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Kirad

Episodi visti: 25/25 --- Voto 6
Allora, da diverso tempo avevo la curiosità di vedere questo "Gasaraki" e ora che l'ho visto, mi viene tanto voglia di dire che forse non meritava tale attesa.
"Gasaraki" è certamente un titolo particolare, che pur contenendo elementi del fanta-action, appartiene al genere della fantascienza umanistica, dove la storia serve per riflettere sulla condizione umana, sul contrasto tra destino già deciso (e in questo caso, pure ciclico) e desiderio di libero arbitrio, sulla decadenza sociale (in particolare della società giapponese), sulla sete di potere dell'uomo, l'importanza dell'onore.
Insomma, tutti temi affascinanti, eppure per la maggior parte del tempo non mi sembra proprio funzionare, a causa di una regia e di una narrazione eleganti, ma fredde. Questo è il vero punto che non va: "Gasaraki" è freddo, non trasmette emozioni, non riesce a coinvolgerti, a farti percepire (tranne in alcuni momenti) il fascino che possiedono tematiche del genere. E se non avverti il fascino, allora davanti ai numerosi dialoghi e scene liriche rischia davvero di subentrare la noia, noia che non viene evitata neppure dal fattore azione. Come già detto, so che in "Gasaraki" l'azione propriamente detta è secondaria, l'obbiettivo è la riflessione. Ma davanti ad una riflessione così gelida, quasi asettica, chi spera di riaccendere il proprio interesse con i combattimenti rischia di restare deluso giacché gli scontri tra i robot TA e i loro omologhi detti Fake (e poi anche con l'esercito) sono ben costruiti ma pochi, brevi, e neppure eccessivamente spettacolari, dato che in questo campo l'anime sceglie la strada del realismo alla "Patlabor".
Quasi nullo anche il feeling con i personaggi, dato che i protagonisti Yushiro e Miharu sono quasi dei pezzi di ghiaccio, mentre gli altri non mi sono sembrati avere una caratterizzazione molto sviluppata (non sono bidimensionali, ma neppure troppo approfonditi).
Il finale poi, dà l'impressione di essere stato affrettato, e pur contenendo una buona sequenza dal sapore onirico (che mi ha ricordato il 26° episodio di "Evangelion") lascia diverse questioni irrisolte e ti spinge a chiederti se dopo 24 episodi di misteri può davvero finire in maniera così lineare e pure banale.
Nulla da dire sul reparto tecnico, le animazioni sono di ottima fattura (anche se in alcune puntate la qualità dei visi appare un po' rozza)
Insomma, non posso bocciarlo in toto essendo un anime ricchissimo come contenuti, volutamente complesso e ben realizzato tecnicamente. Però non me la sento neppure di promuoverlo, perché tranne alcuni momenti è poco capace di trasmettere emozioni.


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AkiraSakura

Episodi visti: 25/25 --- Voto 9
Yushiro Gowa è un ragazzo giapponese introverso e taciturno, il quale viene inviato in medio oriente come pilota di un prototipo di robot militare sviluppato in grande segreto dalla sua famiglia. Qui incontrerà, durante un'attacco statunitense alla capitale del Belgistan (nome fittizio per indicare l'Iraq), Miharu, anche lei pilota di un mezzo bellico umanoide. Nonostante siano avversari divisi dal colore della divisa, Yushiro e Miharu percepiscono un forte legame spirituale, il quale sembra legarli da precedenti incarnazioni. Nel setting militare della guerra del Golfo si svilupperà la loro stoica storia d'amore, come se essi fossero allo stesso tempo attori di un poema epico legato al folklore giapponese e soldati impegnati in un conflitto non molto lontano dai giorni nostri.

"Gasaraki" è il canto del cigno di Ryousuke Takahashi, maestro indiscusso del realismo robotico (sono suoi titoli seminali del calibro di "Votoms" e "Dougram"). Si tratta di un regista estremamente raffinato, dall'impronta molto personale ed autorale, quanto mai legata a ricostruzioni storiche fedeli e alla cultura tradizionale giapponese tout court. Il "tocco" di Takahashi si riconosce subito: egli è in grado, con il suo stile personalissimo, di rendere carismatica ogni singola inquadratura delle sue opere. Questo discorso vale sopratutto per "Gasaraki": l'opera vanta di una regia di alto livello, in grado di creare momenti intensi, emozionali e allo stesso tempo cerebrali. Certe scene, come ad esempio l'incontro ravvicinato nel tempio di Miharu e Yushiro, trasmettono una poetica fatta di frammenti di parole, sguardi, silenzi e misticismo. Un'atmosfera unica, sublime.

