Serial Experiments Lain
"Serial Experiments Lain" è una serie del 1998, nota a molti per le sue atmosfere ansiogene e la propensione a interrogarsi sul significato della vita e sull'influenza della tecnologia nel nostro modo di rapportarci con il mondo.
La storia narra di Lain Iwakura, una quattordicenne introversa, a tratti apatica, che conduce una vita apparentemente banale, fino a quando non riceve una strana email da parte di Chisa Yomoda, una compagna di scuola morta suicida. Da quel momento, Lain inizia a interessarsi al mondo del "Wired", una sorta di Internet futuristico. Con il susseguirsi degli episodi, Lain appare sempre più confusa riguardo alla sua identità, e il confine tra ciò che è reale e ciò che è virtuale diventa sempre più sfumato.
Tecnicamente, "Serial Experiments Lain" si contraddistingue per la regia atipica e le animazioni sperimentali. Nonostante una narrazione che a tratti può sembrare frenetica, le scene sono lente e spesso prive di dialoghi, creando un'atmosfera inquietante. La colonna sonora fa il resto, con suoni elettronici e melodie drammatiche.
L'opening "Duvet" dei Bôa è ancora oggi una delle migliori di sempre.
Detto questo, la narrazione è un po’ un’arma a doppio taglio. Da un lato, è affascinante per chi ama lo sperimentalismo; dall'altro, può risultare davvero confusa. Ci sono momenti in cui la trama sembra costruita apposta per non avere senso, e a volte è difficile seguire il filo logico. Guardare "Serial Experiments Lain" richiede un'attenzione quasi maniacale, per non perdersi tra i vari pezzi del puzzle, ma anche così ci sono parti che restano troppo criptiche o strane per essere comprese appieno.
In conclusione, ho apprezzato "Serial Experiments Lain", soprattutto per come affronta tematiche ancora oggi attuali, senza mai risultare banale. Il modo in cui spinge lo spettatore a porsi gli stessi dubbi esistenziali di Lain, insieme ai chiari riferimenti al cinema europeo degli anni '90, dona alla serie un fascino senza tempo.
Tuttavia, ci sono due grandi difetti che non posso ignorare: prima di tutto, la confusione in alcuni punti. A volte sembra che la serie non segua neanche le sue stesse regole. In secondo luogo, ci sono momenti che trovo illogici o troppo frammentati per essere apprezzati al primo impatto. Questi aspetti fanno sì che, anche se Lain merita un posto speciale nella storia degli anime, non riesca, per me, a raggiungere il livello di un vero capolavoro.
La storia narra di Lain Iwakura, una quattordicenne introversa, a tratti apatica, che conduce una vita apparentemente banale, fino a quando non riceve una strana email da parte di Chisa Yomoda, una compagna di scuola morta suicida. Da quel momento, Lain inizia a interessarsi al mondo del "Wired", una sorta di Internet futuristico. Con il susseguirsi degli episodi, Lain appare sempre più confusa riguardo alla sua identità, e il confine tra ciò che è reale e ciò che è virtuale diventa sempre più sfumato.
Tecnicamente, "Serial Experiments Lain" si contraddistingue per la regia atipica e le animazioni sperimentali. Nonostante una narrazione che a tratti può sembrare frenetica, le scene sono lente e spesso prive di dialoghi, creando un'atmosfera inquietante. La colonna sonora fa il resto, con suoni elettronici e melodie drammatiche.
L'opening "Duvet" dei Bôa è ancora oggi una delle migliori di sempre.
Detto questo, la narrazione è un po’ un’arma a doppio taglio. Da un lato, è affascinante per chi ama lo sperimentalismo; dall'altro, può risultare davvero confusa. Ci sono momenti in cui la trama sembra costruita apposta per non avere senso, e a volte è difficile seguire il filo logico. Guardare "Serial Experiments Lain" richiede un'attenzione quasi maniacale, per non perdersi tra i vari pezzi del puzzle, ma anche così ci sono parti che restano troppo criptiche o strane per essere comprese appieno.
In conclusione, ho apprezzato "Serial Experiments Lain", soprattutto per come affronta tematiche ancora oggi attuali, senza mai risultare banale. Il modo in cui spinge lo spettatore a porsi gli stessi dubbi esistenziali di Lain, insieme ai chiari riferimenti al cinema europeo degli anni '90, dona alla serie un fascino senza tempo.
Tuttavia, ci sono due grandi difetti che non posso ignorare: prima di tutto, la confusione in alcuni punti. A volte sembra che la serie non segua neanche le sue stesse regole. In secondo luogo, ci sono momenti che trovo illogici o troppo frammentati per essere apprezzati al primo impatto. Questi aspetti fanno sì che, anche se Lain merita un posto speciale nella storia degli anime, non riesca, per me, a raggiungere il livello di un vero capolavoro.
Tra le vette più elevate del "cyberpunk" dell'animazione giapponese... il dramma della solitudine.
Fino ad oggi mi è capitato solo in un'altra occasione di visionare un anime che mi abbia colpito come "serial experiments lain", ed è "Tenshi no Tamago" di M. Oshii.
Mi riferisco non tanto ai contenuti (molto diversi per le due opere), quanto allo stile espositivo, con una regia sempre "on the edge" tra realtà e percezione di essa, metaforica, un po' folle, visionaria, tanto che durante la visione non è difficile perdersi in quei primissimi piani degli occhioni inespressivi della protagonista Lain, in quella sua personalissima visione della realtà così tanto lontana da quella cui siamo abituati.
Vedere "serial experiments lain" (d'ora in avanti "SEL") è a parer mio un'esperienza "immersiva": è come indossare un visore che rielabora, filtrando e alterando quanto ci circonda, e mostrandolo alla nostra mente come una sorta di verità "alternativa" e anche "deformata", in cui l'oggettività abdica in favore della commistione della realtà con l'inconscio, con le paure, timori, interrogativi, l'alienazione, le nevrosi e fissazioni dei personaggi di questa serie e in particolare della protagonista.
Vorrei evitare la facile constatazione che "SEL" sia "solo" un anime distopico, visionario e anticipatore di una tendenza che oggi è sotto gli occhi di tutti. È sicuramente una constatazione che avvalora "SEL" come una pietra miliare del genere cyberpunk, ma che non può limitarsi solo ad avere come pregio illustrare in modo molto originale, con atmosfere cupe e secondo lo stile dell'epoca, l'illusione del mondo virtuale come nuova dimensione esistenziale alternativa alla realtà.
Semmai "SEL" vuole esprimere un vero e proprio concetto di pura astrazione che può essere espresso con termini come "visione del mondo", "immagine del mondo" o "concezione del mondo", ossia la "weltanschauung" di Lain, e quindi di coloro che hanno concepito e realizzato la serie.
Sperando di non esagerare, "SEL" è proprio una sorta di delirio mistico degli autori della serie e della loro "weltanschauung". Un po' come in "Neon Genesis Evangelion" di Hideaki Anno, il concetto di voler fuggire dalla realtà per rifugiarsi in una realtà parallela, artefatta, confortevole e in apparenza incomprensibile in cui si è altro da sé è piuttosto evidente.
Se per Shinji in "NGE" tale concetto lo si comprenderà solo al termine della tetralogia del "Rebuild of Evangelion", in "SEL" lo si apprezza quasi da subito: Lain sembra "bipolare", una versione nel Wired virtuale e una nella realtà fisica antinomiche in tutto e per tutto.
A differenza di "NGE", "SEL" ha il pregio di compattare il suo personale "percorso" sulla concezione del mondo in soli tredici episodi, pervenendo ad un epilogo con un impatto di minor positività rispetto a quello espresso da Anno.
"SEL" parte da un suicidio di una ragazzina delle superiori, per raggiungere Dio (la felicità?) nel Wired, e arriva, attraverso il percorso delirante e oscuro di Lain, ad affermare che l'uomo sarebbe felice se riuscisse a negare tutti gli elementi che lo contraddistinguono: perdere tutti i legami con la realtà fino alla propria corporeità (negare la propria essenza) e assurgere a mera entità astratta composta da bit digitali che possano essere riscritti/copiati/modificati ad libitum, per vivere felici e per consentire a coloro che stanno a cuore di tale "essenza metafisica" di essere a loro volta felici.
Paradigmatici sono gli episodi finali in cui Lain "resetta" quanto visto fino a quel punto, per far sì che la sua "amica" Arisu possa essere nuovamente felice e non continuare ad essere emarginata a causa di Lain.
Ecco finalmente uno dei leit motiv della "cultura" otaku: il desiderio di fuggire dalla realtà e di modificarla a piacimento, per riscrivere eventi traumatici o dolorosi che rendono la vita reale insopportabile. La scena della reazione alla scoperta da parte di Lain che i suoi genitori erano "fittizi" è quanto mai "umana" e "vera", e avvalora ulteriormente tale concetto.
Il finale resta una metafora agrodolce del percorso intrapreso e illustrato dalla serie: Lain incontra la sua amica Arisu ormai adulta e in procinto di sposarsi.
Arisu non la riconosce, ma percepisce che Lain è stata una persona significativa nel suo passato, e Lain, pur essendo una sorta di entità astratta, ha riacquistato la sua corporeità per poterla nuovamente incontrare fisicamente... assumendo ancora le fattezze di una ragazzina adolescente, che stride con il fisico ormai maturo di Arisu. A ben poco serve l'ultima frase di chiusura dell'ultimo episodio in cui Lain dichiara che sarà sempre presente come entità astratta nella vita di Arisu e di tutte le persone con cui ha avuto modo di relazionarsi.
Se, dal punto di vista della trama, "SEL" potrebbe essere visto come il percorso escatologico delle persone che non riescono a vivere la realtà (secondo la "weltanschauung" di Chiaki Konaka e di Yoshitoshi Abe), dal punto di vista dello stile registico l'opera rappresenta un unicum dirompente e a suo modo originale e geniale.
E in questo caso bisogno dare atto a Ryutaro Nakamura (deceduto nel 2013) di essere assurto a uno dei registi di anime assimilabile come tecnica e sperimentalismo ad un altro grandissimo come Mamoru Oshii (di cui accennavo a inizio recensione e autore non solo di "Tenshi no Tamago" e "Lamù - Beautiful Dreamer", ma soprattutto del ben più noto "Ghost in the Shell"). In "SEL" Nakamura ha dato fondo alle sue abilità, riuscendo a produrre un'opera sezionando le immagini e la loro prospettiva in primi piani ritraenti occhi, tralicci, cavi, volti di persone dall'espressione inquietante. Montaggi allucinogeni con colori cupi, saturi, per non scrivere dei rumori armonizzati con le immagini rappresentate.
I tralicci elettrici, e quel ronzio di fondo fastidioso e disturbante su sfondi dai colori inquietanti e così poco naturali sono il suo marchio di fabbrica, tanto da rendere la visione di "SEL" una sorta di viaggio psichedelico in preda a sostanze psicotrope...
"SEL" è pertanto un anime di non immediata fruizione sia per la trama sia per la rappresentazione visiva, che non consente spesso di comprendere con certezza il senso di quanto in visione. È tuttavia una serie concepita e realizzata con grande attenzione per i dettagli, che spesso crea disagio per la drammaticità delle situazioni narrate. Richiede molta concentrazione e approcciare alla narrazione consapevoli del probabile spirito cui sembra ispirarsi l'opera: "Non esiste nessuno a cui piaccia la solitudine. È solo che odio le delusioni" (Haruki Murakami - Norwegian wood).
Fino ad oggi mi è capitato solo in un'altra occasione di visionare un anime che mi abbia colpito come "serial experiments lain", ed è "Tenshi no Tamago" di M. Oshii.
Mi riferisco non tanto ai contenuti (molto diversi per le due opere), quanto allo stile espositivo, con una regia sempre "on the edge" tra realtà e percezione di essa, metaforica, un po' folle, visionaria, tanto che durante la visione non è difficile perdersi in quei primissimi piani degli occhioni inespressivi della protagonista Lain, in quella sua personalissima visione della realtà così tanto lontana da quella cui siamo abituati.
Vedere "serial experiments lain" (d'ora in avanti "SEL") è a parer mio un'esperienza "immersiva": è come indossare un visore che rielabora, filtrando e alterando quanto ci circonda, e mostrandolo alla nostra mente come una sorta di verità "alternativa" e anche "deformata", in cui l'oggettività abdica in favore della commistione della realtà con l'inconscio, con le paure, timori, interrogativi, l'alienazione, le nevrosi e fissazioni dei personaggi di questa serie e in particolare della protagonista.
Vorrei evitare la facile constatazione che "SEL" sia "solo" un anime distopico, visionario e anticipatore di una tendenza che oggi è sotto gli occhi di tutti. È sicuramente una constatazione che avvalora "SEL" come una pietra miliare del genere cyberpunk, ma che non può limitarsi solo ad avere come pregio illustrare in modo molto originale, con atmosfere cupe e secondo lo stile dell'epoca, l'illusione del mondo virtuale come nuova dimensione esistenziale alternativa alla realtà.
Semmai "SEL" vuole esprimere un vero e proprio concetto di pura astrazione che può essere espresso con termini come "visione del mondo", "immagine del mondo" o "concezione del mondo", ossia la "weltanschauung" di Lain, e quindi di coloro che hanno concepito e realizzato la serie.
Sperando di non esagerare, "SEL" è proprio una sorta di delirio mistico degli autori della serie e della loro "weltanschauung". Un po' come in "Neon Genesis Evangelion" di Hideaki Anno, il concetto di voler fuggire dalla realtà per rifugiarsi in una realtà parallela, artefatta, confortevole e in apparenza incomprensibile in cui si è altro da sé è piuttosto evidente.
Se per Shinji in "NGE" tale concetto lo si comprenderà solo al termine della tetralogia del "Rebuild of Evangelion", in "SEL" lo si apprezza quasi da subito: Lain sembra "bipolare", una versione nel Wired virtuale e una nella realtà fisica antinomiche in tutto e per tutto.
A differenza di "NGE", "SEL" ha il pregio di compattare il suo personale "percorso" sulla concezione del mondo in soli tredici episodi, pervenendo ad un epilogo con un impatto di minor positività rispetto a quello espresso da Anno.
"SEL" parte da un suicidio di una ragazzina delle superiori, per raggiungere Dio (la felicità?) nel Wired, e arriva, attraverso il percorso delirante e oscuro di Lain, ad affermare che l'uomo sarebbe felice se riuscisse a negare tutti gli elementi che lo contraddistinguono: perdere tutti i legami con la realtà fino alla propria corporeità (negare la propria essenza) e assurgere a mera entità astratta composta da bit digitali che possano essere riscritti/copiati/modificati ad libitum, per vivere felici e per consentire a coloro che stanno a cuore di tale "essenza metafisica" di essere a loro volta felici.
Paradigmatici sono gli episodi finali in cui Lain "resetta" quanto visto fino a quel punto, per far sì che la sua "amica" Arisu possa essere nuovamente felice e non continuare ad essere emarginata a causa di Lain.
Ecco finalmente uno dei leit motiv della "cultura" otaku: il desiderio di fuggire dalla realtà e di modificarla a piacimento, per riscrivere eventi traumatici o dolorosi che rendono la vita reale insopportabile. La scena della reazione alla scoperta da parte di Lain che i suoi genitori erano "fittizi" è quanto mai "umana" e "vera", e avvalora ulteriormente tale concetto.
Il finale resta una metafora agrodolce del percorso intrapreso e illustrato dalla serie: Lain incontra la sua amica Arisu ormai adulta e in procinto di sposarsi.
Arisu non la riconosce, ma percepisce che Lain è stata una persona significativa nel suo passato, e Lain, pur essendo una sorta di entità astratta, ha riacquistato la sua corporeità per poterla nuovamente incontrare fisicamente... assumendo ancora le fattezze di una ragazzina adolescente, che stride con il fisico ormai maturo di Arisu. A ben poco serve l'ultima frase di chiusura dell'ultimo episodio in cui Lain dichiara che sarà sempre presente come entità astratta nella vita di Arisu e di tutte le persone con cui ha avuto modo di relazionarsi.
Se, dal punto di vista della trama, "SEL" potrebbe essere visto come il percorso escatologico delle persone che non riescono a vivere la realtà (secondo la "weltanschauung" di Chiaki Konaka e di Yoshitoshi Abe), dal punto di vista dello stile registico l'opera rappresenta un unicum dirompente e a suo modo originale e geniale.
E in questo caso bisogno dare atto a Ryutaro Nakamura (deceduto nel 2013) di essere assurto a uno dei registi di anime assimilabile come tecnica e sperimentalismo ad un altro grandissimo come Mamoru Oshii (di cui accennavo a inizio recensione e autore non solo di "Tenshi no Tamago" e "Lamù - Beautiful Dreamer", ma soprattutto del ben più noto "Ghost in the Shell"). In "SEL" Nakamura ha dato fondo alle sue abilità, riuscendo a produrre un'opera sezionando le immagini e la loro prospettiva in primi piani ritraenti occhi, tralicci, cavi, volti di persone dall'espressione inquietante. Montaggi allucinogeni con colori cupi, saturi, per non scrivere dei rumori armonizzati con le immagini rappresentate.
I tralicci elettrici, e quel ronzio di fondo fastidioso e disturbante su sfondi dai colori inquietanti e così poco naturali sono il suo marchio di fabbrica, tanto da rendere la visione di "SEL" una sorta di viaggio psichedelico in preda a sostanze psicotrope...
"SEL" è pertanto un anime di non immediata fruizione sia per la trama sia per la rappresentazione visiva, che non consente spesso di comprendere con certezza il senso di quanto in visione. È tuttavia una serie concepita e realizzata con grande attenzione per i dettagli, che spesso crea disagio per la drammaticità delle situazioni narrate. Richiede molta concentrazione e approcciare alla narrazione consapevoli del probabile spirito cui sembra ispirarsi l'opera: "Non esiste nessuno a cui piaccia la solitudine. È solo che odio le delusioni" (Haruki Murakami - Norwegian wood).
Parlare di "Serial Experiments Lain" non è semplice.
Questo sia perché essa è effettivamente un'opera complessa, ma anche e soprattutto perché, essendo un'opera di tale complessità, tutti quelli che volevano darsi delle arie ne hanno parlato, sperticandosi in discorsi dall'apparenza intellettuale, ma dalla sostanza autoerotica.
Tutte queste cose sono chiaramente un'offesa verso "Serial Experiments Lain" come opera: non c'è nulla di più offensivo dell'idealizzazione, soprattutto se è strumentale a far idealizzare noi stessi agli altri.
Forse avrei potuto evitare questa premessa.
Purtuttavia, ho ritenuto necessario mettere in chiaro chi sono io, e chi sono buona parte dei "fan" di quest'opera, e anche qual è la dimensione dell'opera in sé e per sé, tutto ciò al fine che voi non confondiate me con loro, e il mio ego con la mia analisi dell'opera.
Dunque, partiamo da ciò che dicono tutti.
"Serial Experiments Lain" è una serie di tredici episodi trasmessa per la prima volta nel 1998, ed è d'impatto ancora oggi per il modo, quasi profetico, con cui ha descritto la possibile evoluzione dei mezzi di comunicazione, e il modo in cui ci rapportiamo con essi e tra di noi tramite essi.
"Serial Experiments Lain", però, non è solo questo.
L'anime è un vero e proprio saggio sull'individuo, sulla formazione dei legami tutti e su come le lenti e i filtri con cui guardiamo al mondo possono cambiare il modo in cui lo percepiamo, il mondo, ma anche su come queste lenti possono essere cambiate da elementi esterni per cambiare di conseguenza noi.
Tali concetti sono spiegati tramite una serie di elementi legati da relazioni antonime, e non complementari. Il Wired viene introdotto a Lain come strumento per ottenere informazioni e creare legami, ma il cui mondo è separato da quello "reale", e Lain invece dimostra che la dicotomia non è così netta. Il Wired è parte del mondo reale, e il mondo reale è parte del Wired; tutto questo, non essendo (non in quella parte dell'opera) pienamente sovrapposti.
Un rapporto che, come ho detto, esula dalla complementarietà, dalle scissioni binarie, ma è parte di quel caos organizzato di cui solo le relazioni umane sono parte.
Perché il dialogo artistico di "Serial Experiments Lain" non si ferma alla sola tecnologia. Anzi, la tecnologia è quasi solo un denominatore per esprimere al meglio le angosce, ma anche solo le riflessioni, di un periodo storico che, per l'avvento di tali tecnologie e l'avvicinarsi del nuovo millennio, stava sconvolgendo gli animi di chi lo viveva.
Come detto in precedenza, "Serial Experiments Lain" parla di umanità, di rapporti umani. L'individuo esiste solo in rapporto agli altri, o sono gli altri che esistono solo in rapporto a noi? La risposta ad entrambe le domande non è né "sì" né "no", ma "tendenzialmente sì" e "tendenzialmente no". Due risposte apparentemente in contrasto, che trovano senso solo nella realtà non contrastiva dell'esistenza umana, e che si rifanno a quel linguaggio usato dalle scienze matematiche per descrivere parti di realtà troppo complesse per essere comprese a pieno.
Perché forse la matematica è davvero l'alfabeto con cui Dio ha scritto il mondo, ma tale alfabeto sembra esserci giunto in una maniera incompleta, e chissà se non sia profondamente sbagliato.
E così, nell'interpretazione di "Serial Experiments Lain" degli studi sociali sull'argomento, l'umanità è vista come un organismo vivo e pulsante connesso da rapporti interpersonali, miliardi di neuroni connessi tra loro, miliardi di individui che si uniscono per agire come un individuo solo.
Si tratta esattamente di quella teoria della coscienza collettiva umana che è stata usata in altre opere, come l'arcinoto "Neon Genesis Evangelion", ma che trova in "Serial Experiments Lain" una delle sue descrizioni più profonde e interessanti.
Questo perché viene messa in prospettiva, relazionata a un insieme di altre strutture che si sovrappongono, spesso influenzandosi tra loro; e viene messo in chiaro come queste strutture sono innumerevoli, forse infinite, e comprenderle non è probabilmente possibile. Sicuramente non danno risposte chiare, e non dobbiamo illuderci di comprenderle, o di avere percezione di ogni cosa.
Il tema di "Dio nel Wired" e la rivelazione che quel Dio non è il vero Dio, ma solo qualcuno che è stato messo lì per ricoprire quel ruolo, può essere vista come una critica al positivismo, o comunque all'eccesso di fiducia nelle capacità umane.
Non possiamo credere che la logica sia l'unico strumento per discernere il mondo, poiché analizzando tutto ciò che è percepibile, ignora ciò che non lo è. Dopotutto, il rasoio di Occam non dice che le cose non esistono al di fuori delle nostre analisi, ma solo che non dobbiamo tenerne conto fin quando non abbiamo motivo di pensare siano esistenti e utili al nostro ragionamento.
Come ho detto, l'opera è complessa, ma è anche un manuale su come gestire al meglio tale complessità.
"Serial Experiments Lain" non è mai arrogante nel suo dialogo artistico con lo spettatore, usa la sua complessità per generare curiosità nel districarsi delle vicende e per far percepire l'immensa organicità e ramificazione tematica dell'opera, ma sapendo spiegare e presentare gli elementi che lo compongono, e avendo piena di consapevolezza di cosa lo spettatore può capire da solo e cosa lo spettatore può capire solo dopo aver lasciato qualche indizio, riuscendo quindi ad essere un'opera complessa, magari anche criptica, ma sicuramente non ermetica.
Volendo paragonare la scrittura di "Serial Experiments Lain" con quella di un'opera cinematografica uscita dieci anni prima, ovvero "Akira", il secondo mostra tutte quelle mancanze che invece fanno risplendere il primo, almeno sul piano di pura gestione della scrittura.
"Akira" è un'opera arrogante a livello narrativo, che pretende che lo spettatore comprenda una logica aliena all'immediata comprensione, e diventando quindi di difficile approccio anche a una visione attenta; "Serial Experiments Lain" invece, come detto, ha nella sua complessità uno dei suoi punti di forza, perché la sa mostrare al pubblico senza banalizzare o diventare didascalici.
Infine, un'ultima nota sul comparto estetico di quest'opera, che è la quintessenza di ciò che molte opere erano in quegli anni, tra la fine di un millennio e l'inizio del seguente. Un'estetica che rivediamo anche in "The Silver Case" di Suda51, o nel celebre "Metal Gear Solid", nonché in svariate visual novel di quel periodo. Un'estetica che fonde immagini reali, spesso alterate da filtri, con l'animazione, ma anche con altre trovate estetiche: riuscendo ad amalgamare il tutto anche grazie all'utilizzo di queste soluzioni su più piani "concettuali" diversi.
Un'estetica apprezzabile, che subito rimanda al periodo di concezione e uscita dell'opera, e che forse è l'unica cosa di cui dovremmo essere davvero nostalgici di quegli anni; soprattutto, però, tale estetica è coadiuvata alla perfezione con il resto dell'opera, con tutte le scelte registiche, che impreziosiscono ogni singolo secondo.
Perché in "Serial Experiments Lain" anche i lunghi silenzi sono maledettamente interessanti, e persino il ronzio dell'elettricità ha un significato preciso nel meccanismo della storia.
"Serial Experiments Lain" è semplicemente un monumento.
Alla vera arte, alla vera capacità di raccontare la complessità, a come far primeggiare l'opera e non l'ego di chi l'ha scritta.
Let's all love Lain!
Auf wiedersehen!
P.S. Dedico questa recensione a tutti quelli che mi considerano un "edgelord". Se ho dato 6 e mezzo al "L'attacco dei giganti", è perché nella mia analisi "L'attacco dei giganti" è un'opera da 6 e mezzo, non perché voglio fare l'alternativo.
Io voglio essere l'eccellenza, non la voce fuori dal coro.
Questo sia perché essa è effettivamente un'opera complessa, ma anche e soprattutto perché, essendo un'opera di tale complessità, tutti quelli che volevano darsi delle arie ne hanno parlato, sperticandosi in discorsi dall'apparenza intellettuale, ma dalla sostanza autoerotica.
Tutte queste cose sono chiaramente un'offesa verso "Serial Experiments Lain" come opera: non c'è nulla di più offensivo dell'idealizzazione, soprattutto se è strumentale a far idealizzare noi stessi agli altri.
Forse avrei potuto evitare questa premessa.
Purtuttavia, ho ritenuto necessario mettere in chiaro chi sono io, e chi sono buona parte dei "fan" di quest'opera, e anche qual è la dimensione dell'opera in sé e per sé, tutto ciò al fine che voi non confondiate me con loro, e il mio ego con la mia analisi dell'opera.
Dunque, partiamo da ciò che dicono tutti.
"Serial Experiments Lain" è una serie di tredici episodi trasmessa per la prima volta nel 1998, ed è d'impatto ancora oggi per il modo, quasi profetico, con cui ha descritto la possibile evoluzione dei mezzi di comunicazione, e il modo in cui ci rapportiamo con essi e tra di noi tramite essi.
"Serial Experiments Lain", però, non è solo questo.
L'anime è un vero e proprio saggio sull'individuo, sulla formazione dei legami tutti e su come le lenti e i filtri con cui guardiamo al mondo possono cambiare il modo in cui lo percepiamo, il mondo, ma anche su come queste lenti possono essere cambiate da elementi esterni per cambiare di conseguenza noi.
Tali concetti sono spiegati tramite una serie di elementi legati da relazioni antonime, e non complementari. Il Wired viene introdotto a Lain come strumento per ottenere informazioni e creare legami, ma il cui mondo è separato da quello "reale", e Lain invece dimostra che la dicotomia non è così netta. Il Wired è parte del mondo reale, e il mondo reale è parte del Wired; tutto questo, non essendo (non in quella parte dell'opera) pienamente sovrapposti.
Un rapporto che, come ho detto, esula dalla complementarietà, dalle scissioni binarie, ma è parte di quel caos organizzato di cui solo le relazioni umane sono parte.
Perché il dialogo artistico di "Serial Experiments Lain" non si ferma alla sola tecnologia. Anzi, la tecnologia è quasi solo un denominatore per esprimere al meglio le angosce, ma anche solo le riflessioni, di un periodo storico che, per l'avvento di tali tecnologie e l'avvicinarsi del nuovo millennio, stava sconvolgendo gli animi di chi lo viveva.
Come detto in precedenza, "Serial Experiments Lain" parla di umanità, di rapporti umani. L'individuo esiste solo in rapporto agli altri, o sono gli altri che esistono solo in rapporto a noi? La risposta ad entrambe le domande non è né "sì" né "no", ma "tendenzialmente sì" e "tendenzialmente no". Due risposte apparentemente in contrasto, che trovano senso solo nella realtà non contrastiva dell'esistenza umana, e che si rifanno a quel linguaggio usato dalle scienze matematiche per descrivere parti di realtà troppo complesse per essere comprese a pieno.
Perché forse la matematica è davvero l'alfabeto con cui Dio ha scritto il mondo, ma tale alfabeto sembra esserci giunto in una maniera incompleta, e chissà se non sia profondamente sbagliato.
E così, nell'interpretazione di "Serial Experiments Lain" degli studi sociali sull'argomento, l'umanità è vista come un organismo vivo e pulsante connesso da rapporti interpersonali, miliardi di neuroni connessi tra loro, miliardi di individui che si uniscono per agire come un individuo solo.
Si tratta esattamente di quella teoria della coscienza collettiva umana che è stata usata in altre opere, come l'arcinoto "Neon Genesis Evangelion", ma che trova in "Serial Experiments Lain" una delle sue descrizioni più profonde e interessanti.
Questo perché viene messa in prospettiva, relazionata a un insieme di altre strutture che si sovrappongono, spesso influenzandosi tra loro; e viene messo in chiaro come queste strutture sono innumerevoli, forse infinite, e comprenderle non è probabilmente possibile. Sicuramente non danno risposte chiare, e non dobbiamo illuderci di comprenderle, o di avere percezione di ogni cosa.
Il tema di "Dio nel Wired" e la rivelazione che quel Dio non è il vero Dio, ma solo qualcuno che è stato messo lì per ricoprire quel ruolo, può essere vista come una critica al positivismo, o comunque all'eccesso di fiducia nelle capacità umane.
Non possiamo credere che la logica sia l'unico strumento per discernere il mondo, poiché analizzando tutto ciò che è percepibile, ignora ciò che non lo è. Dopotutto, il rasoio di Occam non dice che le cose non esistono al di fuori delle nostre analisi, ma solo che non dobbiamo tenerne conto fin quando non abbiamo motivo di pensare siano esistenti e utili al nostro ragionamento.
Come ho detto, l'opera è complessa, ma è anche un manuale su come gestire al meglio tale complessità.
"Serial Experiments Lain" non è mai arrogante nel suo dialogo artistico con lo spettatore, usa la sua complessità per generare curiosità nel districarsi delle vicende e per far percepire l'immensa organicità e ramificazione tematica dell'opera, ma sapendo spiegare e presentare gli elementi che lo compongono, e avendo piena di consapevolezza di cosa lo spettatore può capire da solo e cosa lo spettatore può capire solo dopo aver lasciato qualche indizio, riuscendo quindi ad essere un'opera complessa, magari anche criptica, ma sicuramente non ermetica.
Volendo paragonare la scrittura di "Serial Experiments Lain" con quella di un'opera cinematografica uscita dieci anni prima, ovvero "Akira", il secondo mostra tutte quelle mancanze che invece fanno risplendere il primo, almeno sul piano di pura gestione della scrittura.
"Akira" è un'opera arrogante a livello narrativo, che pretende che lo spettatore comprenda una logica aliena all'immediata comprensione, e diventando quindi di difficile approccio anche a una visione attenta; "Serial Experiments Lain" invece, come detto, ha nella sua complessità uno dei suoi punti di forza, perché la sa mostrare al pubblico senza banalizzare o diventare didascalici.
Infine, un'ultima nota sul comparto estetico di quest'opera, che è la quintessenza di ciò che molte opere erano in quegli anni, tra la fine di un millennio e l'inizio del seguente. Un'estetica che rivediamo anche in "The Silver Case" di Suda51, o nel celebre "Metal Gear Solid", nonché in svariate visual novel di quel periodo. Un'estetica che fonde immagini reali, spesso alterate da filtri, con l'animazione, ma anche con altre trovate estetiche: riuscendo ad amalgamare il tutto anche grazie all'utilizzo di queste soluzioni su più piani "concettuali" diversi.
Un'estetica apprezzabile, che subito rimanda al periodo di concezione e uscita dell'opera, e che forse è l'unica cosa di cui dovremmo essere davvero nostalgici di quegli anni; soprattutto, però, tale estetica è coadiuvata alla perfezione con il resto dell'opera, con tutte le scelte registiche, che impreziosiscono ogni singolo secondo.
Perché in "Serial Experiments Lain" anche i lunghi silenzi sono maledettamente interessanti, e persino il ronzio dell'elettricità ha un significato preciso nel meccanismo della storia.
"Serial Experiments Lain" è semplicemente un monumento.
Alla vera arte, alla vera capacità di raccontare la complessità, a come far primeggiare l'opera e non l'ego di chi l'ha scritta.
Let's all love Lain!
Auf wiedersehen!
P.S. Dedico questa recensione a tutti quelli che mi considerano un "edgelord". Se ho dato 6 e mezzo al "L'attacco dei giganti", è perché nella mia analisi "L'attacco dei giganti" è un'opera da 6 e mezzo, non perché voglio fare l'alternativo.
Io voglio essere l'eccellenza, non la voce fuori dal coro.
Se ci sono dei prodotti che spiegano bene perché il cartone animato porta qualcosa di nuovo e non replicabile nelle arti, quest’anime è sicuramente uno dei primi che mi vengono in mente, per tante ragioni. La più evidente è, naturalmente, nel contenuto.
“Serial Experiments Lain” è spesso qualificato come un seinen (cioè progettato per un pubblico maschile di età adulta), di una fantascienza surreale che in precedenza esisteva pienamente quasi solo nella letteratura di scrittori come J.G Ballard e Philip K. Dick; quest’ultimo viene citato dall’autore dell’anime con il suo romanzo “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, un’influenza evidente ma ricombinata alla perfezione.
La protagonista è l’omonima Lain, una timida ragazzina di quattrodici anni che ha rapporti molto goffi con le compagne di classe e con la sua stessa quotidianità, che passa buona parte del tempo a recludersi nel Wired: una sorta di surrogato futuristico di Internet che non si focalizza sulla ricerca di siti ma sull’accesso a una realtà virtuale che si scoprirà presto essere più di questo.
La scoperta del Wired porterà Lain a scoprire letteralmente nuovi lati di sé stessa, come un alter ego con un carattere diverso, più disinibito. Ma la scoperta più determinante è l’idea che il mondo fisico e il Wired non siano due entità totalmente distinte e separate e che la tecnologia sia in realtà il risultato di un grande progetto di proiettare nella realtà l’inconscio collettivo, per cui Lain non si limiterà a riflettere sull’ essenza del mondo ma sulla sua stessa natura e il suo scopo nel mondo. È tutto giocato su una compenetrazione e un respingimento tra fisicità e fantasmagoria, tra finzione e realtà, tra mondo digitale e analogico, tra individuo e collettività.
“Serial Experiments Lain” è un prodotto che non emoziona dal punto di vista empatico, perché vuole appositamente essere freddo, alienante, spesso crea un senso di disagio ed è come se volesse in contemporanea staccarci e immergerci nella storia, perché fa un uso quasi anarchico del narratore esterno e dei “dipinti psichedelici” del Wired, che rende la narrazione appositamente frammentata e dissociata, addirittura in diverse occasioni vediamo immagini di persone reali, quasi come se “invadessero” il medium dell’animazione, ma da questa deformati. Per questi motivi, abbiamo spesso la sensazione che più volte la narrazione rallenti e acceleri di colpo, resa irregolare dalla comparsa di immagini e informazioni che si intromettono come virus, e non sappiamo sempre se siano realmente percepite dai personaggi, per cui ci sentiamo da una parte “respinti” dalla storia, dall’altra questi schizzi onirici ci immergono nell’estetica del Wired, ci fanno entrare in un altro mondo che emoziona proprio per la sua irregolarità e caos, anche in paragone ad altri mondi fantastici che, a differenza sua, non sono fantasmagorici e surreali, ma più “vicini” al nostro, come la Terra di Mezzo o Hogwarts. L’introduzione di un narratore esterno riflette invece le voci all’interno della testa di Lain e serve soprattutto a noi ascoltatori per ottenere informazioni sulla storia e quindi trarne i maggiori spunti.
Questo dimostra anche come il tema dell’informatica sia stato reso in maniera visionaria, esteso a livello esistenziale. C’è una porzione di funzionalità e immagini riconducibili ai nostri computer, ma l’estetica e gli scopi ultimi diventano ben più di raccolta informazioni, numeri, poligoni e pixel, ma anche più dei videogiochi e della normale realtà avanzata, perché vengono create da zero nuove regole che però sentiamo radicali, fluide e immersive quasi come la nostra vita vera, per cui anticipa in un certo senso l’idea di “metaverso”: un’invenzione recentissima che naturalmente non ha mai raggiunto (e sicuramente non raggiungerà mai) i livelli del Wired, dove l’informatica è elevata a una sorta di surrogato della dimensione spirituale.
Tornando all’argomento iniziale, un anime del genere non è solo artisticamente rilevante e profondo quanto potrebbe esserlo una serie TV o un film, ma è anche praticamente impossibile da trasporre con persone e paesaggi reali per l’altissimo budget che richiederebbe, cosa che non sarebbe neanche così opportuna, perché “Serial Experiments Lain” vuole spingere ad oltranza le prerogative del cartone animato e quindi creare un discorso con il linguaggio stesso del medium, che viene fatto non solo introducendo sprazzi di immagini reali videomontate, ma anche facendo un uso oltranzista della bidimensionalità, come ad esempio con le sagome “cosmiche” delle case che compaiono in moltissime occasioni nell’anime. Tutto questo incarna in estetica l’idea esistenziale che ciò che vediamo sia un “cielo di carta”, per citare Pirandello, e serve dunque da ciliegina sulla torta per un capolavoro come ne ho visti pochi nel suo medium artistico.
“Serial Experiments Lain” è spesso qualificato come un seinen (cioè progettato per un pubblico maschile di età adulta), di una fantascienza surreale che in precedenza esisteva pienamente quasi solo nella letteratura di scrittori come J.G Ballard e Philip K. Dick; quest’ultimo viene citato dall’autore dell’anime con il suo romanzo “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, un’influenza evidente ma ricombinata alla perfezione.
La protagonista è l’omonima Lain, una timida ragazzina di quattrodici anni che ha rapporti molto goffi con le compagne di classe e con la sua stessa quotidianità, che passa buona parte del tempo a recludersi nel Wired: una sorta di surrogato futuristico di Internet che non si focalizza sulla ricerca di siti ma sull’accesso a una realtà virtuale che si scoprirà presto essere più di questo.
La scoperta del Wired porterà Lain a scoprire letteralmente nuovi lati di sé stessa, come un alter ego con un carattere diverso, più disinibito. Ma la scoperta più determinante è l’idea che il mondo fisico e il Wired non siano due entità totalmente distinte e separate e che la tecnologia sia in realtà il risultato di un grande progetto di proiettare nella realtà l’inconscio collettivo, per cui Lain non si limiterà a riflettere sull’ essenza del mondo ma sulla sua stessa natura e il suo scopo nel mondo. È tutto giocato su una compenetrazione e un respingimento tra fisicità e fantasmagoria, tra finzione e realtà, tra mondo digitale e analogico, tra individuo e collettività.
