La bellezza degli eventi come il Napoli Comicon sta soprattutto nell'avere l'opportunità di incontrare alcune delle personalità più importanti e influenti dei vari settori. In ambito videoludico, la presenza di Yuji Horii è stata vissuta quasi come solenne: del resto parliamo di uno degli autori più importanti della storia di questo medium.
Eppure, come accaduto altre volte, la riverenza e l'emozione lasciano spazio anche alla sorpresa, notando la loro massima disponibilità e umiltà. Questo è il racconto dei due panel dedicati a Yuji Horii e dell'intervista, ma daremo anche un po' di spazio a quanto accaduto durante lo strano "reveal" del Remake di Chrono Trigger, uno dei momenti più strani vissuti in quel di Napoli.
Tutto comincia in realtà con la preparazione all'intervista, avvenuta prima dei due panel. Avevamo solo cinque minuti di tempo e decidere quali domande fare al Maestro è stato abbastanza arduo. Quali potevano essere le domande che non gli erano state ancora poste? Su quali argomenti attuali chiedere il suo punto di vista? La situazione era simile a un episodio de I Simpson, in cui Homer e Apu incontrano il grande capo dei Market, a cui è possibile fare solo tre domande. Fortunatamente, l'intervista non si è conclusa allo stesso modo, anche se non con qualche difficoltà.
Accompagnati da Andrea Dentuto, interprete per l'occasione di Horii, le domande hanno spaziato dal senso di responsabilità verso le generazioni future, visto che alcune delle sue opere hanno ispirato alcuni dei più grandi autori attuali come Hideo Kojima, sulla questione combattimenti a turni, visto i rumor che vorrebbero Dragon Quest XII decisamente più action e la questione narrativa, con il protagonista che a questo punto necessiterebbe di maggiore interazione. Yuji Horii è sembrato un tipo abbastanza diretto e soprattutto molto conciso. Benché il contesto era quello di un'intervista dopo l'altra, magari con le stesse domande ripetute più e più volte, la brevità delle risposte ha in parte spiazzato, dimostrando di essere cosciente dei problemi posti dagli intervistatori.
Riguardo le nostre domande, l'autore di Dragon Quest è consapevole che i combattimenti a turni classici necessitino di qualche ritocco. Come prevedibile, il nome di Clair Obscur: Expedition 33 (qui la recensione) è saltato fuori molto spesso, come esempio di innovazione in grado di catturare gli amanti dei diversi combat system. Molto probabilmente i rumor attorno al nuovo Dragon Quest sono veri: Horii si è mostrato infatti molto aperto ai cambiamenti, puntando a un maggior dinamismo dei combattimenti, visto che quello attuale è forse ritenuto un po' obsoleto. Del resto si tratta di un sistema nato più per necessità che per estro artistico, visto che le macchine dell'epoca non potevano permettersi una gestione accurata di animazioni in tempo reale come le attuali. Facilità di programmazione e facilità d'uso per la massa di giocatori rendevano questo combat system un “win-win”. Ma l'abitudine è rimasta e per molti giocatori è quasi un dogma quando si parla di giochi di ruolo, siano essi giapponesi o occidentali.

Con la maggiore potenza a disposizione si è arrivati a dei sistemi ibridi in grado di accontentare un po' tutti, ma Dragon Quest XII farà probabilmente un salto ulteriore. Questa scelta per Horii ha anche valenza commerciale, visto che secondo lui sono molti i giocatori che non apprezzano questo combat system e crede che sia arrivata l'ora di apportare qualche cambiamento in tal senso. Questi probabilmente avverranno anche a livello narrativo. Dragon Quest ha avuto sempre il protagonista incapace di proferire parola, questo per una scelta di design che pone il giocatore al centro delle vicende. Horii però non esclude cambiamenti in tal senso e benché sia conscio che questa “tradizione” sia parte centrale dell'esperienza di gioco, qualche cambiamento potrebbe essere necessario. Insomma, aspettiamoci un'evoluzione del brand, cosa che probabilmente scontenterà alcuni ma che permetterà a maggior pubblico di scoprirlo. Alla conclusione dell'intervista, siamo riusciti anche a far dono dei nostri gadget a Yuji Horii, sperando che la sorpresa sia piaciuta almeno quanto alla moglie. Possiamo immaginare il maestro intento a elaborare nuove idee con indosso la nostra maglia che siamo sicuri, gli porterà fortuna.