"Gasaraki" non è un'opera di intrattenimento. Approcciarsi ad un titolo del genere equivale ad ammirare una vera e propria opera d'arte impegnata, solenne, nella quale c'è un messaggio, ci sono rimandi storici e culturali molto precisi, toni aulici - si pensi alle poesie che anticipano il titolo di ogni episodio - e altre finezze molto ricercate; la splendida sigla di chiusura, con il suo fascinoso mood orientaleggiante e romantico, gli sperimentalismi visivi, la cura dei dettagli. Inoltre, è bene far presente che siamo di fronte ad un anime giapponese fatto per giapponesi; "Gasaraki" è molto chiuso in sé stesso, nel suo mood orientaleggiante, nel suo ermetismo e folklorismo. Lo spettatore occidentale occasionale potrebbe trovarlo parecchio estraneo alla sua cultura, e pertanto bollarlo, con fare superficiale, come eccessivamente prolisso ed incomprensibile. Nella sua complessità e fedeltà storica, "Gasaraki" arriva a prevedere le guerre finanziarie su larga scala a cui siamo abituati ai giorni nostri, fornendo un'ampio spettro di riflessione sulla decadenza della post-modernità nel contesto socio-politico nipponico; tradizione nel passato, alienazione nel presente; la necessità di preservare un'anima/identità solida e splendente, come la lama di una katana, in un mondo in continuo e frenetico mutamento; l'accettazione finale della precarietà delle cose - Il tempo è scritto nel vento, il destino non è scolpito in lastre di pietra - direbbe Yushiro.

Quest'opera ha due anime. Una è la storia di Miharu e Yushiro nel contesto della guerra del Golfo, un'hard sci-fi quasi iperrealistico in cui è presente un retroscena politico ed economico molto curato (seppur non ai livelli di "Dougram"). L'altra è la storia dei due innamorati/nemici nella loro incarnazione precedente, avvenuta nel turbolento e corrotto periodo Meiji. Il significato di Gasaraki sta nella sovrapposizione di queste due anime. Tra i numerosi strati che lo compongono, vi è un'analisi della sete di potere dell'uomo, la quale rimane invariata nel corso del tempo, congiunta alla denuncia delle folli tradizioni patriarcali legate esclusivamente al profitto. Inoltre, nell'opera, oltre ai vari riferimenti a Samurai, danze rituali, teatro Noh e sciamanesimo, la metafora legata al pensiero buddhista è molto palese: si pensi al tema delle incarnazioni nelle vite precedenti, al circolo vizioso e senza via d'uscita causato dalle illusioni del potere e dell'immortalità.

Come tutte le cose, anche "Gasaraki" non è esente da difetti. Patologia degna di nota è il fatto che verso la fine della serie vengano inseriti numerosi eventi e personaggi che avrebbero avuto bisogno di più puntate per essere sviluppati a dovere, come ad esempio la sorella di Yushiro, la quale avrebbe indubbiamente necessitato di più spazio. Nell'ultimo frangente, precedente al finale, viene messa troppa carne al fuoco, e alcune cose vengono lasciate per strada. Nonostante questi difetti di sceneggiatura, l'ultima puntata della serie è molto suggestiva e significativa, con la sua rivelazione finale coadiuvata da una regia altamente post-moderna e sperimentale. Ventisette puntate anziché venticinque sarebbero state comunque meglio, a mio avviso. Inoltre, personalmente, avrei gradito una maggiore dose di folklorismo, misticismo e romanticismo nella seconda metà dell'anime, molto più fredda, politica e tattica della prima.

Ribadisco che "Gasaraki" sia una serie che richiede un certo sforzo da parte dello spettatore per essere seguita e compresa appieno. Molti potrebbero trovarla eccessivamente ostica e prolissa, oppure lamentarsi della caratterizzazione dei personaggi, i quali, nel loro esser guerrieri stoici di poche (talvolta auliche) parole, sono perfettamente consoni allo stile del regista (Miharu e Yushiro non sono nient'altro che delle versioni meno carismatiche dei protagonisti di "Votoms", Fyana e Chirico). Al di là di queste considerazioni, "Gasaraki" è una memorabile lezione di classe e stile, un anime sofisticato, adulto ed estremamente autorale dalle impareggiabili atmosfere e contenuti. Un vero e proprio classico degli anni '90. Un vero e proprio anime giapponese nella sostanza, ben lungi dall'esser contaminato dagl'infelici compromessi legati all'occidentalizzazione e all'anime business.


