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Parto dicendo che questa non è la classica visione adatta a tutti, è un’opera seria, riflessiva, con spunti più seri ben lontani dalla classica “commedia”.

Ammetto che ho iniziato la serie con troppe aspettative, sicuramente il titolo non è passato negli anni inosservato, anzi si è fatto un nome ed è diventato uno statement bello grosso nella categoria degli anime romance: da qui parto dicendo la mia, opponendomi a ciò. La piega degli episodi non è romance, o meglio, quella che ci viene proposta non è una storia d’amore, bensì qualcosa di più complesso.

Da questo momento in poi la recensione sarà sviluppata analizzando quello che è “Oregairu” nella sua interezza, analizzando il percorso delle varie stagioni, ovviamente senza ‘spoilerare’ nulla. Questo è essenziale per dare un quadro completo.

Come detto in precedenza, ho iniziato la serie con aspettative altissime, aspettative che stavano per essere tradite in qualche episodio della prima stagione; la storia inizia con una riflessione di Hachiman che ci rende subito connessi al quadro mentale del protagonista, un quadro cinico e pessimistico. In quel momento nei primi episodi non si può non empatizzare con Hachiman, buttando uno sviluppo serio e di un certo spessore… tuttavia negli episodi seguenti ecco che entra in scena la commedia, con personaggi di poco spessore e addetti solo alla parte comica.
La fortuna è che col senno di poi sono stati solo pochi episodi a rovinare questo capolavoro, che ritengo un’opera all’altezza del personaggio di Hachiman Hikigaya, ovvero una storia di grande spessore, crescita personale, autovalutazione e… schiettezza, perché il protagonista è così.
Una storia che non è una storia d’amore in primis, ma solo una storia, che ci presenta tre persone che si legano e si influenzano per puro caso, e che solo e soltanto sul finale capiremo che in realtà è sempre stata una storia d’amore.

Parliamo di qualche caratteristica tecnica: ambientazioni e disegni migliorano drasticamente dalla prima alla terza stagione, diciamo che c’è una differenza di ben dieci anni fra queste due, quindi è abbastanza normale, ma comunque sempre tutto fluido e godibile, specialmente perché ogni stagione (e puntata) migliora anche nella storia; quindi, non si può far altro che rimanere ammaliati.
Diciamo che la cosa che più ho apprezzato a livello tecnico sono le caratteristiche dei vari personaggi, non tanto esteticamente, ma psicologicamente. Anche personaggi più secondari hanno avuto un’influenza, nel senso che esprimono il loro punto di vista e che si lascia vedere la loro prospettiva, anche se in breve, poiché i tre protagonisti sono il fulcro della storia e sono analizzati in maniera viscerale, con tre punti di vista il cui angolo cambia. In particolare nella seconda stagione i tre punti di vista in un certo senso “combaciano” rispetto alla terza stagione, dove ognuno ha un proprio angolo ben delimitato.
La narrativa vera e propria però è solo compito di uno, ovvero Hachiman: è lui a imporre il punto di vista dell’intera storia (a livello narrativo) rispetto a quando vedremo la storia vista dalla prospettiva di Yui e Yukino.

Ora ci terrei a ribadire ciò che ho detto nelle prime righe, per chiudere il cerchio; questa non è una romcom, e non è una visione spensierata da fare con leggerezza, le puntate (soprattutto la terza stagione) prendono man mano risvolti sempre più seri e pesanti, abbandonando l’idea di una romcom, per abbracciare di più l’idea quasi di un “romanzo” vero e proprio, e la parola che ho usato all’inizio definisce ciò: una storia di spessore, dove il protagonista che fa da voce narrante si abbandona a un realismo difficile da reggere, che continua a riproporre pur sapendo di essere in difetto, regalandoci riflessioni che richiedono coraggio per essere dette.

Se siete arrivati fin qui, vi auguro una buona visione, e grazie della lettura.