“Serial Experiments Lain” è un prodotto che non emoziona dal punto di vista empatico, perché vuole appositamente essere freddo, alienante, spesso crea un senso di disagio ed è come se volesse in contemporanea staccarci e immergerci nella storia, perché fa un uso quasi anarchico del narratore esterno e dei “dipinti psichedelici” del Wired, che rende la narrazione appositamente frammentata e dissociata, addirittura in diverse occasioni vediamo immagini di persone reali, quasi come se “invadessero” il medium dell’animazione, ma da questa deformati. Per questi motivi, abbiamo spesso la sensazione che più volte la narrazione rallenti e acceleri di colpo, resa irregolare dalla comparsa di immagini e informazioni che si intromettono come virus, e non sappiamo sempre se siano realmente percepite dai personaggi, per cui ci sentiamo da una parte “respinti” dalla storia, dall’altra questi schizzi onirici ci immergono nell’estetica del Wired, ci fanno entrare in un altro mondo che emoziona proprio per la sua irregolarità e caos, anche in paragone ad altri mondi fantastici che, a differenza sua, non sono fantasmagorici e surreali, ma più “vicini” al nostro, come la Terra di Mezzo o Hogwarts. L’introduzione di un narratore esterno riflette invece le voci all’interno della testa di Lain e serve soprattutto a noi ascoltatori per ottenere informazioni sulla storia e quindi trarne i maggiori spunti.
Questo dimostra anche come il tema dell’informatica sia stato reso in maniera visionaria, esteso a livello esistenziale. C’è una porzione di funzionalità e immagini riconducibili ai nostri computer, ma l’estetica e gli scopi ultimi diventano ben più di raccolta informazioni, numeri, poligoni e pixel, ma anche più dei videogiochi e della normale realtà avanzata, perché vengono create da zero nuove regole che però sentiamo radicali, fluide e immersive quasi come la nostra vita vera, per cui anticipa in un certo senso l’idea di “metaverso”: un’invenzione recentissima che naturalmente non ha mai raggiunto (e sicuramente non raggiungerà mai) i livelli del Wired, dove l’informatica è elevata a una sorta di surrogato della dimensione spirituale.
Tornando all’argomento iniziale, un anime del genere non è solo artisticamente rilevante e profondo quanto potrebbe esserlo una serie TV o un film, ma è anche praticamente impossibile da trasporre con persone e paesaggi reali per l’altissimo budget che richiederebbe, cosa che non sarebbe neanche così opportuna, perché “Serial Experiments Lain” vuole spingere ad oltranza le prerogative del cartone animato e quindi creare un discorso con il linguaggio stesso del medium, che viene fatto non solo introducendo sprazzi di immagini reali videomontate, ma anche facendo un uso oltranzista della bidimensionalità, come ad esempio con le sagome “cosmiche” delle case che compaiono in moltissime occasioni nell’anime. Tutto questo incarna in estetica l’idea esistenziale che ciò che vediamo sia un “cielo di carta”, per citare Pirandello, e serve dunque da ciliegina sulla torta per un capolavoro come ne ho visti pochi nel suo medium artistico.
Nei tredici episodi ci sono alti e bassi, ma resta una delle opere cyberpunk anime più interessanti in circolazione. Al contrario di classici come "Akira" o "Ghost in the Shell", qui la trasformazione da uomo a macchina avviene in una dimensione intima, c'è più attenzione al quotidiano, risultando disturbante ma in una maniera più psicologia che da "body horror". Da non sottovalutare poi l'immaginare già nel 1998 la possibilità di trasferire la coscienza umana nel cloud della rete. Un caposaldo della fantascienza made in anime, ma per la sua discontinuità non così universale come altre opere più famose.
È un anime tra i più complessi che abbia mai visto fino ad adesso. Non saprei proprio da dove cominciare per poter spiegare quello che ho visto, ma, in ogni caso, lasciata da parte la trama (su cui le altre recensioni sono state molto esaustive ed efficienti), il voto che mi sentirei di dare all'anime (che sicuramente porta avanti molto bene il messaggio avveniristico e molti altri contenuti relativi all'esistenza, religione e problema "pirandelliano" dell'identità, fusione uomo-software, e così via) è 8/5.
Lo so, dovrei argomentare il motivo della mia scelta, anche perché non credo nella valutazione fine a sé stessa, ma, per fare ciò, avrei bisogno sicuramente di un altro lunghissimo commento qui. Se potessi riassumere, questo anime (secondo la mia personale opinione, sia ben inteso) non raggiunge valutazioni più alte per fattori dovuti a: suoni a volte un po' stancanti che rendono, sì, l'atmosfera di fondo dell'opera, ma a tratti sembrano un po' forzati e ripetitivi; cambi di scena a volte poco chiari, cosa che non definirei proprio un difetto, a dire il vero, essendo l'opera intrisa di indizi, come già detto sopra, però sicuramente non sempre necessari, secondo me.
Per il resto, è un'opera di grande valore e sicuramente un must nel suo genere (e non solo).
Lo so, dovrei argomentare il motivo della mia scelta, anche perché non credo nella valutazione fine a sé stessa, ma, per fare ciò, avrei bisogno sicuramente di un altro lunghissimo commento qui. Se potessi riassumere, questo anime (secondo la mia personale opinione, sia ben inteso) non raggiunge valutazioni più alte per fattori dovuti a: suoni a volte un po' stancanti che rendono, sì, l'atmosfera di fondo dell'opera, ma a tratti sembrano un po' forzati e ripetitivi; cambi di scena a volte poco chiari, cosa che non definirei proprio un difetto, a dire il vero, essendo l'opera intrisa di indizi, come già detto sopra, però sicuramente non sempre necessari, secondo me.
Per il resto, è un'opera di grande valore e sicuramente un must nel suo genere (e non solo).
La serie è un puro capolavoro.
Soprattutto per chi cerca un anime con un significato psicologico, filosofico, in grado di far ragionare e anche insegnare, questo è l'anime perfetto. Stupendo tutto il ragionamento sulla realtà virtuale e il confine fragile tra realtà concreta e immaginaria. Personalmente, ho trovato anche una bella critica lanciata dall'autore, ovvero una realtà come quella vissuta da Lain fortemente apatica, forse a sottolineare la staticità che si instaura a volte nei rapporti familiari, quando tutte le azioni diventano pura abitudine e vengono compiute semplicemente perché è giusto farle, non perché ci sia una mera volontà dietro. Oltre a ciò si espone il rischio della realtà virtuale di divorare completamente la pura identità personale, il proprio ego, fino ad arrivare alla riflessione finale dove ci si chiede e persiste il dubbio di quale funzione abbia effettivamente la carne, il corpo delle persone, se alla fine potrebbe anche farsi bastare l'anima, libera di viaggiare nel web. In ciò è bellissimo il richiamo alla filosofia del corpo come prigione dell'essere, anche se qua la prigione dell'anima diventa proprio il web. Si conclude quindi con il comprendere come il corpo attesti proprio non solo la nostra presenza come uomini e status sociali, ma proprio come simbolo di empatia corporea, di entità necessarie all'uomo e interdipendenti all'anima.
Ovviamente, si tratta di un anime angosciante e pesante, ma credo che qui si tratti di una noia, se può dirsi, fortemente positiva, poiché accompagna il messaggio profondo dell'anime. Forse a mio parere è preferibile la prima produzione dell'anime, proprio poiché è in grado di esprimere la cupezza della storia al meglio.
Soprattutto per chi cerca un anime con un significato psicologico, filosofico, in grado di far ragionare e anche insegnare, questo è l'anime perfetto. Stupendo tutto il ragionamento sulla realtà virtuale e il confine fragile tra realtà concreta e immaginaria. Personalmente, ho trovato anche una bella critica lanciata dall'autore, ovvero una realtà come quella vissuta da Lain fortemente apatica, forse a sottolineare la staticità che si instaura a volte nei rapporti familiari, quando tutte le azioni diventano pura abitudine e vengono compiute semplicemente perché è giusto farle, non perché ci sia una mera volontà dietro. Oltre a ciò si espone il rischio della realtà virtuale di divorare completamente la pura identità personale, il proprio ego, fino ad arrivare alla riflessione finale dove ci si chiede e persiste il dubbio di quale funzione abbia effettivamente la carne, il corpo delle persone, se alla fine potrebbe anche farsi bastare l'anima, libera di viaggiare nel web. In ciò è bellissimo il richiamo alla filosofia del corpo come prigione dell'essere, anche se qua la prigione dell'anima diventa proprio il web. Si conclude quindi con il comprendere come il corpo attesti proprio non solo la nostra presenza come uomini e status sociali, ma proprio come simbolo di empatia corporea, di entità necessarie all'uomo e interdipendenti all'anima.
Ovviamente, si tratta di un anime angosciante e pesante, ma credo che qui si tratti di una noia, se può dirsi, fortemente positiva, poiché accompagna il messaggio profondo dell'anime. Forse a mio parere è preferibile la prima produzione dell'anime, proprio poiché è in grado di esprimere la cupezza della storia al meglio.
"Serial Experiments Lain" è un anime di tredici episodi andato in onda in Giappone tra l'estate e l'autunno del 1998. Diretta da Nakamura Ryūtarō e scritta da Konaka Chiaki, "Serial Experiments Lain" è una serie altamente enigmatica e misteriosa, il che rende difficile comprenderla nella sua interezza dopo la prima visione.
La storia ruota infatti intorno a Lain, una ragazza abbastanza introversa che dopo il suicidio di una sua coetanea inizierà a ricevere delle strane e-mail. Ciò la spingerà ad immergersi sempre più nel Wired, una specie di rete Internet più evoluta, molto più pervasiva e potente rispetto a quella realmente presente a fine anni ‘90 (nonché al giorno d’oggi).
Questo aspetto è a parer mio uno dei più interessanti per analizzare l'innovazione della serie rispetto a ciò che rappresenta Internet ai giorni nostri: all'epoca infatti i social network non erano (quasi) per nulla diffusi (Facebook è nato infatti nel 2004), ciò rende l'opera ancora più geniale e anticipatrice dei tempi.
La serie adotta una narrazione davvero interessante e ben scritta che, come una scarica elettrica nell’etere, smuove la nostra coscienza e ci porta a riflettere: l'indagine psicologica dei personaggi risulta infatti una componente cardine, a cui si associano temi profondi e filosofici, come cosa sia realmente la vita, l'esistenza di un Dio e come questo venga percepito dalle persone.
Passiamo ora a come si presenta l'opera dal punto di vista estetico: fin dal primo episodio veniamo immersi/e in atmosfere abbastanza asettiche, poco colorate e che giocano moltissimo sui contrasti luce-ombre (queste ultime sono mostrate a schermo in modo abbastanza insolito).
Questo largo uso di giochi di luce e ombre si mescola ad un montaggio sia video che sonoro innovativo, nei quali troviamo anche intermezzi girati in live action (ciò accade molto in un particolare episodio).
I personaggi, il cui character design fu ideato da ABe Yoshitoshi, sono molto ben caratterizzati ed è assurdo il modo in cui vengono resi inquietanti mediante delle semplici espressioni con inquadrature a camera fissa. In tal senso, l’opera cambia spesso registro, passando dal thriller al giallo, fino ad arrivare all’horror (specie in una precisa puntata).
In conclusione, ci troviamo di fronte ad un'opera davvero innovativa e attuale, fortemente avanguardista e con una profondità che non è semplice trovare al giorno d'oggi. Ne sono rimasto colpito: se cercate una bella serie psicologica, vi consiglio vivamente di recuperarvela, tenendo però a mente che va guardata con il giusto mood.
La storia ruota infatti intorno a Lain, una ragazza abbastanza introversa che dopo il suicidio di una sua coetanea inizierà a ricevere delle strane e-mail. Ciò la spingerà ad immergersi sempre più nel Wired, una specie di rete Internet più evoluta, molto più pervasiva e potente rispetto a quella realmente presente a fine anni ‘90 (nonché al giorno d’oggi).
Questo aspetto è a parer mio uno dei più interessanti per analizzare l'innovazione della serie rispetto a ciò che rappresenta Internet ai giorni nostri: all'epoca infatti i social network non erano (quasi) per nulla diffusi (Facebook è nato infatti nel 2004), ciò rende l'opera ancora più geniale e anticipatrice dei tempi.
La serie adotta una narrazione davvero interessante e ben scritta che, come una scarica elettrica nell’etere, smuove la nostra coscienza e ci porta a riflettere: l'indagine psicologica dei personaggi risulta infatti una componente cardine, a cui si associano temi profondi e filosofici, come cosa sia realmente la vita, l'esistenza di un Dio e come questo venga percepito dalle persone.
Passiamo ora a come si presenta l'opera dal punto di vista estetico: fin dal primo episodio veniamo immersi/e in atmosfere abbastanza asettiche, poco colorate e che giocano moltissimo sui contrasti luce-ombre (queste ultime sono mostrate a schermo in modo abbastanza insolito).
Questo largo uso di giochi di luce e ombre si mescola ad un montaggio sia video che sonoro innovativo, nei quali troviamo anche intermezzi girati in live action (ciò accade molto in un particolare episodio).
I personaggi, il cui character design fu ideato da ABe Yoshitoshi, sono molto ben caratterizzati ed è assurdo il modo in cui vengono resi inquietanti mediante delle semplici espressioni con inquadrature a camera fissa. In tal senso, l’opera cambia spesso registro, passando dal thriller al giallo, fino ad arrivare all’horror (specie in una precisa puntata).
In conclusione, ci troviamo di fronte ad un'opera davvero innovativa e attuale, fortemente avanguardista e con una profondità che non è semplice trovare al giorno d'oggi. Ne sono rimasto colpito: se cercate una bella serie psicologica, vi consiglio vivamente di recuperarvela, tenendo però a mente che va guardata con il giusto mood.
"Serial Experiments Lain" è una serie che, quando non piace, non piace proprio per i motivi per cui a me piace. È una serie che vuole essere disturbante e ci riesce perfettamente. Vuole anche essere criptica, e ci riesce pur senza sacrificare l'intelligibilità della trama. Chi dice che non ha trama lo dice perché ci si perde a causa della lentezza e dei dialoghi complessi, ma in realtà tutto in questa serie ha assolutamente un senso compiuto che, a differenza di molte altre serie che vogliono darsi un tono intellettuale sacrificando ad esso il potenziale della storia, risulta perfettamente chiaro e non forzato.
I punti di forza di questa serie? Le sigle e le atmosfere. Le sigle sono tra le più belle canzoni che io abbia mai ascoltato e si sposano alla perfezione con l'umore della serie. L'atmosfera è pesante e rende la serie pesante, sì. Tutto questo è voluto e realizzato egregiamente, se non piace è solo una questione di gusti. L'elemento onnipresente è il ronzio dell'elettricità, con frequenti inquadrature dei tralicci e dei cavi dell'alta tensione che svettano in un cielo abbagliato di eccessiva luce. A mio avviso un tocco di classe. La colorazione di quest'anime è decisamente ben fatta ed è fondamentale nel rendere la sensazione di grigiore e di oppressione che vuol essere trasmessa.
I personaggi sono il punto debole di questa serie, in quanto nessuno di essi risulta particolarmente caratterizzato né dotato di grande spessore. Ma anche qui, credo ci si trovi davanti a una scelta consapevole, in quanto questa serie non poggia particolarmente su vicende e personaggi, quanto su concetti e sensazioni.
Qualcuno ha criticato la totale assenza di humor e i molti e lunghi silenzi. A mio avviso sono proprio elementi del genere a rendere "Serial Experiments Lain" ciò che è, e là dove alcuni vedono difetti io vedo i tratti distintivi di un'ottima opera d'animazione che è riuscita ad andare esattamente dove voleva andare, con qualche difetto senz'altro, ma con grande stile.
I punti di forza di questa serie? Le sigle e le atmosfere. Le sigle sono tra le più belle canzoni che io abbia mai ascoltato e si sposano alla perfezione con l'umore della serie. L'atmosfera è pesante e rende la serie pesante, sì. Tutto questo è voluto e realizzato egregiamente, se non piace è solo una questione di gusti. L'elemento onnipresente è il ronzio dell'elettricità, con frequenti inquadrature dei tralicci e dei cavi dell'alta tensione che svettano in un cielo abbagliato di eccessiva luce. A mio avviso un tocco di classe. La colorazione di quest'anime è decisamente ben fatta ed è fondamentale nel rendere la sensazione di grigiore e di oppressione che vuol essere trasmessa.
I personaggi sono il punto debole di questa serie, in quanto nessuno di essi risulta particolarmente caratterizzato né dotato di grande spessore. Ma anche qui, credo ci si trovi davanti a una scelta consapevole, in quanto questa serie non poggia particolarmente su vicende e personaggi, quanto su concetti e sensazioni.
Qualcuno ha criticato la totale assenza di humor e i molti e lunghi silenzi. A mio avviso sono proprio elementi del genere a rendere "Serial Experiments Lain" ciò che è, e là dove alcuni vedono difetti io vedo i tratti distintivi di un'ottima opera d'animazione che è riuscita ad andare esattamente dove voleva andare, con qualche difetto senz'altro, ma con grande stile.
Nel 1998 venne trasmesso in Giappone, tra inizio luglio e la fine di settembre, il controverso anime fantascientifico “serial experiments lain”. Diretto da Ryūtarō Nakamura, scritto da Chiaki J. Konaka con il soggetto di Yoshitoshi ABe, dallo studio Triangle Staff, la coraggiosa impresa di parlare di temi importanti e complicati come la comunicazione, l’identità e la realtà prese forma attraverso l’uso delle vie del cyberpunk, la storia dell’informatica, le teorie di cospirazione e la filosofia. In soli tredici episodi dal formato classico di circa venti minuti la storia di Lain Iwakura, la giovane protagonista della vicenda, si districherà in un complesso viaggio in un mondo moderno con inquietanti tecnologie alternative e futuristiche che adesso, a venti anni di distanza, sono già realtà.
Trama: durante una classica notte rumorosa, piena di luci lampeggianti, in un città che assume tutto un altro volto quando il sole cala, una giovane studentessa delle medie, con rassegnata felicità, decide di suicidarsi buttandosi dall’ultimo piano di un palazzo e scuotendo così, per un attimo, gli animi delle persone.
Siamo a Tokyo e la notizia di una strana email inviata dalla ragazza che è morta si diffonde presto nella scuola media che Lain Iwakura frequenta. Lei però resta all’oscuro di tutto: non accende mai il suo NAVI (personal computer altamente avanzati che permettono una vasta connessione al Wired, un’alternativa versione di Internet) e dice di non capire molto di tecnologia. Incitata però dalle proprie compagne di classe, un giorno anche lei controlla la casella email e trova un messaggio che non dovrebbe esistere in quanto è stato scritto, in tempo reale, da un ragazza ormai morta.
Le giornate di Lain erano grigie, monotone e vuote. Sempre uguali, anche se terribilmente rumorose. Questa scoperta, fuori dall’ordinario, sembra darle un appiglio a cui aggrapparsi. Intenzionata a scoprire cosa sta succedendo, più per sé stessa che per il bene di qualcosa di superiore che lei nemmeno percepisce, chiede al padre un nuovo NAVI. Questo sarà per Lain solo l’inizio di un tortuoso viaggio in cerca della risposta alla domanda più grande: chi è Lain Iwakura?
Pubblicato nei primi anni 2000 dalla Dynamic Italia e Dynit in quattro VHS e quattro DVD, con un’ottima trasposizione in italiano, quest’opera mette alla prova lo spettatore fin dal primo episodio. Infatti ci troviamo catapultati in un mondo moderno pieno di luci e rumori tra cui sovrasta ogni cosa il ronzio dei pali elettrici che si vedono ovunque; fanno sempre da sfondo con la loro scura e intricata silhouette. Lain Iwakura ci viene presentata subito come una normale ragazzina di quattordici anni che va a scuola. Osserviamo lei compiere le azioni che probabilmente caratterizzano ogni sua giornata: esce di casa, percorre il viale a piedi, prende la metropolitana, arriva a scuola e prende il suo posto in classe, in un banco posto in prima fila, al centro. Non parla con nessuno e la sua espressione non muta mai. Sembra solo infastidita dal ronzio dei pali elettrici e dal farfugliare delle persone: un mondo rumoroso da cui lei è quasi completamente dissociata.
In effetti il primo episodio è totalmente concentrato sulla sua dissociazione: il mondo sembra mutare intorno a lei mentre cammina o si sposta da un posto a un altro, assumendo fattezze irreali (derealizzazione: quando ciò che ci circonda sembra appartenente a un sogno o comunque irreale). Quando è in classe non riesce a prestare attenzione alla lezione, le si sfoca la vista e il corpo diventa come un oggetto staccato dal suo essere (depersonalizzazione: quando una persona non percepisce correttamente il proprio corpo o parti del corpo, non si riconosce allo specchio e si sente come un robot o comunque qualcosa di artificiale). Questo primo episodio sarà quasi totalmente onirico, dove il confine tra realtà e sogno non è tangibile. Questa è la realtà di Lain, la vita che ogni giorno lei conduce, un’esistenza sconnessa dal mondo.
Siamo in Giappone, quando non c’era spazio per la propria identità e bisognava omologarsi per andare avanti, sperando di trovare un via d’uscita nella vita notturna o tramite il web. Ma qui questa pesante atmosfera è resa ancora peggiore di quanto fosse in realtà in quel periodo. Lain vive sottovuoto, e questo ci viene trasmesso anche da paesaggi e sfondi, volutamente delineati da colori con forti contrasti tra chiaro e scuro, come se l’intera vicenda fosse vissuta in una realtà virtuale, un ologramma di qualcosa che a nessuno è permesso sperimentare.
E finora ho parlato solo del primo episodio.
Se sopravvivete a questo, allora correte fino alla fine dell’intera serie.
Se invece avete faticato a finirlo oppure avete interrotto ancora prima di arrivare ai titoli di coda, avete due strade: lasciate perdere, non fa per voi, e non lo dico con cattiveria, davvero questo anime non è per tutti, da una parte fatico anche a definirlo un anime; oppure aspettate un po’ di tempo e riprovate daccapo.
“serial experiments lain” è un’opera pessimista dove la protagonista è un’antieroina che agisce solo per il proprio interesse. Attraverso la storia dell’informatica, le teorie del complotto, uno strano concetto di religione, la psicologia e la filosofia, seguiremo le impronte lasciate dai romanzi di Philip K. Dick, specialmente “Ubik” e “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, dove il distacco dalla realtà, i problemi d’identità e l’Iperrealtà la fanno da padroni.
La colonna sonora particolare, a tratti ipnotica, completeranno l’immersione in questo abisso pregno di umanità.
E noi, che siamo qui a vent’anni di distanza, possiamo vedere come tutto ciò, grazie ai social network, alla connessione totale e alle informazioni che corrono veloci nei nostri cervelli, sia divenuto realtà.
Come, anche molti anni prima, nei romanzi del grande Philip K. Dick, si era già palesato.
Trama: durante una classica notte rumorosa, piena di luci lampeggianti, in un città che assume tutto un altro volto quando il sole cala, una giovane studentessa delle medie, con rassegnata felicità, decide di suicidarsi buttandosi dall’ultimo piano di un palazzo e scuotendo così, per un attimo, gli animi delle persone.
Siamo a Tokyo e la notizia di una strana email inviata dalla ragazza che è morta si diffonde presto nella scuola media che Lain Iwakura frequenta. Lei però resta all’oscuro di tutto: non accende mai il suo NAVI (personal computer altamente avanzati che permettono una vasta connessione al Wired, un’alternativa versione di Internet) e dice di non capire molto di tecnologia. Incitata però dalle proprie compagne di classe, un giorno anche lei controlla la casella email e trova un messaggio che non dovrebbe esistere in quanto è stato scritto, in tempo reale, da un ragazza ormai morta.
Le giornate di Lain erano grigie, monotone e vuote. Sempre uguali, anche se terribilmente rumorose. Questa scoperta, fuori dall’ordinario, sembra darle un appiglio a cui aggrapparsi. Intenzionata a scoprire cosa sta succedendo, più per sé stessa che per il bene di qualcosa di superiore che lei nemmeno percepisce, chiede al padre un nuovo NAVI. Questo sarà per Lain solo l’inizio di un tortuoso viaggio in cerca della risposta alla domanda più grande: chi è Lain Iwakura?
Pubblicato nei primi anni 2000 dalla Dynamic Italia e Dynit in quattro VHS e quattro DVD, con un’ottima trasposizione in italiano, quest’opera mette alla prova lo spettatore fin dal primo episodio. Infatti ci troviamo catapultati in un mondo moderno pieno di luci e rumori tra cui sovrasta ogni cosa il ronzio dei pali elettrici che si vedono ovunque; fanno sempre da sfondo con la loro scura e intricata silhouette. Lain Iwakura ci viene presentata subito come una normale ragazzina di quattordici anni che va a scuola. Osserviamo lei compiere le azioni che probabilmente caratterizzano ogni sua giornata: esce di casa, percorre il viale a piedi, prende la metropolitana, arriva a scuola e prende il suo posto in classe, in un banco posto in prima fila, al centro. Non parla con nessuno e la sua espressione non muta mai. Sembra solo infastidita dal ronzio dei pali elettrici e dal farfugliare delle persone: un mondo rumoroso da cui lei è quasi completamente dissociata.
In effetti il primo episodio è totalmente concentrato sulla sua dissociazione: il mondo sembra mutare intorno a lei mentre cammina o si sposta da un posto a un altro, assumendo fattezze irreali (derealizzazione: quando ciò che ci circonda sembra appartenente a un sogno o comunque irreale). Quando è in classe non riesce a prestare attenzione alla lezione, le si sfoca la vista e il corpo diventa come un oggetto staccato dal suo essere (depersonalizzazione: quando una persona non percepisce correttamente il proprio corpo o parti del corpo, non si riconosce allo specchio e si sente come un robot o comunque qualcosa di artificiale). Questo primo episodio sarà quasi totalmente onirico, dove il confine tra realtà e sogno non è tangibile. Questa è la realtà di Lain, la vita che ogni giorno lei conduce, un’esistenza sconnessa dal mondo.
Siamo in Giappone, quando non c’era spazio per la propria identità e bisognava omologarsi per andare avanti, sperando di trovare un via d’uscita nella vita notturna o tramite il web. Ma qui questa pesante atmosfera è resa ancora peggiore di quanto fosse in realtà in quel periodo. Lain vive sottovuoto, e questo ci viene trasmesso anche da paesaggi e sfondi, volutamente delineati da colori con forti contrasti tra chiaro e scuro, come se l’intera vicenda fosse vissuta in una realtà virtuale, un ologramma di qualcosa che a nessuno è permesso sperimentare.
E finora ho parlato solo del primo episodio.
Se sopravvivete a questo, allora correte fino alla fine dell’intera serie.
Se invece avete faticato a finirlo oppure avete interrotto ancora prima di arrivare ai titoli di coda, avete due strade: lasciate perdere, non fa per voi, e non lo dico con cattiveria, davvero questo anime non è per tutti, da una parte fatico anche a definirlo un anime; oppure aspettate un po’ di tempo e riprovate daccapo.
“serial experiments lain” è un’opera pessimista dove la protagonista è un’antieroina che agisce solo per il proprio interesse. Attraverso la storia dell’informatica, le teorie del complotto, uno strano concetto di religione, la psicologia e la filosofia, seguiremo le impronte lasciate dai romanzi di Philip K. Dick, specialmente “Ubik” e “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, dove il distacco dalla realtà, i problemi d’identità e l’Iperrealtà la fanno da padroni.
La colonna sonora particolare, a tratti ipnotica, completeranno l’immersione in questo abisso pregno di umanità.
E noi, che siamo qui a vent’anni di distanza, possiamo vedere come tutto ciò, grazie ai social network, alla connessione totale e alle informazioni che corrono veloci nei nostri cervelli, sia divenuto realtà.
Come, anche molti anni prima, nei romanzi del grande Philip K. Dick, si era già palesato.
Alla fine del ventesimo secolo il produttore Yasuyuki Ueda, il character designer Yoshitoshi ABe, lo sceneggiatore Chiaki J. Konaka e il regista Ryutaro Nakamura uniscono le forze per dare origine a una delle opere più significative del genere cyberpunk e dell’animazione giapponese in generale: nel 1998 va così in onda “Serial Experiments Lain”, anime di tredici episodi realizzato dallo studio Triangle Staff.
La trama vede come protagonista Lain Iwakura, una studentessa timida e riservata senza molti amici. Un giorno la ragazza (e come lei altri compagni di classe) riceve una mail da Chisa Yomoda, una sua coetanea suicidatasi tempo prima che afferma di essere viva all’interno del mondo virtuale chiamato “Wired”. Lain decide allora di riesumare il suo vecchio Navi e incomincia ad addentrarsi sempre più nell’oscuro mondo del web.
Di sicuro non è facile approcciarsi a un’opera come “Serial Experiments Lain” che, con la sua narrazione abbastanza ostica, non si presenta come un prodotto atto a soddisfare le masse in cerca di puro intrattenimento. Ma, se non disdegnate gli anime di nicchia ad alto livello contenutistico, allora la serie è un must da guardare almeno una volta nella vita. In soli tredici episodi, infatti, l’opera riesce ad affrontare un numero impressionante di tematiche, usando come punto di riferimento e termine di paragone il mondo virtuale e le problematiche ad esso legate. Oltre a soffermarsi su questioni come la dipendenza dal web, il rifugio in un universo diverso da quello reale, la nociva sovrapposizione di due realtà che dovrebbero rimanere separate o la diffusione di rumor che rovinano per sempre la vita di qualcuno, “Serial Experiments Lain” usa le nuove tecnologie per ricollegarsi a concetti etici, filosofici e teologici: ecco quindi che la creazione di un network accessibile senza l’ausilio di apparecchi elettronici trova il suo corrispettivo nella plasmazione di una coscienza collettiva libera da supporti fisici quali i corpi; ecco che l’essenza di un individuo e i ricordi ad esso collegati vengono accostati a una mera registrazione che può essere cancellata e ricreata senza difficoltà alcuna; ecco che l’adorazione da parte di un gruppo di fedeli arriva a confermare l’esistenza di una divinità nello stesso modo in cui una voce messa in giro da qualcuno viene propugnata da un certo numero di fervidi sostenitori.
A quest’ottimo scenario si aggiunge inoltre la profonda introspezione psicologica di cui sarà oggetto la protagonista: tramite la scoperta di verità scioccanti, Lain dovrà infatti far fronte a lati di sé stessa che nemmeno conosceva e si interrogherà più volte su quale sia il suo vero Io, se quello che lei effettivamente conosce o quello con il quale è conosciuta da tutti sul Wired. Anche gli altri personaggi, tra i quali i familiari della ragazza o la sua amica Arisu/Alice, vengono caratterizzati a sufficienza, ma di sicuro è Lain l’unica a beneficiare di un approfondimento tanto complesso e ricco di sfaccettature.
A raccontarci nella maniera più adeguata una storia tanto angosciante e surreale, ci pensa un comparto tecnico curato nei minimi dettagli. La regia di Ryutaro Nakamura predilige una narrazione lenta e silenziosa, in cui le scene prive di dialoghi, oltre ad essere incredibilmente esplicative, contribuiscono alla creazione di un’atmosfera opprimente e disturbante. La soundtrack è formata da tracce ora martellanti ora ricche di assoli di chitarra distorti, e si alterna spesso all’utilizzo di effetti sonori prolungati come il ronzio prodotto dalle apparecchiature elettriche. Il comparto visivo, sicuramente non da meno, propone sfondi luminosi e desolati, in cui un accecante bianco contrasta con ombre nere in cui è possibile intravedere delle macchie somiglianti a pozze di sangue (che stanno forse a rappresentare il Wired); in eguale quantità sono presenti ambientazioni cupe e claustrofobiche in cui spicca la luce accecante prodotta dal monitor, scenari notturni disseminati di lampioni e luci al neon, nightclub in cui effetti stroboscopici ricreano perfettamente il clima tipico delle discoteche. Da ricordare inoltre l’uso di immagini astratte e psichedeliche che accentuano le atmosfere alienanti prodotte dal web. Menzione d’onore, infine, per la malinconica ma affascinante opening “Duvet” eseguita dai Bôa.
In conclusione, “Serial Experiments Lain” è un’opera singolare e di difficile comprensione, ma che guardata con la dovuta attenzione è in grado di fornire spunti di riflessione non di poco conto. Le varie tematiche affrontate, tra l’altro, risultano ancora più significative nel panorama odierno, dove le problematiche legate al mondo virtuale sono certamente più consistenti rispetto all’anno di produzione della serie. Voto: 10.
La trama vede come protagonista Lain Iwakura, una studentessa timida e riservata senza molti amici. Un giorno la ragazza (e come lei altri compagni di classe) riceve una mail da Chisa Yomoda, una sua coetanea suicidatasi tempo prima che afferma di essere viva all’interno del mondo virtuale chiamato “Wired”. Lain decide allora di riesumare il suo vecchio Navi e incomincia ad addentrarsi sempre più nell’oscuro mondo del web.
Di sicuro non è facile approcciarsi a un’opera come “Serial Experiments Lain” che, con la sua narrazione abbastanza ostica, non si presenta come un prodotto atto a soddisfare le masse in cerca di puro intrattenimento. Ma, se non disdegnate gli anime di nicchia ad alto livello contenutistico, allora la serie è un must da guardare almeno una volta nella vita. In soli tredici episodi, infatti, l’opera riesce ad affrontare un numero impressionante di tematiche, usando come punto di riferimento e termine di paragone il mondo virtuale e le problematiche ad esso legate. Oltre a soffermarsi su questioni come la dipendenza dal web, il rifugio in un universo diverso da quello reale, la nociva sovrapposizione di due realtà che dovrebbero rimanere separate o la diffusione di rumor che rovinano per sempre la vita di qualcuno, “Serial Experiments Lain” usa le nuove tecnologie per ricollegarsi a concetti etici, filosofici e teologici: ecco quindi che la creazione di un network accessibile senza l’ausilio di apparecchi elettronici trova il suo corrispettivo nella plasmazione di una coscienza collettiva libera da supporti fisici quali i corpi; ecco che l’essenza di un individuo e i ricordi ad esso collegati vengono accostati a una mera registrazione che può essere cancellata e ricreata senza difficoltà alcuna; ecco che l’adorazione da parte di un gruppo di fedeli arriva a confermare l’esistenza di una divinità nello stesso modo in cui una voce messa in giro da qualcuno viene propugnata da un certo numero di fervidi sostenitori.
A quest’ottimo scenario si aggiunge inoltre la profonda introspezione psicologica di cui sarà oggetto la protagonista: tramite la scoperta di verità scioccanti, Lain dovrà infatti far fronte a lati di sé stessa che nemmeno conosceva e si interrogherà più volte su quale sia il suo vero Io, se quello che lei effettivamente conosce o quello con il quale è conosciuta da tutti sul Wired. Anche gli altri personaggi, tra i quali i familiari della ragazza o la sua amica Arisu/Alice, vengono caratterizzati a sufficienza, ma di sicuro è Lain l’unica a beneficiare di un approfondimento tanto complesso e ricco di sfaccettature.
A raccontarci nella maniera più adeguata una storia tanto angosciante e surreale, ci pensa un comparto tecnico curato nei minimi dettagli. La regia di Ryutaro Nakamura predilige una narrazione lenta e silenziosa, in cui le scene prive di dialoghi, oltre ad essere incredibilmente esplicative, contribuiscono alla creazione di un’atmosfera opprimente e disturbante. La soundtrack è formata da tracce ora martellanti ora ricche di assoli di chitarra distorti, e si alterna spesso all’utilizzo di effetti sonori prolungati come il ronzio prodotto dalle apparecchiature elettriche. Il comparto visivo, sicuramente non da meno, propone sfondi luminosi e desolati, in cui un accecante bianco contrasta con ombre nere in cui è possibile intravedere delle macchie somiglianti a pozze di sangue (che stanno forse a rappresentare il Wired); in eguale quantità sono presenti ambientazioni cupe e claustrofobiche in cui spicca la luce accecante prodotta dal monitor, scenari notturni disseminati di lampioni e luci al neon, nightclub in cui effetti stroboscopici ricreano perfettamente il clima tipico delle discoteche. Da ricordare inoltre l’uso di immagini astratte e psichedeliche che accentuano le atmosfere alienanti prodotte dal web. Menzione d’onore, infine, per la malinconica ma affascinante opening “Duvet” eseguita dai Bôa.
In conclusione, “Serial Experiments Lain” è un’opera singolare e di difficile comprensione, ma che guardata con la dovuta attenzione è in grado di fornire spunti di riflessione non di poco conto. Le varie tematiche affrontate, tra l’altro, risultano ancora più significative nel panorama odierno, dove le problematiche legate al mondo virtuale sono certamente più consistenti rispetto all’anno di produzione della serie. Voto: 10.
Ambientato ad inizio del nuovo millennio, la trama inizia con il suicidio di una liceale e con i messaggi che quest'ultima invia, via una versione simile al nostro web, ovvero il "Wired", alle sue compagne di scuola, inizialmente indifferenti alla sua morte.
Si tratta di un anime dalla durata davvero breve, ma dalle emozioni intensissime.
E' sicuramente figlio del suo tempo (l’inizio del nuovo millennio), e la cosa si può notare tranquillamente oggi (2019), sia dal punto di vista della grafica che da quello dell’ambientazione stessa, soprattutto per via della tecnologia utilizzata dai personaggi (elemento che la fa da padrone). Il tema della tecnologia, a mio avviso, è centrale, e nell’opera è trattato in maniera interessante e quasi profetico, visto quello che sarebbe avvenuto di lì a pochi lustri di distanza, ovvero ai giorni nostri: una sorta di interazione quasi assoluta tra le tecnologie e i mezzi di comunicazione di massa di natura informatica e gli esseri umani.
Nell'anime, infatti, la protagonista si trova a interagire con un mondo simile al nostro Internet, ovvero il "Wired", che collega virtualmente migliaia di persone in tutto il mondo.
In una trama molto intensa e volutamente confusionaria vediamo la prospettiva della giovanissima ma intelligente Lain che si muove come in una realtà ovattata, alle prese con personaggi che sembrano del tutto assorbiti dai loro piani più o meno segreti e dalle loro "fissazioni". E in questo lei sembra vivere come separata dal resto del mondo, in una crescita interiore, personale, quasi un bildungsroman dei tempi moderni, ma tutto moderno e a tratti claustrofobico. La ragazza infatti sembra vivere e agire in una realtà nella quale esiste soltanto lei... e, in tutta onestà, anche questo è un tema che anticipa certe realtà successive alla messa in onda dell'anime, come l'isolamento di molte persone dal resto della società, cui spesso si assiste nel mondo d'oggi (hikikomori et similia).
Un anime sicuramente da vedere. Uno dei capolavori assoluti dell’animazione giapponese, senza se e senza ma. Lain alla fine risulta un personaggio memorabile.
Reparto sigle d'impatto. Reparto grafico altrettanto.
Si tratta di un anime dalla durata davvero breve, ma dalle emozioni intensissime.
E' sicuramente figlio del suo tempo (l’inizio del nuovo millennio), e la cosa si può notare tranquillamente oggi (2019), sia dal punto di vista della grafica che da quello dell’ambientazione stessa, soprattutto per via della tecnologia utilizzata dai personaggi (elemento che la fa da padrone). Il tema della tecnologia, a mio avviso, è centrale, e nell’opera è trattato in maniera interessante e quasi profetico, visto quello che sarebbe avvenuto di lì a pochi lustri di distanza, ovvero ai giorni nostri: una sorta di interazione quasi assoluta tra le tecnologie e i mezzi di comunicazione di massa di natura informatica e gli esseri umani.
Nell'anime, infatti, la protagonista si trova a interagire con un mondo simile al nostro Internet, ovvero il "Wired", che collega virtualmente migliaia di persone in tutto il mondo.