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micheles

Episodi visti: 25/25 --- Voto 9
Il periodo tra la fine degli anni novanta e l'inizio degli anni duemila è stato un momento di massimo locale per il genere robotico. In questi anni sono fiorite numerose serie di alto livello, adulte, complesse, estremamente serie e cariche di implicazioni psicologico/filosofiche/mistiche. Sto parlando di opere come Evangelion, Brain Powerd, The Big O, Argento Soma, RahXephon. Gasaraki si inscrive in questo contesto in maniera perfetta, e costituisce il capolavoro ultimo di Ryousuke Takahashi.

Non c'è dubbio che Takahashi sia un maestro dell'animazione nipponica, ma è innegabile che prima di Gasaraki tutte le sue opere si siano distinte per una caratteristica lentezza di fondo che le ha rese poco digiribili per lo spettatore moderno. Dougram è un capolavoro di fantapolitica, non si discute, ma non si può certo dire che le sue 75 puntate siano tutte avvincenti e tengano in continuazione con il fiato sospeso; idem per i 52 episodi di Votoms. Gasaraki, invece, nelle sue (troppo poche) 25 puntate appassiona e tiene incollati allo schermo come non mai: ho visto tutta la serie in soli tre giorni, praticamente incapace di smettere. E questo per un solo motivo: l'atmosfera. Gasaraki va raccomandato per quanto riguarda gli aspetti fantapolitici e la descrizione della guerra del Golfo (l'Iraq va sotto il nome fittizio di Belgistan, ma il richiamo è evidente). È anche encomiabile l'attenzione che viene riservata all'importanza dell'economia su scala mondiale come arma offensiva, il tutto un decennio prima della crisi economica dei mutui subprime. Tuttavia va ammesso che nel contesto propriamente fantapolitico la cede a Dougram, anche se non di molto. Inoltre va ammesso che dal punto di vista dei personaggi Gasaraki la cede a Votoms, perché il carisma del protagonista Yoshiro Gowa non arriva a rivaleggiare con quello di Chirico Cuvie. Tuttavia Gasaraki vince su tutte le altre opere di Takahashi per l'atmosfera, la tensione palpabile che serpeggia in tutte le puntate. Atmosfera che è incarnata alla perfezione nella opening, un vero capolavoro sia per le immagini che per la musica, un mix tra sound moderno (è cantata in inglese) e antico (impressionano le ultra-inquietanti sonorità del teatro No). La opening descrive tutta la serie, in bilico tra estrema modernità (è ambientata 16 anni nel futuro, ovvero nel 2014, che per noi è il presente) e estrema antichità (si raccomanda l'eccezionale flashback ambientato mille anni fa nel Giappone Heian). Così è per il mecha design, opera dell'ottimo Yutaka Izubuchi: da un lato abbiamo gli ultra-moderni e super-computerizzati TA, Tactical Armors, diretta evoluzione degli AT di Votoms, mentre dall'altra abbiamo gli antichissimi Dei-Demoni Kugai, usciti direttamente dalla preistoria del Giappone. Così è per i personaggi, alcuni del tutto moderni e pieni dei dubbi tipici dei nostri tempi, altri ancorati in maniera assoluta alla tradizione giapponese. Mi viene in mente specialmente il genio della finanza internazionale Nishida, cieco, essendosi strappato gli occhi per non vedere la decadenza della modernità. È in questo mix che Gasaraki si evolve, destreggiandosi alla perfezione in un contesto difficilissimo.

Le atmosfere drammatiche e tesissime devo probabilmente qualcosa alla mano di Chiaki Konaka; alla mano di Goro Taniguchi si può probabilmente assegnare qualche errore di sceneggiatura; ma è innegabile che quest'opera sia in primis profondamente di Takahashi. La sua mano dominante copre l'opera di ogni altro. Gasaraki è un capolavoro per quanto riguarda il ritmo e la capacità di coinvolgimento, anche per il senso di mistero che si mantiene intatto fino alla venticinquesima e ultima puntata, l'unica in cui finalmente il segreto del Gasaraki viene spiegato. La conclusione, pur di buon livello, non è però all'altezza delle aspettative. A mio avviso i protagonisti escono dall'impasse troppo facilmente e il finale risulta leggermente anticlimatico, oltre che affrettato. La sensazione è che la serie dovesse durare 26 puntate e che le due puntate finale siano state compresse a forza in una, probabilmente per colpa della produzione. Per questo non posso assegnare un 10, anche se ci siamo andati molto vicini. Da vedere.


