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bob71

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Dopo Il sapore del riso al tè verde (Ochazuke no aji, 1952) opera su una crisi coniugale, di cui aveva scritto una prima sceneggiatura già nel 1939, Yasujiro Ozu gira il film da molti considerato il suo capolavoro: Viaggio a Tokyo (Tokyo monogatari, 1953), ritenuto tra i più alti esempi di cinema a livello mondiale. Una coppia di anziani vive a Onomichi, paese di provincia nel sud del Giappone. Un giorno intraprende un viaggio verso Tokyo per andare a trovare due figli che vivono lì con le rispettive famiglie, ma il loro entusiasmo è smorzato dalla frenetica vita dei figli, troppo presi dal lavoro per potersi occupare di loro. La più disponibile è Noriko, vedova del loro terzo figlio caduto durante la guerra. Di ritorno a casa, la vecchia madre si ammala e muore e durante il funerale emergeranno piccoli dissapori e fraintendimenti per la diversa sensibilità dei vari fratelli e sorelle. La storia ha un incedere calmo e riflessivo, lascia affiorare in modo del tutto naturale, quasi spontaneo e senza la minima forzatura, il gap generazionale tra i personaggi e i tempi che cambiano. Alla base vi è un’apparente semplicità in cui emerge il certosino lavoro intellettuale del regista/sceneggiatore: le inquadrature, i paesaggi, la recitazione "trattenuta" degli attori, tutto viene dosato sapientemente da Ozu per far immedesimare il suo pubblico. Da questo punto di vista è forse vero che Ozu era il più giapponese tra i registi giapponesi, e si può temere che un pubblico occidentale possa trascurare alcuni particolari che invece a quello nipponico svelano interi immaginari. Mancano quasi del tutto i movimenti di macchina e l'omogeneità visiva aiuta a cogliere l'armonia interna del racconto, il contrasto tra l'antico e il moderno, e le sfumature psicologiche dei personaggi. Lucida e distaccata la descrizione di come la struttura familiare tipica giapponese vada disgregandosi, senza dimostrare alcuna empatia né per il vecchio né per il nuovo. Nel 2013, Yōji Yamada, già assistente di Ozu, dirigerà Tokyo Family (Tōkyō kazoku), remake ambientato nel Giappone contemporaneo, mentre il regista tedesco Wim Wenders esplorerà il mondo di Ozu nel film documentario Tokyo-Ga, con le testimonianze di Ryū Chishū e Atsu Yuharu.

"Ho provato a dipingere la disgregazione del sistema famigliare in Giappone attraverso l'evoluzione dei rapporti tra genitori e figli nel corso del tempo" Yasijiro Ozu.


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Giona

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
"Viaggio a Tokyo" (in originale "Tokyo Monogatari", letteralmente "Storia di Tokyo") è un film giapponese del 1953 diretto da Yasujiro Ozu, uno dei registi più rappresentativi del cinema nipponico della prima parte del XX secolo.

I protagonisti, Shukichi e Tomi, sono una coppia di anziani che vive in una cittadina della parte occidentale dell'isola di Honshu. Essi hanno quattro figli: il medico Koichi e la parrucchiera Shige, che vivono a Tokyo, il ferroviere Keizo, che vive a Osaka, e l'ultimogenita Kyoko, che abita ancora con i genitori. A Tokyo abita anche Noriko, vedova di un altro figlio caduto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Un'estate, la coppia decide di andare a Tokyo a far visita ai figli che abitano là: hanno in programma di soggiornarvi a lungo per godere della compagnia dei figli, ma dopo qualche giorno questo viene vissuto da loro esclusivamente come un disturbo, al punto da dirottare i genitori in una stazione termale pagando il viaggio e le spese di soggiorno. Malgrado l'amenità del luogo, i due vecchietti si sentono fuori posto e vivono la cosa quasi come un'umiliazione, filandosela a casa alla chetichella, dove avviene un fatto imprevisto.

"Viaggio a Tokyo" è probabilmente uno dei film più intensi sul rapporto tra genitori e figli, visti anche come simboli di epoche diverse: i vecchi, come esponenti di una società ancora in massima parte agricola, in cui le tradizioni e la pietà filiale sono visti come valori irrinunciabili; i giovani, come simbolo del nuovo Giappone che voleva lasciarsi alle spalle le brutture della guerra e che si stava avviando verso un'impetuosa crescita economica e il benessere. Per questo, non è un caso che la persona con cui i due anziani si trovano meglio non faccia parte della loro prole, ma sia la vedova del figlio morto, restia a riaccasarsi malgrado sia ancora attraente e gli spasimanti non le manchino (e i suoceri la spingono proprio in tale direzione), in quanto si sente ancora legatissima al marito e quindi anche al passato prebellico.

Dal punto di vista formale si notano alcune scelte stilistiche ben precise da parte del regista, come le inquadrature fisse con la cinepresa quasi mai in movimento, cosa che ricorda un'esperienza di visione teatrale.