Recensione
Devil May Cry (2025)
7.0/10
Devil May Cry 2025 è ispirato all’omonima serie di videogiochi della Capcom. Vista la base di partenza molto solida, c’erano tutte le carte in regola per produrre una serie memorabile, ma sfortunatamente il suo potenziale non è stato minimamente sfruttato. Mai come in questo caso mi sento di dire che il carisma del protagonista e il comparto tecnico siano stati i due fattori che hanno di fatto trainato una serie dotata di una trama e personaggi secondari che erano una vera e propria zavorra. Questo rappresenta il motivo per cui ho trovato davvero difficile dare un voto a questa serie, poiché oggettivamente non sarebbe corretto promuovere una serie che pecca proprio in uno degli elementi più importanti.
Da persona che non è mai entrata in contatto con i videogiochi originali, se non per qualche famosissimo meme di internet, non posso fare un paragone dettagliato, quindi eviterò di analizzare elementi specifici che conosco solo per sentito dire.
Come menzionato dagli autori stessi, la trama non è fedele all’originale, anzi, si tratta di una versione completamente reinventata rispetto all’originale. In questo caso, infatti, la storia è incentrata su Dante, un giovane cacciatore di demoni che a sua insaputa possiede un ciondolo che alimenta una barriera atta a separare il mondo dei demoni, da quello degli esseri umani. La barriera, però, non è perfetta. Talvolta può capitare che si aprano dei piccoli squarci sufficientemente grandi da permettere il passaggio di alcuni demoni minori, rendendo così necessaria la presenza di cacciatori di demoni per eliminarli. Dopo questa sostanziale pace durata per millenni, un demone soprannominato Bianconiglio è riuscito a raggiungere il mondo umano per impossessarsi di questa potentissimo ciondolo che impedisce ai demoni di oltrepassare il muro. Allo stesso tempo, anche una squadra di cacciatori di demoni professionisti si è messa sulle tracce di Dante al fine di precedere il Bianconiglio e mettere al sicuro il temuto oggetto, dando inizio ad una caccia all’uomo su larga scala.
La trama di partenza è indubbiamente interessante, tuttavia, nel giro di pochi episodi i piccoli problemi che facevano storcere il naso diventano davvero difficili da ignorare. Una trama che inizialmente sembrava solo in parte focalizzata sulla religione e che poteva essere sopportata per via dell’ovvio tema su cui si basa, si è poi rivelata una fiera di americanate basate su politica, religione, buonismo o più in generale, politicamente corretto. Personaggi con caratteri che sembrano usciti da un cartone animato di Adriano Celentano (perchè diciamo le cose come stanno, il loro bell’aspetto è ciò che inconsciamente li rende sopportabili), la continua glorificazione degli Stati Uniti che onestamente non avevo visto nemmeno nei film più patriottici, la compassione provata per i demoni in una delle pochissime serie rimaste che avrebbe dovuto rappresentarli unicamente come creature puramente sanguinarie. Per non parlare di alcune grosse forzature di trama, come per esempio alcuni personaggi che hanno ripetutamente tradito i compagni quasi ad ogni episodio senza però essere mai allontanati dal loro delicatissimo ruolo da cui dipende il destino del mondo intero.
Detto ciò, veniamo ad uno dei punti forti di questa serie: Dante. Un personaggio davvero carismatico, tamarro, che ha praticamente conquistato YouTube. Divertente, forte, simpatico, un protagonista che è davvero difficile non adorare. Non esagero quando dico che è lui la locomotiva della serie.
Involontariamente al suo fianco, invece, abbiamo Lady, la co-protagonista che dà la caccia al nostro eroe seguendo ciecamente gli ordini del vice-presidente, la quale però ha un carattere estremamente stereotipato o per lo meno così è stata resa nella versione doppiata in inglese, poichè hanno deciso di farle pronunciare bestemmie ed imprecazioni quasi ad ogni singola frase, credendo che questi fossero gli elementi necessari per renderla una persona tosta quanto il protagonista. Si tratta di un comportamento così estremizzato che in un paio di episodi la si può sentire imprecare almeno una decina di volte nel giro di una manciata di minuti.
Nella fazione opposta invece abbiamo il Bianconiglio, un altro personaggio davvero ben riuscito che incarna bene il ruolo di antagonista. Una mente calcolatrice che non distoglie lo sguardo dal suo obiettivo, senza incorrere in forzature o uscite demenziali.
Questi tre sono di fatto gli unici personaggi degni di nota, poiché la quasi totalità del cast è purtroppo altamente stereotipata o dimenticabile.
Dal punto di vista tecnico siamo di fronte ad un’altra eccellenza di questa serie, la quale sa intrattenere con delle ottime animazioni caratterizzate da quella qualità costante che distingue le opere americane da gran parte di quelle giapponesi. Gli scontri sono resi divinamente, valorizzano i protagonisti e trasmettono egregiamente l’epicità della battaglia. Il tutto è accompagnato da musiche che ben si amalgamano con ciò che viene mostrato, alcune delle quali strizzano l’occhio ai nostalgici cresciuti nei primi anni 2000’. Menzione d’onore alla canzone Rollin’ dei Limp Bizkit, la quale è stata usata come opening della serie, a mio parere azzeccatissima e attorno al quale è stato costruito un video che rappresenta divinamente la tamarraggine del protagonista. In generale, ho visto molta passione in tutto quello che non era strettamente legato alla trama, sia dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista prettamente pubblicitario. Infatti, l’impressione che ho avuto guardando il trailer è che si trattasse più di un AMV creato da un vero appassionato per appassionati, motivo per cui sono convinta che determinate scelte registiche estremizzate fossero in realtà delle imposizioni provenienti da chi ha commissionato l’opera.