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Meganoide

Episodi visti: 25/25 --- Voto 8
Ho trovato Gasaraki un'opera molto interessante, in grado di unire, con discreto successo (ma non senza qualche pecca), un contesto politico-militare dai toni ampiamente realistici, con una storia colma di elementi mistico/spirituali tipici dell'estremo oriente.

L'anime è ambientato grossomodo ai giorni nostri, e l'azione si svolge prevalentemente in Giappone, eccezion fatta per il primo arco narrativo. (non è il termine più appropriato, ma spiegherò dopo il motivo di tale scelta)
Dopo un primo episodio che contestualizza l'anime, dando un'idea della sua componente mistica e mostrandoci i due personaggi principali, Gowa Yuushiro e Miharu, l'azione si sposta ben presto in Belgistan, un fittizio stato mediorientale governato da una dittatura militare (sulla falsariga dell'Iraq pre-11 settembre). Un misterioso e preoccupante incidente ha attirato l'attenzione dell'occidente, insieme alle sue armate. (dato che è ancora presente l'interventismo statunitense del XX secolo)
Ben presto, a causa dell'insospettabile efficienza dell'esercito nemico, viene approvato l'utilizzo di una piccola squadra di TA (Tactical Armor, i mecha di questa serie) facente parte della forza di autodifesa giapponese.
La storia, che inizia ricordando la prima guerra del golfo, acquisterà quindi sempre maggior complessità, che va dalla presenza di una misteriosa organizzazione con fini ignoti ma opposti a quelli della famiglia Gowa, fino all'affondare le sue radici nel Giappone medievale, patria di misteriosi sacerdoti, i Kai, fondamentali per il misterioso rituale che porta al Gasaraki.

Un elemento che è chiaro sin dalle prime battute è l'elevatissimo livello di realismo che permea l'opera. I TA sono fra le macchine più verosimili che siano mai state portate sul piccolo schermo. In particolare mi è piaciuto il concetto di pilota come una sorta di "CPU biologica" dell'unità, che permette di giustificare la superiorità dei TA rispetto ai mezzi convenzionali (grazie a uno stretto rapporto uomo-macchina), e introduce un'interessante componente di stress a carico dei conducenti, dovuta ad un'eccessiva stimolazione del loro sistema nervoso.
Anche il comparto personaggi è permeato di realismo, con effetti che però sono meno entusiasmanti. Essi non mancano di sfumature, ma il realismo non permette ad alle loro sfaccettature di emergere in modo degno, causando la mancanza di elementi veramente carismatici (con una notevole eccezione, presente nel filone fantapolitco).

Per quanto riguarda la sua costruzione, Gasaraki presenta un'interessante struttura narrativa, che potrebbe essere comparata alla lettera Y.
Prima ho usato il termine "arco narrativo" pensando proprio a questo: in quest'opera non ci sono archi, tuttavia la trama si sviluppa in modo lineare solo nella prima parte (quella del Belgistan) che nel mio immaginario è la parte inferiore della Y. Superata tale parte, la storia prosegue in due tronconi paralleli, i rami della Y: la prima è la componente mistica, che è maggiormente legata alle vicende personali dei 2 protagonisti. La seconda è la componente fantapolitica, che mostra un Giappone degradato e sull'orlo di una crisi economica, dettata dall'andamento dei mercati mondiali.
Questi 2 rami però non sono divergenti: essi si attorcigliano l'uno attorno all'altro con vari punti di stretto contatto, spesso rappresentati dai due protagonisti, senza però mai convergere in un'unica storia (e in effetti la sottotrama fantapolitica, seppur di poco inferiore alla mistica in termini di importanza e presenza, termina prima).
La mancanza di compenetrazione fra queste due anime potrebbe in effetti far storcere il naso, dato che il peso dei protagonisti nel secondo ramo è molto inferiore, dando così un senso di distacco che potrebbe non essere apprezzato. (Dal mio punto di vista è un difetto abbastanza triviale, ma c'è e non può essere ignorato)

