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Forte, esagerato, pieno di vitalità, energia, divertimento, serietà, parodia intelligente di anime. Tutto questo e molto di più è Gurenn Lagann. Una storia che vari anni fa avevo droppato al pari di Eureka seven ma che poi ho ripreso e ne sono rimasto molto contento. Questa nuova fatica della Gainax è ambientata in un futuro remoto, saremo nel tremila, con l’umanità quasi scomparsa e che vive nel sottosuolo, in piccoli villaggi, dato che in superficie vi sono terribili mostri e una razza umano mostroide che ha il monopolio del pianeta. Ma il piccolo Simon e Kamina, il suo eccentrico compare, una via di mezzo tra Harlock, Rocky Joe e tanto altro, riusciranno a tornare in superficie, a scoprire il segreto dei robot che incontreranno nel viaggio e iniziare, con la bella Yoko, il viaggio che porterà l’umanità ad un nuovo futuro. Ma con il quindicesimo episodio sarà come se iniziasse un nuovo anime volto a imitare la corazzata Yamato e a spiegare molte cose del primo arco narrativo. Fino ad un finale che lascia con l’amaro in bocca ma almeno in cui tutto si tiene. Trovo che la caratterizzazione dei personaggi sia ottima, tutti hanno il loro peso e la loro importanza, compreso Rossiu che considero antipatico e che non mi convince, ma che ha una sua importanza. Anche se non posso non chiedermi come possa denunciare il capo del mondo e pensare di non essere travolto dallo scandalo, dato che è il suo vice… La grafica è ottima, esagerata, ma cosa è normale in questo anime ove nulla si tiene ma poi si tiene tutto?? Anche grazie all’ottima regia. Anche la morte viene guardata con rispetto e realismo, poiché saranno in molti a morire, segno di quanto sia forte e reale questo anime. Ringrazio, poi, gli autori per il personaggio del re spirale, che ha realizzato il mio desiderio di avere a che fare con un Gendo non poi così malvagio, che ha motivazioni condivisibili. O di Nia Teppelin, una vera Rei dolce e attiva. Ottime le sigle. Vorrei scrivere ancora, ma meglio non esagerare e… un otto e mezzo ci sta tutto.

Ps siate realisti, domandate l’impossibile A Camus