In una trama molto intensa e volutamente confusionaria vediamo la prospettiva della giovanissima ma intelligente Lain che si muove come in una realtà ovattata, alle prese con personaggi che sembrano del tutto assorbiti dai loro piani più o meno segreti e dalle loro "fissazioni". E in questo lei sembra vivere come separata dal resto del mondo, in una crescita interiore, personale, quasi un bildungsroman dei tempi moderni, ma tutto moderno e a tratti claustrofobico. La ragazza infatti sembra vivere e agire in una realtà nella quale esiste soltanto lei... e, in tutta onestà, anche questo è un tema che anticipa certe realtà successive alla messa in onda dell'anime, come l'isolamento di molte persone dal resto della società, cui spesso si assiste nel mondo d'oggi (hikikomori et similia).
Un anime sicuramente da vedere. Uno dei capolavori assoluti dell’animazione giapponese, senza se e senza ma. Lain alla fine risulta un personaggio memorabile.
Reparto sigle d'impatto. Reparto grafico altrettanto.
"Serial Experiments Lain" è un anime del 1998, e gli autori sono gli stessi di "Texhnolyze".
La nostra storia inizia con una scena di una ragazza che si toglie la vita lanciandosi da un edificio; il giorno seguente la scena si sposta in una scuola dove un terzetto di ragazze parlano di tale evento e di una misteriosa email, poi si rivolgono a un’altra ragazza, chiedendo se anche lei ha ricevuto questa email, ed ecco che appare la nostra protagonista, ovvero Lain.
Lain alle domande delle ragazze risponde di non sapere di cosa parlano; tornata a casa, cerca l’email sul suo computer (che qui si chiama Navi), e da lì le cose cominciano a complicarsi, dato che la ragazza che si era suicidata comincia a parlare con lei e a dirle di venire con lei (no, ragazzi, l’opera non parla di fantasmi, assolutamente no). Da qui incomincerà la nostra opera, ma dobbiamo considerare una cosa che potrebbe sembrare strana a molti, ovvero che la trama per certi versi è secondaria, diciamo che è come una sfoglia, ma quello che conta è cosa c’è dentro, è come un espediente, quindi.
Descrivere quest’opera non è molto facile, nonostante abbia solo tredici episodi, e quindi si possa considerare a tutti gli effetti un anime corto. In così pochi episodi mette tantissima carne al fuoco, soprattutto temi molto complessi; è chiaro che risulta difficile conoscerli tutti e capirli tutti, considerando il loro numero (in un episodio parla pure del Majestic-12, e quindi dell’Area 51 e di varie altre teorie complottistiche e para-scientifiche).
Ci sono alcuni temi che ritengo portanti in "Serial Experiments Lain" o che comunque mi hanno colpito molto: da una parte abbiamo la modifica dei ricordi e, se modificandoli, tali eventi si possano considerare come mai avvenuti, e di come conseguentemente cambi l’Io delle persone a seguito di ricordi cancellati/modificati; un altro tema che ritengo molto importante è quello sulla realtà, o meglio cosa è reale e cosa non lo è, cosa può essere considerato vivo e cosa no in un mondo digitale con entità che vivono nella rete come delle specie di I.A.
Il tema che più di tutti ritengo importate in "Serial Experiments Lain" è quello della rete: nel mondo di Lain si chiama Wired, ed è decisamente una versione con gli steroidi del nostro Internet, dato che permette una full immersion totale, un po’ come in "Sword Art Online", per intenderci. Nell’opera vengono inquadrati molto spesso i fili della corrente, e ci sono intere scene in cui si vedono questi cavi e solo il suono dello scorrere della corrente che si sente specialmente in estate; il Wired viene considerato come un altro mondo, e si parla di permettere una full immersion costante senza device, in poche parole di unire il mondo reale con quello virtuale (e questo si collega con il discorso su cosa è reale e cosa non lo è). In poche parole il Wired viene visto come una rete invisibile e non (ricordate i cavi) che legano tutto il mondo e tutte le persone come un'unica entità pensante, e ci si chiede se in questa rete ci possa essere un Dio come quello che si presume ci sia nel mondo reale (nell’anime c’era pure un omaggio/citazione a un'altra famosa opera cyberpunk, ovvero il film "Akira" del 1988).
Per quanto riguarda il comparto tecnico, nonostante sia un anime del 1998, quindi di vent’anni fa, devo dire che è ottimo, le musiche sono molto particolari (o strane, se preferite) e in molti frangenti totalmente assenti (ricordate prima, quando dicevo del rumore dell’elettricità?).
Le inquadrature sono spesso inquietanti, e tali momenti sono molto presenti nell’opera, e sono numerosi i momenti horror, per così dire; comunque in "Serial Experiments Lain" ci sono moltissime scene (per non dire quasi tutta l’opera) in cui si prova una forte ansia, o per meglio dire un intenso sentimento di inquietudine.
L’opera ha una pesantezza molto forte, e infatti durante la visione personalmente mi è sembrato che gli episodi non finissero mai, però in me non avevo quel senso di frustrazione che voleva che l’episodio finisse il prima possibile: forse è un segno della profondità dell’opera, ma è una sensazione che è difficile spiegare ad altri, diciamo che è un cosa molto personale.
"Serial Experiments Lain", considerando che è uscito vent’anni fa, ovvero nel 1998, ha per certi versi predetto molte cose che riguardano Internet e che potrebbero riguardarlo ancora di più secondo me nei prossimi anni/decenni, quando avremo delle tecnologie che soprattutto vent’anni fa sembravano fantascienza; alla fine ormai veramente tutto il mondo è interconnesso, ormai ogni device può essere connesso alla rete e far di tutto da PC fissi o portatili che siano, e poi tablet, smartphone, smartwatch, frigoriferi, condizionatori, auto ecc. tutti abbiamo Internet (veloce) a casa e lo usiamo per tutto. Parliamo di miliardi persone, e rinunciare ad esso ci sembra assurdo come rinunciare al fuoco per gli umani preistorici, abbiamo un'identità digitale, basti pensare a Facebook (e non solo), dove ormai pure per assumere i datori di lavoro guardano il profilo; diciamo che penso che bisognava avere una mente geniale (o contorta, dipende dai punti di vista) come gli autori di "Serial Experiments Lain", per poter immaginare qualcosa del genere.
Alla fine ritengo "Serial Experiments Lain" un magnifico anime, però abbastanza di nicchia, quindi a molti potrebbe non piacere; rispetto a "Texhnolyze" ha degli elementi che potrebbero farlo apprezzare a più persone, come il fatto di essere ambientato in una società contemporanea e di usare una rete molto simile al nostro Internet, che conosciamo molto bene, mentre da un'altra parte ovviamente ci sono aspetti con un effetto totalmente contrario. In conclusione, penso che quest’opera merita sicuramente che tutti vedano almeno il primo episodio, poi deve essere ognuno a scegliere liberamente se continuarlo o no.
La nostra storia inizia con una scena di una ragazza che si toglie la vita lanciandosi da un edificio; il giorno seguente la scena si sposta in una scuola dove un terzetto di ragazze parlano di tale evento e di una misteriosa email, poi si rivolgono a un’altra ragazza, chiedendo se anche lei ha ricevuto questa email, ed ecco che appare la nostra protagonista, ovvero Lain.
Lain alle domande delle ragazze risponde di non sapere di cosa parlano; tornata a casa, cerca l’email sul suo computer (che qui si chiama Navi), e da lì le cose cominciano a complicarsi, dato che la ragazza che si era suicidata comincia a parlare con lei e a dirle di venire con lei (no, ragazzi, l’opera non parla di fantasmi, assolutamente no). Da qui incomincerà la nostra opera, ma dobbiamo considerare una cosa che potrebbe sembrare strana a molti, ovvero che la trama per certi versi è secondaria, diciamo che è come una sfoglia, ma quello che conta è cosa c’è dentro, è come un espediente, quindi.
Descrivere quest’opera non è molto facile, nonostante abbia solo tredici episodi, e quindi si possa considerare a tutti gli effetti un anime corto. In così pochi episodi mette tantissima carne al fuoco, soprattutto temi molto complessi; è chiaro che risulta difficile conoscerli tutti e capirli tutti, considerando il loro numero (in un episodio parla pure del Majestic-12, e quindi dell’Area 51 e di varie altre teorie complottistiche e para-scientifiche).
Ci sono alcuni temi che ritengo portanti in "Serial Experiments Lain" o che comunque mi hanno colpito molto: da una parte abbiamo la modifica dei ricordi e, se modificandoli, tali eventi si possano considerare come mai avvenuti, e di come conseguentemente cambi l’Io delle persone a seguito di ricordi cancellati/modificati; un altro tema che ritengo molto importante è quello sulla realtà, o meglio cosa è reale e cosa non lo è, cosa può essere considerato vivo e cosa no in un mondo digitale con entità che vivono nella rete come delle specie di I.A.
Il tema che più di tutti ritengo importate in "Serial Experiments Lain" è quello della rete: nel mondo di Lain si chiama Wired, ed è decisamente una versione con gli steroidi del nostro Internet, dato che permette una full immersion totale, un po’ come in "Sword Art Online", per intenderci. Nell’opera vengono inquadrati molto spesso i fili della corrente, e ci sono intere scene in cui si vedono questi cavi e solo il suono dello scorrere della corrente che si sente specialmente in estate; il Wired viene considerato come un altro mondo, e si parla di permettere una full immersion costante senza device, in poche parole di unire il mondo reale con quello virtuale (e questo si collega con il discorso su cosa è reale e cosa non lo è). In poche parole il Wired viene visto come una rete invisibile e non (ricordate i cavi) che legano tutto il mondo e tutte le persone come un'unica entità pensante, e ci si chiede se in questa rete ci possa essere un Dio come quello che si presume ci sia nel mondo reale (nell’anime c’era pure un omaggio/citazione a un'altra famosa opera cyberpunk, ovvero il film "Akira" del 1988).
Per quanto riguarda il comparto tecnico, nonostante sia un anime del 1998, quindi di vent’anni fa, devo dire che è ottimo, le musiche sono molto particolari (o strane, se preferite) e in molti frangenti totalmente assenti (ricordate prima, quando dicevo del rumore dell’elettricità?).
Le inquadrature sono spesso inquietanti, e tali momenti sono molto presenti nell’opera, e sono numerosi i momenti horror, per così dire; comunque in "Serial Experiments Lain" ci sono moltissime scene (per non dire quasi tutta l’opera) in cui si prova una forte ansia, o per meglio dire un intenso sentimento di inquietudine.
L’opera ha una pesantezza molto forte, e infatti durante la visione personalmente mi è sembrato che gli episodi non finissero mai, però in me non avevo quel senso di frustrazione che voleva che l’episodio finisse il prima possibile: forse è un segno della profondità dell’opera, ma è una sensazione che è difficile spiegare ad altri, diciamo che è un cosa molto personale.
"Serial Experiments Lain", considerando che è uscito vent’anni fa, ovvero nel 1998, ha per certi versi predetto molte cose che riguardano Internet e che potrebbero riguardarlo ancora di più secondo me nei prossimi anni/decenni, quando avremo delle tecnologie che soprattutto vent’anni fa sembravano fantascienza; alla fine ormai veramente tutto il mondo è interconnesso, ormai ogni device può essere connesso alla rete e far di tutto da PC fissi o portatili che siano, e poi tablet, smartphone, smartwatch, frigoriferi, condizionatori, auto ecc. tutti abbiamo Internet (veloce) a casa e lo usiamo per tutto. Parliamo di miliardi persone, e rinunciare ad esso ci sembra assurdo come rinunciare al fuoco per gli umani preistorici, abbiamo un'identità digitale, basti pensare a Facebook (e non solo), dove ormai pure per assumere i datori di lavoro guardano il profilo; diciamo che penso che bisognava avere una mente geniale (o contorta, dipende dai punti di vista) come gli autori di "Serial Experiments Lain", per poter immaginare qualcosa del genere.
Alla fine ritengo "Serial Experiments Lain" un magnifico anime, però abbastanza di nicchia, quindi a molti potrebbe non piacere; rispetto a "Texhnolyze" ha degli elementi che potrebbero farlo apprezzare a più persone, come il fatto di essere ambientato in una società contemporanea e di usare una rete molto simile al nostro Internet, che conosciamo molto bene, mentre da un'altra parte ovviamente ci sono aspetti con un effetto totalmente contrario. In conclusione, penso che quest’opera merita sicuramente che tutti vedano almeno il primo episodio, poi deve essere ognuno a scegliere liberamente se continuarlo o no.
Prima di rivedere “serial experiments lain” una seconda volta, le parole che vedevo accomunate più di frequente a quest’opera erano: profetica, devastante, spietata e reale. Tutti termine chi si legano a “serial experiments lain” in maniera terribilmente vera.
“serial experiments lain” nasce nel 1998 da un soggetto scritto a due mani dall'illustratore Yoshitoshi ABe e dal produttore Yasuyuki Ueda, e può essere considerata - a tutti gli effetti - come un’opera rivoluzionaria al pari dei precedenti “Neon Genesis Evangelion” (da cui peraltro ha preso spunto) e “La rivoluzione di Utena”.
Nonostante siano passati vent’anni dalla sua uscita, è proprio oggigiorno che ci rendiamo conto di quanto profetiche siano state le intuizioni degli autori, nel voler dipingere quello che allora era un problema che si stava a malapena affacciando.
Descrivere la trama di “serial experiments lain” è quasi impossibile o, quanto meno, risulterebbe abbastanza riduttivo, specie se teniamo conto del fatto che la trama non è niente più di una cornice secondaria. L’incipit ci mostra il suicidio di una ragazza e il conseguente invio di mail, da parte della morta, a diverse compagne di classe. Lain, una ragazza con evidenti difficoltà a socializzare, rimane estraniata dagli eventi, non avendo un computer, e, facendoselo regalare, inizia la sua epopea nel mondo di Internet, con conseguenti messe in dubbio sulla sua reale identità.
In quest’opera, il cyberspazio prende il nome di Wired, e viene presentato come una rete informatica futuristica e probabilmente potenziata, in cui è possibile trasferire la propria coscienza. A questo va aggiunto che nel Wired si rintanano diversi inquietanti misteri, tra cui la presenza di un’entità, proclamatasi Dio, che, disprezzando la materia fisica, spinge le persone del mondo reale a fare a meno del proprio corpo, per trovare la propria felicità.
E’ difficile parlare con ordine di tutto ciò che “serial experiments lain” ha da offrire, così come è difficile seguire il susseguirsi degli eventi, riuscendo a cogliere il più piccolo dei dettagli (motivo per cui, vedere “serial experiments lain” un’unica volta è sconsigliatissimo). L’opera vuole analizzare diverse tematiche, prima fra tutte l’alienazione dell’umanità, che perde il proprio tempo in locali alla moda, droghe cibernetiche, cyberspazio...
Il viaggio dei protagonisti è tutto un’allegoria, che ci mostra come le nuove tecnologie possano creare una dipendenza tale, da mettere in dubbio la propria individualità. Lain stessa, nel momento in cui entra in contatto con questo mondo, è combattuta tra due sé: da una parte resta affascinata da questa falsa realtà, in cui mostra una personalità severa, egoista, spericolata; dall’altra ne ha paura, teme di non trovare sicurezze, tanto da interrogarsi di continuo su chi lei sia davvero, e su quale delle due personalità che sfoceranno nella serie sia quella vera. Lain è la rappresentazione delle nostre paure recondite, del timore della frammentazione del proprio io.
Un problema terrificante, se ci si pensa bene, messo in luce anche dagli altri personaggi, dalle inquadrature, dall’atmosfera onirica, e da una regia sensazionale. Anche alcune frasi infondono la giusta dose di inquietudine, basti pensare al padre di Lain che, regalatole un computer, le dice: «Bene, ora non avrai più bisogno di uscire e vedere i tuoi amici».
Interessante, a questo proposito, anche l’immagine di Dio che ci viene proposta. Più volte, mi è venuto spontaneo chiedermi se l’autore fosse ateo, o se la sua fosse una critica a chi lo è. Ma chi è il Dio che ci viene presentato nella serie? E’ il Dio che le religioni ci hanno abituato ad adorare? Non è forse la rappresentazione del singolo uomo che, all’interno di uno spazio fittizio come può esserlo Internet, si sente una divinità, contrariamente a com’è nel mondo reale, in cui la sua individualità non è altro che una mediocre comparsata?
Anche l’aspetto citazionistico è tutto da lodare. Se, tecnicamente, molte inquadrature e scelte registiche ci ricordano quelle di “Neon Genesis Evangelion” (e la stima verso Anno si nota tutta), la regia rielabora un po’ quello che è lo stile di David Lynch, con inquadrature che mettono inquietudine e ansia.
Più e più volte, le riprese si focalizzano sui tralicci, sui cavi (come il Navi di Lain, che viene presentato con una miriade di cavetti), sui primi piani di personaggi totalmente alienati (bellissimo, a questo proposito, il fatto che di Lain vengano spesso inquadrati gli occhi che, il più delle volte, risultano come vuoti) e inquietanti (come i genitori e la sorella di Lain, che sembrano più dei burattini).
Sempre per quanto riguarda le citazioni, mi è sembrato di notare un certo richiamo alla famosa opera di Carroll “Alice in Wonderland”. Come Alice è una ragazza che viaggia in un mondo surreale e bizzarro, rimanendone affascinata, ma impaurita, così Lain resta affascinata e terrorizzata dal Wired. Peraltro, e non so se sia fatto di proposito o meno, la migliore amica di Lain si chiama appunto Arisu, ovvero Alice.
Ogni problema reale legato alla dipendenza dalle nuove tecnologie ci viene mostrato ampiamente, e da qui affiorano tutte le ovvie domande e le ovvie paure che ci si pongono ogni giorno: il non essere certi che ciò che viene scritto su Internet sia reale, sia sicuro, o non venga manipolato da altri...
Insomma, “serial experiments lain” si mantiene, anche a distanza di vent’anni, una serie attualissima e incredibilmente vera, che dipinge il mondo il post-avvento di Internet in maniera terribilmente realistica.
“serial experiments lain” nasce nel 1998 da un soggetto scritto a due mani dall'illustratore Yoshitoshi ABe e dal produttore Yasuyuki Ueda, e può essere considerata - a tutti gli effetti - come un’opera rivoluzionaria al pari dei precedenti “Neon Genesis Evangelion” (da cui peraltro ha preso spunto) e “La rivoluzione di Utena”.
Nonostante siano passati vent’anni dalla sua uscita, è proprio oggigiorno che ci rendiamo conto di quanto profetiche siano state le intuizioni degli autori, nel voler dipingere quello che allora era un problema che si stava a malapena affacciando.
Descrivere la trama di “serial experiments lain” è quasi impossibile o, quanto meno, risulterebbe abbastanza riduttivo, specie se teniamo conto del fatto che la trama non è niente più di una cornice secondaria. L’incipit ci mostra il suicidio di una ragazza e il conseguente invio di mail, da parte della morta, a diverse compagne di classe. Lain, una ragazza con evidenti difficoltà a socializzare, rimane estraniata dagli eventi, non avendo un computer, e, facendoselo regalare, inizia la sua epopea nel mondo di Internet, con conseguenti messe in dubbio sulla sua reale identità.
In quest’opera, il cyberspazio prende il nome di Wired, e viene presentato come una rete informatica futuristica e probabilmente potenziata, in cui è possibile trasferire la propria coscienza. A questo va aggiunto che nel Wired si rintanano diversi inquietanti misteri, tra cui la presenza di un’entità, proclamatasi Dio, che, disprezzando la materia fisica, spinge le persone del mondo reale a fare a meno del proprio corpo, per trovare la propria felicità.
E’ difficile parlare con ordine di tutto ciò che “serial experiments lain” ha da offrire, così come è difficile seguire il susseguirsi degli eventi, riuscendo a cogliere il più piccolo dei dettagli (motivo per cui, vedere “serial experiments lain” un’unica volta è sconsigliatissimo). L’opera vuole analizzare diverse tematiche, prima fra tutte l’alienazione dell’umanità, che perde il proprio tempo in locali alla moda, droghe cibernetiche, cyberspazio...
Il viaggio dei protagonisti è tutto un’allegoria, che ci mostra come le nuove tecnologie possano creare una dipendenza tale, da mettere in dubbio la propria individualità. Lain stessa, nel momento in cui entra in contatto con questo mondo, è combattuta tra due sé: da una parte resta affascinata da questa falsa realtà, in cui mostra una personalità severa, egoista, spericolata; dall’altra ne ha paura, teme di non trovare sicurezze, tanto da interrogarsi di continuo su chi lei sia davvero, e su quale delle due personalità che sfoceranno nella serie sia quella vera. Lain è la rappresentazione delle nostre paure recondite, del timore della frammentazione del proprio io.
Un problema terrificante, se ci si pensa bene, messo in luce anche dagli altri personaggi, dalle inquadrature, dall’atmosfera onirica, e da una regia sensazionale. Anche alcune frasi infondono la giusta dose di inquietudine, basti pensare al padre di Lain che, regalatole un computer, le dice: «Bene, ora non avrai più bisogno di uscire e vedere i tuoi amici».
Interessante, a questo proposito, anche l’immagine di Dio che ci viene proposta. Più volte, mi è venuto spontaneo chiedermi se l’autore fosse ateo, o se la sua fosse una critica a chi lo è. Ma chi è il Dio che ci viene presentato nella serie? E’ il Dio che le religioni ci hanno abituato ad adorare? Non è forse la rappresentazione del singolo uomo che, all’interno di uno spazio fittizio come può esserlo Internet, si sente una divinità, contrariamente a com’è nel mondo reale, in cui la sua individualità non è altro che una mediocre comparsata?
Anche l’aspetto citazionistico è tutto da lodare. Se, tecnicamente, molte inquadrature e scelte registiche ci ricordano quelle di “Neon Genesis Evangelion” (e la stima verso Anno si nota tutta), la regia rielabora un po’ quello che è lo stile di David Lynch, con inquadrature che mettono inquietudine e ansia.
Più e più volte, le riprese si focalizzano sui tralicci, sui cavi (come il Navi di Lain, che viene presentato con una miriade di cavetti), sui primi piani di personaggi totalmente alienati (bellissimo, a questo proposito, il fatto che di Lain vengano spesso inquadrati gli occhi che, il più delle volte, risultano come vuoti) e inquietanti (come i genitori e la sorella di Lain, che sembrano più dei burattini).
Sempre per quanto riguarda le citazioni, mi è sembrato di notare un certo richiamo alla famosa opera di Carroll “Alice in Wonderland”. Come Alice è una ragazza che viaggia in un mondo surreale e bizzarro, rimanendone affascinata, ma impaurita, così Lain resta affascinata e terrorizzata dal Wired. Peraltro, e non so se sia fatto di proposito o meno, la migliore amica di Lain si chiama appunto Arisu, ovvero Alice.
Ogni problema reale legato alla dipendenza dalle nuove tecnologie ci viene mostrato ampiamente, e da qui affiorano tutte le ovvie domande e le ovvie paure che ci si pongono ogni giorno: il non essere certi che ciò che viene scritto su Internet sia reale, sia sicuro, o non venga manipolato da altri...
Insomma, “serial experiments lain” si mantiene, anche a distanza di vent’anni, una serie attualissima e incredibilmente vera, che dipinge il mondo il post-avvento di Internet in maniera terribilmente realistica.
Negli anni '90 in italia era già un lusso poter avere una connessione 56k e poter rimanere collegati ad Internet per due ore al giorno; ovviamente, se qualcuno doveva telefonare, si staccava la connessione, diminuendo ulteriormente le proprie possibilità in rete. Ci siamo quindi abituati ad Internet gradatamente, impiegandoci relativamente molto tempo, tanto da poterci definire una società connessa solo con l'avvento degli smartphone. In Giappone non è andata così, la società dell'informazione è arrivata di colpo, e, in un periodo già di per sé ricco di turbolenti cambiamenti, causando accanto all'entusiasmo anche straniamento.
Proprio qui sta il fulcro centrale di "serial experiments lain", un anime la cui caratteristica principale non è quella di essere appunto sperimentale, come si evince dal nome, bensì quella di essere tecnofobica! In questo anime che parla di tecnologia nel '98 considerata futuribile, tutte le scelte stilistiche sono infatti improntate a creare inquietudine e disagio nello spettatore: i lunghi primi piani dei personaggi, dei tralicci della corrente sovraccarica di cavi con in sottofondo solo il ronzio dell'elettricità, l'assenza di sottofondi musicali, la protagonista Lain con un volto poco espressivo e una caratterizzazione alienata, personaggi grotteschi e surreali come i genitori di Lain e i due 'men in black' che spesso troveremo in giro per la città intenti solo ad osservare. Una menzione speciale va poi al computer di Lain, che, come in tutte le rappresentazioni dell'hacker anni '90, comporta un numero sovrabbondante di schermi, cavi e apparecchiature dissipatrici di calore o tutt'al più ad uso sconosciuto, nonché ovviamente delle interfacce grafiche impossibili e la realtà virtuale. Tutto è pensato perfettamente per alienare lo spettatore, che troverà un ambiente confortevole solo negli spazi pubblici comuni come la discoteca Cyberia o la scuola (dove comunque alla lavagna durante le lezioni non sono presenti la matematica o l'inglese, bensì linee di codice di una non ben precisata lingua di programmazione).
Ho accennato prima alla realtà virtuale: questa giocherà un enorme ruolo all'interno della trama, il cui tema portante è proprio la distinzione fra la realtà e la realtà virtuale della rete del wired (l'Internet dell'anime) o addirittura la mancanza di distinzione effettiva. Troveremo a condire il tutto alcuni ragionamenti filosofeggianti sui massimi sistemi nonché l'immancabile personaggio giapponese che vuole diventare dio.
In definitiva, trovo l'ambientazione davvero molto ben realizzata, e sicuramente coinvolgerà lo spettatore curioso; la criptica trama invece è buona per quanto riguarda il suo pur lento ma completo svelamento, scricchiola invece a volte per i contenuti trattati blandamente, vista anche la troppa carne messa a fuoco da una regia fin troppo compiaciuta dell'essere profonda e sperimentale. Le soluzioni adottate sono comunque originali per l'epoca e mi pento di non aver visto questo anime quindici anni prima, lo avrei sicuramente trovato ancor più affascinante.
Proprio qui sta il fulcro centrale di "serial experiments lain", un anime la cui caratteristica principale non è quella di essere appunto sperimentale, come si evince dal nome, bensì quella di essere tecnofobica! In questo anime che parla di tecnologia nel '98 considerata futuribile, tutte le scelte stilistiche sono infatti improntate a creare inquietudine e disagio nello spettatore: i lunghi primi piani dei personaggi, dei tralicci della corrente sovraccarica di cavi con in sottofondo solo il ronzio dell'elettricità, l'assenza di sottofondi musicali, la protagonista Lain con un volto poco espressivo e una caratterizzazione alienata, personaggi grotteschi e surreali come i genitori di Lain e i due 'men in black' che spesso troveremo in giro per la città intenti solo ad osservare. Una menzione speciale va poi al computer di Lain, che, come in tutte le rappresentazioni dell'hacker anni '90, comporta un numero sovrabbondante di schermi, cavi e apparecchiature dissipatrici di calore o tutt'al più ad uso sconosciuto, nonché ovviamente delle interfacce grafiche impossibili e la realtà virtuale. Tutto è pensato perfettamente per alienare lo spettatore, che troverà un ambiente confortevole solo negli spazi pubblici comuni come la discoteca Cyberia o la scuola (dove comunque alla lavagna durante le lezioni non sono presenti la matematica o l'inglese, bensì linee di codice di una non ben precisata lingua di programmazione).
Ho accennato prima alla realtà virtuale: questa giocherà un enorme ruolo all'interno della trama, il cui tema portante è proprio la distinzione fra la realtà e la realtà virtuale della rete del wired (l'Internet dell'anime) o addirittura la mancanza di distinzione effettiva. Troveremo a condire il tutto alcuni ragionamenti filosofeggianti sui massimi sistemi nonché l'immancabile personaggio giapponese che vuole diventare dio.
In definitiva, trovo l'ambientazione davvero molto ben realizzata, e sicuramente coinvolgerà lo spettatore curioso; la criptica trama invece è buona per quanto riguarda il suo pur lento ma completo svelamento, scricchiola invece a volte per i contenuti trattati blandamente, vista anche la troppa carne messa a fuoco da una regia fin troppo compiaciuta dell'essere profonda e sperimentale. Le soluzioni adottate sono comunque originali per l'epoca e mi pento di non aver visto questo anime quindici anni prima, lo avrei sicuramente trovato ancor più affascinante.
Non volendo 'spoilerare' nulla, mi limito a rimanere sul vago, per non rovinare la visione di quest'anime che ho apprezzato e che consiglio di vedere. La trama è ben strutturata, poco ispirato il character design, soprattutto i volti non li ho trovati disegnati molto bene, le musiche e gli ambienti buoni, trasmettono il senso richiesto dalla storia. La trama forse oggi non risulta particolarmente innovativa per via di film come "Matrix" o serie come "Black Mirror"; contestualizzandola però all'epoca della trasmissione dell'anime, è valida, come la crescita psicologica dei personaggi. Forse il ritmo è un po' lento (tuttavia necessario per la complessità della trama), e questo è tra i motivi che mi portano a dargli non più di sette.
C’è un vecchio sketch di Totò, in cui lui racconta di come un tizio abbia cominciato all’improvviso a fracassarlo di mazzate in mezzo alla strada, urlando: “Pasquale, maledetto! Ti debbo sfondare il cranio!” E lui si è preso le mazzate, senza rivelare di non essere Pasquale, perché pensava tra sé: “Voglio proprio vedere questo stupido dove vuole arrivare”. Ecco, questa sono io che guardo “serial experiments lain” (in minuscolo, se no gli autori si arrabbiano): gli episodi non erano noiosi, ma proprio stancanti fisicamente, e arrivare alla fine è stata una fatica. Ma ci sono arrivata, perché la curiosità in me era stata accesa e “volevo proprio vedere questo stupido dove voleva arrivare”.
Non sono del tutto sicura di averlo capito, dove volessero arrivare. Anzi, mi sorge forte il sospetto che non volessero arrivare a niente. Per carità, di tematiche ce ne sono fin troppe e anche belle profonde. Solo la questione dell’io e dell’identità personale, compreso il rapporto con il corpo e la memoria (cos’è che definisce l’identità? La mente o il corpo? O tutt’e due? Ma poi, esiste davvero una cosa che si possa chiamare “io”? Non è solo un’illusione, dovuta all’accumularsi dei ricordi? Se cancelliamo i ricordi, si cancella anche la nostra esistenza?), basterebbe da sola a far andare in tilt il cervello a chiunque. Il punto è che non è da sola, ma è accompagnata da altri ‘ventordicimila’ spunti differenti: il potere della tecnologia, realtà virtuale vs realtà fisica, cosa è Dio, l’incoscio collettivo, teorie del complotto, eccetera. Il tutto presentato nel modo più criptico, confuso e inquietante possibile. E, mentre ho apprezzato molto la parte inquietante, e capisco che parte dell’inquietudine deriva proprio dalla difficoltà a comprendere, non posso dire altrettanto sulla confusione e sul coacervo di temi differenti.
Non è tanto il fatto che l’anime non dia risposte a darmi fastidio. Le storie che vogliono “far pensare” spesso non danno risposte, altrimenti ci sarebbe poco da pensare. Il fatto è che gran parte del tempo lo si perde a cercare di capire di cosa si stia parlando, cosa voglia dire l’onnipresente contrasto fra luce e ombra, o i cavi sospesi, o la bambola che dice frasi ermetiche. Lo sforzo cerebrale è così proteso a cercare di decifrare i simboli e le scene criptiche, che quando li si decifra (o ci si illude di averli decifrati) si è troppo stanchi per riflettere sulle tematiche in sé stesse, che, come illustrato sopra a proposito dell’io, sono molto complesse e profonde di per sé. Peggio ancora, non si è solo stanchi: si è compiaciuti di sé stessi. Oh, ma quanto sono intelligente ad aver capito cosa voleva dire questo passaggio! Oh, ha nominato le madeleine come Proust, di sicuro sta parlando di ricordi! Ma quanto sono fico a conoscere Proust! E via discorrendo. In tutto questo, si accumulano spunti su spunti, citazioni su citazioni, e non si riflette davvero a fondo su niente. Ma non perché l’anime sia superficiale: al contrario, è talmente profondo e complesso da non lasciare il tempo e soprattutto la forza di riflettere sul serio, al di là della risoluzione (presunta) delle scene enigmatiche.
Non dico niente su un paio di buchi nella trama che mi è sembrato di scorgere, perché 1) probabilmente non sono veri buchi, ma sono io che non ci ho capito una mazza, e 2) questo è il tipo di anime in cui la trama ha un’importanza relativa, se non nulla. E questo è un altro problema, dal mio punto di vista. Un film può anche permettersi di essere simbolismo e basta, ma una serie televisiva, con la sua struttura episodica, richiede una trama. Ma vedo che a tanti non ha dato fastidio questa cosa, si vede che è solo un mio problema.
Insomma, credo che a questo punto si sia capito che quest’anime non mi è piaciuto, e il voto soggettivo sarebbe 5. Gli do 8 perché mi rendo conto che quelli che io vedo come difetti in realtà non sono dei veri e propri errori, perché gli autori volevano proprio raggiungere quest’effetto. Volevano creare un anime incomprensibile, che piacesse solo ai Giapponesi, e si sono stupiti nel vederlo apprezzato anche dagli Occidentali. Dal mio punto di vista, sono riusciti benissimo nel loro scopo, quindi non posso che dargli un 8. Non di più, però. Il voto 9 è già in odore di capolavoro e “serial experiments lain” non lo è. I veri capolavori sono, almeno potenzialmente, fruibili da tutti. Non c’è bisogno di essere un esperto d’arte per ammirare il David di Michelangelo. “serial experiments lain” è un anime <i>volutamente</i> di nicchia, scritto da gente snob per essere apprezzato da gente ancora più snob. Ho letto da qualche parte che per capirlo veramente bisogna vederlo almeno due volte, ma, sinceramente, una volta mi è bastata. Vado a riguardarmi Lupin giacca verde per disintossicarmi.
Non sono del tutto sicura di averlo capito, dove volessero arrivare. Anzi, mi sorge forte il sospetto che non volessero arrivare a niente. Per carità, di tematiche ce ne sono fin troppe e anche belle profonde. Solo la questione dell’io e dell’identità personale, compreso il rapporto con il corpo e la memoria (cos’è che definisce l’identità? La mente o il corpo? O tutt’e due? Ma poi, esiste davvero una cosa che si possa chiamare “io”? Non è solo un’illusione, dovuta all’accumularsi dei ricordi? Se cancelliamo i ricordi, si cancella anche la nostra esistenza?), basterebbe da sola a far andare in tilt il cervello a chiunque. Il punto è che non è da sola, ma è accompagnata da altri ‘ventordicimila’ spunti differenti: il potere della tecnologia, realtà virtuale vs realtà fisica, cosa è Dio, l’incoscio collettivo, teorie del complotto, eccetera. Il tutto presentato nel modo più criptico, confuso e inquietante possibile. E, mentre ho apprezzato molto la parte inquietante, e capisco che parte dell’inquietudine deriva proprio dalla difficoltà a comprendere, non posso dire altrettanto sulla confusione e sul coacervo di temi differenti.
Non è tanto il fatto che l’anime non dia risposte a darmi fastidio. Le storie che vogliono “far pensare” spesso non danno risposte, altrimenti ci sarebbe poco da pensare. Il fatto è che gran parte del tempo lo si perde a cercare di capire di cosa si stia parlando, cosa voglia dire l’onnipresente contrasto fra luce e ombra, o i cavi sospesi, o la bambola che dice frasi ermetiche. Lo sforzo cerebrale è così proteso a cercare di decifrare i simboli e le scene criptiche, che quando li si decifra (o ci si illude di averli decifrati) si è troppo stanchi per riflettere sulle tematiche in sé stesse, che, come illustrato sopra a proposito dell’io, sono molto complesse e profonde di per sé. Peggio ancora, non si è solo stanchi: si è compiaciuti di sé stessi. Oh, ma quanto sono intelligente ad aver capito cosa voleva dire questo passaggio! Oh, ha nominato le madeleine come Proust, di sicuro sta parlando di ricordi! Ma quanto sono fico a conoscere Proust! E via discorrendo. In tutto questo, si accumulano spunti su spunti, citazioni su citazioni, e non si riflette davvero a fondo su niente. Ma non perché l’anime sia superficiale: al contrario, è talmente profondo e complesso da non lasciare il tempo e soprattutto la forza di riflettere sul serio, al di là della risoluzione (presunta) delle scene enigmatiche.
Non dico niente su un paio di buchi nella trama che mi è sembrato di scorgere, perché 1) probabilmente non sono veri buchi, ma sono io che non ci ho capito una mazza, e 2) questo è il tipo di anime in cui la trama ha un’importanza relativa, se non nulla. E questo è un altro problema, dal mio punto di vista. Un film può anche permettersi di essere simbolismo e basta, ma una serie televisiva, con la sua struttura episodica, richiede una trama. Ma vedo che a tanti non ha dato fastidio questa cosa, si vede che è solo un mio problema.
Insomma, credo che a questo punto si sia capito che quest’anime non mi è piaciuto, e il voto soggettivo sarebbe 5. Gli do 8 perché mi rendo conto che quelli che io vedo come difetti in realtà non sono dei veri e propri errori, perché gli autori volevano proprio raggiungere quest’effetto. Volevano creare un anime incomprensibile, che piacesse solo ai Giapponesi, e si sono stupiti nel vederlo apprezzato anche dagli Occidentali. Dal mio punto di vista, sono riusciti benissimo nel loro scopo, quindi non posso che dargli un 8. Non di più, però. Il voto 9 è già in odore di capolavoro e “serial experiments lain” non lo è. I veri capolavori sono, almeno potenzialmente, fruibili da tutti. Non c’è bisogno di essere un esperto d’arte per ammirare il David di Michelangelo. “serial experiments lain” è un anime <i>volutamente</i> di nicchia, scritto da gente snob per essere apprezzato da gente ancora più snob. Ho letto da qualche parte che per capirlo veramente bisogna vederlo almeno due volte, ma, sinceramente, una volta mi è bastata. Vado a riguardarmi Lupin giacca verde per disintossicarmi.
Sapevo preventivamente cosa aspettarmi di fronte alla visione di "serial experiments lain", un anime complesso, filosofico, a tratti psichedelico e pieno di riferimenti cyberpunk. Anime datato 1998, composto da tredici episodi, ha il pregio di appassionare il coraggioso pubblico che prosegue nella visione contorta e soprattutto distopica di questa produzione. Perché bisogna essere coraggiosi? La ragione è semplice, ossia ha un ritmo di narrazione lento, molto lento, quasi logorroico, che scoraggia i più, lasciando interdetti per via delle sue atmosfere del tutto particolari, frutto di un mondo distopico impressionante, mai visto prima dal sottoscritto.
La trama è difficile da presentare: narra di Lain, protagonista della serie, che si avvicina a un NAVI (un PC) e alla rete di connessione WIRED, futuristica world wide web che promette di collegare e connettere tutti gli essere umani, nessuno escluso. Ciò porta la protagonista a scoprire oscuri segreti sia della suddetta sia di sé stessa.