Arriviamo dunque al primo panel, presso l'HyperStage. La sala è gremita, composta da appassionati di tutti i tipi con in mano il loro totem: chi una copia di un capitolo di Dragon Quest, chi con in mano Chrono Trigger, persino chi con il cofanetto bluray di The Adventure of Dai. Tutti speravano in una foto, in un autografo o magari di stringere la mano al maestro. Noi speravamo soltanto di trovare posto. Imparando che durante questi eventi è meglio recarsi sul posto almeno un'ora prima, abbiamo assistito al panel denominato “Yuji Horii: il Drago della Storia in pixel”, moderato da Emilio Cozzi. In questo stage, l'autore di Dragon Quest e Andrea Dentuto, Richter e il fumettista Emanuele Ercolani hanno prodotto un panel indimenticabile, anche per la questione che tutti ormai conosciamo.
A Yuji Horii sembra che Napoli sia piaciuta davvero tanto. Molte idee su nuove future ambientazioni sembra che gli siano venute passeggiando tra le vie della città partenopea. Il viaggio è parte della vita degli artisti, in cerca di ispirazioni in ogni dove. Ma Yuji Horii nasce prima di tutto come mangaka ed è interessante che non abbia trovato grosse differenze tra i due mondi. Con i videogiochi che cominciavano ad avere un grande successo, Horii ha semplicemente trovato un'altra possibilità di sbocco per le sue idee, raccontando le stesse cose anche se in modi diversi. Il videogioco riesca a trasformare il lettore – di un manga – in un protagonista vero e proprio, in grado persino di orientare la storia a proprio piacimento.

Già nella nostra intervista si era fatto riferimento a Hideo Kojima, ispirato soprattutto dalla visual novel Portopia. Qui c'è stato spazio per approfondire, con Horii che ha raccontato l'incontro con l'autore di Metal Gear Solid e Death Stranding. Si è detto di come Kojima ammirasse il “suo” sensei, ma anche di come lo stesso Horii sia rimasto sorpreso di avere una così profonda stima da un personaggio del suo calibro. Qui è uscita fuori una delle caratteristiche di queste personalità, un'umiltà di fondo a prescindere da quanto si sia prodotto in tutti questi anni. Da fuori, sono grandi maestri, per alcuni dei, eppure, pur riconoscendo la loro importanza rimangono sempre se stessi, forse molto vicini al loro io interiore, quello di un ragazzo che sogna ancora di fare le cose in grande.
E chiaramente, uno di queste grandi cose non poteva che essere Dragon Quest, con Horii che già dalle prime battute era consapevole che avrebbe avuto successo. Sappiamo un po' tutti come l'ispirazione da alcuni dei più grandi giochi di ruolo dell'epoca, da Dungeons and Dragon a Ultima, abbiano posto le basi per il progetto Dragon Quest che, con le dovute semplificazioni, è riuscito a vendersi al grande pubblico.
Dopo la citazione a un'altra sua opera, Love Match Tennis, con la quale ogni tanto si diletta, arriviamo all'elefante nella stanza: la questione Chrono Trigger. Voi avete visto la notizia dedicata ma quello che non sapete è l'incredibile dietro le quinte. A chi fosse sfuggito, a un certo punto sembra che durante l'intervista si sia menzionato – in esclusiva mondiale – il Remake di Chrono Trigger, facendo scalpitare tutta la sala.