La componente mistica potrebbe portare a qualche paragone con Neon Genesis Evangelion.
Non mi sento di bollare tali paragoni come "sbagliati". Tuttavia mi preme di precisare come le opere siano andate a pescare in due bacini decisamente diversi, per quanto concerne le loro componenti mistico/sovrannaturali. Se da un lato Evangelion prende a piene mani dalla mitologia biblica e cabalistica, dall'altro lato Gasaraki è colmo delle tradizioni orientali e Giapponesi, riuscendone a far percepire in modo concreto gli elementi e i valori, ma rendendolo forse più ostico per un pubblico occidentale.
I temi fantapolitici insiti nell'opera mostrano le attitudini del regista Takahashi ad essere un bravo studente di storia. La crisi economia internazionale dipinta nell'anime è abbastanza verosimile, e i suoi antefatti ricordano molto la grande crisi del 29.
Un altro paragone interessante (che è però frutto di elucubrazioni personali, non sono sicuro se abbia in effetti ispirato la storia) è il parallelismo fra Nishida Hiraku, personaggio che incarna in toto i valori del vecchio Giappone (che permeano anche questo filone), e Lucio Cornelio Silla, che instaurò una breve dittatura durante la crisi della Repubblica Romana, al fine di sradicare la pericolosa perdita di valori nel popolo.
Entrambi i personaggi sono carichi di un enorme senso di responsabilità verso lo stato, ed entrambi sono pronti a gesti estremi pur di correggere una direzione, a loro dire, sbagliata.
Ho particolarmente apprezzato il fatto che le vicende narrate sono talmente verosimili da riscontrare parallelismi con effettivi episodi storici, segno dell'estrema cura adoperata in fase di pianificazione.

Tuttavia non è tutto oro quel che luccica. Infatti, se a livello globale la trama è sopraffina, in fase di sceneggiatura ci sono state delle leggerezze nello sviluppo. Alcune questioni secondarie vengono premiate con eccessivo spazio, togliendone quindi a componenti più importanti.
Questo porta a una certa pesantezza nell'evoluzione della trama, che nella sua parte centrale fatica ad appassionare e mantiene il coinvolgimento.
Takahashi non è nuovo a questi difetti, ma nelle altre sue opere aveva saputo dosare meglio la sua tipica complessità con elementi più action, in grado di controbilanciare la freddezza del realismo.
Inoltre, come già detto, quest'opera non vi lascerà impressi i suoi personaggi.
Questi non sono difetti da poco, e in effetti potrebbero mettere a dura prova l'utente meno incline a riflessioni.

Se la sceneggiatura potrebbe scoraggiare, il comparto tecnico di Gasaraki è invece un elemento di grande impatto, capace di invogliare la visione. L'ottima cura per i dettagli, che ben si sposa con il realismo dell'opera, ha fatto invecchiare quest'anime abbastanza bene. Ovviamente non può essere paragonato con le produzioni attuali, ma difficilmente risentirete dell'impatto causato dal passaggio da opere molto più recenti. Anche il comparto audio fa un egregio lavoro, e le sigle sono una gioia per l'udito.

Ci troviamo dunque di fronte ad un'opera di elevato valore, con un finale che oserei definire addirittura aulico, solenne. Il Gasaraki, entità che viene citata per tutta l'opera, e su cui vengono caricate moltissime aspettative, fortunatamente non delude, e concede spazio a riflessioni sull'opera stessa. Tuttavia ammetto che non tutti gli interrogativi vengono svelati. Alcuni elementi non espressi possono essere intuiti, ma per altri non vi è chiara risposta.

Siamo dunque al cospetto di un'opera con luci ed ombre, dove a mio avviso le prime sovrastano le seconde, tanto da spingermi a dare un voto ampiamente positivo. Il mio non è comunque un 8 pieno, per via dei difetti presenti, ma non è troppo distante, e non me la sento di dare solo 7 a un'opera di tale caratura.


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God87

Episodi visti: 25/25 --- Voto 5
La guerra medio-orientale appena scoppiata fra gli USA e lo stato del Belgistan è l'occasione per i Gowa, potente famiglia giapponese, e la misteriosa organizzazione Symbol, di rifornire i due eserciti con i Tactical Armor, avveniristici robot da guerra da sperimentare nei campi di battaglia. Yushiro e Miharu, leader dei due rispettivi battaglioni, finiscono presto con lo scontrarsi in prima linea, scoprendo di essere indissolubilmente legati da una tragica storia avvenuta secoli prima e legata alle loro misteriose origini di sacerdoti Kai del culto del dio Gasaraki. Mentre cercano di trovare risposte sulla loro identità dovranno stare attenti al fratello maggiore di Yushiro, Kazukiyo, presto capofamiglia dei Gowa, che intende sia sfruttare i poteri sciamanici di Yushiro per non meglio precisati motivi, che allearsi con una fazione rivoluzionaria dell'esercito giapponese interessata a compiere un colpo di stato in patria.

