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VeganWarrior

Volumi letti: 2/2 --- Voto 8
Questa non è una storia da tramandare.
È una confessione da bruciare.
Ma prima, bisogna leggerla.
Bisogna sentire la pelle tirare, l’odio esplodere, e chiedersi:
se fossi stato io, avrei fatto meglio?

Jagi: il fiore malvagio

Questa non è un’opera che si legge. È un veleno che si inspira a pieni polmoni, un sogno malato cresciuto tra le crepe di un universo dove anche l'amore è un atto di violenza.
Spin-off dedicato a uno dei personaggi più odiati e meno approfonditi di Ken il Guerriero. Ma stavolta, si cerca di fare qualcosa di diverso, ovvero, capire cosa si nasconde dietro la maschera e la follia di Jagi.

Siamo nell'universo brutale di Hokuto no Ken, ma questa volta il centro non è la redenzione, né la giustizia, né la forza come mezzo per proteggere. Jagi è la deformità che cresce all’ombra dei miti, l’eco spezzata di un fratello mai voluto, mai accettato.
Narrativamente la struttura è piuttosto lineare, ma ciò permette di concentrarsi meglio sull’evoluzione di Jagi. L’opera si concentra sugli anni prima degli eventi principali del manga originale, mostrandoci un Jagi più umano, ferito e, sotto certi aspetti, persino fragile.
Non si tratta di una giustificazione al suo comportamento, ma piuttosto di una discesa lenta e inesorabile verso l’abisso, un tentativo di mostrarci l’origine dell’odio, del risentimento e del desiderio di vendetta che lo hanno sempre animato.
La sua storia è quella di un uomo che ha scelto di diventare mostro, perché non gli era concesso altro.

Il titolo “Il Fiore Malvagio” è emblematico.
Jagi viene rappresentato come un uomo destinato a marcire fin dalla nascita, ma che, in un altro contesto, forse avrebbe potuto germogliare in qualcosa di diverso. Il senso di inferiorità verso i fratelli, una famiglia di eletti, la frustrazione di essere costantemente oscurato, e quel vuoto interiore che ne consegue, lo trasformano in ciò che è.
IL concetto è molto chiaro: l’emarginazione genera mostri.
Il tema dell’identità e della disillusione personale è centrale, Jagi si percepisce come inadatto, inutile, debole. E anziché colmare il vuoto, ci affonda dentro, lasciando che lo consumi.
Non mancano riflessioni su cosa significhi essere uomo in un mondo dove la forza è l’unica misura di valore, e su quanto possa far male non essere all’altezza delle aspettative altrui.

Jagi è ovviamente il fulcro. Ma ciò che colpisce è che non ci viene mostrato in maniera romanzata o addolcita. È sempre lui, scorretto, sleale, pieno di rabbia repressa. Ma questa volta possiamo seguirlo dall’interno, vederne la debolezza, la fragilità mascherata da arroganza, la solitudine.
I personaggi secondari non sono particolarmente approfonditi, e spesso servono da riflesso o da contrasto al protagonista. Alcuni momenti lasciano intuire una voglia di redenzione o almeno di comprensione, ma ogni tentativo si perde nel buio che Jagi stesso ha scelto di abbracciare.
Jagi non è un personaggio. È un sintomo. Una ferita aperta, lasciata marcire in un mondo che non ha mai voluto guarire nessuno.
La sua sofferenza è sincera, sporca, priva di orpelli.
È l’urlo del figlio che non è stato scelto.
Del guerriero che ha imparato troppo tardi a perdere.
Del fratello che ha capito che, in un mondo dove si venera la forza, la debolezza è l’unico peccato capitale.

Lo stile grafico è coerente con l’universo di Hokuto no Ken, anche se più moderno e leggermente meno “estremo” nei tratti.
I disegni riflettono questa rabbia, sporchi, tratti duri, volti segnati dal dolore, ombre che sembrano divorare la luce prima ancora che possa filtrare.
L’impatto visivo delle scene d’azione non delude, anche se l’opera non punta solo alla violenza, ma anzi tenta un approccio più intimo e psicologico.
Bisogna considerare che comunque non è un lavoro curato come la saga di Ken, quindi potrebbe facilmente non piacere.
Personalmente non mi è dispiaciuto in quanto in tema con questa bruttezza interna che il protagonista si trascina

L’opera non ha alcuna pietà. Ti prende per il collo e ti costringe a guardare ciò che normalmente viene scartato, dimenticato, coperto da un mantello di "non era importante".
La narrazione è scarna, secca, come carta bruciata. Non ci sono spiegazioni lunghe, non c’è redenzione, non ci sono lacrime che salvano. Solo un passato che brucia e un presente che si vendica.

“Il Fiore Malvagio” non è un capolavoro, ma è un’opera inaspettatamente profonda, che riesce a dare dignità narrativa a un personaggio che sembrava solo un villain da dimenticare.
È una lettura consigliata a chi già conosce Ken il Guerriero e vuole esplorare una parte di quell’universo da una prospettiva più intima e meno eroica.
Un racconto amaro, malinconico, che ci mostra come anche un fiore, se cresciuto nel fango, può diventare velenoso, e Jagi ci è diventato. Con ogni ossa rotta, con ogni sguardo disprezzato, con ogni volta che ha sentito di essere meno di niente.

