INTERVISTA ANIMECLICK
Ringraziamo Pietro Spedale per il video
Parliamo di Bonolon, un libro per bambini che il maestro produce e che proprio quest'anno compie 20 anni. Come mai un mangaka che e' nato con i manga d'azione e di combattimento si è mano a mano spinto sempre di piu' verso un pubblico sempre piu' giovane con storie pure e delicate?
la motivazione principale perché comunque sono nati mia figlia e mio figlio e quando ho visto che comunque tutte le le opere che guardavano loro erano tutte incentrate sulla Disney o comunque su questo personaggio degli anime giapponesi che si chiama Anpaman ho pensato che invece volevo creare anch'io qualcosa per loro.
Gli occhi sono una parte molto importante del lavoro di chi disegna manga. Ci può raccontare il modo in cui ha cambiato il modo di disegnare gli occhi da inizio del don quichotte di ferro a hokuto no ken e, in generale, l'importanza degli occhi nei suoi personaggi.
Inizialmente ho disegnato degli occhi grandi perché il mio editor mi aveva detto di disegnarli grandi, dato che sarebbe stato un manga destinato ai ragazzi e quindi più grandi erano, meglio era. All'inizio avevo il mio modo personale di disegnare gli occhi, che consisteva semplicemente in un pallino con dentro la pupilla o comunque un punto bianco per dare l'impressione del riflesso della luce. Però quello stile non ha funzionato e, dato che invece ha funzionato diversamente, a mano a mano ho iniziato a disegnare gli occhi nel modo in cui inizialmente avevo intenzione di fare.
Per rispondere invece alla seconda parte della domanda, quella riguardo all'importanza degli occhi: mi è stato insegnato dai miei senpai quanto l'occhio sia importante, soprattutto quando si disegna un uomo, un personaggio maschile. Bisogna disegnarlo con occhi femminili, comunque con occhi che siano affascinanti.
E la questione degli occhi si può ritrovare anche nei modelli che ho utilizzato, come Bruce Lee (per la sagoma) o anche il protagonista di Arancia Meccanica (di cui non ricordava il nome dell'attore). Comunque tutti hanno degli occhi fantastici e quindi ho utilizzato quei modelli di occhi per i personaggi.
Tra i primissimi lavori affidati dalla Shūeisha, nel
1982 fa il suo debutto il manga Mad Fighter, fumetto con chiare ispirazioni a Mad Max. Più in generale ho notato che il cinema sembra ispirarla molto. Quali sono i film che ha amato e quanta influenza hanno avuto nel suo lavoro?
Sì, assolutamente. All'inizio non c'erano molti mangaka che utilizzavano i film come riferimento. Questa è una cosa che può essere rintracciata anche grazie agli insegnamenti che ho ricevuto in maniera passiva da Tezuka, senza (considerare) il fatto che lui faceva il layout delle pagine basandosi molto su un immaginario di dinamismo che poteva essere appunto quello dei film. Quindi ho cercato di riportare quelle cose con un tocco di realtà, prendendo come riferimento i film che mi piacevano.
In Italia non si ha ancora l' esatta percezione di quanto sia duro il lavoro di Mangaka. Ci può raccontare quante ore lavorava e le difficoltà che ha affrontato nel disegnare Hokuto no Ken?
Ai tempi di Hokuto no Ken utilizzavo praticamente una settimana intera per dedicarmi al lavoro. Prima che iniziasse la serializzazione avevo previsto di poter avere tutto programmato in modo da avere almeno un mese e mezzo di anticipo rispetto all'effettiva uscita del capitolo. Però poi, man mano che andavo avanti, non è mai stato possibile (mantenerlo).
La cosa più difficile quando si creano i manga sono le prime pagine, perché in quelle prime cinque pagine devi dare tutte le informazioni possibili ai tuoi lettori, fargli capire dove sono i personaggi, il mondo e l'ambientazione in cui si trovano. Quindi ho passato davvero tanto tempo, all'inizio di ogni capitolo, a creare le prime cinque pagine. Poi, diciamo che le altre dieci pagine mi venivano più facilmente e le ultime andavano molto più veloci. Ad esempio, le ultime pagine riuscivo anche a farne dieci in un giorno, a quel livello.