È troppo facile passare per ignoranti stroncando un titolo come Gasaraki, ritenuto dai suoi appassionati e dalla critica come un grandissimo capolavoro degli anni '90, il canto del cigno di uno dei più geniali registi Sunrise, Ryousuke Takahashi. Eppure, nonostante le ripetute visioni un simile cult per coglierne la grandezza, chi scrive non riesce in alcun modo a soprassedere sull'enorme mediocrità del suo script che ne distrugge le ambizioni, anche se si parla di una storia originale diretta con un'autorialità estrema. Inventore, negli anni '80, della serie robotica più politica e filosofica della Storia, Dougram, e della saga Real Robot per antonomasia, Votoms, dopo un decennio di lavori Ryousuke Takahashi è pronto a chiudere definitivamente il cerchio fondendo le due caratteristiche in Gasaraki, che esplori le caratteristiche dei mezzi robotici realistici fino al limite massimo, fino al realismo supremo e insuperabile.

Inizialmente ambientato durante un conflitto militare nel deserto, ispirato fortemente alla Guerra del Golfo (la classica rilettura del regista di scorci di Storia contemporanea), teatro delle prime battaglie, Gasaraki di fatto presenta i robot militari più credibili mai visti in animazione, gli unici che un domani un qualche esercito sarebbe probabilmente in grado di progettare se lo ritenesse utile. Si tratta dei Tactical Armor, armature robotiche bipedi alte due metri e mezzo, equipaggiate con i massimi ritrovati militari (fucili, mitragliatori, missili, radar, occhiali a raggi infrarossi e a rilevazione termica, mirini automatici) e dotate di uno speciale sistema di movimento che permette loro di correre o arrampicarsi sui muri. Macchine da guerra che vantano un aspetto meccanico dal realismo formidabile, merito dell'accuratissimo mecha design del veterano Yutaka Izubuchi e di Shinji Aramaki. Un design realistico e iper-particolareggiato che è ribadito anche nelle figure umane di Shukou Murase, orientaleggiante nei personaggi asiatici e occidentale in quelli americani. L'appeal visivo è carismatico, forte anche di animazioni che, sopratutto nelle scene di azione, denotano una fluidità impressionante e degna dei fasti della migliore Production I.G. Registicamente e narrativamente, però, si parla di un'opera ampiamente controversa, a metà tra un capolavoro di cura o un tedioso, gelido esercizio di stile.

La storia di Gasaraki, per mettere le cose in chiaro, è complessissima, tra le visioni più intellettualmente ostiche di sempre: pur stupendo per il suo originale mescolamento di sapori antichi e moderni (spiritualismo scintioista, crudeli segreti del periodo feudale e minacciosi mostri-oni convivono con avanzatissime tecnologie militari, fluttazioni economiche in borsa, intrighi politici e filosofeggiamenti vari sull'etica dell'uomo e del Giappone), è raccontata nel modo più scomodamente concepibile. Takahashi e lo staff Sunrise tirano fuori un monumento all'austerità tecnica e narrativa, la cui aridità è uguagliata solo da certe pellicole di Lynch e Oshii: Gasaraki è diretto in modo lento, lentissimo, con pochissima musica, lunghe e meticolose sequenze dialogiche, prolungati silenzi, semplici effetti sonori ambientali, inquadrature immobili... Si può parlare tranquillamente di un monologo, di una storia mostrata e non raccontata, imperturbabile come un documentario. Gasaraki segna il punto di arrivo della filosofia takahashiana, ma non si capisce se di evoluzione o involuzione si tratta: se nelle grandi opere degli anni '80 il regista parla degli stessi argomenti in modo avvincente, sul finire del millennio sembra essersi dimenticato come intrattenere lo spettatore. La sua cura estrema nelle interazioni tra personaggi e background politici/militari danno una così fedele rappresentazione della realtà da rendere come lei freddi e impersonali gli attori, spesso mere presenze sullo sfondo. Il realismo sovrasta tutto uccidendo il coinvolgimento e il senso di meraviglia. Impossibile affezionarsi ai protagonisti di Gasaraki perché questi sono tutti, nessuno escluso, dei perfetti ghiaccioli. Takahashi raggiunge una raffinatezza espositiva enorme, sicuramente post-moderna, ma per chi scrive è davvero difficile decretare se questa "evoluzione" si possa conciliare con il concetto di intrattenimento.

