Dietro lo pseudonimo di Yupa si cela una figura ben nota nel mondo dell’editoria e della traduzione dal giapponese. Collaboratore di lunga data di Star Comics e autore di numerosi articoli su manga e anime pubblicati su riviste specializzate — quando ancora le riviste cartacee avevano un ruolo centrale nella divulgazione culturale — Yupa torna ora con un progetto personale di grande respiro: un saggio interamente dedicato a Mamoru Oshii, uno dei registi più influenti e visionari dell’animazione giapponese.
Frutto di oltre un anno e mezzo di lavoro e basato su una profonda conoscenza della lingua giapponese, il libro di 429 pagine si propone come uno studio rigoroso e approfondito, sviluppato a partire da una tesi di laurea e costantemente aggiornato negli anni. Un lavoro che si distingue per l’uso esclusivo di fonti in lingua originale — interviste, articoli critici, saggi — e che mira a offrire una prospettiva autentica sull’opera di Oshii, al di là delle semplificazioni e delle leggende che circolano online.
Il saggio si intitola Il sogno del Mondo: Storia, idee e visioni del cinema (e non solo) di Oshii Mamoru edito da Hotaru edizioni e disponibile in formato kindle QUI

Sempre in bilico tra un'autorialità intransigente e la capacità a parlare a un pubblico più ampio, il cinema di Oshii si muove intorno a dei nuclei tematici e stilistici che lo rendono immediatamente riconoscibile: la labilità (se non l'inesistenza) del confine tra realtà e finzione, l'aspirazione a una realtà trascendente e volutamente mai definita, la riflessione eminentemente politica sulle vicende giapponesi dal dopoguerra ai giorni nostri, la capacità di mobilitare i maggiori talenti dell'animazione giapponese per visualizzare Mondi fatti di paesaggi urbani, di creature non umane, di rovine oltre il tempo.
Sospeso tra un voluto escapismo e un impegno irrinunciabile, il cinema di Oshii Mamoru si configura, a detta di uno dei suoi critici, come un Mondo "in cui è difficile entrare ma da cui, una volta entrati, è difficile uscirne", composto di opere che hanno fatto parlare di sé in Giappone e fuori dal Giappone, ma anche di titoli più minoritarî e oscuri.
Il presente volume ripercorre l'intera carriera di Oshii Mamoru con un'ambizione di esaustività e analizzando sin nel dettaglio le sue opere più e meno note al fine di comporre un quadro generale in cui emergano finalmente con chiarezza anche gli aspetti più criptici e ignorati dell'opera del regista. Per far ciò si avvale esclusivamente di un'ampia quantità di fonti in lingua giapponese, solitamente inaccessibili al pubblico estero.
Non potevamo di certo limitarci solo a questo, da fan del lavoro di Yupa ne abbiamo approfittato per fargli una piccola intervista, incuriositi da questo suo progetto
Cosa ti ha spinto a dedicare un intero libro alla figura di Mamoru Oshii, e in che modo il tuo percorso personale come traduttore ha influenzato il modo in cui hai raccontato la sua opera?
Rispondo prima alla seconda parte. Il mio percorso di traduttore ha influito poco sui contenuti del libro, anche perché le prime cose che ho scritto su Oshii risalgono ormai al secondo anno in cui studiavo giapponese. Quindi prima ho cominciato a indagare Oshii, e solo più tardi sono diventato traduttore. Ma sicuramente la conoscenza della lingua è stata decisiva nell'accesso al materiale, visto che ho potuto leggere una gran quantità di testi in giapponese: articoli, saggi critici, ma soprattutto interviste e simili rilasciati dallo stesso Oshii, che non si è mai tirato indietro quando c’era da parlare, anzi.
Venendo alla prima parte della domanda, Oshii è un autore che sento molto vicino. È uno di quegli autori che, quando entri in contatto con le loro opere, puoi solo pensare: "Dicono quello che penso e sento, che ho sempre pensato e sentito, ma a differenza mia hanno i mezzi, le capacità e il talento per darvi una forma." Con quasi tutte le opere di Oshii, specie quelle più riuscite, ho sempre sentito vibrare qualcosa in profondità, un fenomeno che forse è possibile esprimere solo parzialmente a parole.
Poi ci sono tematiche a cui Oshii ha dato forma che sento vicine, in particolare il rifiuto della distinzione tra realtà e finzione, che lui ha declinato in modi diversi lungo quasi tutta la sua carriera. Da un certo punto in poi abbiamo avuto molti film, anche fuori dal Giappone, che hanno affrontato il tema, ma di solito terminano ribadendo l'importanza del reale e insegnando a fuggire la finzione — penso ad esempio a The Truman Show o Matrix. Oshii in questo va in un’altra direzione: l’ha fatto con Tenshi no tamago, con Ghost in the Shell, con Avalon. A Oshii la realtà, sotto sotto, piace poco, e per questo a volte cerca di dimostrare che è solo un sogno, mentre altre volte mostra che va abbandonata in favore di un sogno. È una visione del mondo che mi sento di condividere in pieno.