La storia si accompagna a scene inquietanti, degne di veri e propri film horror, che mi hanno terrorizzato in più di un'occasione a causa della regia eccezionale, ad atmosfere spaventose e tetre nonché a personaggi di contorno, uno più anormale dell'altro. In ogni episodio sono presenti innumerevoli spunti di riflessione su delle tematiche attualissime, all'epoca ideate dai sceneggiatori che sono stati tanto geniali ad averci pensato. La connessione forzata, l'alienazione totale dal mondo reale, l'assuefazione al mondo virtuale, il mancato contatto con la realtà e persino la religione sono alcuni delle argomentazioni trattate da questo anime, trattate in modo avveniristico, inscenando spazi surreali e psichedelici che lasciano spiazzati, mutando l'opera in qualcosa di profondo e psicologico. Più che psicologica è un'opera sociale a mio avviso, perché affronta anche la tematica dell'accettazione, da parte dei giovani, di queste nuove tecnologie e la loro conseguente dipendenza da esse, metaforizzata in maniera disturbante dalla presenza di droghe "cibernetiche", elemento chiave della serie come tanti altri, capace di affascinare e far cadere chi guarda l'opera con attenzione nello sconforto più profondo. Lo sconforto difatti assale chiunque, anche i personaggi intorno a Lain, non trovando in nessuno dei tredici episodi un solo motivo, sebbene piccolo, per sorridere. Cito fra tutti la giovane Mika, sorella maggiore di Lain, essendo il suo caso uno dei più ambigui dell'opera, surreale quanto spaventosamente reale nelle reazioni osservate nel soggetto interessato.
La storia è difficilissima da comprendere, avendo varie deviazioni dalla strada principale, andando inoltre verso teorie complottistiche non banali, che faranno storcere il naso agli oppositori di queste correnti. Tuttavia la potenza visiva è inestimabile, intriga seguire le vicende di Lain e sopratutto del mondo che la circonda, mondo denso di cavi elettrici, tralicci e spesso rappresentato da una stradina deserta, priva di qualsiasi forma di vita a parte Lain, strada in cui c'è l'ossessivo ronzio della rete, inquadrata continuamente dal regista dell'anime. Devo ammettere che questa particolarità, mentre inizialmente passa in sordina, col passare degli episodi fa trasparire la propria essenza con l'associazione chiara della rete sopra le nostre teste, ovunque e dovunque. Da oggi probabilmente vedrò con timore maggiore i tralicci...
Star della storia è la protagonista Lain, personaggio apatico e assente dalla realtà attuale. Non comprende il suo ruolo nel mondo, lo chiede a gran voce e forse lo trova in quello virtuale, malgrado i pericoli intrinsechi di quell'oscuro mondo a lei sconosciuto. E' una bambina che ha evidenti problemi di socializzazione, accentuati da una situazione famigliare alquanto aberrante, a mio parere sintesi appropriata di ciò che può comportare, senza i dovuti controlli e limiti, il mondo virtuale e la connessione al world wide web. Proprio i genitori e la sorella i Lain sono figure misteriose, parlano poco (specie la madre), però si nota facilmente la loro importanza nel percorso difficoltoso, ad ostacoli, della piccola Lain.
L'amica di Lain, tale Arisu, è un personaggio rispettabile, tra i migliore della serie, una delle poche se non l'unica a non essere assoggettata al mondo informatico, ed è capace di pensare lucidamente senza farsi trascinare dalla massa conformista. Importantissima la sua presenza fino alla fine...
Il charachter design dei personaggi è piacevole: abbastanza semplice, con volti tondeggianti, non dimentica tuttavia di associare in base alle esigenze della serie (e del momento) un cambiamento repentino di un tratto caratteristico, una peculiarità dell'individuo. Ad esempio Lain spesso viene inquadrata in primo piano, primo piano che si concentra sugli occhi, inspiegabilmente grandi e profondi quando serve, anonimi in altre sequenze.
Tutte le comparse sono comunque riconoscibili facilmente, aventi un senso di angoscia, di follia disseminato nel loro aspetto o nei loro atteggiamenti abitudinari. Provare a decifrare alcune figure interne al Wired, distorte, inquietanti, terrorizzanti ed esenti da qualsiasi lontana caratteristica umana non è un gioco da ragazzi. Un vero capolavoro sia registico sia contenutistico che lascia sbigottiti per la mole delle tematiche trattate ma soprattutto per il modo in cui le affronta, mediante l'ausilio di allegorie mistiche e oniriche, degne di essere assaporate ed esaminate da cultori del genere. Freud sguazzerebbe continuamente in questo mondo contorto e dal perenne timore di alienazione del proprio copro fisico.
Il lato tecnico dell'opera è esente da difetti, comprendendo disegni di buon livello e animazioni di livello più che buono, considerato che si parla di un anime datato 1998, non recente. Lo sfruttamento intelligente delle animazioni e dei disegni lascia senza fiato, aprendo le strade infinite dell'animazione (e non solo) a un nuovo filone post "Evangelion" da me pienamente approvato.
Le musiche sono un'aggiunta basilare alla bellezza dell'opera: l'opening divina, tra le più affascinanti mai ascoltate in vita mia, espone con prepotenza, attraverso immagini sconcertanti ed enigmatiche, quello che l'anime offre; l'ending è semplice nella parte grafica e carina nella parte musicale; il comparto sonoro che accompagna la serie è di ottimo livello, raggiungendo livelli eccezionali in taluni pezzi, davvero dei piccoli capolavori, funzionali a rendere le scene cult dei veri e propri tormenti interiori.
Forse l'avrete intuito, ma se così non fosse ve lo spiego io. Questo anime è un capolavoro assoluto, lo sottoscrivo utilizzando un imperativo categorico di indubbio valore, perché "serial experiments lain" è un'opera sperimentale, una produzione coraggiosa che affascina e consente di riflettere al termine della visione sul mondo di internet che oggigiorno ci circonda e fa parte stabilmente della nostra vita quotidiana. Adesso ne siamo consapevoli, magari abbiamo superato alcune paure esposte nell'anime, ma la bellezza visionaria si ha nel momento in cui si pensa che, già nel 1998, si era ipotizzato un andazzo simile alla connessione globale tra uomini e le derivazioni (positive e negative) che ne sarebbero derivate. Un anime assolutamente da vedere nella propria vita, sperando di riuscire a farcela, però posso assicurare che ne vale la pena. Un'estasi totale raramente trovata nella visione di altre produzione animate e cinematografiche, sicché un 10 e lode non glielo toglie nessuno. Masterpiece!
La trama è difficile da presentare: narra di Lain, protagonista della serie, che si avvicina a un NAVI (un PC) e alla rete di connessione WIRED, futuristica world wide web che promette di collegare e connettere tutti gli essere umani, nessuno escluso. Ciò porta la protagonista a scoprire oscuri segreti sia della suddetta sia di sé stessa.
La storia si accompagna a scene inquietanti, degne di veri e propri film horror, che mi hanno terrorizzato in più di un'occasione a causa della regia eccezionale, ad atmosfere spaventose e tetre nonché a personaggi di contorno, uno più anormale dell'altro. In ogni episodio sono presenti innumerevoli spunti di riflessione su delle tematiche attualissime, all'epoca ideate dai sceneggiatori che sono stati tanto geniali ad averci pensato. La connessione forzata, l'alienazione totale dal mondo reale, l'assuefazione al mondo virtuale, il mancato contatto con la realtà e persino la religione sono alcuni delle argomentazioni trattate da questo anime, trattate in modo avveniristico, inscenando spazi surreali e psichedelici che lasciano spiazzati, mutando l'opera in qualcosa di profondo e psicologico. Più che psicologica è un'opera sociale a mio avviso, perché affronta anche la tematica dell'accettazione, da parte dei giovani, di queste nuove tecnologie e la loro conseguente dipendenza da esse, metaforizzata in maniera disturbante dalla presenza di droghe "cibernetiche", elemento chiave della serie come tanti altri, capace di affascinare e far cadere chi guarda l'opera con attenzione nello sconforto più profondo. Lo sconforto difatti assale chiunque, anche i personaggi intorno a Lain, non trovando in nessuno dei tredici episodi un solo motivo, sebbene piccolo, per sorridere. Cito fra tutti la giovane Mika, sorella maggiore di Lain, essendo il suo caso uno dei più ambigui dell'opera, surreale quanto spaventosamente reale nelle reazioni osservate nel soggetto interessato.
La storia è difficilissima da comprendere, avendo varie deviazioni dalla strada principale, andando inoltre verso teorie complottistiche non banali, che faranno storcere il naso agli oppositori di queste correnti. Tuttavia la potenza visiva è inestimabile, intriga seguire le vicende di Lain e sopratutto del mondo che la circonda, mondo denso di cavi elettrici, tralicci e spesso rappresentato da una stradina deserta, priva di qualsiasi forma di vita a parte Lain, strada in cui c'è l'ossessivo ronzio della rete, inquadrata continuamente dal regista dell'anime. Devo ammettere che questa particolarità, mentre inizialmente passa in sordina, col passare degli episodi fa trasparire la propria essenza con l'associazione chiara della rete sopra le nostre teste, ovunque e dovunque. Da oggi probabilmente vedrò con timore maggiore i tralicci...
Star della storia è la protagonista Lain, personaggio apatico e assente dalla realtà attuale. Non comprende il suo ruolo nel mondo, lo chiede a gran voce e forse lo trova in quello virtuale, malgrado i pericoli intrinsechi di quell'oscuro mondo a lei sconosciuto. E' una bambina che ha evidenti problemi di socializzazione, accentuati da una situazione famigliare alquanto aberrante, a mio parere sintesi appropriata di ciò che può comportare, senza i dovuti controlli e limiti, il mondo virtuale e la connessione al world wide web. Proprio i genitori e la sorella i Lain sono figure misteriose, parlano poco (specie la madre), però si nota facilmente la loro importanza nel percorso difficoltoso, ad ostacoli, della piccola Lain.
L'amica di Lain, tale Arisu, è un personaggio rispettabile, tra i migliore della serie, una delle poche se non l'unica a non essere assoggettata al mondo informatico, ed è capace di pensare lucidamente senza farsi trascinare dalla massa conformista. Importantissima la sua presenza fino alla fine...
Il charachter design dei personaggi è piacevole: abbastanza semplice, con volti tondeggianti, non dimentica tuttavia di associare in base alle esigenze della serie (e del momento) un cambiamento repentino di un tratto caratteristico, una peculiarità dell'individuo. Ad esempio Lain spesso viene inquadrata in primo piano, primo piano che si concentra sugli occhi, inspiegabilmente grandi e profondi quando serve, anonimi in altre sequenze.
Tutte le comparse sono comunque riconoscibili facilmente, aventi un senso di angoscia, di follia disseminato nel loro aspetto o nei loro atteggiamenti abitudinari. Provare a decifrare alcune figure interne al Wired, distorte, inquietanti, terrorizzanti ed esenti da qualsiasi lontana caratteristica umana non è un gioco da ragazzi. Un vero capolavoro sia registico sia contenutistico che lascia sbigottiti per la mole delle tematiche trattate ma soprattutto per il modo in cui le affronta, mediante l'ausilio di allegorie mistiche e oniriche, degne di essere assaporate ed esaminate da cultori del genere. Freud sguazzerebbe continuamente in questo mondo contorto e dal perenne timore di alienazione del proprio copro fisico.
Il lato tecnico dell'opera è esente da difetti, comprendendo disegni di buon livello e animazioni di livello più che buono, considerato che si parla di un anime datato 1998, non recente. Lo sfruttamento intelligente delle animazioni e dei disegni lascia senza fiato, aprendo le strade infinite dell'animazione (e non solo) a un nuovo filone post "Evangelion" da me pienamente approvato.
Le musiche sono un'aggiunta basilare alla bellezza dell'opera: l'opening divina, tra le più affascinanti mai ascoltate in vita mia, espone con prepotenza, attraverso immagini sconcertanti ed enigmatiche, quello che l'anime offre; l'ending è semplice nella parte grafica e carina nella parte musicale; il comparto sonoro che accompagna la serie è di ottimo livello, raggiungendo livelli eccezionali in taluni pezzi, davvero dei piccoli capolavori, funzionali a rendere le scene cult dei veri e propri tormenti interiori.
Forse l'avrete intuito, ma se così non fosse ve lo spiego io. Questo anime è un capolavoro assoluto, lo sottoscrivo utilizzando un imperativo categorico di indubbio valore, perché "serial experiments lain" è un'opera sperimentale, una produzione coraggiosa che affascina e consente di riflettere al termine della visione sul mondo di internet che oggigiorno ci circonda e fa parte stabilmente della nostra vita quotidiana. Adesso ne siamo consapevoli, magari abbiamo superato alcune paure esposte nell'anime, ma la bellezza visionaria si ha nel momento in cui si pensa che, già nel 1998, si era ipotizzato un andazzo simile alla connessione globale tra uomini e le derivazioni (positive e negative) che ne sarebbero derivate. Un anime assolutamente da vedere nella propria vita, sperando di riuscire a farcela, però posso assicurare che ne vale la pena. Un'estasi totale raramente trovata nella visione di altre produzione animate e cinematografiche, sicché un 10 e lode non glielo toglie nessuno. Masterpiece!
"serial experiments lain": un prodotto le cui parole "anime sperimentale" racchiudono perfettamente in sé l'animo di questa serie, senza comunque imprigionarlo nelle pareti di una categoria, ma soltanto per fare un po' d'ordine.
Accennando vagamente al contenuto della trama, giusto per tracciare i binari sui quali si viaggia (letteralmente) ed evitare spoiler, "serial experiments lain" tratta il rapporto che il mondo reale che conosciamo ha con il cyberspazio, noto nella serie come "Wired" (ing. "connessi"), e di una lotta intestina fra due entità che si dipana secondariamente su questo scenario non fantasioso. La suddetta lotta ha come punto di convergenza la protagonista, che dà anche il nome alla serie: Iwakura Lain.
Lain è una "ragazzina" di tredici anni che frequenta le scuole medie, all'apparenza normale, se non per il fatto che sia molto timida e riservata, e, attraverso la sua prospettiva, lo spettatore affronterà tutti gli avvenimenti di questa particolare storia cyberpunk. Ragazzina che svolge anche da "ponte" (agli interessati scoprire come) fra realtà e ambiente virtuale.
La "sperimentalità" della serie, si può notare sostanzialmente nella serie stessa.
Le scene "mute" sono parecchie, i giochi di sguardi tra i personaggi numerosissimi, e le discussioni passano in secondo piano più di una volta, nonostante, verso la fine, ci siano un paio di 'spiegoni', giusto per riportare lo spettatore "in carreggiata", dopo averlo lasciato per più di metà serie in balia a un turbinio di sottintesi, ambiguità, afonie varie e inquadrature apparentemente senza senso. E, appunto, questo ruolo secondario dei dialoghi rappresenta uno dei tanti motivi che fanno entrare "la storia di Lain" nella mia top 10, facendole mancare la top 5 per un soffio. Ma, come ho detto, questo è solo uno dei molti motivi.
Altra caratteristica che mi ha sorpreso per la sua particolarità è che durante i tredici episodi vi è la quasi totale assenza (anzi, io non ne ricordo) di musiche (escludiamo opening, ending e musiche contestuali come quelle di locali notturni) che accompagnano situazioni particolarmente chiave, sia per la storia sia per lo sviluppo della protagonista, solitamente di consuetudine negli anime. Niente. Il silenzio puro.
E "coincidenza" vuole che proprio quelle scene chiave mancanti di musiche empatizzanti sono proprio quelle situazioni (la maggior parte delle volte) nelle quali mancano pure i dialoghi: tutto si riduce a silenzi fra i personaggi e primi piani spiazzanti; silenzi che celano un senso di calma e fanno calare una sottile inquietudine. Questa è la caratteristica che più ho amato di "serial experiments lain". Non l'avevo mai provata in nessun altro caso (magari perché è difficile crearla) e, sarò onesto, mi ha lasciato piacevolmente smarrito fra quei deserti visivi che sono alcune scene di "serial experiments lain".
Inoltre, diciamocelo, per quanto reali e vicini a noi i temi trattati non sono dei più concreti (e per fortuna), e fa piacere il contrasto fra la relativa astrattezza delle tematiche e il tratto che sembra quasi voler recuperare la dose di realismo andata perduta, durante la trasposizione in anime. Uno stile di disegno estremamente in sintonia con la serie, ad opera di Kishida Takahiro, autore delle caratteristiche iridi striate di Lain. Avremo quindi a che fare con tratti definiti, e talvolta alquanto dettagliati, che su di me hanno sortito l'effetto di accentuare quel senso di smarrimento infusomi da quest'opera: delizioso.
A trovare ancor più (stranamente) delizioso, e a farmi pensare che "serial experiments lain" fosse più un thriller che altro, sono state alcune scene veramente inquietanti, catalizzate dalle perfette inquadrature che, come in un climax, avvicinano semi-brutalmente lo spettatore al momento 'creep', facendogli esclamare "What the fuck?!" e mostrando il "versante oscuro" di questa storia al "fortunato" (prendiamoci una licenza, va) spettatore.
Storia non immediata e "multistrato" (layer, usando terminologie dell'anime), che domanda di essere rivista più di una volta per essere compresa totalmente e che richiede qualche riflessione per comprendere i suddetti "giochi di sguardi" e "silenzi".
Se avete voglia di qualcosa di particolare, questo anime vi soddisferà ampiamente.
Accennando vagamente al contenuto della trama, giusto per tracciare i binari sui quali si viaggia (letteralmente) ed evitare spoiler, "serial experiments lain" tratta il rapporto che il mondo reale che conosciamo ha con il cyberspazio, noto nella serie come "Wired" (ing. "connessi"), e di una lotta intestina fra due entità che si dipana secondariamente su questo scenario non fantasioso. La suddetta lotta ha come punto di convergenza la protagonista, che dà anche il nome alla serie: Iwakura Lain.
Lain è una "ragazzina" di tredici anni che frequenta le scuole medie, all'apparenza normale, se non per il fatto che sia molto timida e riservata, e, attraverso la sua prospettiva, lo spettatore affronterà tutti gli avvenimenti di questa particolare storia cyberpunk. Ragazzina che svolge anche da "ponte" (agli interessati scoprire come) fra realtà e ambiente virtuale.
La "sperimentalità" della serie, si può notare sostanzialmente nella serie stessa.
Le scene "mute" sono parecchie, i giochi di sguardi tra i personaggi numerosissimi, e le discussioni passano in secondo piano più di una volta, nonostante, verso la fine, ci siano un paio di 'spiegoni', giusto per riportare lo spettatore "in carreggiata", dopo averlo lasciato per più di metà serie in balia a un turbinio di sottintesi, ambiguità, afonie varie e inquadrature apparentemente senza senso. E, appunto, questo ruolo secondario dei dialoghi rappresenta uno dei tanti motivi che fanno entrare "la storia di Lain" nella mia top 10, facendole mancare la top 5 per un soffio. Ma, come ho detto, questo è solo uno dei molti motivi.
Altra caratteristica che mi ha sorpreso per la sua particolarità è che durante i tredici episodi vi è la quasi totale assenza (anzi, io non ne ricordo) di musiche (escludiamo opening, ending e musiche contestuali come quelle di locali notturni) che accompagnano situazioni particolarmente chiave, sia per la storia sia per lo sviluppo della protagonista, solitamente di consuetudine negli anime. Niente. Il silenzio puro.
E "coincidenza" vuole che proprio quelle scene chiave mancanti di musiche empatizzanti sono proprio quelle situazioni (la maggior parte delle volte) nelle quali mancano pure i dialoghi: tutto si riduce a silenzi fra i personaggi e primi piani spiazzanti; silenzi che celano un senso di calma e fanno calare una sottile inquietudine. Questa è la caratteristica che più ho amato di "serial experiments lain". Non l'avevo mai provata in nessun altro caso (magari perché è difficile crearla) e, sarò onesto, mi ha lasciato piacevolmente smarrito fra quei deserti visivi che sono alcune scene di "serial experiments lain".
Inoltre, diciamocelo, per quanto reali e vicini a noi i temi trattati non sono dei più concreti (e per fortuna), e fa piacere il contrasto fra la relativa astrattezza delle tematiche e il tratto che sembra quasi voler recuperare la dose di realismo andata perduta, durante la trasposizione in anime. Uno stile di disegno estremamente in sintonia con la serie, ad opera di Kishida Takahiro, autore delle caratteristiche iridi striate di Lain. Avremo quindi a che fare con tratti definiti, e talvolta alquanto dettagliati, che su di me hanno sortito l'effetto di accentuare quel senso di smarrimento infusomi da quest'opera: delizioso.
A trovare ancor più (stranamente) delizioso, e a farmi pensare che "serial experiments lain" fosse più un thriller che altro, sono state alcune scene veramente inquietanti, catalizzate dalle perfette inquadrature che, come in un climax, avvicinano semi-brutalmente lo spettatore al momento 'creep', facendogli esclamare "What the fuck?!" e mostrando il "versante oscuro" di questa storia al "fortunato" (prendiamoci una licenza, va) spettatore.
Storia non immediata e "multistrato" (layer, usando terminologie dell'anime), che domanda di essere rivista più di una volta per essere compresa totalmente e che richiede qualche riflessione per comprendere i suddetti "giochi di sguardi" e "silenzi".
Se avete voglia di qualcosa di particolare, questo anime vi soddisferà ampiamente.
E' nell'ormai lontano 1998 che prende forma una delle opere più criptiche e complesse di sempre: "Serial Experiments Lain", serie composta da tredici episodi di durata canonica, ideata da Yasuyuki Ueda e Yoshitoshi Abe, sceneggiata da Chiaki Konaka e diretta da Ryutaro Nakamura.
L'intera storia ruota attorno alla protagonista Lain Iwakura, una timida e introversa studentessa delle scuole medie che, sospinta da amici e familiari, e a causa di determinate circostanze, decide di accendere il suo vecchio computer e connettersi al Wired, una realtà virtuale in grado di collegare tutti i dispositivi sparsi sul pianeta, in sostanza Internet. Da quel momento la vita di Lain prende una piega inaspettata, e la giovane ragazza si ritroverà ad affrontare un viaggio solitario all'interno della propria mente, perdendo gradualmente cognizione della differenza fra Wired e vita reale.
"Serial Experiments Lain" non è sicuramente un'opera adatta a tutti, né tantomeno è stata prodotta con l'intento di coinvolgere una grande fetta di pubblico. La trama è praticamente inesistente e non succede nulla per gran parte del tempo. Il ritmo è volutamente lento, e grazie a questo le atmosfere sono sempre stracariche di ansia e tensione. Non è una visione leggera, il rischio di capire poco o nulla di quello che viene propinato è elevato e bisogna essere pronti a ragionare, a sorbirsi lunghi silenzi, dialoghi apparentemente insensati e inconcludenti, scene riciclate all'infinito e la totale o quasi assenza di azione. Tuttavia, una volta superate le prime due o tre puntate, la storia inizia a farsi misteriosa e coinvolgente al di là di ogni aspettativa, e pur rimanendo pesante si lascia guardare più piacevolmente.
Cosa rende dunque "Serial Experiments Lain" un piccolo capolavoro dell'animazione giapponese? Rispondere a questa domanda non è facile, i motivi possono essere molteplici, ma al primo posto metterei indubbiamente gli spunti di riflessione proposti. L'opera si fa carico di trattare in maniera approfondita una vasta quantità di tematiche, spingendo anche lo spettatore più svogliato a mettere in moto il cervello.
Nella prima parte viene analizzato principalmente il rapporto uomo-tecnologia, attraverso una conoscenza più approfondita del Wired. C'è differenza fra il Wired e il mondo reale, o il confine che li separa è talmente sottile da poter essere facilmente superato? Se sono due cose ben distinte e separate, qual è il rischio per coloro che cadono in errore? Considerando la data in cui è stato prodotto, è facile al giorno d'oggi intuire quanto gli autori ci avessero visto giusto in questo senso.
Insieme a queste considerazioni, un'altra domanda sorge spontanea: quanto sono attendibili le informazioni che si trovano su internet? Come viene poi spiegato anche nel corso delle puntate, il Wired non è che un insieme di dati e di informazioni, coloro che ci navigano le assimilano e le riconosco, ma come si può avere la certezza della loro veridicità? Semplice, è impossibile.
Successivamente vi sono altri innumerevoli spunti di riflessione molto interessanti dinanzi ai quali lo spettatore verrà messo di fronte e che meriterebbero un approfondimento, ma sono troppi per essere riportati tutti. Principalmente le altre tematiche trattate sono il rapporto con la religione e un'analisi approfondita della società e dei rapporti interpersonali che possono venirsi a creare fra persone comuni.
Tecnicamente siamo di fronte a un'opera difficile da valutare. Graficamente non può essere comparata con le produzioni attuali, quasi vent'anni di distacco sono veramente troppi e la differenza è abissale sotto ogni punto di vista. Ovviamente all'inizio non è facile abituarsi, specialmente se si è freschi della visione di opere contemporanee, ma lo reputo uno sforzo giustificato. Il comparto sonoro si difende bene, le musiche sono cupe e inquietanti, le atmosfere che si vengono a creare sono pesanti, malinconiche, surreali. Il doppiaggio italiano l'ho trovato ottimo, anche se non posso operare un confronto vero e proprio non avendo mai visto l'opera in lingua originale. Il finale è perfetto, in linea con l'intera serie, risponde a un buon quantitativo di domande lasciandone in sospeso almeno il doppio, offrendo in questo modo allo spettatore la possibilità di elaborare la propria personale opinione riguardo diversi argomenti.
In conclusione, consiglio la visone di "Serial Experiments Lain" solamente a coloro cui piacciono i ritmi lenti e a cui piace ragionare e non capire nulla per il 90% dell'opera. Se siete alla ricerca di azione, trama, colpi di scena o opere leggere, guardate altrove.
Sicuramente un'opera importante a livello globale, che ha ispirato una miriade di produzioni future, ma che purtroppo non è riuscita, almeno per quanto mi riguarda, a farsi chiamare capolavoro. Difficile definire cosa le manchi effettivamente; forse una maggiore dose di coinvolgimento, soprattutto nella fase iniziale, sarebbe stata sufficiente a farmi cambiare idea.
L'intera storia ruota attorno alla protagonista Lain Iwakura, una timida e introversa studentessa delle scuole medie che, sospinta da amici e familiari, e a causa di determinate circostanze, decide di accendere il suo vecchio computer e connettersi al Wired, una realtà virtuale in grado di collegare tutti i dispositivi sparsi sul pianeta, in sostanza Internet. Da quel momento la vita di Lain prende una piega inaspettata, e la giovane ragazza si ritroverà ad affrontare un viaggio solitario all'interno della propria mente, perdendo gradualmente cognizione della differenza fra Wired e vita reale.
"Serial Experiments Lain" non è sicuramente un'opera adatta a tutti, né tantomeno è stata prodotta con l'intento di coinvolgere una grande fetta di pubblico. La trama è praticamente inesistente e non succede nulla per gran parte del tempo. Il ritmo è volutamente lento, e grazie a questo le atmosfere sono sempre stracariche di ansia e tensione. Non è una visione leggera, il rischio di capire poco o nulla di quello che viene propinato è elevato e bisogna essere pronti a ragionare, a sorbirsi lunghi silenzi, dialoghi apparentemente insensati e inconcludenti, scene riciclate all'infinito e la totale o quasi assenza di azione. Tuttavia, una volta superate le prime due o tre puntate, la storia inizia a farsi misteriosa e coinvolgente al di là di ogni aspettativa, e pur rimanendo pesante si lascia guardare più piacevolmente.
Cosa rende dunque "Serial Experiments Lain" un piccolo capolavoro dell'animazione giapponese? Rispondere a questa domanda non è facile, i motivi possono essere molteplici, ma al primo posto metterei indubbiamente gli spunti di riflessione proposti. L'opera si fa carico di trattare in maniera approfondita una vasta quantità di tematiche, spingendo anche lo spettatore più svogliato a mettere in moto il cervello.
Nella prima parte viene analizzato principalmente il rapporto uomo-tecnologia, attraverso una conoscenza più approfondita del Wired. C'è differenza fra il Wired e il mondo reale, o il confine che li separa è talmente sottile da poter essere facilmente superato? Se sono due cose ben distinte e separate, qual è il rischio per coloro che cadono in errore? Considerando la data in cui è stato prodotto, è facile al giorno d'oggi intuire quanto gli autori ci avessero visto giusto in questo senso.
Insieme a queste considerazioni, un'altra domanda sorge spontanea: quanto sono attendibili le informazioni che si trovano su internet? Come viene poi spiegato anche nel corso delle puntate, il Wired non è che un insieme di dati e di informazioni, coloro che ci navigano le assimilano e le riconosco, ma come si può avere la certezza della loro veridicità? Semplice, è impossibile.
Successivamente vi sono altri innumerevoli spunti di riflessione molto interessanti dinanzi ai quali lo spettatore verrà messo di fronte e che meriterebbero un approfondimento, ma sono troppi per essere riportati tutti. Principalmente le altre tematiche trattate sono il rapporto con la religione e un'analisi approfondita della società e dei rapporti interpersonali che possono venirsi a creare fra persone comuni.
Tecnicamente siamo di fronte a un'opera difficile da valutare. Graficamente non può essere comparata con le produzioni attuali, quasi vent'anni di distacco sono veramente troppi e la differenza è abissale sotto ogni punto di vista. Ovviamente all'inizio non è facile abituarsi, specialmente se si è freschi della visione di opere contemporanee, ma lo reputo uno sforzo giustificato. Il comparto sonoro si difende bene, le musiche sono cupe e inquietanti, le atmosfere che si vengono a creare sono pesanti, malinconiche, surreali. Il doppiaggio italiano l'ho trovato ottimo, anche se non posso operare un confronto vero e proprio non avendo mai visto l'opera in lingua originale. Il finale è perfetto, in linea con l'intera serie, risponde a un buon quantitativo di domande lasciandone in sospeso almeno il doppio, offrendo in questo modo allo spettatore la possibilità di elaborare la propria personale opinione riguardo diversi argomenti.
In conclusione, consiglio la visone di "Serial Experiments Lain" solamente a coloro cui piacciono i ritmi lenti e a cui piace ragionare e non capire nulla per il 90% dell'opera. Se siete alla ricerca di azione, trama, colpi di scena o opere leggere, guardate altrove.
Sicuramente un'opera importante a livello globale, che ha ispirato una miriade di produzioni future, ma che purtroppo non è riuscita, almeno per quanto mi riguarda, a farsi chiamare capolavoro. Difficile definire cosa le manchi effettivamente; forse una maggiore dose di coinvolgimento, soprattutto nella fase iniziale, sarebbe stata sufficiente a farmi cambiare idea.
La società giapponese degli anni novanta entrò definitivamente nella postmodernità. Le problematiche legate a una società che doveva cambiare repentinamente, con continuità, al fine di contrastare la dilagante crisi economica adattandosi nel contempo all'esponenziale sviluppo del settore terziario, indussero un grande disagio nella gioventù dell'epoca, che si sentiva svuotata e senza punti di riferimento stabili su cui contare. I creatori di anime degli anni novanta avevano ben chiaro il tipo di prodotti che potessero soddisfare un pubblico del genere, e sapevano bene che, ovviamente, i casi più problematici di consumatori ossessivi-compulsivi si rifugiavano in un crescente escapismo virtuale a base di internet e di videogiochi, tutti neonati artifici in grado di mettere al riparo una gioventù sempre più debole e alienata da un'acerba, frenetica e caotica realtà esterna. Insomma, con l'avvento in Giappone della postmodernità (intesa nella sua accezione sociologica e filosofica), i vagiti di postmodernismo già osservabili in alcune opere d'animazione degli anni settanta e ottanta presero definitivamente piede, arrivando in alcuni casi a rinunciare completamente a una struttura narrativa lineare e coerente, preferendo mettere in scena i problemi psicologici e sociologici di una società giapponese appena uscita dalla sua breve, ma intensa, fase moderna. "serial experiments lain" (con la "s" minuscola) è una di queste opere, e si dimostra ancora oggi attualissima, giacché registi postmoderni attuali - come ad esempio Masaaki Yuasa: si pensi al suo notevole "The Tatami Galaxy" - fanno intendere dai loro lavori che il Giappone di oggi sia più che mai postmoderno; e che le tematiche sociologiche e speculative legate alla suddetta corrente di pensiero facciano ancora molta presa sui giovani giapponesi dell'attuale generazione.
Giusto per fare un esempio, già nel tominiano "Daitarn 3" era presente un citazionismo legato ai prodotti di consumo, il quale, sebbene non marcato come quello degli anime degli anni novanta, faceva intendere una certa trasformazione sociale embrionalmente postmoderna, la quale testimoniava una certa presa di coscienza del mutamento in corso all'epoca (il boom economico). In opere come "Evangelion", "Cowboy Bebop" e "serial experiments lain", invece, il citazionismo diventa l'intero mosaico che costituisce l'opera: la transizione da moderno a postmoderno è completamente avvenuta, e ora ci si può fermare a riflettere su tale mutamento, mettendo da parte la narrazione per concentrarsi sulle varie problematiche legate alla dissociazione dell'individuo, alla natura dell'identità personale in un contesto sociologico, alla comunicazione con sé stessi e con gli altri, all'escapismo e all'abuso di tecnologia. Insomma, il citazionismo è il sintomo di una certa saturazione della conoscenza, un segnale d'allarme che indica, nella sua estrema autoreferenzialità, un'incombente fine della storia e/o di un determinato modello sociale, possibilmente seguito da un radicale cambiamento in grado di fissare un nuovo paradigma.
I temi sopracitati faranno da padrone nell'animazione giapponese degli anni novanta successiva all'epocale "Evangelion" e al misconosciuto "Key the Metal Idol" (una sorta di rozzo antesignano di "serial experiments lain" risalente al 1994), e alcuni di essi sono pienamente in accordo con quelli del cyberpunk classico: "serial experiments lain" è infatti puro cyberpunk d'avanguardia, un'opera la quale, seppur figlia del suddetto contesto sociologico giapponese, si spinge ben oltre, assumendo diversi livelli di lettura legati alla psicologia e alla letteratura tout court (si pensi ai vari riferimenti a "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Carroll e al "Neuramante" di William Gibson presenti nell'opera, giusto per citarne alcuni).
In "serial experiments lain" il cyberspazio prende il nome di Wired, una rete informatica assimilabile a un internet potenziato in cui è possibile trasferire la propria coscienza; le vicende iniziali del plot ruotano attorno a una serie di inquietanti suicidi: sembra che nel Wired esista un "Dio" che disprezza la materia fisica, il quale sta raccogliendo dei proseliti virtuali spingendoli ad eliminare il proprio corpo. La timida e introversa protagonista - una specie di nerd di sesso femminile ai limiti dell'autismo -, tale Lain Iwakura, incomincerà a potenziare il proprio Navi, al fine di poter accedere pienamente al Wired, in modo tale da condurre delle indagini autonome sui nefasti eventi indotti dal fantomatico "Dio" della rete.
L'opera si avvia analizzando una gioventù alienata che perde il suo tempo in caotici locali alla moda nei quali è possibile procurarsi inquietanti droghe cibernetiche, e prosegue in un viaggio allegorico nel Wired/inconscio collettivo sino a interrogarsi sulla natura stessa dell'individualità e sulle possibili conseguenze della sua frammentazione. Molto espliciti sono i vari riferimenti alla psicologia di Carl Jung (l'ombra, gli archetipi, l'individuazione, l'animismo); nel suo modus operandi, "serial experiments lain" dapprima frammenta ogni cosa - psicologica, materiale, reale o irreale che sia: si pensi all'opprimente, eterea ed emblematica scena del dialogo tra Lain e il "Dio" della rete -, e successivamente riattacca tra loro i vari cocci sparsi in terra (mi si passi la metafora) mediante un rigoroso processo di individuazione del Sé della protagonista. Il viaggio di Lain nell'inconscio collettivo è un tema atavico, un ancestrale "viaggio dell'eroe" in un luogo buio, tetro e dissociato; un "viaggio" alla ricerca non di una chiave, ma della chiave, ossia dell'identità intesa nella sua accezione più totalizzante (l'incontro di Lain con la sua ombra, ad esempio, è un passo fondamentale nel processo d'individuazione junghiano). Ma volendo analizzare l'opera su un diverso piano di lettura più strettamente cyberpunk, è necessario fare tesoro del contesto sociologico in cui la suddetta è stata concepita, giacché il principale messaggio che essa sembra lanciare consiste nel monito inerente il livello di realtà che la realtà virtuale può raggiungere; per dirla in altri termini: la realtà virtuale è più reale della realtà sensibile? Rinunciando al proprio corpo e abbandonando un mondo grigio, alienante, caotico e monotono, è possibile trascendere a un livello di esistenza superiore all'interno del Wired?
E' quindi evidente il palese messaggio d'allarme rivolto ai giovani giapponesi dell'epoca; messaggio tra l'altro ancora attualissimo: oggigiorno, con lo sviluppo sempre più rapido della tecnica sono stati creati nuovi cellulari in grado di permettere una connessione continua alla rete, oppure terminali che simulano la realtà virtuale in modo quanto mai vivido e realistico, mediante un'interfaccia analogica da applicare sui propri organi di senso. Insomma, in tutti i Paesi sviluppati la dipendenza ossessivo-compulsiva da internet sta diventando un problema sempre più dilagante, e i mezzi per soddisfare tale pulsione diventano via via sempre più capziosi e alienanti. Esattamente come Lain, anche noi, nel presente, possiamo chiedere al computer se esistiamo o no. E lui certamente risponderebbe di no, siccome su internet siamo tutti potenziali dei, contrariamente a quanto accade nella realtà, in cui l'individualità vale poco o nulla, e ognuno di noi non è nient'altro che una fugace comparsa in un abisso di mediocrità. Nei suoi crudi e raccapriccianti moniti verso lo spettatore, l'opera fa ben intendere che ci sia un potenziale, folle "Dio" della rete in ognuno di noi, e che l'esistenza di tale "Dio" sia indotta dalla nostra incapacità di adattarci ai frenetici e incessanti ritmi che la nostra stessa società ci impone. Tale considerazione si potrebbe estendere a una generalizzazione più prettamente esistenzialista, ricavando un messaggio finale abbastanza simile a quello di "Evangelion": non a caso Chiaki J. Konaka, uno degli autori di "serial experiments lain", non ha mai nascosto di essere un grande estimatore del cult di Hideaki Anno, dal quale ha indubbiamente attinto per costruire il suo eccentrico percorso d’autore.
La tematica cliché del rapporto tra identità e memoria non poteva affatto mancare, in "serial experiments lain", e anch'essa si va a sovrapporre a tutti gli altri risvolti dell'opera, la quale non per nulla è uno dei capisaldi dell'animazione giapponese degli anni novanta. Ma togliendo tutti i vari strati di cyberpunk, di critica sociale, di postmodernismo, di citazionismo (verranno addirittura citate le vasche di deprivazione sensoriale, con tanto di relative tecnobubbole), di misticismo, di psicologia e di esistenzialismo, cosa resta? Resta la storia di un'amicizia molto vicina all'amore - quella tra Lain e Arisu -, un forte legame che persiste sino al complesso e agrodolce finale, il quale, allo stesso modo di quanto l'ha preceduto, è densissimo di contenuti e di spunti di riflessione. Come complessità e capacità di produrre argomentazioni filosofiche su molteplici livelli di lettura, a mio avviso "serial experiments lain" è vicinissimo a "La rivoluzione di Utena", altra storica bandiera del postmodernismo nipponico anni novanta.
