Siamo ormai da tempo un po’ persi a Rilanciopoli, con moltissimi progetti che recuperano vecchie glorie per far loro fare un altro giro, complice questa tendenza al rigetto della modernità conseguenza di tante situazioni di tipo sociale, e non.
Naturalmente, si tratta comunque di un fenomeno circoscritto, e la maggior parte dei prodotti animati giapponesi (il fenomeno comprende tanti settori diversi, ma l’articolo parla di questo, nello specifico) è comunque inedita o la nuova stagione di serie relativamente recenti in corso.

Nel 2015 la situazione era un po’ diversa, con pochi rilanci all’attivo ad alterne fortune, esempio più lampante di uno dei più riusciti è, sicuramente, Le Bizzarre Avventure di JoJo.
Toei però sgancia la bomba: dopo due film “quasi sequel” già abbastanza clamorosi, Dragon Ball, autentico mostro sacro dell’animazione e del fumetto giapponese indipendentemente dalla nazione presa in analisi, sarebbe tornato con una nuova serie animata.
Progetto coraggioso, un po’ fumoso (non si capiva troppo bene se sarebbe stata solo una versione “espansa” dei film o se avrebbe avuto anche archi narrativi inediti, inizialmente), e un po’ terrificante, perché non si sa mai quando si va a toccare qualcosa di così popolare, Dragon Ball Super si apprestava a farsi vedere, e conoscere, dai fan.
Dieci anni dopo, possiamo sicuramente chiederci: com’è andata?



Cominciamo dai freddi numeri: Dragon Ball Super fu un enorme successo di pubblico in Giappone, arrivando al primo posto della classifica degli anime più visti per due settimane di fila, quella dal 1° al 7 maggio 2017 e la successiva, dall’8 al 14 maggio; si tratta degli episodi che vedono la nascita di Pan e il trasferimento di Goku e Vegeta sul pianeta di Beerus per allenarsi.
Fu, naturalmente, un risultato più che notevole, soprattutto in una stagione “intensa” come quella primaverile del 2017, con le seconde stagioni di My Hero Academia e L’Attacco dei Giganti a contendersi il trono.

Per quel che riguarda l’estero, escludendo siti di streaming e servizi simili, noi italiani fummo tra i primi a mettere le mani sui diritti televisivi di Dragon Ball Super, anche se di poco (dicembre 2016 contro gennaio 2017 per gli Stati Uniti), e i risultati, di certo, non si fecero attendere: quasi due milioni di telespettatori il 5 gennaio 2017.
Due giorni dopo, Dragon Ball Super debutta negli Stati Uniti nella fascia Adult Swim, raggiungendo un milione di spettatori, che sembra poco, rispetto ai nostri due, ma con le dovute proporzioni è palese come sia un risultato eccellente.
In paesi come Messico, El Salvador, Brasile, Cile e Argentina lo scontro finale tra Goku e Jiren è stato trasmesso su maxi-schermi in piazze ed altre sedi di eventi pubblici.
In breve: Dragon Ball chiama, e il pubblico risponde.



Tutto questo ha peraltro avuto una reazione a catena non indifferente: il manga, illustrato da Toyotaro (Toriyama consegnava gli script testuali “basilari” a lui e Toei, e le due opere venivano sviluppate più o meno in parallelo, con un piccolo anticipo iniziale da parte del manga) ha superato i cinque milioni di copie a maggio del 2019, mentre il film Dragon Ball Super: Broly è stato campione d’incassi in tutto il mondo, Italia compresa.

Ma c’è di più: l’enorme successo della serie ha infatti portato con sé una valanga di gadget, action figures, e implementazioni delle “novità” di Dragon Ball Super in ogni nuovo media legato a Dragon Ball: videogiochi nuovi come Dragon Ball Sparking: Zero, più datati come Dragon Ball Xenoverse 2, giochi per smartphone e persino giochi crossover come Jump Force hanno messo in mostra elementi visti in Dragon Ball Super (e nei suoi due “film origine”, volendo).



