Recensione
Wistoria: Wand and Sword
4.0/10
Recensione di alex di gemini
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Che il peso di “Harry Potter” si faccia sentire eccome nell’animazione giapponese è una cosa che ho evidenziato in varie recensioni, e “Wistoria: Wand and Sword” ne è l’ennesimo caso. Se “The Seven Spellblades” puzzava un po' di plagio, qui siamo, a mio avviso, alla parodia. Ma andiamo con ordine.
Tutto comincia con un tema classico giapponese, ovvero una solenne promessa fatta da bambini. Will, il protagonista, ha infatti promesso alla sua migliore amica d’infanzia che un giorno la raggiungerà, che sarà un magia vander anche lui. Ovvero uno dei cinque maghi più potenti del mondo, con relative altissime responsabilità verso il mondo stesso. Al che si iscrive all’accademia di magia e inizia la sua particolarissima vita, una vita da predestinato… al disastro. Le materie sono infatti sostanzialmente tre, ovvero magia teorica, magia pratica e attività extracurricolari. Ma se in teoria è un genio, nella pratica non riesce a compiere nemmeno il più semplice degli incantesimi, così deve ammazzarsi, quasi letteralmente, nelle attività extra, per poter ottenere abbastanza punti per restare in corso. In altre parole, affronta il dungeon sotto la scuola, dato che nella scherma è così bravo che sembra davvero un maestro Jedi o il cugino di Kirito, come preferite. Ovviamente, ha due amici che lo sostengono e che ricordano Ron e Hermione, un professore che sembra Piton e che lo odia, e una valanga di compagni che da perfetti Serpeverde lo disprezzano in ogni modo. Certo, la storia è solo all’inizio, ma è impossibile non notare la debolezza della trama, il già visto, il non avere la serietà di “The Seven Spellblades”, ma di non essere nemmeno una vera parodia.
La grafica è davvero ottima, specialmente in certi episodi, al pari della regia; buone le sigle, ma, alla fine, siamo in presenza di un’opera debole, che non si capisce se voglia essere seria o comica, e non è nessuna delle due cose. Non so se augurarmi una seconda stagione o meno, ma, comunque, siamo al quattro.
P. S. Una volta tanto abbiamo una scuola di magia frequentata alla pari da ragazzi e ragazze.
Tutto comincia con un tema classico giapponese, ovvero una solenne promessa fatta da bambini. Will, il protagonista, ha infatti promesso alla sua migliore amica d’infanzia che un giorno la raggiungerà, che sarà un magia vander anche lui. Ovvero uno dei cinque maghi più potenti del mondo, con relative altissime responsabilità verso il mondo stesso. Al che si iscrive all’accademia di magia e inizia la sua particolarissima vita, una vita da predestinato… al disastro. Le materie sono infatti sostanzialmente tre, ovvero magia teorica, magia pratica e attività extracurricolari. Ma se in teoria è un genio, nella pratica non riesce a compiere nemmeno il più semplice degli incantesimi, così deve ammazzarsi, quasi letteralmente, nelle attività extra, per poter ottenere abbastanza punti per restare in corso. In altre parole, affronta il dungeon sotto la scuola, dato che nella scherma è così bravo che sembra davvero un maestro Jedi o il cugino di Kirito, come preferite. Ovviamente, ha due amici che lo sostengono e che ricordano Ron e Hermione, un professore che sembra Piton e che lo odia, e una valanga di compagni che da perfetti Serpeverde lo disprezzano in ogni modo. Certo, la storia è solo all’inizio, ma è impossibile non notare la debolezza della trama, il già visto, il non avere la serietà di “The Seven Spellblades”, ma di non essere nemmeno una vera parodia.
La grafica è davvero ottima, specialmente in certi episodi, al pari della regia; buone le sigle, ma, alla fine, siamo in presenza di un’opera debole, che non si capisce se voglia essere seria o comica, e non è nessuna delle due cose. Non so se augurarmi una seconda stagione o meno, ma, comunque, siamo al quattro.
P. S. Una volta tanto abbiamo una scuola di magia frequentata alla pari da ragazzi e ragazze.
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