Per quanto concerne la regia, Ryūtarō Nakamura si dimostra abilissimo nel rielaborare in chiave personale lo stile lunatico di David Lynch: la prospettiva viene frammentata in primi piani che ritraggono occhi, tralicci, cavi, volti di persone dall'espressione inquietante; e spesso vengono utilizzati sperimentalismi visivi al fine di accentuare le sensazioni estreme e le percezioni distorte che l'opera vuole trasmettere. A mio avviso quella di Nakamura è una regia geniale, che riesce a rendere perfettamente - e alquanto morbosamente - l'inquietante integrazione della realtà sensibile con l'inconscio - le strade bianche, i monolitici e ronzanti tralicci, il bagno di sensazioni tipicamente postmoderno nel quale si viene immersi sin dalla prima puntata. Gli eventi/non-eventi previsti dallo script avvengono molto lentamente, e vengono propinati con estrema durezza, con una totale assenza di compromessi: "serial experiments lain" è un vero e proprio pugno nello stomaco, e personalmente l'ho apprezzato soltanto dopo averlo visto per la seconda volta. Come ogni grande non-narrazione che si rispetti, "serial experiments lain" necessita di più visioni, giacché in un secondo momento si potrebbero comprendere determinati risvolti che in precedenza erano rimasti oscuri.
E' da notare che, paradossalmente, un anime che critica aspramente il mondo dei videogiochi è diventato in seguito la fonte d'ispirazione di un famoso jrpg: "Persona 2: Innocent Sin". Nel capolavoro videoludico della Atlus, infatti, i protagonisti s'immergeranno anch'essi nell'inconscio collettivo, esattamente come Lain, arrivando addirittura a incontrare il misterioso Filemone, un altro palese riferimento alle teorie di Jung.
A livello tecnico la serie risente dell'esplosione della bolla economica degli anni ottanta, e pertanto è realizzata con animazioni scarse e un budget contenuto; le imperfezioni grafiche e le animazioni "scattose" erano comunque la norma negli anni novanta, a parte poche eccezioni dotate di un budget elevato. Detto ciò, le sigle di apertura e di chiusura sono splendide ed emblematiche, sopratutto quella di chiusura, un vero e proprio lamento dal sapore "new wave" squisitamente rockeggiante, sensuale e malato. Volendo chiudere la recensione con una considerazione personale, devo ammettere che, quando sento il bisogno di rivivere quel particolare mood genuinamente complesso, ambiguo e agrodolce tipico degli anni novanta, è molto probabile che m'immerga per l'ennesima volta nell'impenetrabile atmosfera dell'angoscioso e criptico cult di Ryūtarō Nakamura. E poi, chissà, magari potrei scoprire qualche nuovo particolare che mi permetta di reinterpretare l'opera su un diverso piano di lettura.
Giusto per fare un esempio, già nel tominiano "Daitarn 3" era presente un citazionismo legato ai prodotti di consumo, il quale, sebbene non marcato come quello degli anime degli anni novanta, faceva intendere una certa trasformazione sociale embrionalmente postmoderna, la quale testimoniava una certa presa di coscienza del mutamento in corso all'epoca (il boom economico). In opere come "Evangelion", "Cowboy Bebop" e "serial experiments lain", invece, il citazionismo diventa l'intero mosaico che costituisce l'opera: la transizione da moderno a postmoderno è completamente avvenuta, e ora ci si può fermare a riflettere su tale mutamento, mettendo da parte la narrazione per concentrarsi sulle varie problematiche legate alla dissociazione dell'individuo, alla natura dell'identità personale in un contesto sociologico, alla comunicazione con sé stessi e con gli altri, all'escapismo e all'abuso di tecnologia. Insomma, il citazionismo è il sintomo di una certa saturazione della conoscenza, un segnale d'allarme che indica, nella sua estrema autoreferenzialità, un'incombente fine della storia e/o di un determinato modello sociale, possibilmente seguito da un radicale cambiamento in grado di fissare un nuovo paradigma.
I temi sopracitati faranno da padrone nell'animazione giapponese degli anni novanta successiva all'epocale "Evangelion" e al misconosciuto "Key the Metal Idol" (una sorta di rozzo antesignano di "serial experiments lain" risalente al 1994), e alcuni di essi sono pienamente in accordo con quelli del cyberpunk classico: "serial experiments lain" è infatti puro cyberpunk d'avanguardia, un'opera la quale, seppur figlia del suddetto contesto sociologico giapponese, si spinge ben oltre, assumendo diversi livelli di lettura legati alla psicologia e alla letteratura tout court (si pensi ai vari riferimenti a "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Carroll e al "Neuramante" di William Gibson presenti nell'opera, giusto per citarne alcuni).
In "serial experiments lain" il cyberspazio prende il nome di Wired, una rete informatica assimilabile a un internet potenziato in cui è possibile trasferire la propria coscienza; le vicende iniziali del plot ruotano attorno a una serie di inquietanti suicidi: sembra che nel Wired esista un "Dio" che disprezza la materia fisica, il quale sta raccogliendo dei proseliti virtuali spingendoli ad eliminare il proprio corpo. La timida e introversa protagonista - una specie di nerd di sesso femminile ai limiti dell'autismo -, tale Lain Iwakura, incomincerà a potenziare il proprio Navi, al fine di poter accedere pienamente al Wired, in modo tale da condurre delle indagini autonome sui nefasti eventi indotti dal fantomatico "Dio" della rete.
L'opera si avvia analizzando una gioventù alienata che perde il suo tempo in caotici locali alla moda nei quali è possibile procurarsi inquietanti droghe cibernetiche, e prosegue in un viaggio allegorico nel Wired/inconscio collettivo sino a interrogarsi sulla natura stessa dell'individualità e sulle possibili conseguenze della sua frammentazione. Molto espliciti sono i vari riferimenti alla psicologia di Carl Jung (l'ombra, gli archetipi, l'individuazione, l'animismo); nel suo modus operandi, "serial experiments lain" dapprima frammenta ogni cosa - psicologica, materiale, reale o irreale che sia: si pensi all'opprimente, eterea ed emblematica scena del dialogo tra Lain e il "Dio" della rete -, e successivamente riattacca tra loro i vari cocci sparsi in terra (mi si passi la metafora) mediante un rigoroso processo di individuazione del Sé della protagonista. Il viaggio di Lain nell'inconscio collettivo è un tema atavico, un ancestrale "viaggio dell'eroe" in un luogo buio, tetro e dissociato; un "viaggio" alla ricerca non di una chiave, ma della chiave, ossia dell'identità intesa nella sua accezione più totalizzante (l'incontro di Lain con la sua ombra, ad esempio, è un passo fondamentale nel processo d'individuazione junghiano). Ma volendo analizzare l'opera su un diverso piano di lettura più strettamente cyberpunk, è necessario fare tesoro del contesto sociologico in cui la suddetta è stata concepita, giacché il principale messaggio che essa sembra lanciare consiste nel monito inerente il livello di realtà che la realtà virtuale può raggiungere; per dirla in altri termini: la realtà virtuale è più reale della realtà sensibile? Rinunciando al proprio corpo e abbandonando un mondo grigio, alienante, caotico e monotono, è possibile trascendere a un livello di esistenza superiore all'interno del Wired?
E' quindi evidente il palese messaggio d'allarme rivolto ai giovani giapponesi dell'epoca; messaggio tra l'altro ancora attualissimo: oggigiorno, con lo sviluppo sempre più rapido della tecnica sono stati creati nuovi cellulari in grado di permettere una connessione continua alla rete, oppure terminali che simulano la realtà virtuale in modo quanto mai vivido e realistico, mediante un'interfaccia analogica da applicare sui propri organi di senso. Insomma, in tutti i Paesi sviluppati la dipendenza ossessivo-compulsiva da internet sta diventando un problema sempre più dilagante, e i mezzi per soddisfare tale pulsione diventano via via sempre più capziosi e alienanti. Esattamente come Lain, anche noi, nel presente, possiamo chiedere al computer se esistiamo o no. E lui certamente risponderebbe di no, siccome su internet siamo tutti potenziali dei, contrariamente a quanto accade nella realtà, in cui l'individualità vale poco o nulla, e ognuno di noi non è nient'altro che una fugace comparsa in un abisso di mediocrità. Nei suoi crudi e raccapriccianti moniti verso lo spettatore, l'opera fa ben intendere che ci sia un potenziale, folle "Dio" della rete in ognuno di noi, e che l'esistenza di tale "Dio" sia indotta dalla nostra incapacità di adattarci ai frenetici e incessanti ritmi che la nostra stessa società ci impone. Tale considerazione si potrebbe estendere a una generalizzazione più prettamente esistenzialista, ricavando un messaggio finale abbastanza simile a quello di "Evangelion": non a caso Chiaki J. Konaka, uno degli autori di "serial experiments lain", non ha mai nascosto di essere un grande estimatore del cult di Hideaki Anno, dal quale ha indubbiamente attinto per costruire il suo eccentrico percorso d’autore.
La tematica cliché del rapporto tra identità e memoria non poteva affatto mancare, in "serial experiments lain", e anch'essa si va a sovrapporre a tutti gli altri risvolti dell'opera, la quale non per nulla è uno dei capisaldi dell'animazione giapponese degli anni novanta. Ma togliendo tutti i vari strati di cyberpunk, di critica sociale, di postmodernismo, di citazionismo (verranno addirittura citate le vasche di deprivazione sensoriale, con tanto di relative tecnobubbole), di misticismo, di psicologia e di esistenzialismo, cosa resta? Resta la storia di un'amicizia molto vicina all'amore - quella tra Lain e Arisu -, un forte legame che persiste sino al complesso e agrodolce finale, il quale, allo stesso modo di quanto l'ha preceduto, è densissimo di contenuti e di spunti di riflessione. Come complessità e capacità di produrre argomentazioni filosofiche su molteplici livelli di lettura, a mio avviso "serial experiments lain" è vicinissimo a "La rivoluzione di Utena", altra storica bandiera del postmodernismo nipponico anni novanta.
Per quanto concerne la regia, Ryūtarō Nakamura si dimostra abilissimo nel rielaborare in chiave personale lo stile lunatico di David Lynch: la prospettiva viene frammentata in primi piani che ritraggono occhi, tralicci, cavi, volti di persone dall'espressione inquietante; e spesso vengono utilizzati sperimentalismi visivi al fine di accentuare le sensazioni estreme e le percezioni distorte che l'opera vuole trasmettere. A mio avviso quella di Nakamura è una regia geniale, che riesce a rendere perfettamente - e alquanto morbosamente - l'inquietante integrazione della realtà sensibile con l'inconscio - le strade bianche, i monolitici e ronzanti tralicci, il bagno di sensazioni tipicamente postmoderno nel quale si viene immersi sin dalla prima puntata. Gli eventi/non-eventi previsti dallo script avvengono molto lentamente, e vengono propinati con estrema durezza, con una totale assenza di compromessi: "serial experiments lain" è un vero e proprio pugno nello stomaco, e personalmente l'ho apprezzato soltanto dopo averlo visto per la seconda volta. Come ogni grande non-narrazione che si rispetti, "serial experiments lain" necessita di più visioni, giacché in un secondo momento si potrebbero comprendere determinati risvolti che in precedenza erano rimasti oscuri.
E' da notare che, paradossalmente, un anime che critica aspramente il mondo dei videogiochi è diventato in seguito la fonte d'ispirazione di un famoso jrpg: "Persona 2: Innocent Sin". Nel capolavoro videoludico della Atlus, infatti, i protagonisti s'immergeranno anch'essi nell'inconscio collettivo, esattamente come Lain, arrivando addirittura a incontrare il misterioso Filemone, un altro palese riferimento alle teorie di Jung.
A livello tecnico la serie risente dell'esplosione della bolla economica degli anni ottanta, e pertanto è realizzata con animazioni scarse e un budget contenuto; le imperfezioni grafiche e le animazioni "scattose" erano comunque la norma negli anni novanta, a parte poche eccezioni dotate di un budget elevato. Detto ciò, le sigle di apertura e di chiusura sono splendide ed emblematiche, sopratutto quella di chiusura, un vero e proprio lamento dal sapore "new wave" squisitamente rockeggiante, sensuale e malato. Volendo chiudere la recensione con una considerazione personale, devo ammettere che, quando sento il bisogno di rivivere quel particolare mood genuinamente complesso, ambiguo e agrodolce tipico degli anni novanta, è molto probabile che m'immerga per l'ennesima volta nell'impenetrabile atmosfera dell'angoscioso e criptico cult di Ryūtarō Nakamura. E poi, chissà, magari potrei scoprire qualche nuovo particolare che mi permetta di reinterpretare l'opera su un diverso piano di lettura.
Nel mondo sono presenti molti device interconnessi fra di loro e le persone li utilizzano per entrare in rete e socializzare: qual è il confine tra il mondo reale e quello virtuale? E cosa accadrebbe se si verificasse una interferenza tra i due mondi? serial experiments lain (scritto tutto minuscolo, perché così hanno voluto i suoi creatori) è un anime del 1998 che si pone queste domande e presenta un'ipotesi su cosa potrebbe accadere in un futuro dove gli esseri umani utilizzano in maniera intensiva dispositivi che permettono di entrare in una dimensione virtuale parallela.
La serie inizia con il racconto del suicidio di Chisa, una ragazzina delle medie; Lain, sua compagna di scuola, scopre che molti studenti sono terrorizzati perché hanno ricevuto delle mail spedite da Chisa nei giorni successivi al suo suicidio. Quando anche lei riceve la mail della ragazza, che dice di stare bene e di non avere più bisogno di un corpo fisico, si incuriosisce e chiede al padre di fornirle un NAVI - i computer usati per connettersi in rete - più potente, perché è curiosa di quanto ha appreso da Chisa e vuole scoprire i segreti del Wired (la rete che connette i dispositivi). Lain si troverà così a vivere un'esperienza quasi allucinante, soprattutto quando si accorgerà che molte persone dichiarano di avere visto una ragazza che le assomiglia ma con un carattere completamente diverso dal suo.
serial experiments lain è una serie che definirei "di nicchia", non facile da seguire ma ricca di temi estremamente innovativi per l'epoca in cui è stata creata, che offre spunti di riflessione su varie tematiche. Oggi (2014) siamo circondati da oggetti connessi alla rete e abbiamo una nostra identità su qualche social network; nel 1998 questi concetti erano quasi inavvicinabili - internet serviva per consultare semplici siti web, scambiarsi mail o al massimo qualche file audio o video di bassa qualità, e si socializzava partecipando ai newsgroup (uno spazio in rete dove si discute di un determinato argomento) utilizzando essenzialmente messaggi di testo. I concetti alla base della serie erano, quanto meno, futuribili: Yasuyuki Ueda e Yoshitoshi ABe hanno avuto il coraggio di svilupparli e prevedere un mondo che, a distanza di una quindicina d'anni, si è dimostrato realistico. La parte in cui trattano le conseguenze di una "contaminazione" tra il mondo reale e quello virtuale ricorda molto i romanzi di fantascienza di Asimov, che aveva ipotizzato l'esistenza di un calcolatore in grado di pensare come un essere umano; qui gli autori trovano il modo di parlare anche del concetto della memoria collettiva e dell'esistenza di Dio in una maniera che incuriosisce lo spettatore.
Tematica interessante e genere fuori dagli schemi classici sono i punti di forza della serie. Lo svolgimento della trama è una grossa pecca, che rischia di allontanare gli spettatori dopo la visione dei primi episodi. I concetti che sono alla base del mondo virtuale sono difficili anche per gli esperti informatici; le cose diventano chiare soltanto se si ha la pazienza di aspettare l'episodio 9 - molto particolare, strutturato quasi come un documentario dove fotografie e filmati sono inseriti all'interno delle scene disegnate con un effetto suggestivo - quando vengono spiegate le basi del Wired, si spiega il ruolo dei Knights - gli hacker che scorrazzano liberamente per il Wired - e degli "uomini in nero" che appaiono frequentemente.
Il character design di ABe è spigoloso, i personaggi sembrano quasi abbozzati: pur avendolo già trovato nella copertina della successiva light novel Welcome to the NHK non mi aggrada più di tanto. Anche le ambientazioni sono particolari, e prevedono molte scene sovraesposte (tipiche quelle di Lain che esce di casa per andare a scuola o quando cammina lungo la strada deserta) che alzano il pathos della narrazione. Ho trovato quasi inquietanti quelle dove vengono mostrati i fasci di cavi elettrici appesi ai pali nella strada - metafora dei fili che connettono tra loro i NAVI - accompagnate dal ronzio della corrente elettrica che scorre al loro interno.
Niente da dire sulla colonna sonora, adeguata alle varie situazioni proposte; la sigla iniziale Duvet è per me un piccolo capolavoro sia per la parte musicale e canora che per il video di accompagnamento molto suggestivo.
Non biasimo chi ha abbandonato la visione di questa serie dopo pochi episodi, i concetti che sono alla base degli eventi narrati sono veramente piuttosto complessi da digerire; chi ha avuto il coraggio e la voglia di proseguire fino al punto in cui viene fornita la chiave di lettura di tutto si sarà reso conto di aver trovato un'opera molto particolare che, nonostante alcune pecche piuttosto importanti, meritava sicuramente il tempo che le è stato dedicato per la visione.
La serie inizia con il racconto del suicidio di Chisa, una ragazzina delle medie; Lain, sua compagna di scuola, scopre che molti studenti sono terrorizzati perché hanno ricevuto delle mail spedite da Chisa nei giorni successivi al suo suicidio. Quando anche lei riceve la mail della ragazza, che dice di stare bene e di non avere più bisogno di un corpo fisico, si incuriosisce e chiede al padre di fornirle un NAVI - i computer usati per connettersi in rete - più potente, perché è curiosa di quanto ha appreso da Chisa e vuole scoprire i segreti del Wired (la rete che connette i dispositivi). Lain si troverà così a vivere un'esperienza quasi allucinante, soprattutto quando si accorgerà che molte persone dichiarano di avere visto una ragazza che le assomiglia ma con un carattere completamente diverso dal suo.
serial experiments lain è una serie che definirei "di nicchia", non facile da seguire ma ricca di temi estremamente innovativi per l'epoca in cui è stata creata, che offre spunti di riflessione su varie tematiche. Oggi (2014) siamo circondati da oggetti connessi alla rete e abbiamo una nostra identità su qualche social network; nel 1998 questi concetti erano quasi inavvicinabili - internet serviva per consultare semplici siti web, scambiarsi mail o al massimo qualche file audio o video di bassa qualità, e si socializzava partecipando ai newsgroup (uno spazio in rete dove si discute di un determinato argomento) utilizzando essenzialmente messaggi di testo. I concetti alla base della serie erano, quanto meno, futuribili: Yasuyuki Ueda e Yoshitoshi ABe hanno avuto il coraggio di svilupparli e prevedere un mondo che, a distanza di una quindicina d'anni, si è dimostrato realistico. La parte in cui trattano le conseguenze di una "contaminazione" tra il mondo reale e quello virtuale ricorda molto i romanzi di fantascienza di Asimov, che aveva ipotizzato l'esistenza di un calcolatore in grado di pensare come un essere umano; qui gli autori trovano il modo di parlare anche del concetto della memoria collettiva e dell'esistenza di Dio in una maniera che incuriosisce lo spettatore.
Tematica interessante e genere fuori dagli schemi classici sono i punti di forza della serie. Lo svolgimento della trama è una grossa pecca, che rischia di allontanare gli spettatori dopo la visione dei primi episodi. I concetti che sono alla base del mondo virtuale sono difficili anche per gli esperti informatici; le cose diventano chiare soltanto se si ha la pazienza di aspettare l'episodio 9 - molto particolare, strutturato quasi come un documentario dove fotografie e filmati sono inseriti all'interno delle scene disegnate con un effetto suggestivo - quando vengono spiegate le basi del Wired, si spiega il ruolo dei Knights - gli hacker che scorrazzano liberamente per il Wired - e degli "uomini in nero" che appaiono frequentemente.
Il character design di ABe è spigoloso, i personaggi sembrano quasi abbozzati: pur avendolo già trovato nella copertina della successiva light novel Welcome to the NHK non mi aggrada più di tanto. Anche le ambientazioni sono particolari, e prevedono molte scene sovraesposte (tipiche quelle di Lain che esce di casa per andare a scuola o quando cammina lungo la strada deserta) che alzano il pathos della narrazione. Ho trovato quasi inquietanti quelle dove vengono mostrati i fasci di cavi elettrici appesi ai pali nella strada - metafora dei fili che connettono tra loro i NAVI - accompagnate dal ronzio della corrente elettrica che scorre al loro interno.
Niente da dire sulla colonna sonora, adeguata alle varie situazioni proposte; la sigla iniziale Duvet è per me un piccolo capolavoro sia per la parte musicale e canora che per il video di accompagnamento molto suggestivo.
Non biasimo chi ha abbandonato la visione di questa serie dopo pochi episodi, i concetti che sono alla base degli eventi narrati sono veramente piuttosto complessi da digerire; chi ha avuto il coraggio e la voglia di proseguire fino al punto in cui viene fornita la chiave di lettura di tutto si sarà reso conto di aver trovato un'opera molto particolare che, nonostante alcune pecche piuttosto importanti, meritava sicuramente il tempo che le è stato dedicato per la visione.
E' difficile recensire "Serial Experiments Lain", premetto. E' un anime particolarissimo, diciamo strano... nel senso positivo del termine, ovviamente.
Non sto qui a descrivervi la trama, perché la trovate già nei dettagli. "Serial Experiments Lain" è un anime dell'anno 1998, diretto da Ryutaro Nakamura e ideato da Ueda e ABe, quindi proprio due anni dopo l'uscita di "Neon Genesis Evangelion". Molti paragonano "Serial Experiments Lain" proprio a quest'ultimo, in base alla profondità delle tematiche affrontate. Io, personalmente, ho adorato "Neon Genesis Evangelion" e lo considero uno dei migliori anime di sempre, ma credo che "Serial Experiments Lain" abbia un qualcosina in più. Mi sto riferendo alla regia e alla tecnica narrativa con la quale vengono raccontate le vicende. Mentre la trama di "Neon Genesis Evangelion" scorreva liscia per tutta la serie (ad eccezione degli ultimi due episodi e del film "The End of Evangelion"), la trama di "Serial Experiments Lain" viene, invece, come dire, scomposta, tipo un puzzle, ed effettivamente lo spettatore si ritrova confuso fino all'ultimo episodio, dopo il quale cercherà di interpretare ciò che ha visto. Il finale non chiarisce del tutto i dubbi che possono sorgere durante la visione della serie, ma è proprio questo il bello! Per quanto riguarda la regia, invece, credo che sia il pezzo forte di quest'anime, e credo che senza questo stile l'opera non sarebbe la stessa: noterete la lentezza delle scene, i lunghi silenzi, i primissimi piani dei volti dei personaggi e le sequenze spezzate. Inoltre, le atmosfere oniriche, l'alternanza di musiche martellanti al silenzio rotto solo dal rumore del motore dei computer renderanno il tutto molto suggestivo.
Non è un anime per tutti, vi avviso, nel senso che chi cerca un anime leggero è proprio fuori strada. Inoltre non tutti possono apprezzare lo stile di quest'anime, lo capisco. Perciò lo consiglio solo a chi si sente pronto per vedere un anime che è tutto un "mindfuck", inquietante, criptico e tremendamente serio. Tutto in senso positivo, ripeto. Voglio sottolineare un'ultima cosa: "Serial Experiments Lain" non è un anime conosciuto come può esserlo "Neon Genesis Evangelion", che è più "commerciale", diciamo, ma meriterebbe davvero di essere visto da più persone.
Non ho nient'altro da dire... solo guardatelo, e non ve ne pentirete!
Non sto qui a descrivervi la trama, perché la trovate già nei dettagli. "Serial Experiments Lain" è un anime dell'anno 1998, diretto da Ryutaro Nakamura e ideato da Ueda e ABe, quindi proprio due anni dopo l'uscita di "Neon Genesis Evangelion". Molti paragonano "Serial Experiments Lain" proprio a quest'ultimo, in base alla profondità delle tematiche affrontate. Io, personalmente, ho adorato "Neon Genesis Evangelion" e lo considero uno dei migliori anime di sempre, ma credo che "Serial Experiments Lain" abbia un qualcosina in più. Mi sto riferendo alla regia e alla tecnica narrativa con la quale vengono raccontate le vicende. Mentre la trama di "Neon Genesis Evangelion" scorreva liscia per tutta la serie (ad eccezione degli ultimi due episodi e del film "The End of Evangelion"), la trama di "Serial Experiments Lain" viene, invece, come dire, scomposta, tipo un puzzle, ed effettivamente lo spettatore si ritrova confuso fino all'ultimo episodio, dopo il quale cercherà di interpretare ciò che ha visto. Il finale non chiarisce del tutto i dubbi che possono sorgere durante la visione della serie, ma è proprio questo il bello! Per quanto riguarda la regia, invece, credo che sia il pezzo forte di quest'anime, e credo che senza questo stile l'opera non sarebbe la stessa: noterete la lentezza delle scene, i lunghi silenzi, i primissimi piani dei volti dei personaggi e le sequenze spezzate. Inoltre, le atmosfere oniriche, l'alternanza di musiche martellanti al silenzio rotto solo dal rumore del motore dei computer renderanno il tutto molto suggestivo.
Non è un anime per tutti, vi avviso, nel senso che chi cerca un anime leggero è proprio fuori strada. Inoltre non tutti possono apprezzare lo stile di quest'anime, lo capisco. Perciò lo consiglio solo a chi si sente pronto per vedere un anime che è tutto un "mindfuck", inquietante, criptico e tremendamente serio. Tutto in senso positivo, ripeto. Voglio sottolineare un'ultima cosa: "Serial Experiments Lain" non è un anime conosciuto come può esserlo "Neon Genesis Evangelion", che è più "commerciale", diciamo, ma meriterebbe davvero di essere visto da più persone.
Non ho nient'altro da dire... solo guardatelo, e non ve ne pentirete!
"Serial Experiments Lain" è un'opera difficile da valutare. Lo è per sua stessa natura: si tratta infatti di un prodotto criptico, onirico e di difficile interpretazione, che non si lascia penetrare facilmente dallo spettatore. Nonostante questo, o forse proprio a causa di ciò, è anche una delle serie più affascinanti che io abbia visto.
La storia segue Lain, l'introversa e quasi apatica protagonista della serie, nel suo viaggio alla scoperta del Wired, sorta di internet del futuro che collega tutto e tutti. È questo un viaggio surreale e onirico, dove i confini tra il mondo reale e virtuale paiono assottigliarsi fino a svanire e tutto, anche la natura della ragazza e il suo io, viene messo in dubbio. I primi dieci episodi sono come il buttare sul tavolo i pezzi di un intricato puzzle, senza curarsi di disporli in ordine. Saranno poi gli ultimi tre episodi a comporli e dare un quadro completo (ma non per questo facile da capire) della vicenda.
Il tema principale è quello della commistione tra virtuale e reale e dell'illusione di controllo che abbiamo sulla realtà, ma l'anime si allarga a toccare i più disparati argomenti di ordine antropologico, sociologico, teologico, metafisico e altro ancora, in un insieme che a volte rischia, per la sua stessa vastità, di scadere nel superficiale.
Lo sperimentalismo che investe storia e regia è la cifra più significativa di Lain, l'aspetto che lo rende ciò che è e che, allo stesso tempo, confonde e affascina lo spettatore, spingendolo alla visione dei successivi episodi e alla riflessione su quanto visto, nella ricerca di una spiegazione.
Come già detto "Serial Experiments Lain" è una serie difficile, che può dare grandi soddisfazioni come creare frustrazione a seconda dello spettatore. Lo consiglio agli amanti dello sperimentale e del cyberpunk, così come a chi cerca una serie di spessore e diversa dal solito.
Voto: 8,5.
La storia segue Lain, l'introversa e quasi apatica protagonista della serie, nel suo viaggio alla scoperta del Wired, sorta di internet del futuro che collega tutto e tutti. È questo un viaggio surreale e onirico, dove i confini tra il mondo reale e virtuale paiono assottigliarsi fino a svanire e tutto, anche la natura della ragazza e il suo io, viene messo in dubbio. I primi dieci episodi sono come il buttare sul tavolo i pezzi di un intricato puzzle, senza curarsi di disporli in ordine. Saranno poi gli ultimi tre episodi a comporli e dare un quadro completo (ma non per questo facile da capire) della vicenda.
Il tema principale è quello della commistione tra virtuale e reale e dell'illusione di controllo che abbiamo sulla realtà, ma l'anime si allarga a toccare i più disparati argomenti di ordine antropologico, sociologico, teologico, metafisico e altro ancora, in un insieme che a volte rischia, per la sua stessa vastità, di scadere nel superficiale.
Lo sperimentalismo che investe storia e regia è la cifra più significativa di Lain, l'aspetto che lo rende ciò che è e che, allo stesso tempo, confonde e affascina lo spettatore, spingendolo alla visione dei successivi episodi e alla riflessione su quanto visto, nella ricerca di una spiegazione.
Come già detto "Serial Experiments Lain" è una serie difficile, che può dare grandi soddisfazioni come creare frustrazione a seconda dello spettatore. Lo consiglio agli amanti dello sperimentale e del cyberpunk, così come a chi cerca una serie di spessore e diversa dal solito.
Voto: 8,5.
"Serial Experiments Lain" è un anime del 1998 di tredici episodi, ideato da Yasuyuki Ueda e Yoshitoshi ABe.
Una ragazza delle medie, di nome Chisa, muore suicida. Dopo poco, alcune sue compagne di classe iniziano a ricevere delle strane mail apparentemente scritte dalla defunta giovane ragazza, nelle quali le informa che lei, nonostante abbia perso il corpo, è ancora viva. La maggior parte delle ragazze, tuttavia, crede si tratti solo di uno scherzo di cattivo gusto; tutte tranne una: Lain Iwakura. Lain cercherà di trovare una risposta a questo mistero, avvalendosi, sempre di più, dell'aiuto della rete, qui chiamata Wired, attraverso l'utilizzo di dispositivi simili ai nostri computer detti Navi.
"Serial Experiments Lain" è un anime sicuramente non adatto a tutti, per la mancanza quasi totale di azione; tuttavia, il particolare modo in cui viene narrata la storia stimola assolutamente lo spettatore alla visione dell'episodio successivo: in ogni "layer", infatti, verrà aggiunto un pezzo fondamentale di quello che sarà alla fine il quadro definitivo, e sarà necessaria grande attenzione ad ogni particolare per comprenderne alla fine l'essenza e trarne le proprie conclusioni. L'anime, infatti, si presta a varie interpretazioni e, proprio per questo motivo, e per non rovinarvi la visione, mi limiterò a questa introduzione.
Dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a un buon lavoro, nella norma, anche se caratterizzato da uno stile molto semplice e essenziale, nonché realistico; ma capiamo bene che, in opere come queste, questo aspetto è importante fino a un certo punto.
Molto buone sono invece le musiche, dall'opening all'ending, passando per la colonna sonora che ben sa rendere le numerose scene di suspense che questo anime ci offre.
In definitiva è un prodotto che consiglio vivamente a chi abbia voglia di vedere qualcosa di interessante, impegnato e strano, e che lo faccia riflettere su tematiche importanti, soprattutto legate alle nuove tecnologie e all'effetto che esse avranno sul destino dell'uomo.
Una ragazza delle medie, di nome Chisa, muore suicida. Dopo poco, alcune sue compagne di classe iniziano a ricevere delle strane mail apparentemente scritte dalla defunta giovane ragazza, nelle quali le informa che lei, nonostante abbia perso il corpo, è ancora viva. La maggior parte delle ragazze, tuttavia, crede si tratti solo di uno scherzo di cattivo gusto; tutte tranne una: Lain Iwakura. Lain cercherà di trovare una risposta a questo mistero, avvalendosi, sempre di più, dell'aiuto della rete, qui chiamata Wired, attraverso l'utilizzo di dispositivi simili ai nostri computer detti Navi.
"Serial Experiments Lain" è un anime sicuramente non adatto a tutti, per la mancanza quasi totale di azione; tuttavia, il particolare modo in cui viene narrata la storia stimola assolutamente lo spettatore alla visione dell'episodio successivo: in ogni "layer", infatti, verrà aggiunto un pezzo fondamentale di quello che sarà alla fine il quadro definitivo, e sarà necessaria grande attenzione ad ogni particolare per comprenderne alla fine l'essenza e trarne le proprie conclusioni. L'anime, infatti, si presta a varie interpretazioni e, proprio per questo motivo, e per non rovinarvi la visione, mi limiterò a questa introduzione.
Dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a un buon lavoro, nella norma, anche se caratterizzato da uno stile molto semplice e essenziale, nonché realistico; ma capiamo bene che, in opere come queste, questo aspetto è importante fino a un certo punto.
Molto buone sono invece le musiche, dall'opening all'ending, passando per la colonna sonora che ben sa rendere le numerose scene di suspense che questo anime ci offre.
In definitiva è un prodotto che consiglio vivamente a chi abbia voglia di vedere qualcosa di interessante, impegnato e strano, e che lo faccia riflettere su tematiche importanti, soprattutto legate alle nuove tecnologie e all'effetto che esse avranno sul destino dell'uomo.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
''Serial Experiments Lain'' è l'anime capostipite del genere sperimentale alla David Linch, portato in voga da ''Neon Genesis Evangelion'' negli anni '90 in modo indiretto (Eva darà origine a molte scuole di pensiero nella realizzazione degli anime dopo il suo avvento). ''Serial Experiments Lain'' è molto criptico, discontinuo, paranoico e morboso, ma allo stesso tempo estremamente coerente nel suo delirio. La protagonista è chiusa e introversa ai limiti dell'autismo e con il progredire della trama incontrerà nel wired (la rete) la sua ombra junghiana, ovvero il suo ''alter ego'' sensuale, disinibito e sfacciato.
Altro incontro essenziale ai fini della trama per Lain nella rete delle meraviglie è un essere senza corpo che si autoproclama dio vivente, che vuole fondere il wired (che si potrebbe interpretare più che come internet come inconscio collettivo, strizzando ancora una volta l'occhio a Jung) con il mondo reale, in modo da eliminare la sofferenza che deriva dal fatto di avere un ego ben definito (questa cosa mi ricorda vagamente la caduta degli AT Field in Evangelion). Il viaggio di Lain nella rete alla ricerca di sé stessa e il suo rapporto con l'amata migliore amica è quello a cui assisteremo durante la visione dell'anime, e che potremo interpretare con diverse chiavi di lettura.
Questo anime, come tutte le opere firmate Yoshitoshi ABe, è adatto ad un pubblico con un certo livello di cultura e capacità di analisi, data la sua complessità e il massiccio utilizzo di citazioni colte ai fini dello sviluppo della trama.
Ottime sono le sigle di apertura e chiusura, che personalmente adoro, e che fanno immergere in un mood anni '90 che tutti un po' rimpiangiamo.
''Serial Experiments Lain'' è l'anime capostipite del genere sperimentale alla David Linch, portato in voga da ''Neon Genesis Evangelion'' negli anni '90 in modo indiretto (Eva darà origine a molte scuole di pensiero nella realizzazione degli anime dopo il suo avvento). ''Serial Experiments Lain'' è molto criptico, discontinuo, paranoico e morboso, ma allo stesso tempo estremamente coerente nel suo delirio. La protagonista è chiusa e introversa ai limiti dell'autismo e con il progredire della trama incontrerà nel wired (la rete) la sua ombra junghiana, ovvero il suo ''alter ego'' sensuale, disinibito e sfacciato.
Altro incontro essenziale ai fini della trama per Lain nella rete delle meraviglie è un essere senza corpo che si autoproclama dio vivente, che vuole fondere il wired (che si potrebbe interpretare più che come internet come inconscio collettivo, strizzando ancora una volta l'occhio a Jung) con il mondo reale, in modo da eliminare la sofferenza che deriva dal fatto di avere un ego ben definito (questa cosa mi ricorda vagamente la caduta degli AT Field in Evangelion). Il viaggio di Lain nella rete alla ricerca di sé stessa e il suo rapporto con l'amata migliore amica è quello a cui assisteremo durante la visione dell'anime, e che potremo interpretare con diverse chiavi di lettura.
Questo anime, come tutte le opere firmate Yoshitoshi ABe, è adatto ad un pubblico con un certo livello di cultura e capacità di analisi, data la sua complessità e il massiccio utilizzo di citazioni colte ai fini dello sviluppo della trama.
Ottime sono le sigle di apertura e chiusura, che personalmente adoro, e che fanno immergere in un mood anni '90 che tutti un po' rimpiangiamo.
"Serial Experiments Lain" è senza dubbio l'anime che fa da capostipite al genere sperimentale. Dalla sua creazione in poi una lunga scia di prodotti di questo genere nasceranno e ci mostreranno come un anime non ha necessariamente bisogno di una trama per essere un capolavoro, quando è ricco di così tanti temi da far fermare lo spettatore a riflettere. A detta degli stessi Konaka e Nakamura, ideatori di questa serie animata, il merito è da attribuire a un anime del 1995, che li ha ispirati a tal punto da cominciare a elaborare questo gioiello d'animazione giapponese. Avrete capito tutti che si riferivano al capolavoro di Hideaki Anno, "Neon Genesis Evangelion". Il finale, in particolare modo, ha affascinato gli autori, che si sono messi subito al lavoro per la creazione di quello che viene ormai definito un anime cult.
La storia ruota intorno a una ragazzina, Lain. Lei ha una vita solitaria, ha delle amiche, ma queste sembra quasi che stiano con lei perché sono solo della stessa classe. Un giorno però qualcosa cambia: una delle compagne decide di suicidarsi. Nulla di strano, se non fosse che ai cellulari e ai computer delle varie ragazze della scuola arrivano email della giovane suicida. Lain, però, rimane esclusa da ciò, non tanto perché non viene contattata, ma perché non possiede né un cellulare né un computer adatto. Appena, però, viene a conoscenza di questi avvenimenti, chiede al padre di avere i mezzi adatti per viaggiare nel wired (internet, praticamente). Da ciò comincia il grande viaggio tematico che ci mostrerà Lain nella sua vita internettiana.
Partiamo però da alcune note obbligatorie. Per i primi dieci episodi verremo tramortiti da una quantità immensa di informazioni e temi che lasceranno lo spettatore a bocca aperta, però non si capirà nulla di quello che succede. Ma non bisogna preoccuparsi per ciò, tutto alla fine viene spiegato, e ha incredibilmente senso! Non è un anime che si può vedere solo per la storia, sarebbe riduttivo e noioso. "Serial Experiments Lain" deve essere analizzato, elaborato e studiato in ogni minimo dettaglio, perché tutto quello che succede è in modo geniale associato ai temi. E il tema che regge tutto l'anime è quello del collegamento: internet è il mezzo che permette all'umanità di essere in comunicazione, di scambiare informazioni rapidamente, di unire luoghi lontanissimi rendendoli vicini. La storia è così coerente con la tematica proposta che lo si nota anche da piccoli dettagli: ogni episodio inizia con una scena di cinque secondi in cui si vede un semaforo lampeggiante. O da come due episodi siano uniti dai miti greci - episodio 3, Psyche, episodio 10, Love.
Come già vi avevo annunciato con l'introduzione di questa recensione, questo anime è del 1998, ma parla delle odierne tecnologie. Bisogna per questo, prima di continuare con le altre tematiche trattate, contestualizzare l'opera col periodo storico. Poiché si parla di computer e telefoni, il periodo di produzione di "Serial Experiment Lain" influisce tantissimo sui pensieri e su ciò che ci viene mostrato. In fondo, gli anni novanta segnano il boom di vendite per questi nuovi marchingegni e ciò ha diviso l'opinione pubblica, che ha avuto terrore che la tecnologia potesse sostituire il mondo reale. E proprio questo sarà il secondo tema principale della serie: la paura che il wired si colleghi alla vita quotidiana sostituendola e cambiandola dalle fondamenta. La nostra protagonista si ritroverà combattuta su ciò che deve scegliere: da una parte sarà affascinata da questo mondo fantastico e ricco di novità, da un'altra parte temerà l'allontanamento dalle sue certezze. Lain è la nuova "Alice in wonderland", che viaggia in questi luoghi sconosciuti pieni di roba bizzarra, ma che, nonostante il fascino, danno un senso di nostalgia per la propria vita passata. La citazione fatta a Carroll è così evidente e sottolineata, che si evince da tante cose a partire dal nome dell'amica di Lain, che si chiama Arisu – Alice.
