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9.5/10
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Fujimoto ha spesso descritto "Chainsaw man" come un mix tra il manga "Abara" (manga di Tsutomu Nihei) e il folle anime "Gainax FLCL", io personalmente mi spingerei oltre e non mi vergognerei a definire "Chainsaw man" una moderna e pulp reincarnazione di "Devilman" il capolavoro di Go Nagai, ovviamente con tutto il dovuto rispetto a quest’ultimo. "Chainsaw man" ne incarna molto la volontà, ma in tempi più moderni e ovviamente diversi.

Ambientato in mondo simile al nostro (ma con delle differenze che verranno spiegate come la presenza dell’unione sovietica) in cui le paure delle persone prendono forma di diavoli la cui forza è maggiore più è grande la paura di cui portano il nome, racconta la storia dell’orfano Denji del suo rapporto con il piccolo diavolo Pochita e gli eventi che lo porteranno ad entrare nella divisione della Pubblica Sicurezza antidiavoli e a sviluppare un legame con diversi personaggi.
Se la premessa e il primo arco hanno una natura molto classica che quasi rientra nei canoni più standard del battle shonen, d'altronde abbiamo un personaggio in grado di trasformarsi per combattere i demoni niente di nuovo insomma, presto però Fujimoto imbarca i personaggi e il lettore in un rollercoaster di eventi a cui ha tagliato i freni (soprattutto da dopo il capitolo 40).

La caratteristica principale del manga è saper creare un incredibile mix di generi: horror, slice of life, romantico, surreale... dallo psicologico al battle più puro. La trama che non lascia il tempo di respirare è pura adrenalina, il sangue presto scorre anche sui personaggi che meno ti aspetteresti, quel che ha Fujimoto rispetto a molti mangaka è un grande coraggio evitando di mettere i personaggi, anche i più popolari, su un piedistallo o in una plot armor. Le morti si alternano tra significative e commuoventi a quelle meno importanti spesso anche comiche o addirittura quasi “meme”, ma sempre in grado di lasciare un segno grazie alla grande capacità registica del mangaka nell’eseguire le scene.
Una sensazione di follia controllata permane per tutto il manga, la narrazione non scorre mai nel mondo in cui il lettore si aspetterebbe e la capacità dell’autore nel sovvertire ogni aspettativa è senza fine (la “porta” di Denji ne è un grande esempio)... Proprio questa narrazione non risulterà semplice per tutti i lettori, la maggior parte dei manga soprattutto di questo target e genere tendono a imboccare costantemente il lettore con informazioni specialmente tramite personaggi o digressioni che spiegano di continuo quel che sta accadendo e come funzionano le cose o perché gli personaggi agiscono in un determinato modo, "Chainsaw man" getta via tutte queste forzature, il lettore è come uno spettatore seduto al cinema e gli eventi scorrono senza fermarsi e senza respiro ma le informazioni sono tutte lì nel sottotesto, nel paneling, nel simbolismo e nei dialoghi pieni di sottintesi e informazioni nascoste o semplicemente nelle azioni e anche solo gli sguardi dei personaggi. Il mangaka preferisce non prendere per mano i lettori, ma invece li invoglia ad unire i puntini tra loro, gli indizi e le spiegazioni sono tutti lì nelle scene e nei dialoghi dei personaggi, anche le cose volutamente assenti nel mondo in cui è ambientata l’opera hanno in realtà un preciso motivo ed importanza e soprattutto sono importantissimi i contratti stretti con i diavoli che muovono molte delle azioni e degli scopi dei personaggi. Proprio per questo l’opera richiede al lettore di rileggersi più volte gli archi narrativi, in particolare quelli nella seconda metà dell’opera, soprattutto dopo la loro conclusione per riuscire a capirne a pieno l’ottima costruzione. Ovviamente questo stile può piacere o meno e forse lasciare anche qualche lettore spiazzato e magari giustamente confuso, ma senza dubbio risulta perlomeno fresco in settore saturo da stili narrativi ormai fin troppo abusati e forzati.

Ovviamente le battaglie molto violente ed esagerate rappresentano una grossa parte del manga ma se dovessi pensare qual è il tema principale di questo manga probabilmente direi la difficile ricerca di uno scopo ma soprattutto un vero legame con qualcuno e nella capacità in alcune persone dal forte carisma di imporsi psicologicamente sulle altre.
Infatti nella storia non mancano anche attimi di vita quotidiana e momenti con una forte carica emotiva e psicologica o anche commuoventi, spesso permeati da un grande simbolismo e metafore visive estremamente calzanti e d’impatto, mai banali.
Come non mancano momenti fortemente comici e esilaranti, spesso incentrate su uno humor decisamente nero o non-sense.

I personaggi sono folli come lo è la storia, ma nonostante tutto riescono a risultare concreti e reali, molti sono sacrificabili, ma hanno comunque un loro ruolo nelle vicende e la maggior parte di essi ha sempre una crescita che li porta ad acquisire maggiore spessore emotivo. Soprattutto vanno fatti i complimenti alla forte presenza di personaggi femminili di grande spessore e carattere, in un mondo di battle shonen in cui la maggior parte dei personaggi femminili è di supporto o utilizzati per il fanservice Fujimoto invece le mette senza esitazione al centro totale delle vicende e dei combattimenti più brutali. Esempio più lampante è ovviamente Makima, figura misteriosa e centrale dell’opera, riesce ad essere spaventosa e bellissima, dominante e sensuale senza mostrare un centimetro di pelle e stando sempre in giacca e cravatta. Senza alcun dubbio uno dei migliori personaggi femminili che mi sia mai capitato di leggere.
In contrasto con queste figure abbiamo invece il nostro protagonista Denji, semplice per niente arguto, privo di istruzione e per questo facilmente manipolabile (soprattutto dal gentil sesso con cui per tutta la vita non ha mai avuto contatti). Sicuramente un protagonista atipico in confronto il classico battle shonen, ha sempre avuto una vita miserabile e proprio per questo i suoi sogni sono semplici ma allo stesso tempo più reali e concreti... non vuole essere un re, dominare o essere il migliore in qualche cosa, i suoi sogni sono “reali”: una ragazza, il sesso, del buon cibo, un letto comodo, dei videogame. Non farà mai la morale agli altri, è un ragazzino che non ha mai avuto affetto da nessuno e questo lo porta ad affezionarsi a qualsiasi persona che gli dà una “carezza” e da mangiare (come un cane). Ma gli eventi lo porteranno comunque a una crescita passando da persona egoista e apatica incapace di provare empatica ad essere una persona a cui importa di chi considera la sua famiglia, sempre però rimanendo molto onesto con se stesso.