Il mondo dei sequel di shonen storici è un mondo strano: c’è un autentico microcosmo di sequel seinen di serie famose (magari più in patria che da noi, in realtà) indirizzati ai vecchi fan ormai cresciuti, sequel/spin-off/prequel/paralleli che non sempre riescono ad incontrare il favore del pubblico di vecchi appassionati (Saint Seiya) e…
E poi c’è Dragon Ball Super.

Pur con meno violenza, perché tempi e orari di trasmissione sono cambiati, pur con qualche incidente tecnico iniziale (anzi, il regista dell'ultima saga, Ryota Nakamura, fu poi sgridato perché negli ultimi due episodi vennero usati più del doppio dei fotogrammi rispetto a un episodio normale di un anime, rischiando di sforare il budget), pur con qualche piccola bizzarria narrativa qui e là Dragon Ball Super riesce non solo a riportare indietro le vecchie sensazioni, ma anche a tirare in ballo un’ampia schiera di nuovi fan, appassionati giovanissimi che magari partono da una puntata di Dragon Ball Super e poi si rivedono tutto il resto.



Probabilmente, ad aiutare a “riportare indietro il vecchio feeling” c’è il fatto che Akira Toriyama, mentre lavorava a Dragon Ball, metteva da parte tutte le (tantissime!) idee che gli venivano e che non poteva sviluppare nel manga, per poi passarle sottobanco a Toei per film, episodi riempitivi o quant’altro; ecco, ad esempio, perché il racconto di Re Kaioh riguardo la distruzione del pianeta dei Saiyan, presente nell’anime ma assente nel manga e che coinvolge una divinità, si riallaccia così bene a Beerus e Dragon Ball Super.

E grazie a questo, nonostante qualche piccolo incidente di percorso (dovuto, perlopiù, al fatto che troppa gente ha messo mano alla stessa opera nel corso di tanti anni), Dragon Ball Super risulta “familiare” e riesce a portare avanti egregiamente ciò che già era riuscito, con enorme successo, tra gli anni ‘80 e ‘90, anzi accrescendo il numero di fan e di “materiale” a cui l’infinita macchina di merchandise di Bandai Namco può attingere.



Ripensandoci ora, l’epoca di Dragon Ball Super fu un’epoca strana.
Sarà che da quando finì sono successe tante cose e ben poche belle, sia che si pensi alla serie, sia che si pensi all’umanità; sarà che a ripensarci ora sembra quasi sia stato una sorta di sogno febbrile, in cui Dragon Ball, clamorosamente, continuava, con nuove avventure ogni settimana, un nuovo film, una nuova sigla di Giorgio Vanni, un nuovo doppiatore italiano per Goku; sembra una vita fa, e in effetti era sei anni fa, ma nonostante questo, l’eredità di Dragon Ball Super è ancora qui, sommata all’eredità del Dragon Ball originale, una sorta di “bonus stage” che ha ampliato enormemente la mitologia della serie in maniera irreversibile ribadendo che Dragon Ball è un evergreen a cui il peso del tempo fa un baffo: fino alla morte di Toriyama, Dragon Ball era una serie che sarebbe potuta ricominciare in qualunque momento con la stessa enorme attrattiva di sempre (in un certo senso Dragon Ball Daima ha avuto modo di ribadirlo, in piccolo).

Ora, però, Akira Toriyama non c’è più, e per quanto sia praticamente inevitabile che verranno sviluppati nuovi progetti animati legati alla sua serie, difficilmente il feeling resterà lo stesso (o forse sì, Goku e i suoi amici di certo ci hanno insegnato a non abbandonare la speranza, ma la cautela non è mai troppa).
Forse anche per questo è importante Dragon Ball Super: l’eredità di Toriyama, già enorme, con esso si amplia fortemente, e rimane rilevante e incisivo anche dopo anni e anni dalla conclusione.