Ci può raccontare gli inizi di questa opera leggendaria e come si è trovato a lavorare con Buronson (lo sceneggiatore). Come vi scambiavate le idee e più in generale quanto l' uno influiva sul lavoro dell' altro
Non abbiamo mai avuto un rapporto diretto di lavoro, effettivamente, perché c'è sempre stato in mezzo tra noi il nostro editor Nobuhiko Horie, che ha fatto da ponte, da legame. Era una cosa risaputa che se si faceva incontrare un mangaka con lo script writer ci sarebbero stati dei problemi, perché sicuramente lo script non andava bene (per uno dei due): o il modo in cui le sue parole venivano trasmutate dentro il manga, oppure il mangaka non poteva fare perfettamente quello che c'era scritto nello script. Quindi era meglio non farli incontrare proprio per evitare tutto questo. Il nostro editor è stato comunque il nostro ponte, il nostro tramite, e ci ha permesso di lavorare insieme per tanti anni.

Nella splendida mostra qui a Lucca possiamo ammirare l' opera realizzata ad hoc per Lucca, "Il Salvatore nell'Arena". Quest' opera è un omaggio all' Italia e alla sua arte. Ci può dire a chi e a cosa si è ispirato?
Il Salvatore nell'Arena è stato creato perché c'è stata questa offerta comunque di venire in Italia quindi io Enrico Croce (italiano che lavora in Coamix e traduttore in questa intervista) gli ho detto "Maestro che ne direbbe di fare un'opera in questo modo per l'Italia" e lui " se devo fare in quel modo dammi tante reference". Io ho portato tanti documenti e ci siamo confrontati spesso. Alla fine l'abbiamo creata insieme
Un' altra sua opera nota in Italia è Keiji il Magnifico,dove ritroviamo il suo caratteristico tratto all'interno di una cornice storica giapponese importante. Ha dovuto fare molte ricerche sugli usi/costumi dell'epoca per far rendere al massimo i suoi personaggi? E ha fatto ricerche anche sulle ambientazioni?
Il mio editor ha trovato un sacco di reference al tempo e mi ha aiutato. Poi ho comprato tutto io quello che si poteva comprare e che poteva essere d'aiuto in qualche modo per i design.
La cosa più importante sono stati gli scritti, o comunque le cose che aveva lasciato il compianto keichiro Ryu l'autore del romanzo su cui è basato il manga. Quegli scritti mi erano stati dati e io ho iniziato a prendere delle note sopra di essi. Poi mi hanno detto: 'Guarda che li devi riconsegnare', e io praticamente glieli ho riconsegnati tutti scarabocchiati, in quel modo.
Le opere in costume comunque a quell'epoca non erano molto comuni. La cosa che mi ha dato più problemi è stato il modo di fare il design dei personaggi, perché per quanto cercassi quello che c'era nei testi o nei documenti, erano sempre persone in kimono e non mi sembrava molto interessante se avessi disegnato qualcosa del genere. Però poi mi è capitato di vedere che c'erano anche gli utilizzi di pellicce: pellicce di tigre, pellicce di ghepardo. E quello mi ha portato a dire: 'Allora, se riesco a inserire questi elementi nel design, riesco a rendere più wild, più bestiali in qualche modo i miei personaggi'. Quella è una cosa che non era mai stata fatta prima e mi ha aiutato a creare il design di Keiji
Intervista durante lo showcase dedicato
con Alessandro Apreda e Paolo Barbieri.
e traduzione di Enrico Croce di Coamix
La sua arte è famosa in tutto il mondo. Si disegna in solitudine poi quei disegni diventano storie che vengono lette e disegni che sono ispirazione e riferimento per altri. Cosa si prova?
Non ho mai realizzato che le mie opere fossero famose in tutto il mondo perché disegnavo in una piccola stanza, volevo solo che i lettori si divertissero. Non mi aspettavo che in Italia ci fossero tutti questi fan quindi sto realizzando la situazione proprio in questi giorni.
Che effetto le ha fatto questa calorosa accoglienza?
Prima di venire qui ho avuto altri piccoli incontri. C'è molto calore nei fan italiani. [Parla in italiano e dice: "Sono felice. Sono onorato."]