In sostanza, Devil May Cry si presenta tecnicamente molto bene, ma purtroppo pecca nella trama. Sicuramente si tratta di una serie più facile da apprezzare per chi non si è mai interfacciato con i videogiochi originali, ma per quanto mi rigurarda, non posso non esprimere comunque una profonda amarezza per ciò il capolavoro che sarebbe potuto essere questa serie.
Da persona che non è mai entrata in contatto con i videogiochi originali, se non per qualche famosissimo meme di internet, non posso fare un paragone dettagliato, quindi eviterò di analizzare elementi specifici che conosco solo per sentito dire.
Come menzionato dagli autori stessi, la trama non è fedele all’originale, anzi, si tratta di una versione completamente reinventata rispetto all’originale. In questo caso, infatti, la storia è incentrata su Dante, un giovane cacciatore di demoni che a sua insaputa possiede un ciondolo che alimenta una barriera atta a separare il mondo dei demoni, da quello degli esseri umani. La barriera, però, non è perfetta. Talvolta può capitare che si aprano dei piccoli squarci sufficientemente grandi da permettere il passaggio di alcuni demoni minori, rendendo così necessaria la presenza di cacciatori di demoni per eliminarli. Dopo questa sostanziale pace durata per millenni, un demone soprannominato Bianconiglio è riuscito a raggiungere il mondo umano per impossessarsi di questa potentissimo ciondolo che impedisce ai demoni di oltrepassare il muro. Allo stesso tempo, anche una squadra di cacciatori di demoni professionisti si è messa sulle tracce di Dante al fine di precedere il Bianconiglio e mettere al sicuro il temuto oggetto, dando inizio ad una caccia all’uomo su larga scala.
La trama di partenza è indubbiamente interessante, tuttavia, nel giro di pochi episodi i piccoli problemi che facevano storcere il naso diventano davvero difficili da ignorare. Una trama che inizialmente sembrava solo in parte focalizzata sulla religione e che poteva essere sopportata per via dell’ovvio tema su cui si basa, si è poi rivelata una fiera di americanate basate su politica, religione, buonismo o più in generale, politicamente corretto. Personaggi con caratteri che sembrano usciti da un cartone animato di Adriano Celentano (perchè diciamo le cose come stanno, il loro bell’aspetto è ciò che inconsciamente li rende sopportabili), la continua glorificazione degli Stati Uniti che onestamente non avevo visto nemmeno nei film più patriottici, la compassione provata per i demoni in una delle pochissime serie rimaste che avrebbe dovuto rappresentarli unicamente come creature puramente sanguinarie. Per non parlare di alcune grosse forzature di trama, come per esempio alcuni personaggi che hanno ripetutamente tradito i compagni quasi ad ogni episodio senza però essere mai allontanati dal loro delicatissimo ruolo da cui dipende il destino del mondo intero.
Detto ciò, veniamo ad uno dei punti forti di questa serie: Dante. Un personaggio davvero carismatico, tamarro, che ha praticamente conquistato YouTube. Divertente, forte, simpatico, un protagonista che è davvero difficile non adorare. Non esagero quando dico che è lui la locomotiva della serie.
Involontariamente al suo fianco, invece, abbiamo Lady, la co-protagonista che dà la caccia al nostro eroe seguendo ciecamente gli ordini del vice-presidente, la quale però ha un carattere estremamente stereotipato o per lo meno così è stata resa nella versione doppiata in inglese, poichè hanno deciso di farle pronunciare bestemmie ed imprecazioni quasi ad ogni singola frase, credendo che questi fossero gli elementi necessari per renderla una persona tosta quanto il protagonista. Si tratta di un comportamento così estremizzato che in un paio di episodi la si può sentire imprecare almeno una decina di volte nel giro di una manciata di minuti.
Nella fazione opposta invece abbiamo il Bianconiglio, un altro personaggio davvero ben riuscito che incarna bene il ruolo di antagonista. Una mente calcolatrice che non distoglie lo sguardo dal suo obiettivo, senza incorrere in forzature o uscite demenziali.
Questi tre sono di fatto gli unici personaggi degni di nota, poiché la quasi totalità del cast è purtroppo altamente stereotipata o dimenticabile.
Dal punto di vista tecnico siamo di fronte ad un’altra eccellenza di questa serie, la quale sa intrattenere con delle ottime animazioni caratterizzate da quella qualità costante che distingue le opere americane da gran parte di quelle giapponesi. Gli scontri sono resi divinamente, valorizzano i protagonisti e trasmettono egregiamente l’epicità della battaglia. Il tutto è accompagnato da musiche che ben si amalgamano con ciò che viene mostrato, alcune delle quali strizzano l’occhio ai nostalgici cresciuti nei primi anni 2000’. Menzione d’onore alla canzone Rollin’ dei Limp Bizkit, la quale è stata usata come opening della serie, a mio parere azzeccatissima e attorno al quale è stato costruito un video che rappresenta divinamente la tamarraggine del protagonista. In generale, ho visto molta passione in tutto quello che non era strettamente legato alla trama, sia dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista prettamente pubblicitario. Infatti, l’impressione che ho avuto guardando il trailer è che si trattasse più di un AMV creato da un vero appassionato per appassionati, motivo per cui sono convinta che determinate scelte registiche estremizzate fossero in realtà delle imposizioni provenienti da chi ha commissionato l’opera.
In sostanza, Devil May Cry si presenta tecnicamente molto bene, ma purtroppo pecca nella trama. Sicuramente si tratta di una serie più facile da apprezzare per chi non si è mai interfacciato con i videogiochi originali, ma per quanto mi rigurarda, non posso non esprimere comunque una profonda amarezza per ciò il capolavoro che sarebbe potuto essere questa serie.
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