I momenti immediatamente successivi a questo annuncio sono stati elettrizzanti ma anche un po' ilari. Tra le mani avevamo un annuncio incredibile ma qualche dubbio sulla sua effettiva veridicità cominciava a farsi strada. Abbiamo passato più di due ore a cercare di capire cosa Horii avesse detto davvero, riascoltando e riascoltando attentamente quanto comunicato dall'autore. Eppure, i dubbi rimanevano. Alla fine, come avete letto, abbiamo dato la notizia, seppur ruotando attorno al dubbio.
Questo per raccontarvi come prima di esporci facciamo tutte le verifiche del caso, chiedendo eventualmente secondi pareri. Nonostante tutto, è stata un'esperienza divertente.
Se c'è una cosa su cui Yuji Horii è d'accordo con la maggior parte del pubblico però, è che serve più coraggio. Da un'epoca che forse un po' rimpiange, quella del Famicom, a quella attuale le cose sono profondamente cambiate. Tralasciando l'ovvio sviluppo tecnologico, oggi si fa molta più fatica a portare vere innovazioni, qualcosa di fresco e genuino, nonostante le incredibili possibilità. Horii vorrebbe maggior creatività e coraggio dai suoi colleghi: “proviamo a fare qualcosa di nuovo” ha detto. “Dobbiamo sforzarci di creare nuovi soggetti e nuovi mondi”.

Ma Dragon Quest è anche Akira Toriyama. Il papà di Dragon Ball è stato fondamentale per lo sviluppo visivo dell'opera, evoluta seguendo i nuovi stili di disegno da lui creati. Horii e Toriyama avevano un bel rapporto, un'amicizia anche sul luogo di lavoro in cui sì, a volte capitavano discussioni ma ci si ascoltava, cercando di creare qualcosa sempre insieme. Da quanto raccontato non c'è mai stato alcun litigio tra i due, nessun momento di tensione dovuto a visione diverse sul gioco.
C'è spazio anche per il futuro. Nello sviluppo dei prossimi anni, in cui punto focale deve essere sempre quella di divertire e intrattenere i giocatori, Yuji Horii immagini un'interazione tra uomo e videogioco più coesa, più virtuale. Si è parlato di immersività totale, con personaggi in grado di uscire al di fuori dello schermo e vissuti come persone reali. Un futuro in cui l'intelligenza artificiale potrà dare una mano in tal senso ma a questo punto, anche tecnologie olografiche che amplieranno a dismisura l'interazione dei giocatori con il mondo di gioco.
Ma spostiamoci al secondo Panel: “Yuji Horii e Richter: come suona la leggenda”, moderato da Vincenzo Lettera e Federico Ercole. Qui il tema centrale è stata la musica e tutto ciò che essa è in grado di trasmettere. Ma era anche il giorno successivo al polverone Chrono Trigger e in qualche modo ci si aspettava una comunicazione o quantomeno qualche smentita. Nulla di tutto ciò è arrivato, almeno in via ufficiale.
Nella chiassosa sala eSport dunque si è tenuta un'altra interessante intervista, con domande in grado di regalare diversi spunti di riflessione. Alla domanda “se Horii si sentisse più l'autore di Dragon Quest o uno degli autori” il sensei ha risposto in modo molto pragmatico, un'altra caratteristica uscita fuori da questi incontri. Se prima infatti era il solo e unico autore, in grado di prendere decisioni su ogni elemento di gioco, oggi la situazione è molto differenze. Il team di Dragon Quest e non solo, è ricco di collaboratori, anche se purtroppo non è stato chiaro se questi siano effettivamente in grado di poter dire la loro.
Un altro elemento curioso scoperto in quel di Napoli, è che Horii non ascolta mai musica mentre lavora. Esige il più assoluto silenzio mentre elabora nuove idee o cerca di trovare la quadra su altre. A quanto mare, non è un grande cultore di questo campo, ma se proprio deve scegliere una band alla quale si sente più affezionato quella è senza dubbio i Beatles. Ma visto che si parla di musica, ovviamente non si può non citare la colonna sonora di Dragon Quest, diretta da Kōichi Sugiyama, ritenuta speciale dai partecipanti a questo panel e non solo. Qui Richter ha voluto mettere il focus sulle unicità e sensibilità particolari di Sugiyama, con arrangiamenti e melodie perfette per ogni contesto. Basta cambiare il timbro per cambiare radicalmente l'esperienza con un brano e la grandezza sta appunto in questo: raccontare perfettamente mondi e atmosfere anche con piccole sfumature, piccoli dettagli che però all'orecchio, esaltano ogni momento di gioco.

