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Chi ha detto che la cultura non può essere diffusa attraverso un fumetto o che il fumetto non può essere di per sé cultura, ignora l'esistenza di Saint Seiya, capolavoro di Masami Kurumada, conosciuto e apprezzato in Italia con il nome di "I Cavalieri delle Zodiaco", uno shonen di stampo classico datato 1986.
Saint Seiya è un eccezionale veicolo di trasmissione culturale, mitologica, religiosa e filosofica, che, negli anni di maggior successo, si immetteva prepotentemente nel movimento della globalizzazione. Così, se da un lato ha diffuso in Occidente diverse nozioni indo-buddhiste, ha anche portato in Oriente rilevanti riferimenti danteschi e mitologici. Ed è proprio alla mitologia che Kurumada strizza l'occhio, scegliendo lo scenario greco quale incipit della sua storia.

Seiya, Hyoga, Shiryu, Shun e Ikki, protagonisti indiscussi del manga, in seguito ad uno sfibrante allenamento ottengono l’investitura a Saints, i leggendari guerrieri della dea Atena, chiamati a difendere in suo nome la pace sulla Terra. Il loro potere scaturisce dalla consapevolezza di come il proprio microcosmo interiore possa riflettere la struttura dell’universo e possa esprimere la stessa, immensa energia del big-bang. Energia convertita in potenti onde energetiche e raffiche di pugni e calci attraverso l'armatura, che assume, così, una duplice funzione. Se da un lato ha la finalità di convogliare l'energia dei Saints in colpi concreti, svolge anche un'indispensabile funzione difensiva. Senza di essa la morte è assicurata. I cinque protagonisti hanno raggiunto solo il grado d’investitura più basso, ossia il titolo di Bronze Saints. Ma questo non impedirà loro di affrontare i guerrieri più tenaci e abili, nemici della giustizia e della Dea Atena. Un'innata caparbietà e un totale disprezzo per la morte porterà i cinque Saints a scontrarsi, addirittura, con i Gold Saints, dotati della potenza dalle dodici costellazioni zodiacali e in grado di muoversi alla velocità della luce. Ma nulla può fermare i protagonisti di tale manga quando in ballo c'è il destino della Terra.

Come già detto, Saint Seiya è quello che gli americani chiamano "melting pop", ossia la perfetta convivenza di svariati elementi appartenenti a culture diverse. Appaiono evidenti, come già detto, i continui riferimenti mitologici. La cultura ellenica non si limita, però, al semplice ruolo di senario della narrazione ma va oltre, assumendo un ruolo di prim'ordine. Secondo la mitologia greca Zeus, dopo aver ucciso il padre Crono e liberato i fratelli Ade e Nettuno, divise con loro il dominio del mondo. Egli governò i cieli e la terra, Ade l'aldilà e Nettuno i sette mari. Da tale richiamo storico Kurumada forgia le tre saghe che compongono l'intera storia di Saint Seiya. Accanto alla modernizzazione della millenaria storia greca, Kurumada effettua anche un complicato processo di unione di elementi buddisti e danteschi. Un esempio di come Saint Seiya sia specchio fedele di tradizioni buddhiste è dato dal primo, grande avversario che i Cavalieri devono affrontare: Saga. Il Gold Saint dei Gemelli, infatti, non è un semplice antagonista, ma un nemico interno; il nemico tipico della religione buddista, che tenta e corrompere dall'interno. Ma è forse il Gold Saint Shaka il vero compendio della filosofia buddhista. Già alla sua prima presenza, infatti, ci viene presentato come il bambino che nasce da un fiore di loto come reincarnazione del Buddha. Per di più, è l'unico a possedere l'ottavo senso, ovvero l'innata capacità di essere consapevoli di appartenere al tutto e di coincidere con esso. Proprio tale caratteristica rende Shaka l'"uomo più vicino a Dio". Se le prime due saghe sono interamente dominate da allusioni e rimandi greci e buddisti, è nella terza, ed ultima saga, che Kurumada celebra la figura di Dante e del suo mondo, facendo muovere i Saint nel percorso infernale da lui creato. La descrizione dei luoghi visitati dai Saints ricalca la narrazione dantesca. Si va, così, dalla drammatica frase "Lasciate ogni speranza voi ch’entrate" scolpita sulla porta d'ingresso del reggono demoniaco, alla trattazione della sofferenza degli ignavi; dal fiume Acheronte, con tanto di traghettatore, al cane Cerbero; passando per il Cocito e la Giudecca dimora del signore del mondo infernale.

Particolare è il discorso grafico. Se Kurumada, infatti, cura minuziosamente i primi piani e i paesaggi, chiaro esempio ci viene offerto dalle rappresentazioni dei luoghi danteschi, tralascia spesso gli elementi secondari. Basti vedere le varie vignette dove i Saints sono circondati da una moltitudine di nemici: le loro facce sono spesso sproporzionate o deformate e assumono un tono tipico dei manga demenziali. Ma Kurumada è famoso per la statuarietà che riesce a immettere nei Saints, che ricordano le scultoree statue greche. Particolare è anche la rappresentazione delle scene di lotta. Nel manga non troveremo mai dei colpi diretti che sbattono sul corpo dell'avversario, ma tavole nelle quali il colpo è già stato sferrato e il nemico o il Saints di turno che vola via in fin di vita.

In definitiva Saint Seiya può definirsi un manga unico nel suo genere, in grado di unire all'azione la cultura antica e la riflessione filosofica/religiosa. Proprio per questo deve essere una di quelle serie che non devono mancare nella collezione di un vero appassionato di manga.