Lara Croft è tornata e sembra più in forma che mai. Con la presentazione di Tomb Raider Catalyst e Tomb Raider: Legacy of Atlantis ai The Game Awards di pochi giorni fa, l'archeologa più famosa al mondo è pronta a riprendersi il proprio spazio.
 
Tomb Raider: La Leggenda di Lara Croft

Dopo l'ultima trilogia reboot, Lara Croft è stata protagonista anche di una prima serie animata rilasciata su Netflix, in grado di proseguirne le gesta ma senza dimenticare il proprio passato. La Lara presente in questa nuova trasposizione però, è una commistione di caratterizzazioni diverse provenienti dai vari capitoli: un po' inesperta, un po' badass; un po' empatica ma anche dal cuore di ghiaccio.

Il risultato è stato quello di vedere una protagonista forse un po' schizofrenica ma comunque in grado di restituire a grandi linee quello che Tomb Raider dovrebbe rappresentare: un'avventura all'insegna del passato, sia mistico sia reale. Questo, nonostante i tocchi di modernità, a cominciare dalle nuove motivazioni che spingono Lara a intraprendere le sue avventure.

Un pentimento, figlio di una nuova sensibilizzazione sul tema del colonialismo (soprattutto britannico) ha portato la protagonista a essere più consapevole delle conseguenze di sottrarre la “storia” al popolo che la possiede. Del resto siamo i primi, come italiani, a voler indietro la Gioconda di Leonardo da Vinci dai nostri cugini francesi. Tuttavia, questo elemento sembra funzionare un po' a intermittenza.

Come in Shadow of the Tomb Raider, le vicende partono da un errore di giudizio. Se nell'ultimo capitolo della nuova trilogia videoludica, Lara era stata colpita da un serio principio di arroganza e presunzione, nella seconda stagione dello show su Netflix, l'ingenuità è la sua piaga peggiore. La velocità con cui la protagonista accetta lo status quo risulta infatti fin troppo forzato vista la sua esperienza, cosa ancor più incidente se consideriamo come questo espediente sia il motore di tutte le vicende.
 
Tomb Raider: La Leggenda di Lara Croft

Come detto precedentemente poi, sembra che il restituire ai popoli la propria storia attraverso il recupero dei vari manufatti, qui non abbia grosso peso. La prima delle Maschere Orisha (oggetti su cui ruoteranno attorno tutte le vicende) viene consegnata senza troppi complimenti alla super capitalista di turno che sogna di cambiare il mondo. Il problema è che cambiare il mondo, in questo contesto, significa soprattutto dominarlo.

E nonostante sia palese dal primo istante che Mila sia l'antagonista principale, il tutto procede come se nulla fosse. Quantomeno la villain ha una buona presenza scenica, grazie anche all'utilizzo delle varie maschere dotate di diversi poteri. Insomma, funziona, ma è un peccato che non si sia cercato di costruire un antefatto più strutturato, un percorso netto in grado di legare al meglio le sue motivazioni con le sue azioni.

In tutto questo Lara Croft si ritrova invischiata nella ricerca delle altre maschere, appartenenti alle diverse divinità. Rispetto alla prima stagione, fondamentale per mettere dei paletti alla sua caratterizzazione, Lara diventa prettamente una macchina da guerra: le molte scene d'azione in cui la nostra eroina è presente, vengono mostrate abilità fuori dal comune, ben al di sopra delle capacità umane.
 
Tomb Raider: La Leggenda di Lara Croft

Tralasciando la Lara dell'ultima trilogia, la Croft dei primi capitoli, sino al filone Legend, era sì atletica ma tutto ciò che poteva fare era legato soprattutto a esigenze di gameplay, in cui ovviamente, doveva essere in netto vantaggio rispetto i poveri malcapitati. Ma in una serie di questo tipo, stona abbastanza. Quantomeno la protagonista deve comunque fare un ulteriore step caratteriale. Lara Croft, infatti, deve comprendere una cosa decisamente importante, cosa che la lega ancora una volta al già citato Shadow of the Tomb Raider: Lara non può fare tutto da sola.

E così, accompagnata dalla ritrovata Sam Nishimura e dal fidato Zip, la nuova Croft risolverà la situazione, ponendo fine alla terribile minaccia che incombe sul pianeta. Anche se in realtà, non è esattamente vero.
Come accaduto nell'altra serie Netflix Devil May Cry (qui la recensione), la protagonista viene messa un po' in disparte in favore di un altro. Qui, grande rilevanza è data a Eshu, un personaggio non banale ma che finisce per togliere grosso spazio (e meriti), relegando Lara al ruolo di comprimaria.

Non è necessariamente un male, ma in uno show che si chiama Tomb Raider: La Leggenda di Lara Croft, lascia quantomeno perplessi. Tuttavia, tutti gli otto episodi sono cadenzati da un buon ritmo, il che porta lo spettatore a non solo a essere coinvolto ma anche incuriosito da quanto accadrà dopo.
Inoltre, la serie è costellata da tantissimi riferimenti e strizzate d'occhio a tutto il franchise, non solo della saga videoludica ma anche cinematografica e fumettistica.
 
Tomb Raider: La Leggenda di Lara Croft

Dal punto di vista visivo, la serie prosegue sulla falsa riga della prima stagione. Powerhouse Studios non regalerà al pubblico la massima fluidità nelle animazioni o un'espressività da primato, ma sa il fatto suo. Il viaggio intorno al mondo di Lara e compagni regala il pretesto per realizzare scenografie e coreografie di buon livello, con scontri e scorci davvero ben diretti. Meno impattante la colonna sonora, molto sullo sfondo e che accompagna le gesta senza infamia e senza lode.
 
La seconda stagione di Tomb Raider: La Leggenda di Lara Croft rimane una buona trasposizione, godibile sia dai fan sia da chi non ha mai toccato la serie videoludica. Un Action Adventure in salsa Netflix, dove si cerca di mischiare il più possibile, ma che funziona per larga parte dell'opera. Tralasciando qualche ingenuità di scrittura e qualche calo nella parte finale, Tomb Raider è un buon passatempo in attesa del ritorno videoludico il prossimo anno. Per chi cerca qualcosa di un po' più strutturato e profondo, probabilmente è meglio virare su altro.
E per l'amor di Dio, basta Zip come comic relief.