Theatre of Darkness: Yamishibai 8
Introduzione e sviluppi
Questa ottava stagione si dimostra essere in calo di tensione. Per spiegare ciò, parto dalla necessità fondamentale di dividere molti dei racconti di questa e di altre stagioni della serie in due categorie basilari: ci sono i racconti che piacciono e quelli che non piacciono. Della prima categoria fanno parte molti degli episodi di questa stagione, che sembrano mantenere la loro struttura comunicativa e narrativa, in modo da creare una soluzione di continuità con le stagioni precedenti. Alla seconda categoria appartengono invece gli altri episodi, che sembrano essere stati messi dentro, anche brutalmente, secondo me, come episodi filler, i quali però non hanno lo stesso grado di incisione dei primi. Questo è un difetto che questa stagione condivide con la quarta, dove già si sono riscontrati molti episodi poco interessanti e/o intriganti o addirittura usati come semplici filler, la cui morale e/o lezione è abbastanza deducibile o intuibile, ma non così accattivante come si sperava. A ciò si aggiunge uno stile pedante nel racconto che non fa che accrescere il senso di tedio, noia e inedia che si provano guardandoli. Per il resto, i racconti sono intriganti, coinvolgenti, sanno catturare l'attenzione dello spettatore e sanno anche sorprenderlo con la giusta dose di imprevedibilità mista ai consueti, ma mai scontati, sentimenti di ansia, angoscia, terrore, paura, sgomento, timor panico, con il risultato che i piccoli e grandi intrighi risultano sempre dei piccoli e grandi racconti di ottima qualità e dotati ciascuno del suo giusto spessore, valore, insegnamento.
Grafica e colonna sonora
Come sempre, la grafica e la colonna sonora sono variegate. Ciononostante, permangono gli elementi fissi, come la grafica a pastello, le sagome di carta per la rappresentazione dei personaggi, sia umani che mostruosi, con uno scorrimento lento e graduale per mantenere l'atmosfera di tensione, suspence, ansia, angoscia, terrore e spavento, il tutto rimarcato dal passaggio repentino e scioccante dal secondo al primo piano e viceversa, che non fa altro che aumentare l'intensità e la potenza dei suddetti stati emotivi e mentali. A ciò contribuisce l'invariata scelta di alternare frequenze di rumori a silenzi lunghi che rimarcano tali sensazioni, finendo all'ultimo per gettare lo spettatore nel timor panico.
Messaggi e lezioni
Questa stagione si pone come obiettivo quello di farci contemplare alcuni dei mostri più insidiosi, ovvero quelli che percepiamo e che sappiamo dove cercare, ma che ci rifiutiamo di cercare, perché si trovano in un posticino a noi più o meno familiare. Quindi, la morale principale di questa ottava stagione è l'introspezione fine a sé (concetto già visto nelle stagioni precedenti, in quanto nodo centrale di tutte le vicende).
Giudizio finale
Una stagione di passaggio al pari della quarta; le due se la giocano alla pari in termini di episodi interessanti e noiosi.
Voto finale: 7,5
Questa ottava stagione si dimostra essere in calo di tensione. Per spiegare ciò, parto dalla necessità fondamentale di dividere molti dei racconti di questa e di altre stagioni della serie in due categorie basilari: ci sono i racconti che piacciono e quelli che non piacciono. Della prima categoria fanno parte molti degli episodi di questa stagione, che sembrano mantenere la loro struttura comunicativa e narrativa, in modo da creare una soluzione di continuità con le stagioni precedenti. Alla seconda categoria appartengono invece gli altri episodi, che sembrano essere stati messi dentro, anche brutalmente, secondo me, come episodi filler, i quali però non hanno lo stesso grado di incisione dei primi. Questo è un difetto che questa stagione condivide con la quarta, dove già si sono riscontrati molti episodi poco interessanti e/o intriganti o addirittura usati come semplici filler, la cui morale e/o lezione è abbastanza deducibile o intuibile, ma non così accattivante come si sperava. A ciò si aggiunge uno stile pedante nel racconto che non fa che accrescere il senso di tedio, noia e inedia che si provano guardandoli. Per il resto, i racconti sono intriganti, coinvolgenti, sanno catturare l'attenzione dello spettatore e sanno anche sorprenderlo con la giusta dose di imprevedibilità mista ai consueti, ma mai scontati, sentimenti di ansia, angoscia, terrore, paura, sgomento, timor panico, con il risultato che i piccoli e grandi intrighi risultano sempre dei piccoli e grandi racconti di ottima qualità e dotati ciascuno del suo giusto spessore, valore, insegnamento.