Ma, se da un lato ci viene mostrato il fantastico mondo di internet, da un altro ci verranno mostrati i grandi problemi che mettono timore alla popolazione. Infatti, "Serial Experiments Lain" tratta anche delle teorie del complotto: L'infomazione su internet è sicura? Non viene manipolata? Tutto ciò che viene detto è reale? Queste saranno le domande che nel corso dei tredici episodi si prenderanno in considerazione e a cui si cercherà di dare una risposta.
Ma la cosa bella di questa serie è che tratta di tantissimi altri argomenti, come la religione, i sentimenti - l'amore su internet - e tutta la perdita di privacy con la genesi di internet. Ogni punto, inoltre, verrà sottolineato con maggiore forza in base a come viene vissuto l'episodio. Questo lo si capisce solo se si è disposti a vedere una puntata più volte; in pratica, voglio dire che, in base ai dettagli che prenderemo in considerazione, si potranno avere delle nuove chiavi di lettura.
Un altro punto che non posso sottovalutare sono le infinite citazioni che ritroviamo. Innanzitutto "Ghost in the shell" e "Matrix", punti di partenza per l'intera serie, ma non possiamo sottovalutare l'importanza di Philip Dick, Freud, Jung e lo stesso Proust. Insomma, troviamo di tutto e di più fino ad arrivare alla grandissima frase che ricorrerà per l'intera serie:
Close the World, Open the nExt.
La NeXT computer Corporation non è altro che la società di Steve Jobs e il padre di Lain usa proprio un NeXT, simbolo commerciale dell'opera!
Dopo questa infinita carrellata di tematiche e citazioni, che ho voluto riproporvi per farvi capire come quest'anime merita davvero tanta attenzione, parliamo, in poche parole, del lato tecnico. Disegni intriganti e una regia incisiva, degna del genere sperimentale, sono accompagnati da stupende OST e da sufficienti animazioni - ABe sappiamo per definizione che ha le braccine corte riguardo le animazioni.
Inutile dire che questo è un capolavoro senza se e senza ma, che ha dato ispirazione a tante altre opere sperimentali, creando un filone di tutto rispetto e molto di nicchia. Consigliatissimo.
La storia ruota intorno a una ragazzina, Lain. Lei ha una vita solitaria, ha delle amiche, ma queste sembra quasi che stiano con lei perché sono solo della stessa classe. Un giorno però qualcosa cambia: una delle compagne decide di suicidarsi. Nulla di strano, se non fosse che ai cellulari e ai computer delle varie ragazze della scuola arrivano email della giovane suicida. Lain, però, rimane esclusa da ciò, non tanto perché non viene contattata, ma perché non possiede né un cellulare né un computer adatto. Appena, però, viene a conoscenza di questi avvenimenti, chiede al padre di avere i mezzi adatti per viaggiare nel wired (internet, praticamente). Da ciò comincia il grande viaggio tematico che ci mostrerà Lain nella sua vita internettiana.
Partiamo però da alcune note obbligatorie. Per i primi dieci episodi verremo tramortiti da una quantità immensa di informazioni e temi che lasceranno lo spettatore a bocca aperta, però non si capirà nulla di quello che succede. Ma non bisogna preoccuparsi per ciò, tutto alla fine viene spiegato, e ha incredibilmente senso! Non è un anime che si può vedere solo per la storia, sarebbe riduttivo e noioso. "Serial Experiments Lain" deve essere analizzato, elaborato e studiato in ogni minimo dettaglio, perché tutto quello che succede è in modo geniale associato ai temi. E il tema che regge tutto l'anime è quello del collegamento: internet è il mezzo che permette all'umanità di essere in comunicazione, di scambiare informazioni rapidamente, di unire luoghi lontanissimi rendendoli vicini. La storia è così coerente con la tematica proposta che lo si nota anche da piccoli dettagli: ogni episodio inizia con una scena di cinque secondi in cui si vede un semaforo lampeggiante. O da come due episodi siano uniti dai miti greci - episodio 3, Psyche, episodio 10, Love.
Come già vi avevo annunciato con l'introduzione di questa recensione, questo anime è del 1998, ma parla delle odierne tecnologie. Bisogna per questo, prima di continuare con le altre tematiche trattate, contestualizzare l'opera col periodo storico. Poiché si parla di computer e telefoni, il periodo di produzione di "Serial Experiment Lain" influisce tantissimo sui pensieri e su ciò che ci viene mostrato. In fondo, gli anni novanta segnano il boom di vendite per questi nuovi marchingegni e ciò ha diviso l'opinione pubblica, che ha avuto terrore che la tecnologia potesse sostituire il mondo reale. E proprio questo sarà il secondo tema principale della serie: la paura che il wired si colleghi alla vita quotidiana sostituendola e cambiandola dalle fondamenta. La nostra protagonista si ritroverà combattuta su ciò che deve scegliere: da una parte sarà affascinata da questo mondo fantastico e ricco di novità, da un'altra parte temerà l'allontanamento dalle sue certezze. Lain è la nuova "Alice in wonderland", che viaggia in questi luoghi sconosciuti pieni di roba bizzarra, ma che, nonostante il fascino, danno un senso di nostalgia per la propria vita passata. La citazione fatta a Carroll è così evidente e sottolineata, che si evince da tante cose a partire dal nome dell'amica di Lain, che si chiama Arisu – Alice.
Ma, se da un lato ci viene mostrato il fantastico mondo di internet, da un altro ci verranno mostrati i grandi problemi che mettono timore alla popolazione. Infatti, "Serial Experiments Lain" tratta anche delle teorie del complotto: L'infomazione su internet è sicura? Non viene manipolata? Tutto ciò che viene detto è reale? Queste saranno le domande che nel corso dei tredici episodi si prenderanno in considerazione e a cui si cercherà di dare una risposta.
Ma la cosa bella di questa serie è che tratta di tantissimi altri argomenti, come la religione, i sentimenti - l'amore su internet - e tutta la perdita di privacy con la genesi di internet. Ogni punto, inoltre, verrà sottolineato con maggiore forza in base a come viene vissuto l'episodio. Questo lo si capisce solo se si è disposti a vedere una puntata più volte; in pratica, voglio dire che, in base ai dettagli che prenderemo in considerazione, si potranno avere delle nuove chiavi di lettura.
Un altro punto che non posso sottovalutare sono le infinite citazioni che ritroviamo. Innanzitutto "Ghost in the shell" e "Matrix", punti di partenza per l'intera serie, ma non possiamo sottovalutare l'importanza di Philip Dick, Freud, Jung e lo stesso Proust. Insomma, troviamo di tutto e di più fino ad arrivare alla grandissima frase che ricorrerà per l'intera serie:
Close the World, Open the nExt.
La NeXT computer Corporation non è altro che la società di Steve Jobs e il padre di Lain usa proprio un NeXT, simbolo commerciale dell'opera!
Dopo questa infinita carrellata di tematiche e citazioni, che ho voluto riproporvi per farvi capire come quest'anime merita davvero tanta attenzione, parliamo, in poche parole, del lato tecnico. Disegni intriganti e una regia incisiva, degna del genere sperimentale, sono accompagnati da stupende OST e da sufficienti animazioni - ABe sappiamo per definizione che ha le braccine corte riguardo le animazioni.
Inutile dire che questo è un capolavoro senza se e senza ma, che ha dato ispirazione a tante altre opere sperimentali, creando un filone di tutto rispetto e molto di nicchia. Consigliatissimo.
A distanza di tre anni circa ho rivisto quest'anime, per rinfrescarmi le idee a riguardo, ma soprattutto per cercare di capirlo e apprezzarlo maggiormente. Così ho preso carta e penna e mi sono annotato volta per volta tutti i discorsi più importanti o le possibili interpretazioni che mi venivano in mente. E, fidatevi, se volete davvero capire almeno "buona" parte dell'anime credo che questo sia l'unico metodo.
Lain è l'anime più strano e contorto che abbia mai visto, in 13 episodi solleva tematiche delle più svariate tipologie, e lo fa direttamente o in modo indiretto, attraverso doppisensi, metafore o addirittura semplici immagini o suoni. Sarebbe l'ultimo anime che consiglierei per rilassarsi o godersi una visione spensierata. Serial experiments Lain è una sfida, una sfida con voi stessi, con le vostre credenze e con la trama stessa dell'anime, per cercare di capirci qualcosa. E' anche un viaggio interiore ma pure "esteriore", per capirlo appieno sarà necessario andare a cercare su Google i vari riferimenti tecnico-scientifici che vengono accennati, a meno che abbiate una cultura a 360°.
Tecnicamente la serie ha alti e bassi, di animazione ce ne sono tutto sommato poche - non che ne servano molte - ma il chara design è gradevolissimo, almeno per i primi piani, mentre a volte è un po' grossolano per le distanze.
La prima volta che lo vidi lo considerai un capolavoro, nonostante avessi capito solo il 30% di quanto ho compreso durante questa seconda visione. Sapete cosa significa vero? Probabilmente Lain è l'anime più complesso e profondo di sempre, ma non per questo insensato o totalmente impossibile da capire.
Consigliato solo a chi ha voglia di far funzionare non poco il cervello, altrimenti non lo apprezzereste appieno o addirittura potreste odiarlo. Ma anche impegnandovi, potreste non venirne a capo, dopotutto Lain è anche una scommessa oltre che una sfida.
In ogni caso, per quello che ho ricavato io da questa visione, lo considerp un absolute masterpiece. E la cosa ha solo margini di miglioramento se approfondita ulteriormente.
Senza parole.
Lain è l'anime più strano e contorto che abbia mai visto, in 13 episodi solleva tematiche delle più svariate tipologie, e lo fa direttamente o in modo indiretto, attraverso doppisensi, metafore o addirittura semplici immagini o suoni. Sarebbe l'ultimo anime che consiglierei per rilassarsi o godersi una visione spensierata. Serial experiments Lain è una sfida, una sfida con voi stessi, con le vostre credenze e con la trama stessa dell'anime, per cercare di capirci qualcosa. E' anche un viaggio interiore ma pure "esteriore", per capirlo appieno sarà necessario andare a cercare su Google i vari riferimenti tecnico-scientifici che vengono accennati, a meno che abbiate una cultura a 360°.
Tecnicamente la serie ha alti e bassi, di animazione ce ne sono tutto sommato poche - non che ne servano molte - ma il chara design è gradevolissimo, almeno per i primi piani, mentre a volte è un po' grossolano per le distanze.
La prima volta che lo vidi lo considerai un capolavoro, nonostante avessi capito solo il 30% di quanto ho compreso durante questa seconda visione. Sapete cosa significa vero? Probabilmente Lain è l'anime più complesso e profondo di sempre, ma non per questo insensato o totalmente impossibile da capire.
Consigliato solo a chi ha voglia di far funzionare non poco il cervello, altrimenti non lo apprezzereste appieno o addirittura potreste odiarlo. Ma anche impegnandovi, potreste non venirne a capo, dopotutto Lain è anche una scommessa oltre che una sfida.
In ogni caso, per quello che ho ricavato io da questa visione, lo considerp un absolute masterpiece. E la cosa ha solo margini di miglioramento se approfondita ulteriormente.
Senza parole.
Trama & Commento: 8 - Serial experiment lain è un anime abbastanza complesso, anzi tra i più difficili e pesanti che abbia mai visto sin ora. Difficile perché in Serial Experiment Lain si fondono sullo stesso piano realtà e realtà virtuale, sogno e allucinazione, immaginazione e visioni, continuamente, confondendo lo spettatore che per un momento rimane perplesso cercando di capire fin dove la scena che sta guardando sia in effetti reale o meno. Pesante perché, oltre a non essere facile da seguire, risulta molto serio, mai una battuta, mai una risata, mai una pausa; tutto ciò che si vede fa filtrato e capito.
La trama parla di una ragazza delle medie come tante apparentemente, di nome Lain, che riceve una mail misteriosa sul proprio navi (futura versione del computer) da una ragazza suicidatasi il mese scorso. Da qui, inizia ad indagare sul fatto interessandosi anche al mondo dell'informatica sempre più. Inoltre sembra che esista una ragazza del tutto simile a Lain, ma con un carattere completamente diverso, si aggiri nella stessa città. A completare la cosa, due strani uomini in nero tengono sotto osservazione la casa della famiglia di Lain.
La trama si muove abbastanza lentamente essendo farcita di scene affascinanti ma che sono solo sogni o allucinazioni; tuttavia, anche se lenta, non mancano comunque colpi di scena e l'anime, almeno per me, riesce a tener un buon livello di suspense che invogliano lo spettatore a continuare la visione aspettando le risposte ai molti dubbi che sorgono durante lo svolgimento della trama e che alla fine troveranno quasi tutti una risposta con un bellissimo finale.
Ultimo commento per quanto riguarda la trama è quello sulla ricostruzione del futuro alternativo proposta dal anime, che è veramente ben realizzata. Il mondo è sempre collegato al wired (qualcosa di molto simile ad internet) e la tecnologia informatica è molto avanzata: per dare una credibilità agli avvenimenti sono riprese le teorie e il linguaggio realmente esistenti per quanto riguarda i computer (a d esempio a scuola lain studia il linguaggio C). Quindi un ottima ricostruzione che ha basi reali per poi, chiaramente, sfondare anche in elementi tecnologici più improbabili.
Personaggi: 8,5 - Personaggio principale è sicuramente Lain, la quale subisce una forte evoluzione durante l'anime. All'inizio è una ragazza molto timida e silenziosa senza tante amicizie. Poi, come se subisse una lenta contaminazione da parte del computer, inizia a sviluppare personalità multiple. Sembra che dentro lei stessa ci fossero tante Lain che parlano tra loro. Ma qual'è quella vera? La domanda che Lain si pone avrà una risposta solo alla fine dell'anime quando lei stessa potrà scegliere chi e cosa essere. Questo percorso di formazione è molto interessante e veramente è la cosa che più colpisce lo spettatore.
Per quanto riguarda la caratterizzazione di Lain, è importante anche il rapporto che instaurerà con l'amica Arisu (anche lei abbastanza caratterizzata), un rapporto complicato ma intenso e fondamentale anche per la trama.
Gli altri personaggi presenti sono decisamente meno caratterizzati ma fanno comunque il loro dovere risultando interessanti. Alcuni sembrano positivi ma non lo sono, altri invece rimangono statici ed antipatici (il ragazzino knight è odioso).
Infine i dialoghi mai banali e che vanno a toccare temi molto profondi ed affascinanti.
Grafica: 7 - Siamo nel 1997, e si vede abbastanza. L'anime è abbastanza datato rispetto a quelli che guardo solitamente, la cosa si nota soprattutto nei colori abbastanza piatti e spenti. Tuttavia ci sono alcune considerazioni da fare: innanzi tutto sul design dei personaggi molto reale. Gli occhi soprattutto sono abbastanza particolari per un anime: infatti non hanno i soliti riflessi o le classiche forme ma sono, invece, composti da una pupilla e un iride ben definiti. Per il resto volto e corpo sono abbastanza classici, così come i vestiti indossati, non troppo ricchi di particolari, ma nemmeno del tutto anonimi. Le ambientazioni sono affascinanti, una su tutte quella della strada fuori casa di Lain, un insieme di pali della luce e del telefono neri che si stagliano su cielo quasi sempre grigio e lontano, proiettando un'ombra non solo nera, ma con riflessi multicolore. Quindi anche sfondi ben realizzati e particolareggiati.
Musiche: 7 - La colonna sonora in Seriel Experiment Lain è quasi inesistente. I suoni che si ascoltano sono quasi tutti quelli d'ambiente (se c'è musica solitamente è perché siamo in un ambiente in cui si ascolta musica). Spesso a dominare è il silenzio, sostituito da un rumore di sottofondo similacufene tanto fastidioso quanto azzeccato. Le poche scene in cui c'è la colonna sonora essa è costituita da forti chitarre elettriche.
Opening orecchiabile ed ending potente.
Doppiaggio italiano di rilevante livello
Animazione: 7,5 - Pur essendo nel '97 l'animazione è di buon livello. L'anime è abbastanza statico in realtà, non ha quindi bisogno di grandi animazioni; anche i dialoghi tra i personaggi sono piuttosto statici, inquadrando semplicemente il volto di chi parla. Però, nel momento necessario, le animazioni fanno bene il loro lavoro.
TOT: 7,8
Anime maturo che annoierà lo spettatore impreparato. Lo consiglio agli amanti della introspezione psicologica.
La trama parla di una ragazza delle medie come tante apparentemente, di nome Lain, che riceve una mail misteriosa sul proprio navi (futura versione del computer) da una ragazza suicidatasi il mese scorso. Da qui, inizia ad indagare sul fatto interessandosi anche al mondo dell'informatica sempre più. Inoltre sembra che esista una ragazza del tutto simile a Lain, ma con un carattere completamente diverso, si aggiri nella stessa città. A completare la cosa, due strani uomini in nero tengono sotto osservazione la casa della famiglia di Lain.
La trama si muove abbastanza lentamente essendo farcita di scene affascinanti ma che sono solo sogni o allucinazioni; tuttavia, anche se lenta, non mancano comunque colpi di scena e l'anime, almeno per me, riesce a tener un buon livello di suspense che invogliano lo spettatore a continuare la visione aspettando le risposte ai molti dubbi che sorgono durante lo svolgimento della trama e che alla fine troveranno quasi tutti una risposta con un bellissimo finale.
Ultimo commento per quanto riguarda la trama è quello sulla ricostruzione del futuro alternativo proposta dal anime, che è veramente ben realizzata. Il mondo è sempre collegato al wired (qualcosa di molto simile ad internet) e la tecnologia informatica è molto avanzata: per dare una credibilità agli avvenimenti sono riprese le teorie e il linguaggio realmente esistenti per quanto riguarda i computer (a d esempio a scuola lain studia il linguaggio C). Quindi un ottima ricostruzione che ha basi reali per poi, chiaramente, sfondare anche in elementi tecnologici più improbabili.
Personaggi: 8,5 - Personaggio principale è sicuramente Lain, la quale subisce una forte evoluzione durante l'anime. All'inizio è una ragazza molto timida e silenziosa senza tante amicizie. Poi, come se subisse una lenta contaminazione da parte del computer, inizia a sviluppare personalità multiple. Sembra che dentro lei stessa ci fossero tante Lain che parlano tra loro. Ma qual'è quella vera? La domanda che Lain si pone avrà una risposta solo alla fine dell'anime quando lei stessa potrà scegliere chi e cosa essere. Questo percorso di formazione è molto interessante e veramente è la cosa che più colpisce lo spettatore.
Per quanto riguarda la caratterizzazione di Lain, è importante anche il rapporto che instaurerà con l'amica Arisu (anche lei abbastanza caratterizzata), un rapporto complicato ma intenso e fondamentale anche per la trama.
Gli altri personaggi presenti sono decisamente meno caratterizzati ma fanno comunque il loro dovere risultando interessanti. Alcuni sembrano positivi ma non lo sono, altri invece rimangono statici ed antipatici (il ragazzino knight è odioso).
Infine i dialoghi mai banali e che vanno a toccare temi molto profondi ed affascinanti.
Grafica: 7 - Siamo nel 1997, e si vede abbastanza. L'anime è abbastanza datato rispetto a quelli che guardo solitamente, la cosa si nota soprattutto nei colori abbastanza piatti e spenti. Tuttavia ci sono alcune considerazioni da fare: innanzi tutto sul design dei personaggi molto reale. Gli occhi soprattutto sono abbastanza particolari per un anime: infatti non hanno i soliti riflessi o le classiche forme ma sono, invece, composti da una pupilla e un iride ben definiti. Per il resto volto e corpo sono abbastanza classici, così come i vestiti indossati, non troppo ricchi di particolari, ma nemmeno del tutto anonimi. Le ambientazioni sono affascinanti, una su tutte quella della strada fuori casa di Lain, un insieme di pali della luce e del telefono neri che si stagliano su cielo quasi sempre grigio e lontano, proiettando un'ombra non solo nera, ma con riflessi multicolore. Quindi anche sfondi ben realizzati e particolareggiati.
Musiche: 7 - La colonna sonora in Seriel Experiment Lain è quasi inesistente. I suoni che si ascoltano sono quasi tutti quelli d'ambiente (se c'è musica solitamente è perché siamo in un ambiente in cui si ascolta musica). Spesso a dominare è il silenzio, sostituito da un rumore di sottofondo similacufene tanto fastidioso quanto azzeccato. Le poche scene in cui c'è la colonna sonora essa è costituita da forti chitarre elettriche.
Opening orecchiabile ed ending potente.
Doppiaggio italiano di rilevante livello
Animazione: 7,5 - Pur essendo nel '97 l'animazione è di buon livello. L'anime è abbastanza statico in realtà, non ha quindi bisogno di grandi animazioni; anche i dialoghi tra i personaggi sono piuttosto statici, inquadrando semplicemente il volto di chi parla. Però, nel momento necessario, le animazioni fanno bene il loro lavoro.
TOT: 7,8
Anime maturo che annoierà lo spettatore impreparato. Lo consiglio agli amanti della introspezione psicologica.
Serial Experiments Lain: anime del 1998 ad opera di Yoshitoshi ABe . La vicenda ruota intorno alla persona di Lain, ragazzina timida e introversa fino al limite dell'autismo, che viene incoraggiata da famiglia e amiche a seguire la "moda" del momento, ovvero navigare nel Wierd (sillogismo per il nostro Internet, o web qualsivoglia) tramite periferiche di ultima generazione dette Na'vi (che stanno per i nostri computer). Lasciando ai lettori il piacere o l'onere di scoprire da soli il prosieguo della trama, mi accingo ad esporre il mio sindacabile giudizio sulla serie.
Parto subito dal voto, anticipando le più feroci critiche : 6. Intendiamoci, riconosco al progetto il coraggio di aver osato, sull'onda del parziale successo di Gainax e Be-Papas, portare l'animazione giapponese su nuove vette di sperimentazione sia del significante che del significato. E non sono così presuntuosa da affermare di averlo compreso appieno, ma sono anche dell'idea che complessità non sia per forza sinonimo di profondità, come originalità di pregio. Per questo, rilevati i meriti, mi sono interrogata su cosa mi rendesse così pesante, quasi fastidiosa, la visione dell'opera. E dunque, quali sono i difetti che mi portano a conferire un giudizio risicato a Serial Experiments Lain? In sostanza, questo anime:
a) si auto compiace del suo carattere "avanguardistico", fino all'estremo di ridurre trama e personaggi a sterili sembianti di contenuti elevati e innovativi. Sorge il dubbio che l'autore abbia sfruttato un comunicante di massa per esporre, non senza una certa presunzione, la sua verità riguardo all'universo: nel misero spazio di 13 episodi ne viene descritta fisica, metafisica, umanistica, internautica, teologia, sociologia mettendo ridicolmente in bocca a figuranti di qualsiasi qualifica anagrafica, sociale e intellettiva discorsi pseudo-filosofici criptici e molto spesso deliranti. Ne consegue un appiattimento generale dei personaggi stessi e la loro fagocitazione nella pur affascinante ambientazione.
Il tutto viene mal amalgamato dalle esperienze della piccola ma onnipotente protagonista e da alcune scelte estetiche sì notevoli, ma ben lungi da rivoluzionare il successivo panorama anime e spesso fini a se stesse.
b) non vuole comunicare con lo spettatore. In verità le speculazioni dell'autore sul senso della vita, seppure non nuove e trattate in maniera superficiale, offrirebbero quantomeno dei begli spunti di riflessione negli spettatori, se la regia non facesse di tutto per rendere la recezione difficile abusando di inquadrature audaci, oscure metafore, riferimenti culturali alieni, voci non collegabili al preciso interlocutore, e via dicendo. È come se si beasse del'elitarietà della comprensione del suo messaggio, quando questa qualifica viene vilmente ottenuta tramite volute, continue e stancanti interferenze che ne ostacolano la trasmissione verso l'utenza
c) non intrattiene questo ultimo punto è il più grave. Se a mio avviso un'opera d'arte per ritenersi tale deve saper trasmettere un preciso messaggio a un vasto pubblico, un'anime in quanto oggetto di svago ha per definizione il compito di distrarre, coinvolgere, appassionare l'utenza dall'inizio alla fine. La visione di SEL risulta invece pesante come un mattone nello stomaco: vuoi per i tempi dilatati, le animazioni rallentate, la mancanza di qualsivoglia tema musicale, di elementi superflui, di semplici battute o anche di un filo di autoironia, lo spettacolo diventa noioso in maniera direttamente proporzionale al susseguirsi degli episodi. c'è il rischio che lo spettatore incauto si faccia prendere dalla tentazione di droppare la serie prima di entrare nella seconda fase, meno arcana e più pertinace al proseguo della trama.
Insomma, SEL è un parziale successo e assieme un triplo fallimento: come "avanguardia", come opera d'arte e come generico anime per i punti sopracitati. Se a questo aggiungiamo la scarsa empatia rilevata in alcuni personaggi altrimenti degnamente caratterizzati (penso ad Arisu) e una realizzazione tecnica (citando) "fiera del risparmio"risollevata solo dal comparto sonoro, il mio voto trova ampia giustificazione. Visione consigliata alle persone desiderose di mettere la loro intelligenza e la loro pazienza a dura prova. Io vi ho avvisato.
Parto subito dal voto, anticipando le più feroci critiche : 6. Intendiamoci, riconosco al progetto il coraggio di aver osato, sull'onda del parziale successo di Gainax e Be-Papas, portare l'animazione giapponese su nuove vette di sperimentazione sia del significante che del significato. E non sono così presuntuosa da affermare di averlo compreso appieno, ma sono anche dell'idea che complessità non sia per forza sinonimo di profondità, come originalità di pregio. Per questo, rilevati i meriti, mi sono interrogata su cosa mi rendesse così pesante, quasi fastidiosa, la visione dell'opera. E dunque, quali sono i difetti che mi portano a conferire un giudizio risicato a Serial Experiments Lain? In sostanza, questo anime:
a) si auto compiace del suo carattere "avanguardistico", fino all'estremo di ridurre trama e personaggi a sterili sembianti di contenuti elevati e innovativi. Sorge il dubbio che l'autore abbia sfruttato un comunicante di massa per esporre, non senza una certa presunzione, la sua verità riguardo all'universo: nel misero spazio di 13 episodi ne viene descritta fisica, metafisica, umanistica, internautica, teologia, sociologia mettendo ridicolmente in bocca a figuranti di qualsiasi qualifica anagrafica, sociale e intellettiva discorsi pseudo-filosofici criptici e molto spesso deliranti. Ne consegue un appiattimento generale dei personaggi stessi e la loro fagocitazione nella pur affascinante ambientazione.
Il tutto viene mal amalgamato dalle esperienze della piccola ma onnipotente protagonista e da alcune scelte estetiche sì notevoli, ma ben lungi da rivoluzionare il successivo panorama anime e spesso fini a se stesse.
b) non vuole comunicare con lo spettatore. In verità le speculazioni dell'autore sul senso della vita, seppure non nuove e trattate in maniera superficiale, offrirebbero quantomeno dei begli spunti di riflessione negli spettatori, se la regia non facesse di tutto per rendere la recezione difficile abusando di inquadrature audaci, oscure metafore, riferimenti culturali alieni, voci non collegabili al preciso interlocutore, e via dicendo. È come se si beasse del'elitarietà della comprensione del suo messaggio, quando questa qualifica viene vilmente ottenuta tramite volute, continue e stancanti interferenze che ne ostacolano la trasmissione verso l'utenza
c) non intrattiene questo ultimo punto è il più grave. Se a mio avviso un'opera d'arte per ritenersi tale deve saper trasmettere un preciso messaggio a un vasto pubblico, un'anime in quanto oggetto di svago ha per definizione il compito di distrarre, coinvolgere, appassionare l'utenza dall'inizio alla fine. La visione di SEL risulta invece pesante come un mattone nello stomaco: vuoi per i tempi dilatati, le animazioni rallentate, la mancanza di qualsivoglia tema musicale, di elementi superflui, di semplici battute o anche di un filo di autoironia, lo spettacolo diventa noioso in maniera direttamente proporzionale al susseguirsi degli episodi. c'è il rischio che lo spettatore incauto si faccia prendere dalla tentazione di droppare la serie prima di entrare nella seconda fase, meno arcana e più pertinace al proseguo della trama.
Insomma, SEL è un parziale successo e assieme un triplo fallimento: come "avanguardia", come opera d'arte e come generico anime per i punti sopracitati. Se a questo aggiungiamo la scarsa empatia rilevata in alcuni personaggi altrimenti degnamente caratterizzati (penso ad Arisu) e una realizzazione tecnica (citando) "fiera del risparmio"risollevata solo dal comparto sonoro, il mio voto trova ampia giustificazione. Visione consigliata alle persone desiderose di mettere la loro intelligenza e la loro pazienza a dura prova. Io vi ho avvisato.
Serial Experiment Lain è il classico anime figlio del proprio tempo, il 1998, quando la democratizzazione di internet e della telefonia mobile facevano nascere fenomeni sociali virali e sopratutto inediti. Il Giappone di fine anni '90 era nell'occhio del ciclone, mentre in Italia si vedevano solo i primi abbozzi scimmiottati dagli USA. Così, dalla paura e dallo sbigottimento dei "padri" verso i "figli" di questa nuova era, nasce uno dei più psichedelici e introspettivi anime mai creati. Lain è una ragazza introversa che scopre che il suo entourage usa il Wired, ovvero il Web, tanto da non fare più distinzione tra il reale e il virtuale e addirittura preferendo quest'ultimo alla vita reale. inizialmente Lain non è molto interessata alla cosa ma piano piano comincia a muovere i primi passi e ad appassionarcisi, capendo che il Wired nasconde capacità che vanno al di fuori del semplice scambio di informazioni, ma collega le anime di chi lo sua facendo emergere le vere personalità che si nascondono dietro le maschere della società. Proprio questo concetto diventa la chiave di lettura, che sfocia nell'idea dell'unificazione delle coscienze derivata dalla condivisione delle informazioni personali.
Da questa prefazione "intellettualoide" si potrebbe evincere che Serial Experiment Lain sia un capolavoro, ebbene no. Inutile dire di come tutto questo, visto 13 anni dopo, risulti risibile e di come le paure materializzate alla fine del secolo, e piacevolmente descritte dall'anime, si siano perse col passare del tempo.
Voto 5, i creatori si sono lasciati trasportare da un vocabolario astruso (per l'epoca) e modaiolo senza sforzarsi a darne una visione organica, ma mescolando sentiti dire e dialoghi volutamente illogici per destabilizzare lo spettatore anziché farlo partecipe di una vera rivoluzione socio-tecnologica. Il finale ci fa vedere di come il concetto di "stupire" possa avere un'accezione negativa in seno ad una serie dalle grandi e - ahimè - sprecate potenzialità.
Da questa prefazione "intellettualoide" si potrebbe evincere che Serial Experiment Lain sia un capolavoro, ebbene no. Inutile dire di come tutto questo, visto 13 anni dopo, risulti risibile e di come le paure materializzate alla fine del secolo, e piacevolmente descritte dall'anime, si siano perse col passare del tempo.
Voto 5, i creatori si sono lasciati trasportare da un vocabolario astruso (per l'epoca) e modaiolo senza sforzarsi a darne una visione organica, ma mescolando sentiti dire e dialoghi volutamente illogici per destabilizzare lo spettatore anziché farlo partecipe di una vera rivoluzione socio-tecnologica. Il finale ci fa vedere di come il concetto di "stupire" possa avere un'accezione negativa in seno ad una serie dalle grandi e - ahimè - sprecate potenzialità.
Cyberpunk in wonderland
Questo ambizioso progetto del 1998 sceneggiato da Chiaki Konaka e diretto da Ryutaro Nakamura (regista del bellissimo Kino no Tabi) ha il merito di distinguersi nel magma delle produzioni seriali televisive con tematiche adulte infarcite di citazioni letterarie.
I due ardimentosi autori concentrano la loro riflessione sul concetto di "connected world" legato all'uso del web, alle sue applicazioni e implicazioni filosofiche, al rapporto uomo-macchina, alla perdita di identità e alla coscienza incorporea nella rete, il tutto condito con teorie del complotto e sottocultura hacker.
Il risultato è uno psico-dramma introspettivo e cerebrale raccontato con un linguaggio arduo ed eclettico votato allo sperimentalismo.
La storia gravita attorno alla giovane protagonista, introversa anti-eroina che inizialmente riceve delle misteriose e-mail da un'amica appena suicidatasi, e in seguito intraprenderà un inquietante cammino che la porterà ad esplorare i più oscuri meandri della rete alla scoperta di verità sempre più sconvolgenti.
La regia, lenta e macchinosa, ci propone tempi dilatati e snervanti, tagli improvvisi e un montaggio segmentato, spiazzante e apparentemente casuale.
Le atmosfere sono oppressive e claustrofobiche, oniriche e deliranti, enfatizzate dal tratto spartano dei disegni, dai fondali scarni e minimali, dominanti di colori forti e contrastati, e da un uso lisergico e psichedelico della CGI.
I riferimenti culturali, letterari e cinematografici sono svariati e molteplici: Philip K. Dick, "Alice nel paese delle meraviglie", Ray Bradbury, "Nightmare", William Gibson e la cyber-cultura, "Ghost in the Shell" e tanti altri.
Da rimarcare, nella puntata n.11, l'efficace neologismo "Infornography", coniato dagli stessi autori, che descrive in maniera impeccabile l'ossessione morbosa verso i sistemi informatici.
La colonna sonora si avvale di sporadiche ma energiche tracce rock e techno che stemperano il pressante clima da incubo. Il resto è silenzio e un persistente monotono rumore di fondo che ricorda il suono emesso dalle resistenze dei circuiti elettrici amplificato nella mente dello spettatore.
In compenso le due sigle sono molto attraenti e meritano una menzione: la opening, un incantevole brano acustico cantato melodicamente, vagamente malinconico e con sonorità alla Radiohead; la ending, una cruda e dilaniante ballata elettrica purtroppo sfumata nella versione italiana del DVD curata da Dynamic.
Serial Experiments Lain è un viaggio negli abissi della mente umana, un accattivante anime cyber-filosofico disseminato di suggestioni, rimandi e omaggi più o meno espliciti all'iconografia della moderna fantascienza.
Il sincopato ritmo della narrazione, le tematiche ostiche ed alcuni passaggi di difficile lettura possono risultare pesanti e indigesti ai più, ma i palati più raffinati e avvezzi ad una certa letteratura underground e controculturale non rimarranno con l'amaro in bocca, trovando l'anime irresistibile e fascinoso.
Close the world, open the next…
Questo ambizioso progetto del 1998 sceneggiato da Chiaki Konaka e diretto da Ryutaro Nakamura (regista del bellissimo Kino no Tabi) ha il merito di distinguersi nel magma delle produzioni seriali televisive con tematiche adulte infarcite di citazioni letterarie.
I due ardimentosi autori concentrano la loro riflessione sul concetto di "connected world" legato all'uso del web, alle sue applicazioni e implicazioni filosofiche, al rapporto uomo-macchina, alla perdita di identità e alla coscienza incorporea nella rete, il tutto condito con teorie del complotto e sottocultura hacker.
Il risultato è uno psico-dramma introspettivo e cerebrale raccontato con un linguaggio arduo ed eclettico votato allo sperimentalismo.
La storia gravita attorno alla giovane protagonista, introversa anti-eroina che inizialmente riceve delle misteriose e-mail da un'amica appena suicidatasi, e in seguito intraprenderà un inquietante cammino che la porterà ad esplorare i più oscuri meandri della rete alla scoperta di verità sempre più sconvolgenti.
La regia, lenta e macchinosa, ci propone tempi dilatati e snervanti, tagli improvvisi e un montaggio segmentato, spiazzante e apparentemente casuale.
Le atmosfere sono oppressive e claustrofobiche, oniriche e deliranti, enfatizzate dal tratto spartano dei disegni, dai fondali scarni e minimali, dominanti di colori forti e contrastati, e da un uso lisergico e psichedelico della CGI.
I riferimenti culturali, letterari e cinematografici sono svariati e molteplici: Philip K. Dick, "Alice nel paese delle meraviglie", Ray Bradbury, "Nightmare", William Gibson e la cyber-cultura, "Ghost in the Shell" e tanti altri.
Da rimarcare, nella puntata n.11, l'efficace neologismo "Infornography", coniato dagli stessi autori, che descrive in maniera impeccabile l'ossessione morbosa verso i sistemi informatici.
La colonna sonora si avvale di sporadiche ma energiche tracce rock e techno che stemperano il pressante clima da incubo. Il resto è silenzio e un persistente monotono rumore di fondo che ricorda il suono emesso dalle resistenze dei circuiti elettrici amplificato nella mente dello spettatore.
In compenso le due sigle sono molto attraenti e meritano una menzione: la opening, un incantevole brano acustico cantato melodicamente, vagamente malinconico e con sonorità alla Radiohead; la ending, una cruda e dilaniante ballata elettrica purtroppo sfumata nella versione italiana del DVD curata da Dynamic.
Serial Experiments Lain è un viaggio negli abissi della mente umana, un accattivante anime cyber-filosofico disseminato di suggestioni, rimandi e omaggi più o meno espliciti all'iconografia della moderna fantascienza.
Il sincopato ritmo della narrazione, le tematiche ostiche ed alcuni passaggi di difficile lettura possono risultare pesanti e indigesti ai più, ma i palati più raffinati e avvezzi ad una certa letteratura underground e controculturale non rimarranno con l'amaro in bocca, trovando l'anime irresistibile e fascinoso.
Close the world, open the next…
Concordo con gli altri utenti che hanno recensito questo anime: Serial Experiments Lain è davvero un viaggio allucinato, paranoico ed inquietante. Ma ciò non basta a renderlo un buon anime, almeno per quanto mi riguarda. La narrazione è inverosimilmente lenta, non basta nemmeno munirsi di pazienza e parecchio caffè, a volte diviene davvero troppo esasperante. Per di più la sostanziale assenza di un qualsivoglia accompagnamento sonoro rende il tutto ancora più pesante. Un discorso a parte merita il personaggio principale, Lain. Definirla ermetica è quantomeno riduttivo, senza contare che questa sua chiusura totale è abbinata alla piattezza di tutti i personaggi che le stanno attorno, cosa che a mio parere non fa che peggiorare la situazione.
Stesso discorso vale per i disegni ed in generale per tutto il comparto grafico, che è ridotto all'essenziale probabilmente per calcare la mano sul senso di oppressione di tutta la serie. Il tutto poi per affrontare temi che secondo me possono essere "metabolizzati" molto meglio con i vari Ghost in the Shell. Penso che Serial Experiments Lain sia un anime sicuramente originale, ma che risulti talmente complesso da intaccare la sua stessa godibilità, la quale è fortemente ostacolata dal ritmo della storia che, ripeto, è davvero troppo esasperante. Magari ad alcuni piacerà parecchio un'opera del genere ma io son convinto che i più stenteranno a vedere più di un paio di episodi perché pian piano anche la curiosità inizierà a venir loro meno.
Stesso discorso vale per i disegni ed in generale per tutto il comparto grafico, che è ridotto all'essenziale probabilmente per calcare la mano sul senso di oppressione di tutta la serie. Il tutto poi per affrontare temi che secondo me possono essere "metabolizzati" molto meglio con i vari Ghost in the Shell. Penso che Serial Experiments Lain sia un anime sicuramente originale, ma che risulti talmente complesso da intaccare la sua stessa godibilità, la quale è fortemente ostacolata dal ritmo della storia che, ripeto, è davvero troppo esasperante. Magari ad alcuni piacerà parecchio un'opera del genere ma io son convinto che i più stenteranno a vedere più di un paio di episodi perché pian piano anche la curiosità inizierà a venir loro meno.