I ricordi e la musica vanno di pari passo. Basta una nota per riportarci in un mondo fittizio, con personaggi non reali, compiendo azioni inimmaginabili. Eppure, in quel momento è tutto concreto, dal salvare la Galassia da ancestrali minacce al correre la corsa della vita diventando campione assoluto. La musica evoca ricordi e in Dragon Quest spesso si rievocano immagini riferite alle missioni secondarie sparse tra i villaggi, tra le cose che rimangono più impresse ai giocatori. Del resto Horii dedica molto tempo alla loro creazione, mettendo mano non solo alla narrazione principale ma anche alle singole storie dei vari villaggi. È una cosa che lo diverte molto e si vede, visto che è uno degli elementi distintivi di Dragon Quest. Così con l'endgame, in cui l'autore ha anche espresso delle preferenze, amando molto quello di Dragon Quest III e Dragon Quest V.
Yuji Horii è sembrato davvero contento ed emozionato di parlare della sua creatura, quasi come fosse orgoglioso di suo figlio. Sembra genuinamente felice di sapere come le sue opere abbiano ispirato milioni di persone in tutto il mondo e che tutti riconoscano il suo genio. Nonostante non ci siano state anticipazioni su Dragon Quest XII (anche se potete leggere tra le righe) l'esperienza con Yuji Horii è stata davvero impattante. Bastava guardarsi attorno per capire quanto amore c'era nell'aria, con persone di ogni età abbracciare come una reliquia la propria copia del gioco. Una fede nel vero senso del termine e anche se il prossimo capitolo avrà connotati diversi, lo spirito rimarrà sicuramente invariato. Speriamo che questo racconto abbia restituito almeno in minima parte l'emozione di quei momenti.
Eppure, come accaduto altre volte, la riverenza e l'emozione lasciano spazio anche alla sorpresa, notando la loro massima disponibilità e umiltà. Questo è il racconto dei due panel dedicati a Yuji Horii e dell'intervista, ma daremo anche un po' di spazio a quanto accaduto durante lo strano "reveal" del Remake di Chrono Trigger, uno dei momenti più strani vissuti in quel di Napoli.
Tutto comincia in realtà con la preparazione all'intervista, avvenuta prima dei due panel. Avevamo solo cinque minuti di tempo e decidere quali domande fare al Maestro è stato abbastanza arduo. Quali potevano essere le domande che non gli erano state ancora poste? Su quali argomenti attuali chiedere il suo punto di vista? La situazione era simile a un episodio de I Simpson, in cui Homer e Apu incontrano il grande capo dei Market, a cui è possibile fare solo tre domande. Fortunatamente, l'intervista non si è conclusa allo stesso modo, anche se non con qualche difficoltà.
Accompagnati da Andrea Dentuto, interprete per l'occasione di Horii, le domande hanno spaziato dal senso di responsabilità verso le generazioni future, visto che alcune delle sue opere hanno ispirato alcuni dei più grandi autori attuali come Hideo Kojima, sulla questione combattimenti a turni, visto i rumor che vorrebbero Dragon Quest XII decisamente più action e la questione narrativa, con il protagonista che a questo punto necessiterebbe di maggiore interazione. Yuji Horii è sembrato un tipo abbastanza diretto e soprattutto molto conciso. Benché il contesto era quello di un'intervista dopo l'altra, magari con le stesse domande ripetute più e più volte, la brevità delle risposte ha in parte spiazzato, dimostrando di essere cosciente dei problemi posti dagli intervistatori.