Ancora di salvezza nel "mortorio" è sicuramente la cura suprema in aspetto visivo e animazioni, merito di un comparto tecnico da paura. Le movenze di attrezzature tecnologiche e personaggi, unite alla già citata, strabiliante cura grafica, portano a sequenze registiche di fortissimo impatto cinematografico, splendenti nelle scene d'azione che hanno per protagonisti i TA o i mostruosi Kugai, emanazioni di Gasaraki. Non è indifferente neanche la vice-regia di Goro Taniguchi, ancora in attesa di debutto come regista titolare in una serie televisiva, il cui contributo si vede sopratutto nel continuo rimaneggiamento di immagini nella meravigliosa opening Message #9, brano trip hop da voci e sonorità ancestrali perfettamente azzeccate con le atmosfere mistiche. Sunrise, insomma, confeziona il suo consueto "kolossal" televisivo. Peccato come, anche soppesando pro e contro, il risultato finale non sia sufficiente: pur autoriale fino allo stremo, Gasaraki è scritto indiscutibilmente male. I due sceneggiatori, Toru Nozaki e Chiaki J. Konaka, oltre a non fornire la minima carica emozionale ai personaggi, oltre a non rendere piacevole la visione, non riescono neppure a rendere chiara la storia: a fine visione rimangono tanti punti interrogativi, sia perché la materia è così complessa che spesso chiavi importanti alla comprensione sono contenute in mezze frasi perse nell'oceano dei dialoghi e mai più riprese, e sia perché spazio non indifferente della storia è occupato da riempitivi (almeno 7/8 puntate, comprensive della fuga nel bosco, del TA "posseduto" e l'avventura nei bassifondi del Kansai) che rubano spazio prezioso alle spiegazioni. Si arriva così in fondo con l'insoddisfatta sensazione di aver perso per strada pezzi importanti della trama: sicuramente può c'entrare la disattenzione del momento verso qualche dialogo importante (tutti fondamentali, caldamente raccomandato l'uso del backward, guai ad assistere passivamente), ma rimane assurdo che questioni tanto importanti siano citate giusto una volta poi abbandonate per strada, come fossero già date per assimilate. Aggiungiamo infine come, per chi scrive, nella sua interezza e complessità il soggetto di Gasaraki non è comunque nulla di davvvero fondamentale.

Tirando le somme, per uno degli ultimi veri cult di Ryousuke Takahashi, l'aggettivo "avveniristico" è indubbiamente meritato, e questo è un oggettivo punto a suo favore. Un giorno, forse, critica e pubblico definiranno addirittura epocale uno stile di racconto così impostato. Il problema è semplicemente che, punto di arrivo o meno del Real Robot, monumento fondamentale o meno a una vocazione "totalitaria" al realismo, Gasaraki non è MAI, neppure per un momento, un piacere da guardare, mal sceneggiato e con una storia non lascerà il segno. Non giustifica una simile sofferenza da parte dello spettatore.

Ludi

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Ludi

Episodi visti: 25/25 --- Voto 8
Serie sorprendente ed originale nel contaminare i più classici topoi del genere mecha con un nucleo centrale della trama basato sulla cultura classica giapponese, dal teatro No a Yukio Mishima. Il risultato è godibile, spesso entusiasmante, a volte però decisamente prolisso e poco chiaro. Il finale, ad esempio, non convince per tutto, e appare irrisolto e sbrigativo. Ciò nonostante, Gasaraki è un'opera decisamente interessante, anche se resta il rammarico per quello che avrebbe potuto diventare. Un plauso per la musica della sigla iniziale.


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Nae

Episodi visti: 25/25 --- Voto 7
Guerra, tradizione, tecnologia e una sorta di misticismo paranormale: in Gasaraki c'è tutto questo e non è facile da digerire, visto che sono 25 episodi pesanti, che obbligano a una visione attenta e analitica della situazione in svolgimento, affinché si possa capire per davvero la trama e i suoi risvolti.
La storia di quest'anime si dispiega nella progressione, non proprio lineare (ci sono tanti giochi politici intricati dietro), di una guerra dove misteriosi mercenari mostrano di possedere armi tecnologicamente troppo avanzate. In questa viene quindi coinvolta la Gowa Co., affinché apporti i TA (tactical armor, una specie di mobile suit per gli scontri terrestri, ottimali per incursioni urbane) in battaglia, sebbene siano ancora armi sperimentali.