Per molti, questo anime è un capolavoro, per altri (come me) non ha il minimo senso logico. Anche impegnandomi - e l'ho fatto - nel guardarmi e riguardarmi ogni singolo episodio, minuto, secondo di quest'anime, non ci ho capito (perdonatemi) una beneamata mazza.
La trama grosso modo è semplice: Lain, una ragazza passiva che più passiva non si può, trova per la rete attraverso il suo Navi (un computer, ma dico io perché cambiare il nome di un oggetto? Perché fa più figo? bah...) un suo alter ego, che è il suo perfetto opposto, selvaggia, trasgressiva. Tralasciando questo abbozzo di trama, cercate di capirmi, io non sono riuscito a trarne nient'altro dai 13 episodi che ho letteralmente consumato.
Sul fronte tecnico Lain si attesta su dei buoni livelli, in alcune occasioni i dettagli abbondano come in un disegno di Hayao Miyazaki, mentre in altri momenti i disegni sono semplici puliti ed ugualmente godibili, perché realizzati con molta cura. L'audio è buono, suppongo: l'opening e l'ending sono orecchiabili, ma non è che ce ne sia un grande utilizzo, di audio, da parte dei creatori su questo fronte.
Sto cercando di contenermi per non risultare troppo "diretto" nella fase conclusiva di questa modesta recensione, perciò cercherò di essere chiaro e sintetico: se ci tenete alla vostra sanità mentale, se non godete di un alto tasso di pazienza, se detestate le passive croniche, se il genere TOTALMENTE psicologico non fa per voi, lasciate ogni speranza, ci sono tanti anime da vedere, e questo non ne fa parte.
La trama grosso modo è semplice: Lain, una ragazza passiva che più passiva non si può, trova per la rete attraverso il suo Navi (un computer, ma dico io perché cambiare il nome di un oggetto? Perché fa più figo? bah...) un suo alter ego, che è il suo perfetto opposto, selvaggia, trasgressiva. Tralasciando questo abbozzo di trama, cercate di capirmi, io non sono riuscito a trarne nient'altro dai 13 episodi che ho letteralmente consumato.
Sul fronte tecnico Lain si attesta su dei buoni livelli, in alcune occasioni i dettagli abbondano come in un disegno di Hayao Miyazaki, mentre in altri momenti i disegni sono semplici puliti ed ugualmente godibili, perché realizzati con molta cura. L'audio è buono, suppongo: l'opening e l'ending sono orecchiabili, ma non è che ce ne sia un grande utilizzo, di audio, da parte dei creatori su questo fronte.
Sto cercando di contenermi per non risultare troppo "diretto" nella fase conclusiva di questa modesta recensione, perciò cercherò di essere chiaro e sintetico: se ci tenete alla vostra sanità mentale, se non godete di un alto tasso di pazienza, se detestate le passive croniche, se il genere TOTALMENTE psicologico non fa per voi, lasciate ogni speranza, ci sono tanti anime da vedere, e questo non ne fa parte.
Serial Experiments Lain, 13 episodi da 21 minuti circa, un anime piuttosto corto, però con le sue nemmeno 5 ore ti lascia qualcosa che molti anime non riescono a lasciarti in 200 puntate. Senza dubbio è uno degli anime più complessi che abbia mai visto, anche dopo la 13° puntata qualche interrogativo resta, ma con un buon uso della ragione si può ridurre al minimo tali domande.
Passando a qualcosa di più concreto, Lain è una ragazzina introversa che inizialmente non ha nessuna confidenza con il mondo elettronico, però nel momento in cui le viene regalato il suo primo Navi (una specie di computer) inizierà a guadagnare una certa confidenza con il Wired e il suo Navi che faranno sorgere le prime domande: chi è davvero Lain? E cos'è Lain?
Non voglio anticipare altro, però l'atmosfera che crea questo anime è unica. I suoni, i colori sembrano quasi farci assistere alla distorsione del nostro mondo. Le riflessioni presenti, in particolar modo negli ultimi episodi, sono davvero molto profonde e permettono di farci ragionare su cosa sia la realtà.
Concludo dicendo che ho preferito questa serie a Evangelion, sarà un'eresia da parte mia ma questa storia mi ha coinvolto di più e mi ha lasciato qualcosa che Eva non mi ha lasciato.
Passando a qualcosa di più concreto, Lain è una ragazzina introversa che inizialmente non ha nessuna confidenza con il mondo elettronico, però nel momento in cui le viene regalato il suo primo Navi (una specie di computer) inizierà a guadagnare una certa confidenza con il Wired e il suo Navi che faranno sorgere le prime domande: chi è davvero Lain? E cos'è Lain?
Non voglio anticipare altro, però l'atmosfera che crea questo anime è unica. I suoni, i colori sembrano quasi farci assistere alla distorsione del nostro mondo. Le riflessioni presenti, in particolar modo negli ultimi episodi, sono davvero molto profonde e permettono di farci ragionare su cosa sia la realtà.
Concludo dicendo che ho preferito questa serie a Evangelion, sarà un'eresia da parte mia ma questa storia mi ha coinvolto di più e mi ha lasciato qualcosa che Eva non mi ha lasciato.
Indubbiamente un anime sopra le righe, anzi, uno dei più psicotici che abbia visto. Averlo guardato 3 volte non mi ha aiutato a comprenderlo, ma, anzi, mi ha lasciato con sempre più dubbi.
Serial Experiments Lain è ambientato sostanzialmente nel mondo moderno e affronta un tema che ultimamente è molto caro agli umani, ossia il rapporto tra mondo reale e virtuale. Il modo con cui viene trattato questo argomento, però, e l'ambiente e l'atmosfera che circonda la protagonista sono davvero peculiari.
È un anime che può essere classificato come "apatico". I pochissimi personaggi, i pochissimi luoghi in cui le vicende avvengono (si alterna scuola - casa - wired - club Cyberia), una colonna sonora molto striminzita che permette lunghi momenti di totale silenzio alternati a suoni ripetuti in modo martellante, sono tutti metodi adoperati per rendere SEL quel che è, cioè, come ho detto prima, "apatico". Non c'è neppure un momento di ilarità, o di tristezza - tranne nel finale -, ma un lungo torpore che annebbia la mente dello spettatore. Pian piano che la storia va avanti il confine fra il mondo virtuale e quello reale crepa sempre più profondamente, fondendo i due mondi e portando colui che osserva a farsi numerose domande sulla realtà stessa e su quanto sia davvero reale la realtà e quanto sia virtuale il virtuale.
Il triste finale rende ancora più apprezzabile questo anime, che qualunque amante delle serie d'animazione giapponesi psicopatiche dovrebbe guardare immediatamente.
Dal punto di vista grafico non eccelle, ma dal momento che i personaggi sono pochi non si rischia di perderli di vista o di confonderli.
Serial Experiments Lain è ambientato sostanzialmente nel mondo moderno e affronta un tema che ultimamente è molto caro agli umani, ossia il rapporto tra mondo reale e virtuale. Il modo con cui viene trattato questo argomento, però, e l'ambiente e l'atmosfera che circonda la protagonista sono davvero peculiari.
È un anime che può essere classificato come "apatico". I pochissimi personaggi, i pochissimi luoghi in cui le vicende avvengono (si alterna scuola - casa - wired - club Cyberia), una colonna sonora molto striminzita che permette lunghi momenti di totale silenzio alternati a suoni ripetuti in modo martellante, sono tutti metodi adoperati per rendere SEL quel che è, cioè, come ho detto prima, "apatico". Non c'è neppure un momento di ilarità, o di tristezza - tranne nel finale -, ma un lungo torpore che annebbia la mente dello spettatore. Pian piano che la storia va avanti il confine fra il mondo virtuale e quello reale crepa sempre più profondamente, fondendo i due mondi e portando colui che osserva a farsi numerose domande sulla realtà stessa e su quanto sia davvero reale la realtà e quanto sia virtuale il virtuale.
Il triste finale rende ancora più apprezzabile questo anime, che qualunque amante delle serie d'animazione giapponesi psicopatiche dovrebbe guardare immediatamente.
Dal punto di vista grafico non eccelle, ma dal momento che i personaggi sono pochi non si rischia di perderli di vista o di confonderli.
Tra i titoli d'animazione più criptici, avveniristici, sperimentali e introspettivi mai realizzati, vi è di sicuro Serial Experiments Lain, del 1998. Ad oggi è impossibile non citare l'opera partorita dalla mente di Yasuyuki Ueda, Chiaki Konaka e Yoshitoshi Abe (che ne è anche chara designer), diretta da Ryutaro Nakamura, prodotta da Pioneer LDC (oggi Geneon Entertainment), tra quelle che hanno segnato fondamentalmente l'animazione seriale giapponese dagli anni Novanta in poi. Riportando sullo schermo, sulla scia di titoli come Ghost in the Shell e Neon Genesis Evangelion, ma in maniera molto differente, temi acuminati quanto incredibilmente attuali, e proponendoli in una forma tremendamente coraggiosa e intimissima, provvista di simbolismi, riferimenti storico-scientifico-letterari e impressionanti artefici audiovisivi, gli autori di Lain sono stati ben lieti di mettere a dura prova sia la capacità d'osservazione sia quella d'interpretazione del pubblico, garantendo quella che è di certo considerabile tra le esperienze più ostiche che si possano affrontare dinanzi a un 'cartone animato'.
Si tratta di una serie stratificata, complessa quanto ricca di dettagli stilistici e scenici, che se a una prima visione potrebbero deviare l'attenzione dello spettatore dalla comprensione degli sviluppi della trama, a una seconda chance renderanno molto più identificabili e significativi i meri concetti che essa ha intenzione esprimere, certamente più importanti delle mere vicende. A partire da quelli relativamente semplici di rete, conoscenza e inconscio collettivo, memoria, informazioni, ipertestualità, realtà empirica e virtuale, evoluzione, e così via, potranno poi diramarsi una serie di più intime osservazioni di tipo ontologico, sociologico e teologico. Inutile specificare quanto la libera interpretazione possa influire sulla costruzione di certe riflessioni, ma d'altronde quella della soggettività è proprio un'altra delle questioni affrontate.
Al centro di tutto questo c'è l'adolescente Lain, personaggio intrigante, multi-sfaccettato, e chiave di tutto. Si troverà a dover riscoprire il suo mondo, dominato da un massiccio cyberspazio ospitante una nuova dimensione del reale che possa permettere la connessione fra tutti gli esseri umani. Ma cosa s'intenda per 'connessione' potremo meglio intuirlo man mano che questa nuova realtà chiamata "wired" rischierà di fondersi alla realtà fisica, generando qualcosa di straordinario quanto terribile. Oltre a essere assoluta protagonista di una complicata e scioccante successione di eventi, Lain fungerà da schermo di noi stessi, da confidenziale tramite dei dubbi cui verremo continuamente bombardati, perfino in modo 'subliminale', con sovrascritture, sequenze, figure e suoni estremamente rituali durante la visione.
È bene specificare che la ricorrenza insistente di tali elementi non sia certo frutto di casualità, quanto piuttosto di un'abile strategia di suggerimento. Uno dei leitmotiv dell'opera sarà ad esempio costituito dai 'ronzanti' tralicci elettrici che sovrastano l'intero scenario, già di per sé asfissiante. Com'è tale la stessa tecnica d'animazione, che fa non solo sfoggio di psichedelici fotogrammi e inquadrature statiche, ma purtroppo anche di vari cali qualitativi e imperfezioni visibili tanto nei disegni quanto nei movimenti - scelta di stile volutamente minimalista? Probabile. Per quanto riguarda il reparto sonoro, si può notare come le musiche, che coprono un ruolo assolutamente marginale, siano sbaragliate dall'alternanza di martellanti effetti sonori e ancor più disturbanti frazioni di assoluto silenzio, a beneficio di un'atmosfera che è resa, in modo più che efficace, alienante e rarefatta.
In definitiva, Serial Experiments Lain è un titolo da prendere in considerazione non prima di essersi provvisti di coraggio, pazienza e disponibilità all'inevitabile 'squarcio' mentale che la vena visionaria generale, insieme al torpore della sceneggiatura e alla gran mole di quesiti espressi, potrebbero infierire. Ad ogni modo, è un titolo da non perdere.
Si tratta di una serie stratificata, complessa quanto ricca di dettagli stilistici e scenici, che se a una prima visione potrebbero deviare l'attenzione dello spettatore dalla comprensione degli sviluppi della trama, a una seconda chance renderanno molto più identificabili e significativi i meri concetti che essa ha intenzione esprimere, certamente più importanti delle mere vicende. A partire da quelli relativamente semplici di rete, conoscenza e inconscio collettivo, memoria, informazioni, ipertestualità, realtà empirica e virtuale, evoluzione, e così via, potranno poi diramarsi una serie di più intime osservazioni di tipo ontologico, sociologico e teologico. Inutile specificare quanto la libera interpretazione possa influire sulla costruzione di certe riflessioni, ma d'altronde quella della soggettività è proprio un'altra delle questioni affrontate.
Al centro di tutto questo c'è l'adolescente Lain, personaggio intrigante, multi-sfaccettato, e chiave di tutto. Si troverà a dover riscoprire il suo mondo, dominato da un massiccio cyberspazio ospitante una nuova dimensione del reale che possa permettere la connessione fra tutti gli esseri umani. Ma cosa s'intenda per 'connessione' potremo meglio intuirlo man mano che questa nuova realtà chiamata "wired" rischierà di fondersi alla realtà fisica, generando qualcosa di straordinario quanto terribile. Oltre a essere assoluta protagonista di una complicata e scioccante successione di eventi, Lain fungerà da schermo di noi stessi, da confidenziale tramite dei dubbi cui verremo continuamente bombardati, perfino in modo 'subliminale', con sovrascritture, sequenze, figure e suoni estremamente rituali durante la visione.
È bene specificare che la ricorrenza insistente di tali elementi non sia certo frutto di casualità, quanto piuttosto di un'abile strategia di suggerimento. Uno dei leitmotiv dell'opera sarà ad esempio costituito dai 'ronzanti' tralicci elettrici che sovrastano l'intero scenario, già di per sé asfissiante. Com'è tale la stessa tecnica d'animazione, che fa non solo sfoggio di psichedelici fotogrammi e inquadrature statiche, ma purtroppo anche di vari cali qualitativi e imperfezioni visibili tanto nei disegni quanto nei movimenti - scelta di stile volutamente minimalista? Probabile. Per quanto riguarda il reparto sonoro, si può notare come le musiche, che coprono un ruolo assolutamente marginale, siano sbaragliate dall'alternanza di martellanti effetti sonori e ancor più disturbanti frazioni di assoluto silenzio, a beneficio di un'atmosfera che è resa, in modo più che efficace, alienante e rarefatta.
In definitiva, Serial Experiments Lain è un titolo da prendere in considerazione non prima di essersi provvisti di coraggio, pazienza e disponibilità all'inevitabile 'squarcio' mentale che la vena visionaria generale, insieme al torpore della sceneggiatura e alla gran mole di quesiti espressi, potrebbero infierire. Ad ogni modo, è un titolo da non perdere.
Non credo sia un brutto anime, ma semplicemente a me non ha esaltato. Penso che come tematiche sia molto interessante, anche perché non ho ancora visto Evangelion (ho letto che molti fanno il paragone tra l'uno e l'altro). A mio parere, però, è troppo troppo alienante. Va bene che l'atmosfera deve rendere proprio questo, quindi forse è molto riuscito come anime, ma a me questa cosa ha disturbato parecchio (ma sono gusti personali). E poi la prima puntata mi ha abbastanza scioccato (nonostante mi fossi preparata psicologicamente a qualcosa di pesante), non tanto per scene cruente o horror (ce ne sono poche e sottili, che poi sono quelle che fanno più effetto, eheh), quello che mi ha turbato in realtà è il silenzio... lo strenuante e disarmante silenzio che, soprattutto nei primi episodi, non ti fa capire niente e ti lascia in balia della storia come un automa. Per queste sensazioni che mi ha lasciato penso che sia un'opera ben riuscita (perché penso fosse anche questo l'intento), ma il mio voto non è da critico, è da persona normale che si è ritrovata alla fine dell'anime a pensare: "Interessante, belle tematiche attuali, alcune cose non le ho capite proprio a fondo ma non mi interessa andare a capire tutto tutto fino al midollo - ma chi ce la fa a rivederselo da capo?! Piuttosto passiamo a qualcosa di più leggero (tipo rivediamoci la serie di Pollon) - Ecco, quindi, il mio voto è molto personale, non per niente ho dato la sufficienza perché non penso sia un'opera da buttare.
Al limite dell'opera d'arte, anche se per poter capire ed apprezzare questo anime bisogna avere una passione per la tecnologia e determinate conoscenze... essere NERD in pratica! È un prodotto per pochi, quei pochi che riescono ad immedesimarsi nella protagonista e che hanno una mente aperta (e ce ne sarà bisogno).
La prima volta che ho visto una puntata di Lain mi ha incuriosito perché non ci capivo niente, poi rivedendola in DVD sono riuscito ad apprezzare questa serie, che ora adoro e amo profondamente. Nulla da dire sulla caratterizzazione dei personaggi. I disegni non sono stupendi, ma ciò è fatto apposta, mettendo in secondo piano la grafica ci si concentra sulla trama e sui dialoghi.
Da vedere se si è appassionati di fantascienza e si ha voglia di fare un "viaggio". Hello navi...
La prima volta che ho visto una puntata di Lain mi ha incuriosito perché non ci capivo niente, poi rivedendola in DVD sono riuscito ad apprezzare questa serie, che ora adoro e amo profondamente. Nulla da dire sulla caratterizzazione dei personaggi. I disegni non sono stupendi, ma ciò è fatto apposta, mettendo in secondo piano la grafica ci si concentra sulla trama e sui dialoghi.
Da vedere se si è appassionati di fantascienza e si ha voglia di fare un "viaggio". Hello navi...
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Molto lontano per essere paragonato dello stesso filone psicologico di Evangelion, Serial Experiments Lain tratta di una ricerca dell'identità. Lain ha una vita normale, va a scuola. Poi scopre tramite il nuovo pc che il suo vero Io non è altro che un ammasso di bit e dati digitalizzati della rete. Un po' triste e paranoico, ma con una regia curiosa e delle musiche che a volte (almeno per me) sembrano insensate. Il filo narrativo è un po' confusionario - non avendolo visto tutto perdonatemi per ciò che scrivo -, quindi non ho capito se gli episodi sono autoconclusivi o fanno parte di quel filo narrativo.
In quest'anime poi vengono affrontati dei temi comunissimi dell'essere umano, che sono:
- l'intelligenza artificiale, che l'uomo dovrebbe essere in grado di potere controllare e che invece qui sembra avere il controllo sull'intera realtà che Lain sta vivendo;
- il sogno, a volte per le immagini che si sovrappongono sembra davvero frutto di un sogno;
- l'allucinazione;
- l'illusione che induce Lain a credere (o forse a non credere) di poter essere ciò che l'altro Io reclama così tanto;
- il solipsismo, ossia la dottrina fondata sulla concezione dell'Io come unico ente a cui è subordinata, tanto per ciò che riguarda la conoscenza quanto per ciò che riguarda la morale, la realtà oggettiva;
- il transumanesimo, cioè un movimento intellettuale e culturale che sostiene l'uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l'invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana.
Temi complicati, ma che in qualche modo possono essere capiti.
Per essere solo un anime di 13 episodi, il disegno a mio avviso è ben curato, i colori sono cupi, e che dire di più... Vedetelo!
Molto lontano per essere paragonato dello stesso filone psicologico di Evangelion, Serial Experiments Lain tratta di una ricerca dell'identità. Lain ha una vita normale, va a scuola. Poi scopre tramite il nuovo pc che il suo vero Io non è altro che un ammasso di bit e dati digitalizzati della rete. Un po' triste e paranoico, ma con una regia curiosa e delle musiche che a volte (almeno per me) sembrano insensate. Il filo narrativo è un po' confusionario - non avendolo visto tutto perdonatemi per ciò che scrivo -, quindi non ho capito se gli episodi sono autoconclusivi o fanno parte di quel filo narrativo.
In quest'anime poi vengono affrontati dei temi comunissimi dell'essere umano, che sono:
- l'intelligenza artificiale, che l'uomo dovrebbe essere in grado di potere controllare e che invece qui sembra avere il controllo sull'intera realtà che Lain sta vivendo;
- il sogno, a volte per le immagini che si sovrappongono sembra davvero frutto di un sogno;
- l'allucinazione;
- l'illusione che induce Lain a credere (o forse a non credere) di poter essere ciò che l'altro Io reclama così tanto;
- il solipsismo, ossia la dottrina fondata sulla concezione dell'Io come unico ente a cui è subordinata, tanto per ciò che riguarda la conoscenza quanto per ciò che riguarda la morale, la realtà oggettiva;
- il transumanesimo, cioè un movimento intellettuale e culturale che sostiene l'uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l'invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana.
Temi complicati, ma che in qualche modo possono essere capiti.
Per essere solo un anime di 13 episodi, il disegno a mio avviso è ben curato, i colori sono cupi, e che dire di più... Vedetelo!
Lain è un buon anime. Ma non adatto a tutti. Lo metterei nella categoria "Thriller psicologici". E' un anime d'atmosfera, di suspense, con un contenuto complesso e pieno di spunti per riflessioni. Se volete un anime d'azione, questo non fa per voi, insomma. Bellissima la sigla iniziale dei BOA e buono pure il rapporto qualità/prezzo. Riesce a tenervi incollati sino in fondo, grazie alle sue atmosfere inquietanti, a quel continuo senso di angoscia e paura che vi pervaderà in ogni puntata. Dispiace per la sceneggiatura che è troppo scarna. Onestamente si poteva investire di più in questo, dato che è un prodotto recente. E questo gli fa perdere un po'.
Per riassumere: uno psico-thriller che vi terrà incollati sino in fondo, ma con una sceneggiatura che non è all'altezza del prodotto. Peccato. L'occasione era buona per un prodotto da 9 o 10. Se cercate azione alla "Evangelion" cercate altrove. Prodotto consigliato ad un pubblico maturo.
Per riassumere: uno psico-thriller che vi terrà incollati sino in fondo, ma con una sceneggiatura che non è all'altezza del prodotto. Peccato. L'occasione era buona per un prodotto da 9 o 10. Se cercate azione alla "Evangelion" cercate altrove. Prodotto consigliato ad un pubblico maturo.
Senza dubbio uno dei miei anime preferiti. Un cyberpunk filosofico con uno stile di narrazione enigmatico e inquietante, a tratti quasi da horror...
La storia (molto più intricata di quanto può sembrare a prima vista) si sviluppa in maniera lenta ma inesorabile. Non è la lentezza strascicata degli anime che sanno solo allungare il brodo, ma quella di un anime che, anche (e soprattutto) nei momenti più statici, ha qualcosa da dire sia nell'aspetto visivo che in quello sonoro, i quali sono un continuo simbolismo. Una scelta geniale dunque, a parte alcuni cali di qualità verso le puntate centrali.
Non aspettatevi di capirne il senso guardandolo solo una volta, però. Io stesso ho trovato involontariamente diverse risposte vagando su Internet alla ricerca di tutt'altro. Da allora più lo guardo e più mi convinco di quanto sia ben fatto Se si considera poi l'anno in cui è stato realizzato, risulta ancora più stupefacente.
In conclusione, mi sento solo di sconsigliarlo a chi cerca anime d'azione.
Voto: 8,5
La storia (molto più intricata di quanto può sembrare a prima vista) si sviluppa in maniera lenta ma inesorabile. Non è la lentezza strascicata degli anime che sanno solo allungare il brodo, ma quella di un anime che, anche (e soprattutto) nei momenti più statici, ha qualcosa da dire sia nell'aspetto visivo che in quello sonoro, i quali sono un continuo simbolismo. Una scelta geniale dunque, a parte alcuni cali di qualità verso le puntate centrali.
Non aspettatevi di capirne il senso guardandolo solo una volta, però. Io stesso ho trovato involontariamente diverse risposte vagando su Internet alla ricerca di tutt'altro. Da allora più lo guardo e più mi convinco di quanto sia ben fatto Se si considera poi l'anno in cui è stato realizzato, risulta ancora più stupefacente.
In conclusione, mi sento solo di sconsigliarlo a chi cerca anime d'azione.
Voto: 8,5
È una serie difficile, Lain; non lo nasconde e anzi lo mette in mostra già dal titolo, a scanso di equivoci. Tutto quello che contiene la serie non lo smentisce mai. Alla fin fine è terribilmente coerente nel suo sperimentalismo assoluto, dall’inizio alla fine: si deve amarlo però, il linguaggio sperimentale, e anche così non incontra di sicuro tutti i gusti. Sono scelte che Ryuntaro Nakamura ha fatto consapevolmente: è uno stile che gli appartiene, se poi lo stesso dirigerà prima Kino no Tabi e in seguito Ghost Hound – anche se nell’intervallo di tempo che separa Serial Experiment Lain da queste ultime opere la sua regia è maturata e il suo sperimentalismo ha trovato una strada leggermente meno stridente e frammentaria. Perché la storia ideata da Abe e Ueda è parecchio disturbante, e la messa in scena di Nakamura (autore anche dello storyboard decisamente ricercato) la asseconda in ogni passaggio, e vi mette molto del suo per renderla ancora più cervellotica, sopperendo con grande abilità registica anche alla realizzazione di disegni e animazioni che ogni tanto perde dei pezzi per strada (questo non si sa fino a che punto volutamente) e che, se da un lato in molti frangenti riesce a mandare in estasi gli amanti del cyberpunk più straniante, dall’altro presenta parecchie sbavature sulla figurazione dei volti e sulla scorrevolezza dei movimenti.
Il contenuto, frattale ed ermetico, è disgregato in una pioggia caotica d'impulsi, e la visionarietà perturbante asseconda e codifica nelle sue schegge riflessioni e soprattutto tematiche impensabili per noi fino a qualche anno fa: cose che ci riguardano, che riguardano l’informatica in senso più lato e la rete in modo morboso. Cose che mettono anche in gioco la psiche e la percezione, e che si mischiano tutte nel rumore visivo del wired. Un rumore che diventa un’allucinazione amniotica, elettricamente pesante, a tratti geniale ma che troppo spesso è fatta incedere insistentemente, in modo snervante e purtroppo soporifero, su un ritmo distillato con lentezza sonnambulica.
Si deve sperimentare, si devono ricercare linguaggi, anche dissonanti, ma spiazzanti, singolari; si devono tracciare nuove dimensioni e aprire prospettive altre all’animazione: Anno l’ha fatto, due anni prima di Lain, in modo diverso, epilettico, commutando all’interno della stessa opera lingue, significati ed espressioni impensabili, in un’autoaccrezione rapsodica infinitamente profonda. Nakamura lo fa legittimamente nel suo, che si deve almeno capire e che si può accettare oppure no.
Ma sono opere che vanno fatte, indipendentemente dal resto, per esplorare nuovi modi, concezioni anomale, per creare qualcosa di profondamente diverso, e che vanno guardate, almeno da chi vuole conoscere l’animazione ed è spinto a vedere quali possibilità di manipolazione, comunicazione e ricerca offra.
Il contenuto, frattale ed ermetico, è disgregato in una pioggia caotica d'impulsi, e la visionarietà perturbante asseconda e codifica nelle sue schegge riflessioni e soprattutto tematiche impensabili per noi fino a qualche anno fa: cose che ci riguardano, che riguardano l’informatica in senso più lato e la rete in modo morboso. Cose che mettono anche in gioco la psiche e la percezione, e che si mischiano tutte nel rumore visivo del wired. Un rumore che diventa un’allucinazione amniotica, elettricamente pesante, a tratti geniale ma che troppo spesso è fatta incedere insistentemente, in modo snervante e purtroppo soporifero, su un ritmo distillato con lentezza sonnambulica.
Si deve sperimentare, si devono ricercare linguaggi, anche dissonanti, ma spiazzanti, singolari; si devono tracciare nuove dimensioni e aprire prospettive altre all’animazione: Anno l’ha fatto, due anni prima di Lain, in modo diverso, epilettico, commutando all’interno della stessa opera lingue, significati ed espressioni impensabili, in un’autoaccrezione rapsodica infinitamente profonda. Nakamura lo fa legittimamente nel suo, che si deve almeno capire e che si può accettare oppure no.
Ma sono opere che vanno fatte, indipendentemente dal resto, per esplorare nuovi modi, concezioni anomale, per creare qualcosa di profondamente diverso, e che vanno guardate, almeno da chi vuole conoscere l’animazione ed è spinto a vedere quali possibilità di manipolazione, comunicazione e ricerca offra.
Bhè Serial Experiments Lain è sicuramente uno degli anime più strani mai inventati! La storia è abbastanza interessante, però in alcuni momenti il modo in cui viene mostrata può sembrare un po' noiosa (come ad esempio l'inizio sempre uguale di ogni episodio, oppure tutte quelle scene inutili allo svolgimento della storia), comunque la trama è ottima, anche fin troppo complessa forse, infatti sicuramente la prima volta che lo si vede non si capisce tutto... La grafica è abbastanza buona per essere d'un opera del 1998 e anche la grafica CG e di buon livello! Complessivamente S. E. L. È un titolo abbastanza buono, adatto ad una fascia di età però abbastanza matura sia per alcune scene pesanti sia anche x la difficoltà di comprensione... Merita di essere visto
Chiunque comincerebbe a parlare di quanto ci si trovi spiazzati alla visione di questa serie... non io.
Nessuno ha mai parlato delle innovazioni portate, dalle schermate dei PC animate totalmente al computer e dannatamente credibili, al primo machinima portato in una serie TV (sesto episodio, usando il videogioco americano Dungeon Keeper), e di come gran parte delle immagini sono sgranate APPOSTA vista la cura maniacale con cui vengono disegnati molti fondali (e gli inquietanti tralicci che dovrebbero farci riflettere... ma tutto nella serie fa riflettere)...
Poi la trama... che in realtà non conta, tutto ciò che vedrete e capirete immediatamente non conta, ciò che conta davvero è a malapena citato, ed è il messaggio che vuole lasciare l'autore, e se non lo vedete con quest'ottica non arriverete MAI a capire i singoli dettagli veramente importanti...
Se all'epoca era impensabile il comportamento quasi morboso che tutti avevano con la tecnologia e con internet, oggi è dannatamente d'attualità, così come le tematiche suggestive perchè appunto NON approfondite, come ad la mistica apparizione nei cieli, di una bellezza incredibile ma incomprensibile per chi non è a conoscenza di alcune "leggende metropolitane" molto nascoste sul 2012...
Altri elementi sono leggermente spiegati, ma sono solo una sorta di "teatrino del reale", e se approfondirete le tematiche vedrete quanto questa serie è sì un puzzle, ma lo è sulla nostra realtà ormai attuale, e invita a buttare via tutti gli altri pezzi degli ALTRI puzzle non necessari alla nostra evoluzione...
Da vedere solo se avete voglia di capire come funziona il mondo, altrimenti lasciate perdere, non lo capireste mai...
Nessuno ha mai parlato delle innovazioni portate, dalle schermate dei PC animate totalmente al computer e dannatamente credibili, al primo machinima portato in una serie TV (sesto episodio, usando il videogioco americano Dungeon Keeper), e di come gran parte delle immagini sono sgranate APPOSTA vista la cura maniacale con cui vengono disegnati molti fondali (e gli inquietanti tralicci che dovrebbero farci riflettere... ma tutto nella serie fa riflettere)...
Poi la trama... che in realtà non conta, tutto ciò che vedrete e capirete immediatamente non conta, ciò che conta davvero è a malapena citato, ed è il messaggio che vuole lasciare l'autore, e se non lo vedete con quest'ottica non arriverete MAI a capire i singoli dettagli veramente importanti...
Se all'epoca era impensabile il comportamento quasi morboso che tutti avevano con la tecnologia e con internet, oggi è dannatamente d'attualità, così come le tematiche suggestive perchè appunto NON approfondite, come ad la mistica apparizione nei cieli, di una bellezza incredibile ma incomprensibile per chi non è a conoscenza di alcune "leggende metropolitane" molto nascoste sul 2012...
Altri elementi sono leggermente spiegati, ma sono solo una sorta di "teatrino del reale", e se approfondirete le tematiche vedrete quanto questa serie è sì un puzzle, ma lo è sulla nostra realtà ormai attuale, e invita a buttare via tutti gli altri pezzi degli ALTRI puzzle non necessari alla nostra evoluzione...
Da vedere solo se avete voglia di capire come funziona il mondo, altrimenti lasciate perdere, non lo capireste mai...
Serial experiments Lain è un'Anime composto da 13 episodi della durata di circa 20 minuti, ideato da Yasuyuki Ueda e Yoshitoshi Abe e scritto da Chiaki J. Konaka.
La protagonista della serie è una ragazza di nome Lain, personaggio controverso, misterioso e per certi aspetti inquietante; Lain è una ragazza timida e introversa, incapace di instaurare rapporti sociali e interagire con le proprie amiche, che molto spesso la tengono a debita distanza e la considerano "diversa".
Insomma, la realtà che traspare da questo anime è assai schietta e drammatica, gli occhi di Lain sono carichi di sofferenza e solitudine, forse a causa di una famiglia che non si cura dei problemi della figlia... a causa di un padre ossessionato e fanatico di computer, una madre acida che è sempre pronta a rimproverare e una sorella che fa di tutto per stare lontana dalla propria famiglia.
La storia comincia col suicidio di Cisa (compagna di classe di Lain), che da morta manderà delle email alle proprie compagne, affermando che il corpo fisico è soltanto un oggetto di futile impiego.
Tramite il Navi di ultima generazione regalatole dal padre, Lain comprenderà a fondo la netta distinzione tra mondo reale e Wired e lo scopo ultimo della sua esistenza.
Serial Experiments Lain è un anime ricco di tematiche di attualità, infatti fa riflettere su un tema molto delicato, ovvero il rapporto tra mondo reale e Network, in un mondo dominato dai computer e dalla tecnologia, dove è sempre più difficile creare rapporti umani e interagire con altri individui se non tramite un terminale internet.
Ma il tema principale secondo me è più che altro la barriera che distingue il Network dal mondo reale, infatti essa sembra sempre più sottile e insignificante. Infatti tramite internet è possibile addirittura crearsi una controparte; un vero e proprio Alter Ego, che in alcuni casi è in grado di alienare l'Io del mondo reale... proprio come avviene in Serial Experiments Lain.
Nelle prime puntate traspariva soltanto l'aspetto reale di Lain, viene messo in luce soprattutto il proprio aspetto terreno, la relazione tra essa e la propria famiglia o le amiche, mentre nelle puntate finali viene analizzata la controparte di Lain presente nel Network, del dialogo tra la protagonista e il presunto Dio del Wired.
Tutto questo a mio avviso simboleggia la "computerizzazione" del personaggio, l'isolamento dal mondo che la circonda per assecondare soltanto la realtà presente nel Wired, infatti niente di ciò che vediamo è reale.
Se dovessi descrivere questo anime con un aggettivo, direi che è Psichedelico, invero è qualcosa completamente diverso dal solito, soprattutto per i temi trattati, che liberano il pensiero dai canoni e dalle strutture imposti dalla società.
Come si può ben capire dalla mia e dalle altre recensioni, è un anime veramente pesante, di difficile comprensione, ma veramente bello e profondo, non posso non dare un 10 totalmente meritato ad un capolavoro di questo calibro...perciò lo consiglio a chiunque abbia voglia e pazienza di vedere qualcosa di diverso dal solito anime d'azione.
La protagonista della serie è una ragazza di nome Lain, personaggio controverso, misterioso e per certi aspetti inquietante; Lain è una ragazza timida e introversa, incapace di instaurare rapporti sociali e interagire con le proprie amiche, che molto spesso la tengono a debita distanza e la considerano "diversa".
Insomma, la realtà che traspare da questo anime è assai schietta e drammatica, gli occhi di Lain sono carichi di sofferenza e solitudine, forse a causa di una famiglia che non si cura dei problemi della figlia... a causa di un padre ossessionato e fanatico di computer, una madre acida che è sempre pronta a rimproverare e una sorella che fa di tutto per stare lontana dalla propria famiglia.
La storia comincia col suicidio di Cisa (compagna di classe di Lain), che da morta manderà delle email alle proprie compagne, affermando che il corpo fisico è soltanto un oggetto di futile impiego.
Tramite il Navi di ultima generazione regalatole dal padre, Lain comprenderà a fondo la netta distinzione tra mondo reale e Wired e lo scopo ultimo della sua esistenza.
Serial Experiments Lain è un anime ricco di tematiche di attualità, infatti fa riflettere su un tema molto delicato, ovvero il rapporto tra mondo reale e Network, in un mondo dominato dai computer e dalla tecnologia, dove è sempre più difficile creare rapporti umani e interagire con altri individui se non tramite un terminale internet.
Ma il tema principale secondo me è più che altro la barriera che distingue il Network dal mondo reale, infatti essa sembra sempre più sottile e insignificante. Infatti tramite internet è possibile addirittura crearsi una controparte; un vero e proprio Alter Ego, che in alcuni casi è in grado di alienare l'Io del mondo reale... proprio come avviene in Serial Experiments Lain.
Nelle prime puntate traspariva soltanto l'aspetto reale di Lain, viene messo in luce soprattutto il proprio aspetto terreno, la relazione tra essa e la propria famiglia o le amiche, mentre nelle puntate finali viene analizzata la controparte di Lain presente nel Network, del dialogo tra la protagonista e il presunto Dio del Wired.
Tutto questo a mio avviso simboleggia la "computerizzazione" del personaggio, l'isolamento dal mondo che la circonda per assecondare soltanto la realtà presente nel Wired, infatti niente di ciò che vediamo è reale.
Se dovessi descrivere questo anime con un aggettivo, direi che è Psichedelico, invero è qualcosa completamente diverso dal solito, soprattutto per i temi trattati, che liberano il pensiero dai canoni e dalle strutture imposti dalla società.
Come si può ben capire dalla mia e dalle altre recensioni, è un anime veramente pesante, di difficile comprensione, ma veramente bello e profondo, non posso non dare un 10 totalmente meritato ad un capolavoro di questo calibro...perciò lo consiglio a chiunque abbia voglia e pazienza di vedere qualcosa di diverso dal solito anime d'azione.
Una serie decisamente fuori dalle righe, particolare, forse troppo, che non mi ha emozionato per niente. Ho visto la versione doppiata in italiano, e a cominciare proprio dai doppiaggi, ammetto che non mi sono piaciuti quasi per niente. Forse troppo lenti, troppe pause (sicuramente volute, parte di una sceneggiatura che in originale voleva tale tempistica), ma è proprio il ritmo che manca a Lain. La colonna sonora non è male, anche se opening e ending non rimarranno certo nel mio cuore...
Passiamo invece agli aspetti che saltano di più all'occhio, quello tecnico/grafico e la storia in generale: è sicuramente la trama che personalmente non mi ha affatto coinvolto, nonostante l'inizio prometta molto bene, intrigante. Una sorta di surrealismo iperrealistico-fantascientifico permea il tutto, tanto che a tratti ricorda matrix, e si discosta dalle trame fantascientifiche classiche. Alcune inquadrature e scene sono tuttavia delle vere e proprie opere d'arte, anche se il chara design generico non mi ha attirato affatto.