Discorso a parte va fatto per quanto riguarda il disegno, ho letto molte critiche ma c’è un motivo se il manga sotto questo punto di vista è invece molto elogiato da critici e mangaka in Giappone. Lo stile sicuramente risulta spesso grezzo o sporco (ma adatto all'opera) soprattutto nelle vignette più piccole, ma tutto questo è largamente compensato da una composizione eccezionale delle tavole, coreografie fantastiche e da una regia ottima spesso definita “cinematografica”, il mangaka cerca di ricreare il ritmo e il lavoro di camera dei film sia nei combattimenti che nei momenti più calmi. Ma soprattutto ogni combattimento è impreziosito da un paneling estremamente creativo. Le scene, soprattutto durante le battaglie, hanno un grandissimo dinamismo e sono piene di idee e trovate, si hanno paneling in cui le vignette sono divise o le tavole incorniciate dalle braccia o budella di chi sta combattendo mortalmente, attacchi e poteri dei diavoli esterne agisco dall’esterno del contorno della vignetta (a rappresentare il loro agire da una differente dimensione), vignette che si sovrappongono, corpi tagliati vengono usati per dare profondità di campo alle scene, le stesse onomatopee vengo usate per delineare molte vignette (ad esempio c’è una scena in cui un personaggio usa un attacco di fuoco e l’onomatopea delle fiamme viene usata sia per rappresentare l’attacco ma anche per creare la divisione in vignette della tavola stessa). Questi sono solo alcuni esempi delle creatività registica del mangaka che in questo modo riesce a rendere la resa degli scontri sempre originale e anche divertente da leggere.
Un ulteriore apprezzamento va mosso al character design dei diavoli, il mangaka crea un immaginario incredibile, spaventoso e spesso capace davvero di lasciare a bocca aperta (anche chi la pensa diversamente sono convinto si ricrederà completamente arrivando a leggere il capitolo 64) i Diavoli e Majin sono spesso raccapriccianti e ricoperti da una aura di insanità, interessanti e sempre capaci a pieno di rappresentare in modo quasi mai scontato la Paura che impersonificano.

Voglio fare anche un discorso dedicato alle numerose citazioni ad altre opere presenti nel manga, Fujimoto è un gran fruitore di manga e film come spesso si può evincere dai suoi commenti su shonen jump in cui spesso e volentieri consiglia opere varie. All’interno dell’opera infatti non mancano numerosissime citazioni in grado di far felice i lettori più navigati. Come già detto il manga è fortemente ispirato a "FLCL" e "Abara" (anche per questo noterete anche notevoli somiglianze con "Dorohedoro" dato che l’autrice Q-Hayashida era assistente di NIhei proprio su "Abara") ma quella è solo la punta dell’iceberg... nel manga ci sono molte alte altre citazioni, per citarne alcune abbiamo: "Gyo" di Junji Ito, "Un Chien Andalou", "Hunter x hunter", "The Raid", "Sharknado", "Devilman", "Jinroh", "Enomoto", "l’Immortale", "Emanon", "Mawaru-Penguindrum" o anche ad opere d’arte come “la caduta di Lucifero” ... lo scontro finale del manga ad esempio è una grande citazione ad Araragi vs Kiss-shot in "Kizumonogatari". Questa grande passione del mangaka per i manga, il cinema ed opere decisamente particolari si riflette bene nel suo manga e hanno decisamente contribuito a creare questa opera.

Se si vuole trovare un difetto all’opera, oltre che l’inizio forse un po’ sottotono dei primissimi volumi (soprattutto se messi in confronto con i successivi), lo si può trovare su alcune questioni che alla fine dell’opera rimangono decisamente nebulose, cosa che potrebbe lasciare insoddisfatto qualche lettore, in modo particolare quelle legate al gun devil che sembra avere una funzione più che altro di MacGuffin all’interno della storia. Ma dato che questa è solo la prima parte della storia niente vieta all’autore di dare a queste cose un maggiore approfondimento nel futuro proseguo dell’opera.
Tutto questo ad ogni modo non va ad inficiare sul finale di questa prima parte, in quanto gli eventi al centro della storia legati a Makima, Denji e la divisione della Pubblica Sicurezza vanno a concludersi in maniera estremamente soddisfacente e per nulla scontata, proseguendo in un capitolo finale che fa più che altro da prologo alla parte 2 e che per certi versi mi ha ricordato il finale de "L’Immortale".

Concludendo non ho problemi ad usare il termine capolavoro per definire questo manga all'interno del suo genere, unico e con un ritmo narrativo estremamente serrato che non perde tempo, un'esperienza quasi cinematografica capace a pieno di sovvertire e ribaltare ogni aspettativa nella mente del lettore, ma che richiede anche una certa pazienza e una attenta lettura per poterne apprezzare a pieno tutto il suo valore, sfumature e creatività.