Riguardo le nostre domande, l'autore di Dragon Quest è consapevole che i combattimenti a turni classici necessitino di qualche ritocco. Come prevedibile, il nome di Clair Obscur: Expedition 33 (qui la recensione) è saltato fuori molto spesso, come esempio di innovazione in grado di catturare gli amanti dei diversi combat system. Molto probabilmente i rumor attorno al nuovo Dragon Quest sono veri: Horii si è mostrato infatti molto aperto ai cambiamenti, puntando a un maggior dinamismo dei combattimenti, visto che quello attuale è forse ritenuto un po' obsoleto. Del resto si tratta di un sistema nato più per necessità che per estro artistico, visto che le macchine dell'epoca non potevano permettersi una gestione accurata di animazioni in tempo reale come le attuali. Facilità di programmazione e facilità d'uso per la massa di giocatori rendevano questo combat system un “win-win”. Ma l'abitudine è rimasta e per molti giocatori è quasi un dogma quando si parla di giochi di ruolo, siano essi giapponesi o occidentali.

Con la maggiore potenza a disposizione si è arrivati a dei sistemi ibridi in grado di accontentare un po' tutti, ma Dragon Quest XII farà probabilmente un salto ulteriore. Questa scelta per Horii ha anche valenza commerciale, visto che secondo lui sono molti i giocatori che non apprezzano questo combat system e crede che sia arrivata l'ora di apportare qualche cambiamento in tal senso. Questi probabilmente avverranno anche a livello narrativo. Dragon Quest ha avuto sempre il protagonista incapace di proferire parola, questo per una scelta di design che pone il giocatore al centro delle vicende. Horii però non esclude cambiamenti in tal senso e benché sia conscio che questa “tradizione” sia parte centrale dell'esperienza di gioco, qualche cambiamento potrebbe essere necessario. Insomma, aspettiamoci un'evoluzione del brand, cosa che probabilmente scontenterà alcuni ma che permetterà a maggior pubblico di scoprirlo. Alla conclusione dell'intervista, siamo riusciti anche a far dono dei nostri gadget a Yuji Horii, sperando che la sorpresa sia piaciuta almeno quanto alla moglie. Possiamo immaginare il maestro intento a elaborare nuove idee con indosso la nostra maglia che siamo sicuri, gli porterà fortuna.
Arriviamo dunque al primo panel, presso l'HyperStage. La sala è gremita, composta da appassionati di tutti i tipi con in mano il loro totem: chi una copia di un capitolo di Dragon Quest, chi con in mano Chrono Trigger, persino chi con il cofanetto bluray di The Adventure of Dai. Tutti speravano in una foto, in un autografo o magari di stringere la mano al maestro. Noi speravamo soltanto di trovare posto. Imparando che durante questi eventi è meglio recarsi sul posto almeno un'ora prima, abbiamo assistito al panel denominato “Yuji Horii: il Drago della Storia in pixel”, moderato da Emilio Cozzi. In questo stage, l'autore di Dragon Quest e Andrea Dentuto, Richter e il fumettista Emanuele Ercolani hanno prodotto un panel indimenticabile, anche per la questione che tutti ormai conosciamo.
A Yuji Horii sembra che Napoli sia piaciuta davvero tanto. Molte idee su nuove future ambientazioni sembra che gli siano venute passeggiando tra le vie della città partenopea. Il viaggio è parte della vita degli artisti, in cerca di ispirazioni in ogni dove. Ma Yuji Horii nasce prima di tutto come mangaka ed è interessante che non abbia trovato grosse differenze tra i due mondi. Con i videogiochi che cominciavano ad avere un grande successo, Horii ha semplicemente trovato un'altra possibilità di sbocco per le sue idee, raccontando le stesse cose anche se in modi diversi. Il videogioco riesca a trasformare il lettore – di un manga – in un protagonista vero e proprio, in grado persino di orientare la storia a proprio piacimento.