La vicenda si dirama attorno a Lain, una ragazza apparentemente normale con amici apparentemente strani. Sarà il doppiaggio a cui ho assistito, sarà la sceneggiatura in se', ma il risultato è una trama volutamente caotica ed ermetica, tanto che non si riesce a seguire con chiarezza, con eventi criptati che hanno significati reconditi che potranno essere appresi in seguito (bada bene non tutti, alcune cose a parer mio, evitando accuratamente spoiler, sono totalmente prive di significato).
Lain e i suoi amici di scuola, anzi dovremmo dire la gioventù in generale di questo mondo ruota intorno al Wired, una sorta di internet all'ennesima potenza, capace di catturare anche l'essenza degli esseri umani e di trasportare le loro essenze all'interno di essa. Sembrerebbe un bell'inizio per un anime originale che può essere letto in vari modi, sia come una sorta di denuncia agli eccessi e ai pericoli nascosti a cui ci si può esporre nella realtà navigando in internet, sia come una visione futuristica e visionaria di come potrebbe svilupparsi, ovviamente condita con una grande dose di fantasia. Ci sono tutti i presupposti, peccato che la trama risulti lenta e apatica, e la musica non aiuti per niente. A parer mio, un lavoro riuscito a metà.
Passiamo invece agli aspetti che saltano di più all'occhio, quello tecnico/grafico e la storia in generale: è sicuramente la trama che personalmente non mi ha affatto coinvolto, nonostante l'inizio prometta molto bene, intrigante. Una sorta di surrealismo iperrealistico-fantascientifico permea il tutto, tanto che a tratti ricorda matrix, e si discosta dalle trame fantascientifiche classiche. Alcune inquadrature e scene sono tuttavia delle vere e proprie opere d'arte, anche se il chara design generico non mi ha attirato affatto.
La vicenda si dirama attorno a Lain, una ragazza apparentemente normale con amici apparentemente strani. Sarà il doppiaggio a cui ho assistito, sarà la sceneggiatura in se', ma il risultato è una trama volutamente caotica ed ermetica, tanto che non si riesce a seguire con chiarezza, con eventi criptati che hanno significati reconditi che potranno essere appresi in seguito (bada bene non tutti, alcune cose a parer mio, evitando accuratamente spoiler, sono totalmente prive di significato).
Lain e i suoi amici di scuola, anzi dovremmo dire la gioventù in generale di questo mondo ruota intorno al Wired, una sorta di internet all'ennesima potenza, capace di catturare anche l'essenza degli esseri umani e di trasportare le loro essenze all'interno di essa. Sembrerebbe un bell'inizio per un anime originale che può essere letto in vari modi, sia come una sorta di denuncia agli eccessi e ai pericoli nascosti a cui ci si può esporre nella realtà navigando in internet, sia come una visione futuristica e visionaria di come potrebbe svilupparsi, ovviamente condita con una grande dose di fantasia. Ci sono tutti i presupposti, peccato che la trama risulti lenta e apatica, e la musica non aiuti per niente. A parer mio, un lavoro riuscito a metà.
Lain, o per meglio dire Serial Experiment Lain, è uno degli anime più controversi ed affascinanti col quale si potrà mai venire a contatto. L'anime, curato molto bene in ogni dettaglio, narra la particolare storia cibernetica di una piccola ragazzina (Lain appunto). La ragazza risulterà essere una sorta di predestinata nelle quali mani verranno poste un po' le sorti dell'intera umanità.
Lain infatti, nonostante in principio non avesse molta confidenza con i computer, causa una mail molto particolare inizia ad appassionarsi a tale "disciplina". L'argomento della mail narra di una ragazza che si è suicidata (il perché è tutto nella storia... non spetta ad una recensione svelarne i contenuti).
Con l'andare delle puntate Lain si rende conto che in effetti il web e l'informatica la stavano sempre più inglobando a tal punto da creare una sorta di alter-ego che agisce mentre lei si trova nel Wired (come viene chiamato, sarebbe il Web). Effettivamente Lain verrà posta innanzi ad un'ardua scelta che in un modo o nell'altro coinvolgerà un po’ tutti gli esseri umani. L'argomento di punta della serie è il come l'uomo si stia sempre più "digitalizzando" con l'uso dei computer e soprattutto di internet.
Quest'ultimo ci permette di essere ovunque in qualunque momento, e da qui sorge il mistico dilemma : <<...perché possedere un corpo fisico che ci limita quando si potrebbe essere delle esistenze sempiterne, onnipresenti ed onniscienti all'interno di una rete mondiale come internet ?>>.
Questo tema riconduce un po' al solito discorso di come la tecnologia ci stia surclassando e sopraffacendo, senza che noi, pur consci di ciò, possiamo ribellarci. Il tema viene approfondito e snocciolato molto bene lungo la storia, ne vengono analizzate ogni piccola faccia o sfaccettatura.
Altro elemento molto interessante è la denuncia di un mondo che cade sempre più in un degrado sociale, a causa delle cattive abitudini che i giovani iniziano a prendere emulando cattivi esempi. Dal punto di vista tecnico l'anime è ben fatto, molti sono gli accorgimenti e le piccolezze da notare, anche se la grafica non è delle più evolute (sarà forse fatto a posta per creare una discrepanza fra la tecnologia e l'anime?). L'audio è ottimo sia da un punto di vista dei doppiaggi, ma anche e soprattutto degli effetti che simulano sempre meglio il wired che tenta di fondersi col mondo reale. In definitiva Lain è un prodotto che non conosce mezze misure, o piace tantissimo o lo si odia.
Non è una serie adatta a tutti i gusti (soprattutto a chi piace un pò di azione), consigliabile a chi ama il genere cyber-riflessivo.
Lain infatti, nonostante in principio non avesse molta confidenza con i computer, causa una mail molto particolare inizia ad appassionarsi a tale "disciplina". L'argomento della mail narra di una ragazza che si è suicidata (il perché è tutto nella storia... non spetta ad una recensione svelarne i contenuti).
Con l'andare delle puntate Lain si rende conto che in effetti il web e l'informatica la stavano sempre più inglobando a tal punto da creare una sorta di alter-ego che agisce mentre lei si trova nel Wired (come viene chiamato, sarebbe il Web). Effettivamente Lain verrà posta innanzi ad un'ardua scelta che in un modo o nell'altro coinvolgerà un po’ tutti gli esseri umani. L'argomento di punta della serie è il come l'uomo si stia sempre più "digitalizzando" con l'uso dei computer e soprattutto di internet.
Quest'ultimo ci permette di essere ovunque in qualunque momento, e da qui sorge il mistico dilemma : <<...perché possedere un corpo fisico che ci limita quando si potrebbe essere delle esistenze sempiterne, onnipresenti ed onniscienti all'interno di una rete mondiale come internet ?>>.
Questo tema riconduce un po' al solito discorso di come la tecnologia ci stia surclassando e sopraffacendo, senza che noi, pur consci di ciò, possiamo ribellarci. Il tema viene approfondito e snocciolato molto bene lungo la storia, ne vengono analizzate ogni piccola faccia o sfaccettatura.
Altro elemento molto interessante è la denuncia di un mondo che cade sempre più in un degrado sociale, a causa delle cattive abitudini che i giovani iniziano a prendere emulando cattivi esempi. Dal punto di vista tecnico l'anime è ben fatto, molti sono gli accorgimenti e le piccolezze da notare, anche se la grafica non è delle più evolute (sarà forse fatto a posta per creare una discrepanza fra la tecnologia e l'anime?). L'audio è ottimo sia da un punto di vista dei doppiaggi, ma anche e soprattutto degli effetti che simulano sempre meglio il wired che tenta di fondersi col mondo reale. In definitiva Lain è un prodotto che non conosce mezze misure, o piace tantissimo o lo si odia.
Non è una serie adatta a tutti i gusti (soprattutto a chi piace un pò di azione), consigliabile a chi ama il genere cyber-riflessivo.
Serial Experiments Lain è un anime insolito, di genere sci-fi psicologico, incentrato su tematiche cyberpunk.
La narrazione, piuttosto discontinua, non è episodica e la storia "generale" è eterogeneamente distribuita, solo nelle ultime puntate si ricollegano i vari pezzi (non necessariamente tutti). La tematica cyberpunk è palese, espressa tramite dissertazioni filosofiche da ricollegare agli eventi e alle nozioni sparpagliate nel corso della narrazione.
Dal punto di vista grafico l'anime è piuttosto lineare (primi piani, character design semplice e pulito, luci e colori irreali) mentre la regia asseconda con il suo stile ossessivo la cripticità della storia. La musica è piuttosto minimale e spesso viene sostituita dai rumori che acuiscono l'atmosfera di mistero.
Personalmente lo reputo il miglior anime che abbia visto, ma ammetto che non è un prodotto che tutti apprezzano. Rimane però, obiettivamente, un ottimo prodotto per il suo genere, forse non da dieci, ma almeno da otto.
La narrazione, piuttosto discontinua, non è episodica e la storia "generale" è eterogeneamente distribuita, solo nelle ultime puntate si ricollegano i vari pezzi (non necessariamente tutti). La tematica cyberpunk è palese, espressa tramite dissertazioni filosofiche da ricollegare agli eventi e alle nozioni sparpagliate nel corso della narrazione.
Dal punto di vista grafico l'anime è piuttosto lineare (primi piani, character design semplice e pulito, luci e colori irreali) mentre la regia asseconda con il suo stile ossessivo la cripticità della storia. La musica è piuttosto minimale e spesso viene sostituita dai rumori che acuiscono l'atmosfera di mistero.
Personalmente lo reputo il miglior anime che abbia visto, ma ammetto che non è un prodotto che tutti apprezzano. Rimane però, obiettivamente, un ottimo prodotto per il suo genere, forse non da dieci, ma almeno da otto.
Quando si parla di un tipo di anime come "serial experiments lain", occorre fare subito una precisazione: deve proprio piacere il genere. Indipendentemente dal valore intrinseco dell'opera, se non si apprezzano anime con un "alto contenuto cerebrale" e con un bassissimo contenuto di azione (per non parlare di una regia e di un montaggio piuttosto difficili da digerire), questo cartone animato è assolutamente da evitare. Ragionando in questo modo, quindi, quelli che per molti spettatori possono essere difetti fatali, per altri sono colpi di genio, non c'è nulla da fare.
Per quanto riguarda il mio giudizio personale, trovo l'opera molto bella, ipnotica e con una atmosfera particolarissima; è anche vero che per capire non dico tutto quanto (di risposte veramente definitive su tutti i quesiti non ce ne sono, in fin dei conti), ma almeno le questioni principali, occorre rivedere le puntate più volte; se qualcuno di quelli che leggono queste recensioni ha visto "Neon Genesis Evangelion", oppure, a maggior ragione, un anime come "Ergo Proxy", capisce quello che intendo dire.
In conclusione, io comunque suggerisco di provare almeno a guardare le prime due o tre puntate, e lasciare al proprio gusto personale la scelta se continuare a vederla o meno.
Per quanto riguarda il mio giudizio personale, trovo l'opera molto bella, ipnotica e con una atmosfera particolarissima; è anche vero che per capire non dico tutto quanto (di risposte veramente definitive su tutti i quesiti non ce ne sono, in fin dei conti), ma almeno le questioni principali, occorre rivedere le puntate più volte; se qualcuno di quelli che leggono queste recensioni ha visto "Neon Genesis Evangelion", oppure, a maggior ragione, un anime come "Ergo Proxy", capisce quello che intendo dire.
In conclusione, io comunque suggerisco di provare almeno a guardare le prime due o tre puntate, e lasciare al proprio gusto personale la scelta se continuare a vederla o meno.
Psichedelico e paranoico, Lain è un anime per pochi se non per pochissimi, forse l'unico titolo capace di raccogliere l'eredità lasciata da Evangelion. Da questo punto di vista si potrebbe dire che la genesi di Lain risale al 1995, anno di Neo Genesis Evangelion appunto, ma anche e soprattutto di "Ghost in the shell". Dal primo deriva una cura a tratti maniacale per la caratterizzazione dei personaggi, in particolare per la protagonista che in più situazioni ricorda Rei Ayanami (indifferenti e apatiche, entrambe destinate a un progetto più grande di loro). Ma questo non è Evangelion, non c'è tempo per soffermarsi a riflettere su quale sia il proprio posto nel mondo(o almeno nel mondo reale); la crescita interiore dei protagonisti viene schiacciata dal peso degli eventi. Eventi frenetici e destabilizzanti (farete fatica a trovare una logica connessione tra gli avvenimenti). Il Wired (alter ego del nostro Internet) prende coscienza di sè e preme per abbattere le sottili barriere che lo separano dal caos e dall'imperfezione della nostra realtà. La connessione totale tra gli individui era già stata trattata in "Ghost in the shell", forse in un contesto più fantascientifico e che qui si inserisce in una dimensione più quotidiana e vicina a noi e alla nostra esperienza di rete come mezzo per trasmettere informazioni. Il viaggio di Lain attraverso la sua anima e quella del Wired non sarà un viaggio semplice da seguire e probabilmente non riuscirete a vedere di seguito tutte le puntate, ma alla fine della tredicesima puntata uscirete arricchiti dall'esperienza e forse vorrete rivederlo per comprendere tutto ciò che vi siete lasciati alle spalle.
A questa serie avrei potuto dare agevolmente un 9 o un 10, ma ha un grosso handicap: è venuta dopo il film di Ghost In The Shell ed Evangelion. Da questi due capolavori assoluti Serial Experiment Lain trae quasi tutte le sue tematiche e filosofie di fondo. Dal primo copia l'idea di anima come memoria esternalizzabile dal corpo che può essere immessa in rete e resa eterna ed onnisciente grazie a internet. Dal secondo copia l'applicazione in un anime della filosofia pirandelliana dell'uno, nessuno, centomila ovvero il fatto che noi esistiamo in relazione con gli altri e che esiste una versione di noi stessi per ogni persona con cui abbiamo un legame di conoscenza, Da Evangelion imita anche la "deduzione" che l'umanità inizialmente fosse un'entità unica successivamente divisasi in una miriade di esseri incompleti che possono però riunirsi in un unica coscienza grazie al wired (internet).
Un anime che, come già detto dagli altri, non è per tutti ma solo per gli amanti del genere ovvero gli amanti delle pippe mentali come me. Personalmente lo ho molto gradito anche se gli episodi sono lenti e quasi impossibili da guardare più di uno per volta, inoltre in certi punti risulta un pò goffo nel tentativo di imitare a tutti i costi le tematiche di Evangelion.
Un anime che, come già detto dagli altri, non è per tutti ma solo per gli amanti del genere ovvero gli amanti delle pippe mentali come me. Personalmente lo ho molto gradito anche se gli episodi sono lenti e quasi impossibili da guardare più di uno per volta, inoltre in certi punti risulta un pò goffo nel tentativo di imitare a tutti i costi le tematiche di Evangelion.
Con Serial Experiment Lain non esistono mezzi termini. O lo si ama o lo si odia. Tutto ciò perchè si allontana dal voler essere un opera commerciale. Difatti è un prodotto alienante. La trama è complessa e intricata, i personaggi risultano essere veri e privi di qualsiasi froma di eroismo, che avrebbe stuccato in un anime del genere. Il bello è che questa serie descrive il mondo di oggi, risultando credibile. Solo Philip K. Dick avrebbe potuto sognare e descrivere un mondo così inquietante. Se non l 'avesse fatto lui, di sicuro sarebbe stato un fan di questa serie.
Serial Experiment Lain è un’opera di difficile digestione. Da guardarsene come fosse l’anticristo fatto anime per coloro che desiderano (cercano) una trama veloce e movimentata, godibile per coloro che preferiscono (tollerano) una lenta analisi filosofica del mondo che ci circonda in tutti i suoi livelli.
Perché, ebbene sì, il mondo è suddiviso in vari strati, tutti connessi e spesso indistinguibili l’uno dall’altro, ognuno con il suo linguaggio, ognuno con le sue regole:
La realtà, quella che ognuno di noi vive attraverso i SUOI sensi;
Il Wired, un mondo virtuale, probabile evoluzione del nostro internet;
Un livello superiore, dove forse ha per la prima volta senso parlare di Dio;
Un livello inferiore, dove risiede la coscienza del pianeta e le onde cerebrali degli uomini si mescolano in armonia.
I temi affrontati variano quindi dalla percezione (soggettiva) della realtà, alla coscienza collettiva, ad una tecnologia sempre più spersonalizzante che invece di avvicinare le persone aiuta solo ad isolarle. Nonostante la lentezza del ritmo narrativo, o forse proprio per questo, la voglia di andare avanti episodio dopo episodio rimane costante, tenendovi alla ricerca di un senso o per lo meno un indizio che ci dica dove sta il bandolo della matassa.
Le animazioni e le musiche fanno il loro dovere egregiamente, accompagnando e raccontando la storia con i dovuti toni fastidiosi ed alienanti.
Le conclusioni sono nel primo periodo, la scelta rimane a voi.
Perché, ebbene sì, il mondo è suddiviso in vari strati, tutti connessi e spesso indistinguibili l’uno dall’altro, ognuno con il suo linguaggio, ognuno con le sue regole:
La realtà, quella che ognuno di noi vive attraverso i SUOI sensi;
Il Wired, un mondo virtuale, probabile evoluzione del nostro internet;
Un livello superiore, dove forse ha per la prima volta senso parlare di Dio;
Un livello inferiore, dove risiede la coscienza del pianeta e le onde cerebrali degli uomini si mescolano in armonia.
I temi affrontati variano quindi dalla percezione (soggettiva) della realtà, alla coscienza collettiva, ad una tecnologia sempre più spersonalizzante che invece di avvicinare le persone aiuta solo ad isolarle. Nonostante la lentezza del ritmo narrativo, o forse proprio per questo, la voglia di andare avanti episodio dopo episodio rimane costante, tenendovi alla ricerca di un senso o per lo meno un indizio che ci dica dove sta il bandolo della matassa.
Le animazioni e le musiche fanno il loro dovere egregiamente, accompagnando e raccontando la storia con i dovuti toni fastidiosi ed alienanti.
Le conclusioni sono nel primo periodo, la scelta rimane a voi.
Se pensate che 13 episodi siano pochi per un anime, vi ricrederete guardando Lain. Per riuscire a non abbioccarvi durante la visione vi consiglio di munirvi di una flebo di caffeina e spararvela in intravenosa prima di ogni episodio. Ciò che appare evidente è la mancanza di una trama definita, infatti ogni episodio e composto da una serie di eventi incorrelati fra loro intervallati da interminabili sequenze quasi-statiche. Alla fine si cerca di dare un senso alla storia ma risulta essere un chiaro tentativo di mascherare la mancaza di un filo guida. Ciò che mi sento di salvare di questo anime sono la sigla iniziale e l'orso-pigiama.
Mi sono comprato da un mesetto e mezzo il cofanetto contenente i quattro dvd che compongono questa serie animata. Per varie vicessitudini (il quarto dvd era rovinato) sono riuscito solo questa mattina a finire l'opera. L'anime è molto corto tredici episodi e il ritmo non è particolarmente sostenuto, anzi è decisamente lento, accennare la trama in questi lidi è problematico visto anche la complessità del dipanarsi delle vicende e rischierei di rivelare troppo. La visione può essere portata su più piani il primo e più semplice può essere ricondotto alla seguente frase "tutti sono connessi nel mondo reale come nel wired (inteso come internet)" con lo svoglersi della storia riusciremo a dare risposta ad alcune nostre domande "chi sono i Knights" "che legame unisce Lain a Arisu" e soprattutto "chi è Lain". Un altro piano ci porterà a domande ben più complesse del tipo "è possibile collegare il mondo reale con il wired?" e "il wired può interferire con il mondo reale?" "chi diavolo è Lain?". L'ultima e forse più filosofica chiave di lettura ci spinge su domande ben più importanti "Esiste Dio?" "il nostro corpo è solo una periferica che ci permette di collegarci?" "se è così allora potremmo fare a meno del nostro corpo?" Tutta la narrazione ha chiari e angosciosi punti in comune come la rappresentazione delle ombre con elementi scarlatti e la paranoica inquadratura dei fili elettrici con tanto di effetti sonori sibilanti che rende lo spettatore molto teso. Negli episodi finali capiremo molto della racconto ma non tutto, molti rimangono i dubbi insoluti e starà a noi dare una risposta. Perchè vedere questa serie? Primo perchè è molto particolare (anche se per questo motivo può non piacere a tutti) secondo perchè dà da pensare ed è bello non avere roba preconfezionata sotto gli occhi ogni tanto. Present day? Present time? ahahahahah
Lain mi ha colpito sin dal primo episodio, ancora non sapevo bene a cosa andavo incontro, ero certo però che non si trattava del solito anime dedicato al solito target. La curiosità e la complessità mi ha spinto a rivedere la serie 3 volte! Ho letto le varie recensioni e quella di Ludi la trovo davvero ben fatta, non posso quindi che quotarlo e consigliare, a chi magari ha visto solo i primi episodi, o magari l'ha visto una sola volta, di riguardarselo perchè i temi affrontati sono vasti e attuali anche se di difficile comprensione.
Serial Experiment Lain... vediamo... in complesso mi è piaciuto molto, riesce a far pensare, ipnotizza... è complesso, ma alla fine semplifica il pensiero di chi lo guarda, non so se anche per altri la cosa sia uguale, ma spesso ho avuto l'impressione che anche guardando le puntate in un divrso ordine la storia non cambia, porta sempre alla stessa domanda, alle stesse situazioni per poi arrivre alla conclusione... ovvero che ciò che si pensava in principio è solo la pure realtà, o una distorsione? uhmmm...
Che dire di questo anime... è veramente un capolavoro, che ti cattura già dal primo episodio.
Il fatto di avere una trama complessa suscita la curiosità dello spettatore che rimane incollato allo schermo per la curiosità apprendere nuovi particolari sul mondo in cui è ambientato l'anime e sulla protagonista (lain).
Il finale è azzeccatissimo e conclude al meglio la trama.
Per comprendere al meglio la trama è necessario prestare attenzione a tutto quello che viene detto nei minimi particolari e rivederlo una seconda volta aiuta senz'altro a mettere bene a fuoco le tematiche trattate.
Consigliato a tutti quelli che cercano un anime profondo su cui riflettere e non le solite bambinate con una trama sconnessa, inesistente o scadente.
Il fatto di avere una trama complessa suscita la curiosità dello spettatore che rimane incollato allo schermo per la curiosità apprendere nuovi particolari sul mondo in cui è ambientato l'anime e sulla protagonista (lain).
Il finale è azzeccatissimo e conclude al meglio la trama.
Per comprendere al meglio la trama è necessario prestare attenzione a tutto quello che viene detto nei minimi particolari e rivederlo una seconda volta aiuta senz'altro a mettere bene a fuoco le tematiche trattate.
Consigliato a tutti quelli che cercano un anime profondo su cui riflettere e non le solite bambinate con una trama sconnessa, inesistente o scadente.
Serie sicuramente particolare ma che non mi è piacuta affatto (questione di gusti). La trama gira attorno a Lain, ragazza strana, senza amici e al limite dell'autismo; il fulcro di tutto è il "Wired", una rete informatica globale (praticamente Internet) con cui, nel mondo rappresentato nel cartone, è possibile connettere oltre ai computer anche gli esseri umani (e senza bisogno di impiegare particolari dispositivi ma solo sfruttando la masiccia presenza di cavi elettrici delle città moderne), solo lo sviluppatore del protocollo sa però di questa possibilità che ha inserito nel protocollo con lo scopo di condividere tutte le memorie degli ignari uomini in un nuovo mondo informatico, secondo l'ideatore di questo sistema infatti l'evoluzione umana si è fermata e la sua via d'uscita è quella di abbandonare gli inutili corpi e digitalizzare gli uomini creando una sorta di "memoria umana condivisa" che consenta far progredire sotto questa nuova forma l'umanità. In questo nuovo mondo, ovviamente, lui si riserva il ruolo di dio...
Devo dire che gli ultimi episodi non mi sono dispiaciuti ma arrivare fino al decimo è stata un'ardua impresa e sono spesso stato tentato di spegnere il lettore DVD...
A parer mio i disegni sono pessimi e troppo statici, i fondali inguardabili e la colonna sonora praticamente assente; qualche idea interessante in effetti ci sarebbe ma l'avanzamento estremamente lento della storia e lo stile "cervellotico" di certe scene rende il tutto estremamente noioso.
In conclusione lo consiglio solo agli appassionati di questo genere di cartoni, invito tutti gli altri a spendere i loro risparmi per acquistare cartoni "piu' godibili".
Devo dire che gli ultimi episodi non mi sono dispiaciuti ma arrivare fino al decimo è stata un'ardua impresa e sono spesso stato tentato di spegnere il lettore DVD...
A parer mio i disegni sono pessimi e troppo statici, i fondali inguardabili e la colonna sonora praticamente assente; qualche idea interessante in effetti ci sarebbe ma l'avanzamento estremamente lento della storia e lo stile "cervellotico" di certe scene rende il tutto estremamente noioso.
In conclusione lo consiglio solo agli appassionati di questo genere di cartoni, invito tutti gli altri a spendere i loro risparmi per acquistare cartoni "piu' godibili".
Serial Experiments Lain... già dal titolo capisci che sei di fronte a qualcosa di assolutamente fuori dal normale.
Questo anime è un trip, allucinante, paranoico, inquietante.
difficile, molto. Ma se superi la diffidenza iniziale ed entri in sintonia con la storia, beh, te ne innamori. Nel primo DVD dell'edizione italiana è stato inserito un librettino (lain glossary) veramente illuminante, che mi ha fatto scoprire una miriade di citazioni e richiami che non sarei mai riuscito a scoprire altrimenti. Stupendo.
E che dire della sigla di apertura? Una canzone stupenda.
Infine voglio farvi notare l'assoluta bellezza delle immagini delle cover, piccoli capolavori.
Dolce piccola Lain...
Questo anime è un trip, allucinante, paranoico, inquietante.
difficile, molto. Ma se superi la diffidenza iniziale ed entri in sintonia con la storia, beh, te ne innamori. Nel primo DVD dell'edizione italiana è stato inserito un librettino (lain glossary) veramente illuminante, che mi ha fatto scoprire una miriade di citazioni e richiami che non sarei mai riuscito a scoprire altrimenti. Stupendo.
E che dire della sigla di apertura? Una canzone stupenda.
Infine voglio farvi notare l'assoluta bellezza delle immagini delle cover, piccoli capolavori.
Dolce piccola Lain...
"Paranoico" è il primo aggettivo che viene in mente dopo aver visto Lain. E' un anime molto particolare, psicologico oserei dire. Ci ritroviamo proiettati nel mondo di Lain Iwakura, un mondo strano, fatto di ombre macchiate di rosso sangue, cavi che emettono ronzii assordanti, dove il virtuale gioca un ruolo di primo piano. Il virtuale appunto, l'elemento portante dell'intera serie. Le visioni, le paranoie, le esperienze della piccola Lain Iwakura manterranno sempre un costante dubbio su ciò che è reale o meno nello spettatore. Ed è proprio questo dualismo mancante tra reale e non reale (se reale si può chiamare) il perno su cui ruota la (geniale o delirante?) trama. Le sensazioni che tutto ciò provoca sono molteplici e talvolta discordanti.
Un anime particolare, come pochi, e complesso, anche qui come pochi, probabilmente non per tutti e nemmeno per molti, ma da provare (d'altronde capirete subito dalla prima puntata se è un anime che fa per voi).
In S.E. Lain i temi trattati sono vari, e spaziano dall'aspetto sociologico del mondo (dell'anime s'intende, sebbene comunque non sia troppo curato questo aspetto e non si sa se volutamente o meno) alla religione. Non mancano riferimenti ad avvenimenti reali.
In conclusione un anime molto particolare, aperto su tutti i fronti a svariate interpretazioni. Da provare. Per me un coraggiosissimo esperimento riuscito.
Un anime particolare, come pochi, e complesso, anche qui come pochi, probabilmente non per tutti e nemmeno per molti, ma da provare (d'altronde capirete subito dalla prima puntata se è un anime che fa per voi).
In S.E. Lain i temi trattati sono vari, e spaziano dall'aspetto sociologico del mondo (dell'anime s'intende, sebbene comunque non sia troppo curato questo aspetto e non si sa se volutamente o meno) alla religione. Non mancano riferimenti ad avvenimenti reali.
In conclusione un anime molto particolare, aperto su tutti i fronti a svariate interpretazioni. Da provare. Per me un coraggiosissimo esperimento riuscito.
Lain è uno dei miei tre anime preferiti di sempre (insieme a NGE e Boogiepop Phantom);è qualcosa di incredibile...ti trascina, ti porta lontano e ti ci fa perdere...è una sensazione di smarrimento quella che si prova, ma anche di angoscia. I continui richiami e le citazioni(fra tutte quelle alle tematiche di Philip K. Dick)lo rendono ricco di sfumature sul piano storico, teologico e sociologico(nel narrare il perdersi dell'essere umano di fine secolo).
Lain è ovunque....assolutamente "non per tutti"
Lain è ovunque....assolutamente "non per tutti"
TRAMA
Tokyo, quartiere di Shybuya. Una ragazzina si getta da un grattacielo, schiantandosi al suolo. Pochi giorni dopo, alle sue dodicenni compagne di scuola iniziano ad arrivare strane e-mails, nelle quali la suicida dice "mi sono voluta liberare del mio corpo, perchè qui c'è Dio". Questo messaggio sconvolge Lain, ragazzina timida ed introversa, che rispolvera il suo vecchio computer per connettersi al "Wired" (una sorta di sintesi tra Internet e la realtà virtuale). Sarà l'inizio di un viaggio onirico ed allucinato, sino alle sconvolgenti rivelazioni finali.
TECNICA NARRATIVA
La tecnica narrativa di Lain è evidentemente consapevole della lezione di Takeshi Kitano: primi piani ravvicinatissimi, controluce evidenti, ellissi e sovrapposizioni narrative. Il design dei caratteri è un singolare misto tra figure superdeformate (quelle, per intenderci, dei classici cartoni giapponesi con occhi enormi) e realismo. Lain, in particolare, è disegnata con grandi occhi nocciola, che vengono spessissimo inquadrati in primo piano, sino a far notare i restringimenti della pupilla.
Discorso a parte merita il design sonoro, stratificato ed ispirato a Lynch: suggestivo ed agghiacciante il continuo rumore di fondo delle linee elettriche, martellante la musica techno nelle scene ambientate in discoteca, sublime nella sua bellezza la sigla iniziale (per chi la volesse sentire in MP3 via Internet, basta fare una ricerca: si intitola "Duvet" ed è eseguito dal gruppo dei BoA).
INTERPRETAZIONE
Interpretare un'opera complessa come Lain è compito certamente arduo. Come spesso accade nel cinema d'animazione giapponese, non si tratta certo di un'opera destinata ad un pubblico di bambini, ricca com'è di continue citazioni letterarie e richiami filosofici.
A me è sembrato che la chiave di lettura sia quella di individuare nell'opera una struttura misteriosofica, a strati sovrapposti di conoscenza via via approfondita; il che sembrerebbe legittimato dal richiamo, nella trama, ai Cavalieri Templari, ed al fatto che i 13 capitoli in cui è divisa l'opera si chiamino "layers" (strati).
1° strato: tecnologico
Nei primi capitoli dell'opera, vi è un evidente richiamo alla tecnologia, intesa come evoluzione di quella attuale. Il Wired, che fa da sottofondo al viaggio di Lain, è un evidente perfezionamento di Internet; i vocaboli tecnici, in gran parte presi dalla terminologia Apple, sono continuamente citati. Questo è il livello più basso di conoscenza, quello per i non iniziati. Sotto questo profilo, il fatto che certa critica abbia detto che Lain è un cartone cyberpunk è certamente corretto, ma altrettanto limitativo.
2° strato: sociologico
Via via che la trama si approfondisce, diviene evidente il significato sociologico dell'opera: il Wired è un modo per rafforzare e nel contempo sfruttare i legami tra gli individui, tanto più significativo in quanto inserito in una società, come quella giapponese, nella quale le convenzioni sociali giocano un ruolo fondamentale. Anche vedere in Lain un'opera meramente politica, di critica allo stile di vita nipponico, è tuttavia riduttivo.
3° strato: psicologico
Nella seconda metà di Lain, diviene chiaro ed evidente il superamento di una chiave di lettura meramente collettivistico-sociologica, mentre si approfondisce quella psicologica: il Wired sfrutta e sublima l'inconscio collettivo, creando cosi una sorta di risonanza tra le coscienze, volta a fare della terra una sorta di unica entità vivente (evidente il richiamo alle teorie di Bergson e prima ancora di Giordano Bruno). La tecnologia diviene a questo punto inutile: scopo del Wired è proprio quello di superare la necessità di un'interfaccia hardware, facendo in modo che il singolo individuo possa accedervi con un semplice atto di volizione del pensiero. Gli umani dovrebbero dunque essere permanentemente connessi alla rete, e tramite essa a tutti gli altri individui.
La chiave psicologica è resa in maniera mirabile dalle sequenze in cui si sottolinea la progressiva moltiplicazione delle personalità di Lain, e dai frequenti richiami ai racconti di Lewis Carroll (Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio).
4° strato: cristologico
Lo strato di lettura meno evidente, ma in definitiva più significativo, si coglie negli ultimi tre capitoli.
Sin dall'inizio, sono frequenti i richiami a Dio; ma solo alla fine viene svelato chi sia questo Dio, e quale ruolo giochi Lain nella creazione divina. A questo punto, gli autori non danno risposte chiare, ma lasciano il tutto all'immaginazione dello spettatore, che raggiunge così, singolarmente, l'ultimo livello di iniziazione misteriosofica. Senza voler rivelare troppo, mi sembrano evidenti i richiami alla tradizione religiosa occidentale, con citazioni, neppure troppo velate, delle prove ontologiche di Sant'Anselmo e San Tommaso sull'esistenza di Dio.
Il finale è bellissimo e struggente, degna conclusione di un'opera che, purtroppo, la gran parte degli spettatori di casa nostra non conoscerà mai.
Tokyo, quartiere di Shybuya. Una ragazzina si getta da un grattacielo, schiantandosi al suolo. Pochi giorni dopo, alle sue dodicenni compagne di scuola iniziano ad arrivare strane e-mails, nelle quali la suicida dice "mi sono voluta liberare del mio corpo, perchè qui c'è Dio". Questo messaggio sconvolge Lain, ragazzina timida ed introversa, che rispolvera il suo vecchio computer per connettersi al "Wired" (una sorta di sintesi tra Internet e la realtà virtuale). Sarà l'inizio di un viaggio onirico ed allucinato, sino alle sconvolgenti rivelazioni finali.
TECNICA NARRATIVA
La tecnica narrativa di Lain è evidentemente consapevole della lezione di Takeshi Kitano: primi piani ravvicinatissimi, controluce evidenti, ellissi e sovrapposizioni narrative. Il design dei caratteri è un singolare misto tra figure superdeformate (quelle, per intenderci, dei classici cartoni giapponesi con occhi enormi) e realismo. Lain, in particolare, è disegnata con grandi occhi nocciola, che vengono spessissimo inquadrati in primo piano, sino a far notare i restringimenti della pupilla.
Discorso a parte merita il design sonoro, stratificato ed ispirato a Lynch: suggestivo ed agghiacciante il continuo rumore di fondo delle linee elettriche, martellante la musica techno nelle scene ambientate in discoteca, sublime nella sua bellezza la sigla iniziale (per chi la volesse sentire in MP3 via Internet, basta fare una ricerca: si intitola "Duvet" ed è eseguito dal gruppo dei BoA).
INTERPRETAZIONE
Interpretare un'opera complessa come Lain è compito certamente arduo. Come spesso accade nel cinema d'animazione giapponese, non si tratta certo di un'opera destinata ad un pubblico di bambini, ricca com'è di continue citazioni letterarie e richiami filosofici.
A me è sembrato che la chiave di lettura sia quella di individuare nell'opera una struttura misteriosofica, a strati sovrapposti di conoscenza via via approfondita; il che sembrerebbe legittimato dal richiamo, nella trama, ai Cavalieri Templari, ed al fatto che i 13 capitoli in cui è divisa l'opera si chiamino "layers" (strati).
1° strato: tecnologico
Nei primi capitoli dell'opera, vi è un evidente richiamo alla tecnologia, intesa come evoluzione di quella attuale. Il Wired, che fa da sottofondo al viaggio di Lain, è un evidente perfezionamento di Internet; i vocaboli tecnici, in gran parte presi dalla terminologia Apple, sono continuamente citati. Questo è il livello più basso di conoscenza, quello per i non iniziati. Sotto questo profilo, il fatto che certa critica abbia detto che Lain è un cartone cyberpunk è certamente corretto, ma altrettanto limitativo.
2° strato: sociologico
Via via che la trama si approfondisce, diviene evidente il significato sociologico dell'opera: il Wired è un modo per rafforzare e nel contempo sfruttare i legami tra gli individui, tanto più significativo in quanto inserito in una società, come quella giapponese, nella quale le convenzioni sociali giocano un ruolo fondamentale. Anche vedere in Lain un'opera meramente politica, di critica allo stile di vita nipponico, è tuttavia riduttivo.
3° strato: psicologico
Nella seconda metà di Lain, diviene chiaro ed evidente il superamento di una chiave di lettura meramente collettivistico-sociologica, mentre si approfondisce quella psicologica: il Wired sfrutta e sublima l'inconscio collettivo, creando cosi una sorta di risonanza tra le coscienze, volta a fare della terra una sorta di unica entità vivente (evidente il richiamo alle teorie di Bergson e prima ancora di Giordano Bruno). La tecnologia diviene a questo punto inutile: scopo del Wired è proprio quello di superare la necessità di un'interfaccia hardware, facendo in modo che il singolo individuo possa accedervi con un semplice atto di volizione del pensiero. Gli umani dovrebbero dunque essere permanentemente connessi alla rete, e tramite essa a tutti gli altri individui.
La chiave psicologica è resa in maniera mirabile dalle sequenze in cui si sottolinea la progressiva moltiplicazione delle personalità di Lain, e dai frequenti richiami ai racconti di Lewis Carroll (Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio).
4° strato: cristologico
Lo strato di lettura meno evidente, ma in definitiva più significativo, si coglie negli ultimi tre capitoli.
Sin dall'inizio, sono frequenti i richiami a Dio; ma solo alla fine viene svelato chi sia questo Dio, e quale ruolo giochi Lain nella creazione divina. A questo punto, gli autori non danno risposte chiare, ma lasciano il tutto all'immaginazione dello spettatore, che raggiunge così, singolarmente, l'ultimo livello di iniziazione misteriosofica. Senza voler rivelare troppo, mi sembrano evidenti i richiami alla tradizione religiosa occidentale, con citazioni, neppure troppo velate, delle prove ontologiche di Sant'Anselmo e San Tommaso sull'esistenza di Dio.
Il finale è bellissimo e struggente, degna conclusione di un'opera che, purtroppo, la gran parte degli spettatori di casa nostra non conoscerà mai.
E' una serie eccezionale! Estremamente complessa ed intelligente, piena di contenuti e riferimenti filosofici, scientifici, matematici,religiosi e sociologici.
Serial Experimets Lain affronta tematiche di difficile comprensione, come la dissociazione corpo-mente, l'esperienza sensoriale, le differenze uomo-macchina, ed infine il problema della coscienza individuale.
Vi ripeto, non è per niente di facile visione, ma lo consiglio a quanti di voi hanno la mente abbastanza lucida per capire le cose senza impazzire.
Serial Experimets Lain affronta tematiche di difficile comprensione, come la dissociazione corpo-mente, l'esperienza sensoriale, le differenze uomo-macchina, ed infine il problema della coscienza individuale.
Vi ripeto, non è per niente di facile visione, ma lo consiglio a quanti di voi hanno la mente abbastanza lucida per capire le cose senza impazzire.