"Jagi: il fiore malvagio" non chiede empatia.
Chiede silenzio.

VOTO: 7.8


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kirk

Volumi letti: 2/2 --- Voto 7
Buronson che qui ha curato i testi non ha bisogno di presentazione, in quanto è anche l’autore della storia originale di "Hokuto no Ken". Shinichi Hiromoto è certamente meno famoso pur essendo stato pubblicato già in Italia, credo che la sua opera più famosa sia "Fortifield School" del 1994, da me droppata al primo volume per via dei disegni non di mio gradimento.
Credo che sia giusto dare a tutti una seconda opportunità, purtroppo i disegni sono rimasti più o meno gli stessi e quindi l’opera, per me, parte da un'insufficienza.

La storia comunque è carina perché Buronson sa cosa ha reso grande "Hokuto no Ken". La base del grande successo di Ken il guerriero sono i magnifici disegni di Tetsuo Hara, splendidi nel caratterizzare personaggi e combattimenti e l’abilità di Buronson di parlare di amore. "Hokuto no Ken" è la grande saga dell’amore o degli amori, amore fra uomo e donna, amore fra padre e figlio, amore fra fratelli… insomma amore in tutte le salse, e anche in questa breve storia vediamo l’amore fare da tema che regge la storia. Senza amore non esisterebbe neanche Jagi un personaggio che nell'epopea principale sembra uno dei più refrattari: l’amore di Ryuken che lo ama come padre gli permette di imparare le tecnica di Hokuto sebbene sia poco dotato, l’amore di una ragazza gli permette di credere in se stesso… eppure vediamo fin dall’inizio come sia portato alla violenza, come il suo ego sia troppo orgoglioso, come la voglia di primeggiare gli impedisca di capire i suoi limiti. Di fronte a ciò l’amore che poteva essere una spinta al bene non basta, l’amore di un padre non basta per correggere il figlio. La fine, prematura, della donna che poteva cambiargli il destino fa il resto.

L’amore appassisce di fronte all’odio, un odio caratteriale più che nato dal ragionamento: Jagi che da giovane poteva essere ancora indirizzato a una vita normale diviene uno dei personaggi più squallidi della saga di Hokuto. Purtroppo si poteva approfondire meglio, ma in soli due volumi…

Il mio voto è un sette rubato. Rubato dai ricordi dell’infanzia, rubato dall’amore che porto per la saga principale di Hokuto. Una delle prossime saghe che mi hanno consigliato di leggere, ma io aspetto da un po’ è quella di Raoh, anche lì i disegni sono tremendi soprattutto se paragonati a quelli di un autore maturo ed elegante come Hara.


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GianniGreed

Volumi letti: 2/2 --- Voto 6
Gokuaku no Hana (fiore di pura malvagità) è uno spin-off in due volumi del manga Hokuto no Ken. Il fumetto è incentrato sul controverso personaggio di Jagi, il più bastardo dei fratelli di Kenshiro.
Nel manga originale, poche sono le informazioni sul passato di Jagi o delle motivazioni che lo spingono a comportarsi come fa, nel cercare di infangare il nome di Kenshiro. In questo fumetto viene raccontata tutta la vita di Jagi, da quando è stato adottato dal maestro Ryuken, all’incontro con i sui fratelli adottivi Raoh, Toki, e in seguito Kenshiro, gli allenamenti, per arrivare poi al momento dell’elezione di Kenshiro a successore di Hokuto e continuare con la rivisitazione di ciò che è stato mostrato nel manga originale, ovvero il giorno dell’attacco nucleare, le cicatrici auto inflitte, fino ad arrivare al combattimento mortale con Ken.

Tutti i capitoli del manga sono strutturati allo stesso modo: nelle prime due o tre pagine, viene mostrato il “presente”, dove Jagi semina terrore, riprendendo le scene del fumetto originale, come quando si fa costruire il busto che lo rappresenta, o convince Shin a rapire Yuria, e nelle pagine successive si va nel passato, all’infanzia di Jagi.
In questi flashback viene fatta completamente luce sul perché Jagi sia diventato un folle assassino.
La storia raccontata è abbastanza buona, e ben s’inserisce nella storyline del fumetto originale, pur presentando piccolissime incongruenze in alcuni eventi.

Lo stile di disegno di Hiromoto si sposa molto bene con la violenza del mondo in cui Hokuto no Ken è ambientato. Violenza che in questo manga è superiore all’originale, che non lascia nessun messaggio positivo o speranza, al contrario di Hokuto no Ken.
I personaggi più importanti ci sono tutti, Raoh, Toki, Kenshiro, Yuria, e sono tutti ben disegnati, molto riconoscibili, ma comunque differenti.

Il volume 2 del manga, contiene inoltre il capitolo speciale Ryuken Gaiden – Il giorno del Giudizio. In questo capitolo speciale viene raccontata la difficile scelta di Ryuken nel giorno in cui decide che Kenshiro sarà il successore e nello stesso momento viene lanciato l’attacco nucleare su tutto il pianeta.
Anche questo capitolo presenta alcune incongruenze con la storia originale, ma è molto interessante dal punto di vista narrativo.

Questo Jagi Gaiden è un buono spin-off, che i fan del manga originale devono leggere. Aggiunge molto alla storia originale, senza snaturare i personaggi.
La lettura è ovviamente consigliata solo a chi ha già letto il manga originale.