

L'anime si appresta a numerosi fili interpretativi: si può scorgere il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, così come l'inquietante potere dei sogni, a volte così vividi che riescono a sostituirsi ai ricordi veri, nonché la presa di coscienza dell'essere umano che comprende di doversi assumere le proprie responsabilità e confrontarsi con un passato che si è lasciato alle spalle. Come ho detto prima, il significato generale di Tori no Uta non è chiaro, e per questo potrebbe risultare difficile da digerire e addirittura insensato. State tranquilli, il senso c'è, ma per trovarne uno bisogna guardare con attenzione ed essere consapevoli di trovarsi di fronte ad un prodotto per nulla commerciale e che richiede un certo sforzo di comprensione da parte dello spettatore, altrimenti ci si annoia e basta.