Ovviamente non ci sono solo le idee, ma c'è anche tutta un'estetica. Oshii non è un disegnatore, è un regista di idee, ha quasi sempre dovuto affidare ad altri la visualizzazione delle immagini che aveva in testa, che anche per questo hanno spesso assunto forme molto eterogenee. Eppure, molte delle sue opere hanno un’estetica comune, e soprattutto Oshii ha avuto la capacità di sfruttare grandi talenti dell'animazione giapponese per realizzare opere dal fortissimo impatto visivo, in cui si riconosce quasi un potente respiro che innerva le immagini. Per me Oshii è anche questo: è venir immediatamente schiacciati dalla potenza estetica delle sue opere, in cui sento una grandissima sensibilità — o forse solo una sensibilità affine alla mia — emanare dalle singole scene, a volte anche dai singoli fotogrammi.

Nel libro affronti solo la carriera di Oshii come regista di animazione, oppure esplori anche i suoi lavori meno noti?
Ho cercato di essere il più possibile esaustivo — ho l'ossessione della completezza, cosa che, del resto, ha ritardato di tantissimo tempo la pubblicazione del libro...
Ovviamente dedico più spazio alle opere maggiori, quelle d'animazione, alcune delle quali hanno anche un intero capitolo dedicato. Ma ho cercato di riservare comunque un po’ di spazio anche alle opere meno note, alcune delle quali — specie i film live action più recenti — in Italia le avranno viste in quattro gatti. Ho cercato di dare il giusto spazio anche ai (pochi) fumetti di Oshii, mettendoli in relazione con il complesso della sua opera. Nel caso delle opere legate a romanzi, come Avalon (che ha avuto un seguito narrativo scritto dallo stesso Oshii) o The Sky Crawlers (che è tratto da un romanzo), mi sono procurato i testi in lingua originale per leggerli e confrontarli con i film.
Quali sono, secondo te, gli elementi ricorrenti o i temi fondamentali che rendono Mamoru Oshii una figura unica nel panorama dell'animazione giapponese?
In parte ho già risposto a questa domanda in precedenza...
Qui mi limito a dire che Oshii è stato un pioniere sotto molti punti di vista. Lo è stato dal punto di vista estetico e tecnico, visto che si è circondato di talenti all’avanguardia nell'animazione giapponese. Pur arrivando all’animazione a un’età relativamente avanzata, ha sempre studiato a fondo come si fa animazione per poter realizzare opere che spingessero sempre più in là ciò che con l’animazione è possibile fare (penso ad esempio a Innocence, che con la sua commistione tra digitale e animazione tradizionale, a vederlo oggi ha ancora un impatto fortissimo, ed è un film con ormai vent’anni sulle spalle).
Anche dal punto di vista tematico Oshii è stato seminale. È stato il primo, insieme con Miyazaki, nel 1984, a proporre al cinema un'animazione autoriale. È stato il primo a introdurre con decisione tematiche sociali e politiche di spessore e in maniera non banale, ma anzi complessa e provocatoria, con i due film di Patlabor, specialmente il secondo. Ha portato dal fumetto allo schermo in maniera molto personale Ghost in the Shell, che è diventato un caposaldo non solo nel suo genere, e che ha contribuito a far conoscere l’animazione giapponese all’estero.
Hai incontrato particolari difficoltà nel reperire fonti o materiali per scrivere questo saggio, data la complessità e la longevità della carriera di Oshii?
Parto precisando che il libro l’ho scritto in un tempo molto lungo: il suo embrione — un articolo di media lunghezza scritto per una fanzine — risale a un periodo in cui gli anime si guardavano in videocassette sgranatissime, spesso senza sottotitoli, e reperire quelli più particolari era più un miraggio che un’impresa. Quando poi scrissi la mia tesi di laurea su Oshii la situazione era già migliorata, ma mi mancavano ancora alcuni pezzi della sua filmografia, in particolare i titoli live action. Adesso, grazie a Internet, si trova tutto con relativa facilità, anche se per vedere i più recenti live action di Oshii un po’ di fatica l’ho fatta.
Diverso è il caso del materiale cartaceo, ovvero raccolte o riviste con articoli e interviste. In Giappone, da questo punto di vista, c’è una produzione molto ricca: Oshii è un regista di culto, con un seguito non ampio ma comunque accanito, quindi sono stati pubblicati parecchi volumi — in particolare raccolte di interviste o di articoli scritti da lui per riviste. Si tratta di materiale inestimabile, e in questo caso l’unica possibilità è acquistare direttamente da siti giapponesi, andare sul posto o chiedere a chi ci va di fare un salto in libreria. Il materiale cartaceo si trova, anche se bisogna acchiapparlo al volo, perché può andare rapidamente fuori commercio.
Il problema, semmai, è il costo: com’è noto, non è economico far arrivare materiale cartaceo dal Giappone all’Italia. Ma è una spesa che ho comunque fatto volentieri — che avrei comunque fatto volentieri, a prescindere dal fatto che poi ne sia nato questo libro.
Semplicemente Mamoru Oshii ha avuto la fortuna di esprimere la sua Arte in un mondo in cui era possibile esprimere la propria libertà creativa e fortunatamente non esisteva la mania del fare le cose 1:1.
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