Già nella nostra intervista si era fatto riferimento a Hideo Kojima, ispirato soprattutto dalla visual novel Portopia. Qui c'è stato spazio per approfondire, con Horii che ha raccontato l'incontro con l'autore di Metal Gear Solid e Death Stranding. Si è detto di come Kojima ammirasse il “suo” sensei, ma anche di come lo stesso Horii sia rimasto sorpreso di avere una così profonda stima da un personaggio del suo calibro. Qui è uscita fuori una delle caratteristiche di queste personalità, un'umiltà di fondo a prescindere da quanto si sia prodotto in tutti questi anni. Da fuori, sono grandi maestri, per alcuni dei, eppure, pur riconoscendo la loro importanza rimangono sempre se stessi, forse molto vicini al loro io interiore, quello di un ragazzo che sogna ancora di fare le cose in grande.
E chiaramente, uno di queste grandi cose non poteva che essere Dragon Quest, con Horii che già dalle prime battute era consapevole che avrebbe avuto successo. Sappiamo un po' tutti come l'ispirazione da alcuni dei più grandi giochi di ruolo dell'epoca, da Dungeons and Dragon a Ultima, abbiano posto le basi per il progetto Dragon Quest che, con le dovute semplificazioni, è riuscito a vendersi al grande pubblico.
Dopo la citazione a un'altra sua opera, Love Match Tennis, con la quale ogni tanto si diletta, arriviamo all'elefante nella stanza: la questione Chrono Trigger. Voi avete visto la notizia dedicata ma quello che non sapete è l'incredibile dietro le quinte. A chi fosse sfuggito, a un certo punto sembra che durante l'intervista si sia menzionato – in esclusiva mondiale – il Remake di Chrono Trigger, facendo scalpitare tutta la sala.
I momenti immediatamente successivi a questo annuncio sono stati elettrizzanti ma anche un po' ilari. Tra le mani avevamo un annuncio incredibile ma qualche dubbio sulla sua effettiva veridicità cominciava a farsi strada. Abbiamo passato più di due ore a cercare di capire cosa Horii avesse detto davvero, riascoltando e riascoltando attentamente quanto comunicato dall'autore. Eppure, i dubbi rimanevano. Alla fine, come avete letto, abbiamo dato la notizia, seppur ruotando attorno al dubbio.
Questo per raccontarvi come prima di esporci facciamo tutte le verifiche del caso, chiedendo eventualmente secondi pareri. Nonostante tutto, è stata un'esperienza divertente.
Se c'è una cosa su cui Yuji Horii è d'accordo con la maggior parte del pubblico però, è che serve più coraggio. Da un'epoca che forse un po' rimpiange, quella del Famicom, a quella attuale le cose sono profondamente cambiate. Tralasciando l'ovvio sviluppo tecnologico, oggi si fa molta più fatica a portare vere innovazioni, qualcosa di fresco e genuino, nonostante le incredibili possibilità. Horii vorrebbe maggior creatività e coraggio dai suoi colleghi: “proviamo a fare qualcosa di nuovo” ha detto. “Dobbiamo sforzarci di creare nuovi soggetti e nuovi mondi”.

Ma Dragon Quest è anche Akira Toriyama. Il papà di Dragon Ball è stato fondamentale per lo sviluppo visivo dell'opera, evoluta seguendo i nuovi stili di disegno da lui creati. Horii e Toriyama avevano un bel rapporto, un'amicizia anche sul luogo di lavoro in cui sì, a volte capitavano discussioni ma ci si ascoltava, cercando di creare qualcosa sempre insieme. Da quanto raccontato non c'è mai stato alcun litigio tra i due, nessun momento di tensione dovuto a visione diverse sul gioco.
C'è spazio anche per il futuro. Nello sviluppo dei prossimi anni, in cui punto focale deve essere sempre quella di divertire e intrattenere i giocatori, Yuji Horii immagini un'interazione tra uomo e videogioco più coesa, più virtuale. Si è parlato di immersività totale, con personaggi in grado di uscire al di fuori dello schermo e vissuti come persone reali. Un futuro in cui l'intelligenza artificiale potrà dare una mano in tal senso ma a questo punto, anche tecnologie olografiche che amplieranno a dismisura l'interazione dei giocatori con il mondo di gioco.