Ci sono degli artisti che l'hanno folgorata all'inizio della sua carriera?
Ho iniziato leggendo Tiger Mask.
Per questo i suoi primi lavori erano di carattere sportivo?
Sì, assolutamente, è stato quello che mi ha fatto venire l'interesse nei corpi maschili, nell'anatomia maschile.
È vero quello che si racconta della nascita di Ken il guerriero? L'idea è stata del suo editor che ha preso il manga sportivo a cui lavorava e lo ha unito all'idea dei punti di pressione trovata in un libro di una libreria di Tokyo.
Sì, dopo i primi due capitoli, mi è stato comunicato che la storia si sarebbe conclusa con il capitolo sei. E l'editor ha avuto questa idea.
Qual è il suo personaggio preferito?
Non c'è un personaggio in particolare. Ken ovviamente è il protagonista e gli altri non lo dovevano far sfigurare.
Come nasce il design dei suoi personaggi?
Fin da piccolo mi divertivo a fare i ritratti dei miei attori preferiti. Un buon manga risiede nei personaggi quindi ho capito che questo esercizio che facevo da piccolo potevo utilizzarlo per rendere più realistici i miei manga.
La tela di Lucca Comics dedicata all'Italia come è nata?
[Enrico Croce contestualizza la risposta di Hara: il traduttore è entrato alla Coamix dopo essere stato rifiutato diverse volte, poi quando è riuscito ad entrare il sensei ha iniziato a comprendere il calore e l'amore degli italiani per la sua opera.] È tutto merito del traduttore.
Ha un particolare uso del tratteggio. Che strumenti usa più spesso?
Non ci sono materiali particolari. Compro molto da Sekaido, catena di "cartolerie" giapponese. Uso una dip pen, pennino giapponese. L'unica cosa è che una volta usavo una carta particolare che sembrava incisa dal pennino.

Se fosse nato oggi che personaggi avrebbe voluto inserire nella sua opera?
Mi piacciono molto le facce italiane come ad esempio Sylvester Stallone [ci fa notare come la sua guardia del corpo assomigli a lui]. Non vorrei inserire personaggi famosi, ma persone e volti comuni. Lucca è una grande ispirazione al momento.
Com'è stato passare dall'ambientazione di Ken al cyberpunk?
Dopo Ken non volevo più continuare, ma il mio editor mi ha fatto presente che dovevo continuare a pagare le tasse. Uno si aspetta che dopo un'opera di successo si possa prendere una pausa dal lavoro e invece io ho avuto solo tre mesi di stacco. Io disegnerei solo Ken per tutta la vita, ma non si può, quindi ho provato un futuro ancora più lontano di Ken con il cyberpunk, ma non sono mai riuscito veramente a entrare in questo stile.
Quali sono state le sfide nel realizzare questo manga?
Dopo Ken (futuro prossimo) e Cyber Blue (futuro più lontano), mi sono dedicato a un'altra opera ambientata nel passato giapponese, nell'epoca Edo, con il tipico modo di vestire e pettinarsi, ma unendo il mondo occidentale con quello giapponese, ad esempio la pelliccia sopra l'abito da samurai.

Che complessità ha un manga storico a livello di ricerca?
All'epoca non potevo attingere a molti documenti. Mi sono basato su tutto ciò che sono riuscito a trovare e recuperare e poi ho riadattato anche grazie al kabukimono, colui che tende all'eccentrico.
Quanto è legato alla storia giapponese e se c'è un evento che vorrebbe raccontare?
Non sono appassionato della storia giapponese, imparo mentre disegno. Come ho fatto con gli attori sono riuscito comunque a usare delle referenze storiche realmente esistite, ad esempio ho usato un samurai che è esistito veramente.
I cavalli sono le bestie nere per tanti artisti. Quanto ama disegnare cavalli o animali?
Per i personaggi ho usato gli attori, mentre per i cavalli ho usato come riferimento Frank Frazetta di cui da piccolo avevo un libro. Mi sono basato sulle illustrazioni di Frazetta. Quindi non foto, ma immagini di altri artisti.
Questa invece non me la sarei proprio aspettata. Mi aspettavo che l'editor avesse la sua importanza, ma che addirittura i due autori non si incontrassero!
Bellissima intervista comunque.
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