Man mano che le vicende e gli scontri procedono si scopre come la Gowa abbia radici profonde nel governo e come sia in grado d'influire sulle sue decisioni politiche; inoltre conosciamo via via Yushiro e Miharu, i due protagonisti posti su fronti contrapposti, ne vediamo i risvolti psicologici e il confronto di idee, nel loro speciale legame mentale, in raffronto al misterioso potere evocato dai membri della Gowa tramite il teatro noh.
Va detto che purtroppo, per quanto affascinante possa sembrare detto così, il tutto risulta terribilmente "pesante". Non so come rendere la sensazione a parole senza che questa pesantezza risulti solo negativa, perché non è solo negativa, ha anche un suo valore questo peso di fondo. Il fatto è che Gasaraki non ha una progressione fluida; la storia ha una sua solidità, ma è complicata, si fa fatica a seguirla anche quando si sta veramente attenti e non tutte le decisioni prese dai personaggi sono chiare. Gli stessi Yushiro e Miharu sono enigmi non ben risolti, nemmeno entro la fine dell'anime, e le domande rimaste in sospeso, quando si arriva alla beneamata fine, purtroppo sono tante. Fine che ha sì un suo perché, ha coerenza con la situazione e con la caratterizzazione dei personaggi, ma è anche un bel punto interrogativo per alcuni risvolti.

Per essere un anime del '98, Gasaraki è ben realizzato graficamente. I mecha non sono inguardabili, sono solo "grezzi" per i tempi attuali, ma hanno una loro dignità e il fatto che non siano elaborati e sgargianti aiuta a rendere l'idea di guerriglia che portano con loro. Le musiche sono ottime, a mio avviso, perfettamente fuse con la trama, e l'opening e l'ending sono molto carine.
Do un 7 e non di più perché effettivamente non si sta parlando degli anni '80, il '98 non è il millennio scorso, siamo comunque post Evangelion, quindi la rivoluzione c'è già stata, e la trama la si poteva amalgamare meglio senza uccidere i neuroni di chi guarda e imporre l'attenzione che verrebbe richiesta da una lezione di bioinformatica.

travellerKino

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travellerKino

Episodi visti: 25/25 --- Voto 8
Belgistan, medioriente, un nuovo fronte di guerra si apre tra il governo locale e le forze delle Nazioni Unite. Il primo contingente militare, inviato dalla NATO per sedare la rivolta, viene duramente sconfitto grazie all'impiego di truppe mercenarie dotate di armi tecnologicamente avanzate finora sconosciute. L'inaspettata disfatta degli alleati spinge il governo giapponese ad impiegare sul campo il Tactical Armor, un mezzo d'assalto particolarmente adatto alla guerriglia urbana, ancora sperimentale sviluppato segretamente dalla Gowa Corporation. Il potere di questa misteriosa multinazionale sembra non avere limiti, tanto da riuscire a manovrare il governo a proprio piacimento: la guerra in Belgistan infatti non è altro che un pretesto per testare sul campo le reali capacità dei TA.
Gasaraki è certamente una serie dall'approccio difficile, la trama seppur ben congegnata è piuttosto impegnativa e non consente assolutamente una visione distratta degli episodi, sempre ricchi di avvenimenti e colpi di scena. Tuttavia il realismo con cui viene sviluppata dall'abile regia di R.Takahashy (classe 1943) è sorprendente e in alcuni casi tragicamente profetico (considerando che la serie è del'98). Perfino le estrose e visionarie trovate di Toru Nozaki vengono perfettamente integrate nella trama e rese verosimili dalla mediazione dell'aiuto regista Goro Taniguchi.
Il mecha è un vero e proprio scontro tra furor e ratio squadrato e realistico quello di Izubuchi asimmetrico e surreale quello di Shinji Aramaki, in perfetta sintonia con il tema portante della serie ovvero lo scontro tra progresso tecnologico e radici culturali.
Bellissimi i riferimenti al teatro Nho e le citazioni storiche, rendono ancora più affascinante l'atmosfera evocativa della serie.
La storia d'amore tipicamente giapponese tra Yushiro e Miharu sembra uscita dal Genji Monogatari e riesce ad essere molto coinvolgente senza sfociare in patetici sentimentalismi.
Il finale psichedelico alla 2001 odissea nello spazio è quasi una risposta a Neon Genesis Evangelion, i due protagonisti infatti pur di spezzare il circolo tantrico che li teneva soggiogati e salvare i propri legami affettivi scelgono la semplicità e la mediocrità di una vita normalissima.

Dalla notte dei tempi l'oscuro e tenebroso abisso sotto di noi è spazzato dal vento. Sull'eco gorgogliante delle acque la danza di iniziazione cominci.