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6.0/10
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C'era un tempo in cui "Devilman" non esisteva ancora e un giovane e particolarmente indiavolato Go Nagai scriveva un'opera sconvolgente, nera e cruda: "Mao Dante".
Un'opera sì controversa, affascinante, unica nel panorama del 1971 e per certi versi pure in quello attuale per la sua essenza anticonvenzionale e (senza esagerare) blasfema, dove gli eventi portano a sovvertire i ruoli di buoni e cattivi e dove una setta satanica e la stirpe demoniaca diventano veri eroi della vicenda, ma macchiata a sua volta dall'insanabile difetto di non essere mai stata completata, bloccandosi con un tremendo cliffhanger che sarebbe stato destinato a non vedere mai il proprio scioglimento. O almeno così si credeva, poiché la storia del Signore dei Demoni Dante vedrà la propria conclusione ben due volte in due media differenti nel solo 2002 (se non si conta "Devilman" stesso, remake totale di "Mao Dante" per premesse e svolgimento): "Shin Mao Dante", rifacimento manga di Go Nagai, e "Mao Dante" in forma animata, quest'ultima soggetto della nostra analisi.

E, partendo subito dai pregi dell'opera, essa fa esattamente quello che aveva il compito di fare. In tredici puntate, non solo la vicenda intera è costellata di ampliamenti e piccole revisioni narrative che contribuiscono a rimpolpare ulteriormente la carica emotiva e blasfema dell'opera (come ad esempio l'amore quasi incestuoso tra Ryo e sua sorella Saori), non andando mai a snaturarne l'identità, ma presenta inoltre un vero finale, una conclusione splendida dell'opera che spinge le trovate originali del manga di Nagai verso nuovi lidi, senza dilungarsi troppo in vicende inutili e dando il giusto spazio a tutti i membri del cast. E, a proposito del cast, ottimo il lavoro svolto oltre che sui protagonisti anche sui personaggi secondari: il rapporto tra Ryo e Saori resta molto ambiguo dall'inizio alla fine, e le personalità dei vari comprimari sulla scena non sono quasi mai macchiettistiche, ma anche al netto di uno screentime spesso non abbondante riescono a ritagliarsi il loro meritato spazio nell'economia delle vicende. In generale, l'aura di mistero che si respira è appagante e non scade mai in momenti involontariamente tragicomici o poco chiari (o quasi, le cadute di stile sono poche, ma ci sono).

Sembra tutto bello e riuscito, ma purtroppo non ogni cosa è andata per il verso giusto durante la realizzazione della serie, e chiunque con due occhi debolmente funzionanti se ne dovrebbe accorgere: il comparto tecnico fa bruciare le cornee. Non penso che ci siano altre parole per descriverlo, se non terrificante o una vera schifezza, talmente tragico in tutte le sue forme, da compromettere la valutazione totale dell'opera: inesistenti e riciclate ad oltranza le animazioni, appena guardabili forse in due o tre momenti nell'arco dell'intera serie (su tutti il terzo episodio, l'unico ad avere una realizzazione forse appena sufficiente in tale ambito), e di conseguenza ne risente anche la regia di Maejima, che, sebbene cerchi di mascherare tali mancanze con alcune trovate interessanti, non può certamente fare miracoli, e infine catastrofica la CGi, non solo degna dei peggiori titoli dell'epoca PS1 ma anche totalmente fuori luogo quando viene usata (per fare degli esempi, il fuoco della sigla di apertura o i blocchi di ghiaccio che cadono durante il risveglio di Dante). Completa il quadretto tragicomico la censura sul gore, spesso e volentieri realizzata con una fastidiosa oscurazione delle parti incriminate, e "Mao Dante" si guadagna la Palma d'Oro di Peggior Comparto Tecnico degli anni 2000.
Su un'altra lunghezza d'onda, almeno parzialmente, viaggia il comparto audio, caratterizzato da motivetti carini, ma che non riescono spesso a sottolineare a dovere il momento, una bella opening, una splendida ending e degli effetti sonori degni di un anime dei primi anni '70 (sarà questa una citazione al "Devilman" animato?), a volte talmente fuori posto, da suscitare una smorfia di riso in mezzo alle atmosfere truci dell'opera. Menzione d'onore invece all'adattamento italiano, che fa uso di voci ben calate nella loro parte.

Con un po' di budget e cura nel comparto audiovisivo in più ci troveremmo di fronte a un cult nero come la pece, come furono gli OVA di "Devilman" a fine anni '80, invece ci troviamo di fronte a un'opera purtroppo appena sufficiente, intrigante e ottimamente riuscita nei suoi risvolti narrativi, ma minata da un comparto tecnico veramente risibile. Cionondimeno, è vivamente consigliata a chiunque abbia un minimo di pelo sullo stomaco.