Grafica e colonna sonora
Come sempre, la grafica e la colonna sonora sono variegate. Ciononostante, permangono gli elementi fissi, come la grafica a pastello, le sagome di carta per la rappresentazione dei personaggi, sia umani che mostruosi, con uno scorrimento lento e graduale per mantenere l'atmosfera di tensione, suspence, ansia, angoscia, terrore e spavento, il tutto rimarcato dal passaggio repentino e scioccante dal secondo al primo piano e viceversa, che non fa altro che aumentare l'intensità e la potenza dei suddetti stati emotivi e mentali. A ciò contribuisce l'invariata scelta di alternare frequenze di rumori a silenzi lunghi che rimarcano tali sensazioni, finendo all'ultimo per gettare lo spettatore nel timor panico.
Messaggi e lezioni
Questa stagione si pone come obiettivo quello di farci contemplare alcuni dei mostri più insidiosi, ovvero quelli che percepiamo e che sappiamo dove cercare, ma che ci rifiutiamo di cercare, perché si trovano in un posticino a noi più o meno familiare. Quindi, la morale principale di questa ottava stagione è l'introspezione fine a sé (concetto già visto nelle stagioni precedenti, in quanto nodo centrale di tutte le vicende).
Giudizio finale
Una stagione di passaggio al pari della quarta; le due se la giocano alla pari in termini di episodi interessanti e noiosi.
Voto finale: 7,5
È raro che guardo serie di corti, perché in genere lasciano la trama ai minimi, per cercare di far colpo nei loro pochi minuti. Qui ogni episodio dura quattro minuti: quattro minuti in cui dovrebbero farti accapponare la pelle, trattandosi di una serie horror (yama sono spiriti degli inferi), ma con me non riesce a provocare granché.
Alcuni episodi sono anche carini, ma tutto sa di incompletezza, il fatto che molti finali si tronchino su quello che dovrebbe essere l’orrore del giorno o la paura avrebbe potuto funzionare con me bambino: ma adesso voglio delle storie narrate come si deve, per quanto assurde. Diventa chiaro che sarebbe stato più logico selezionare una storia (io propenderei per “Lancia fagioli” o “Issun Boshi”) e creare una trama di quaranta/cinquanta minuti…
Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche, tutto mi sembra fatto al risparmio, peggio di certi cartoni animati che hanno cinquant’anni sul groppone; certo i colori e il modo narrativo sono recenti, ma mi sembra che si risparmi sul numero dei frame, lavorando sulle inquadrature.
Un mezzo punto in più per la bellezza della sigla finale, per il resto non lo consiglio, ma nemmeno lo sconsiglio agli appassionati di horror: se però avete già esperienza con film o libri del genere, vi verrà sicuramente la sensazione di già visto e di poco sviluppato.
Alcuni episodi sono anche carini, ma tutto sa di incompletezza, il fatto che molti finali si tronchino su quello che dovrebbe essere l’orrore del giorno o la paura avrebbe potuto funzionare con me bambino: ma adesso voglio delle storie narrate come si deve, per quanto assurde. Diventa chiaro che sarebbe stato più logico selezionare una storia (io propenderei per “Lancia fagioli” o “Issun Boshi”) e creare una trama di quaranta/cinquanta minuti…
Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche, tutto mi sembra fatto al risparmio, peggio di certi cartoni animati che hanno cinquant’anni sul groppone; certo i colori e il modo narrativo sono recenti, ma mi sembra che si risparmi sul numero dei frame, lavorando sulle inquadrature.
Un mezzo punto in più per la bellezza della sigla finale, per il resto non lo consiglio, ma nemmeno lo sconsiglio agli appassionati di horror: se però avete già esperienza con film o libri del genere, vi verrà sicuramente la sensazione di già visto e di poco sviluppato.