Ma spostiamoci al secondo Panel: “Yuji Horii e Richter: come suona la leggenda”, moderato da Vincenzo Lettera e Federico Ercole. Qui il tema centrale è stata la musica e tutto ciò che essa è in grado di trasmettere. Ma era anche il giorno successivo al polverone Chrono Trigger e in qualche modo ci si aspettava una comunicazione o quantomeno qualche smentita. Nulla di tutto ciò è arrivato, almeno in via ufficiale.
Nella chiassosa sala eSport dunque si è tenuta un'altra interessante intervista, con domande in grado di regalare diversi spunti di riflessione. Alla domanda “se Horii si sentisse più l'autore di Dragon Quest o uno degli autori” il sensei ha risposto in modo molto pragmatico, un'altra caratteristica uscita fuori da questi incontri. Se prima infatti era il solo e unico autore, in grado di prendere decisioni su ogni elemento di gioco, oggi la situazione è molto differenze. Il team di Dragon Quest e non solo, è ricco di collaboratori, anche se purtroppo non è stato chiaro se questi siano effettivamente in grado di poter dire la loro.
Un altro elemento curioso scoperto in quel di Napoli, è che Horii non ascolta mai musica mentre lavora. Esige il più assoluto silenzio mentre elabora nuove idee o cerca di trovare la quadra su altre. A quanto mare, non è un grande cultore di questo campo, ma se proprio deve scegliere una band alla quale si sente più affezionato quella è senza dubbio i Beatles. Ma visto che si parla di musica, ovviamente non si può non citare la colonna sonora di Dragon Quest, diretta da Kōichi Sugiyama, ritenuta speciale dai partecipanti a questo panel e non solo. Qui Richter ha voluto mettere il focus sulle unicità e sensibilità particolari di Sugiyama, con arrangiamenti e melodie perfette per ogni contesto. Basta cambiare il timbro per cambiare radicalmente l'esperienza con un brano e la grandezza sta appunto in questo: raccontare perfettamente mondi e atmosfere anche con piccole sfumature, piccoli dettagli che però all'orecchio, esaltano ogni momento di gioco.

I ricordi e la musica vanno di pari passo. Basta una nota per riportarci in un mondo fittizio, con personaggi non reali, compiendo azioni inimmaginabili. Eppure, in quel momento è tutto concreto, dal salvare la Galassia da ancestrali minacce al correre la corsa della vita diventando campione assoluto. La musica evoca ricordi e in Dragon Quest spesso si rievocano immagini riferite alle missioni secondarie sparse tra i villaggi, tra le cose che rimangono più impresse ai giocatori. Del resto Horii dedica molto tempo alla loro creazione, mettendo mano non solo alla narrazione principale ma anche alle singole storie dei vari villaggi. È una cosa che lo diverte molto e si vede, visto che è uno degli elementi distintivi di Dragon Quest. Così con l'endgame, in cui l'autore ha anche espresso delle preferenze, amando molto quello di Dragon Quest III e Dragon Quest V.
Yuji Horii è sembrato davvero contento ed emozionato di parlare della sua creatura, quasi come fosse orgoglioso di suo figlio. Sembra genuinamente felice di sapere come le sue opere abbiano ispirato milioni di persone in tutto il mondo e che tutti riconoscano il suo genio. Nonostante non ci siano state anticipazioni su Dragon Quest XII (anche se potete leggere tra le righe) l'esperienza con Yuji Horii è stata davvero impattante. Bastava guardarsi attorno per capire quanto amore c'era nell'aria, con persone di ogni età abbracciare come una reliquia la propria copia del gioco. Una fede nel vero senso del termine e anche se il prossimo capitolo avrà connotati diversi, lo spirito rimarrà sicuramente invariato. Speriamo che questo racconto abbia restituito almeno in minima parte l'emozione di quei momenti.
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