«Yamishibai 8» è l’ottava parte dei racconti brevi, inquietanti e autoconclusivi a cura dello studio di animazione Ilca, che ha curato anche le serie precedenti.
Un tempo esisteva una tecnica di narrazione particolare, chiamata kamishibai, con cui si raccontavano delle storie ai bambini dei villaggi che il narratore visitava, con l'utilizzo di pochi strumenti costruiti in legno. Questa antica tradizione nell’anime viene volutamente storpiata in un qualcosa di oscuro e inquietante, eliminando anche nel termine la parte positiva “kami”, sostituendola con quella negativa “yami”.
Rispetto alle serie precedenti questa vuole ampliare il senso dello smarrimento nello spettatore alla fine della visione del singolo episodio, non spiegando volutamente nulla di quello che accade, lasciando il tutto alla libera interpretazione di chi guarda la serie. Non si ha morale o avvertimenti diretti, bisogna stare molto attenti a comprendere il senso di quello che si vede (ad esempio il quarto episodio è uno dei più chiari in questo senso), ma appunto lo spettatore si chiederà spesso: "Ma ho capito bene?" Si darà la risposta, quando la realtà soggettiva diventa più importante di quella oggettiva, criptica, forse.
Alcuni episodi sembrano voler creare una forte empatia con lo spettatore, che quasi si chiederà cosa avrebbe fatto al posto dei vari protagonisti, mentre per altri ci si chiederà come continuava la storia, come se quello che si è visto fosse solo l'inizio di un bel film.
Fra gli episodi migliori il secondo, il più inquietante e sorprendente "Anniversario di morte", e il terzo più classico ma ben narrato "Non guardare indietro". L’ending “Twilight” di imai sembra musicalmente fuori contesto, ma è piacevole all’ascolto.
Lo stile del disegno e delle animazioni è particolare, chi ha avuto il piacere di seguire le serie precedenti sarà abituato, a chi vedrà questa per prima potranno dare fastidio, l'intento era quello di rendere in animazione l'antica tecnica narrativa, e in questo l'esperimento ha avuto successo.
Consigliato a chi ama le storie horror e a coloro a cui non dispiace la particolare grafica utilizzata.
Un tempo esisteva una tecnica di narrazione particolare, chiamata kamishibai, con cui si raccontavano delle storie ai bambini dei villaggi che il narratore visitava, con l'utilizzo di pochi strumenti costruiti in legno. Questa antica tradizione nell’anime viene volutamente storpiata in un qualcosa di oscuro e inquietante, eliminando anche nel termine la parte positiva “kami”, sostituendola con quella negativa “yami”.
Rispetto alle serie precedenti questa vuole ampliare il senso dello smarrimento nello spettatore alla fine della visione del singolo episodio, non spiegando volutamente nulla di quello che accade, lasciando il tutto alla libera interpretazione di chi guarda la serie. Non si ha morale o avvertimenti diretti, bisogna stare molto attenti a comprendere il senso di quello che si vede (ad esempio il quarto episodio è uno dei più chiari in questo senso), ma appunto lo spettatore si chiederà spesso: "Ma ho capito bene?" Si darà la risposta, quando la realtà soggettiva diventa più importante di quella oggettiva, criptica, forse.
Alcuni episodi sembrano voler creare una forte empatia con lo spettatore, che quasi si chiederà cosa avrebbe fatto al posto dei vari protagonisti, mentre per altri ci si chiederà come continuava la storia, come se quello che si è visto fosse solo l'inizio di un bel film.
Fra gli episodi migliori il secondo, il più inquietante e sorprendente "Anniversario di morte", e il terzo più classico ma ben narrato "Non guardare indietro". L’ending “Twilight” di imai sembra musicalmente fuori contesto, ma è piacevole all’ascolto.
Lo stile del disegno e delle animazioni è particolare, chi ha avuto il piacere di seguire le serie precedenti sarà abituato, a chi vedrà questa per prima potranno dare fastidio, l'intento era quello di rendere in animazione l'antica tecnica narrativa, e in questo l'esperimento ha avuto successo.
Consigliato a chi ama le storie horror e a coloro a cui non dispiace la particolare grafica utilizzata.
