My Husband Won't Fit
Attenzione: leggete la recensione solo dopo aver visto la serie!
Purtroppo mi è impossibile commentare senza citare alcuni avvenimenti della storia.
Questa serie tv mi ha stupita perché la storia ha preso una piega inaspettata, in certi punti arrivando anche sul grottesco, a parer mio.
Partiamo dalla trama, che necessita di una piccola correzione: Kenichi e Kumiko si incontrano e si innamorano all’università, ma quando decidono di stare in intimità non ci riescono.
Nella trama riportata qui, e anche in alcuni siti inglesi, viene erroneamente detto che Kenichi è impotente, ma in realtà Kumiko soffre di vaginismo.
Per questo motivo, per quanto Kenichi ci provi, non riesce ad avere un rapporto penetrativo con Kumiko.
Nonostante ciò, Kenichi e Kumiko si sposano e vivono una vita senza sesso, ma tutto precipita quando Kumiko scopre che il marito frequenta con cadenza regolare un bordello.
Partiamo dal punto dolentissimo e più importante della serie: lungo tutta la storia, la parola vaginismo non viene mai nominata.
E, purtroppo, Kumiko non arriverà mai ad apprendere il nome del suo problema.
Kumiko è sottomessa alla vita stessa, lasciandosi travolgere dagli eventi senza cercare di reagire in alcun modo.
Il suo vaginismo la fa sentire qualcosa di anormale, alla stregua di un mostro che non dovrebbe esistere.
Non potendo dare a Kenichi ciò che desidera, Kumiko cerca di essere la moglie perfetta, ma tutto ciò non basta.
Quando scopre che Kenichi si reca tutti i sabati in un bordello, non prova neanche un pizzico di rabbia: anzi, si inchina davanti al bordello e, con la tipica formula giapponese, gli affida il marito affinché gli diano ciò che lei non può dargli.
Anche sul fronte lavorativo la situazione è un vero disastro: Kumiko non cerca neanche di tenere testa alla bambina che capeggia l’intera classe e che istiga i compagni a ignorare la lezione e a mettersi a giocare.
La discesa nell’oblio la si ha quando Kumiko, in cerca di conforto online, finisce su un sito di incontri (inizialmente senza rendersene conto), accettando poi di incontrare realmente un uomo.
Qui c’è una vera e propria violenza sessuale, ma Kumiko vi rimane completamente impassibile, non riflettendoci neanche, accettando altri incontri e lasciandosi semplicemente trasportare dagli eventi.
Il risultato è di assistere a scene anche grottesche (in particolare la scena in cui Kumiko è in macchina con uno degli uomini conosciuti online, che le ha portato dei dolcetti in regalo) e di cui, a serie terminata, ci si chiede se ce ne fosse davvero bisogno.
Kenichi, dal canto suo, non è che sia poi migliore di Kumiko.
Fa tanti discorsi filosofici sul fatto che il sesso non è amore, che per lui il matrimonio è solo questione di fiducia senza coinvolgere il sesso, ma poi si dà la zappa sui piedi da solo diventando cliente regolare di un bordello.
Anche la sua filosofia di insegnante riguardo al “se un bambino ha dei problemi non bisogna incolpare i genitori” non la vedo affatto corretta, ma il culmine lo raggiunge quando scopre che, in passato, Kumiko aveva già avuto qualcuno con cui perdere la verginità.
Qui ho trovato Kenichi davvero stupido: lui si sente pessimo perché non riesce a dare a Kumiko il sesso che lei desidera, per poi arrabbiarsi come non mai nello scoprire che in adolescenza la moglie aveva perso la verginità.
Kenichi pensa che Kumiko continui a stare con lui solo per prenderlo in giro, ma qui sarebbe stato il caso di tirargli un bel ceffone: secondo te una che vuole prenderti in giro guardandoti mentre non riesci ad avere un rapporto intimo starebbe con te da quasi nove anni?
Suvvia, un po’ di cervello.
Mentre la visione degli episodi proseguiva, continuavo a chiedermi: “Perché questi due non sono mai andati da un medico?”.
Per noi occidentali è assurdo vedere come questa coppia non cerchi di affrontare il problema, preferendo evitare di parlarne e autodistruggendosi tra bordelli e siti di incontri.
Ma purtroppo questa è la società giapponese, dove viene anche discusso il tema dell’avere figli.
Se una coppia si sposa, sembra che debba avere figli solamente per compiacere i propri genitori nel diventare nonni e per portare avanti la dinastia di famiglia, senza pensare a cosa voglia davvero la coppia in questione.
Quando finalmente Kumiko e Kenichi si parlano, arriva la decisione che dovevano prendere fin dall’inizio: andare da un medico.
Ma, come sempre, Kumiko si lascia nuovamente schiacciare da tutto ciò che la circonda, non spiegando il motivo per cui si trova lì.
Una cosa del genere fa veramente cadere le braccia: a questo punto, tanto valeva non andarci.
La serie aveva avuto un buon inizio, ma verso metà ha cominciato a diventare lenta, a tratti noiosa e grottesca.
Per fortuna che la maggior parte degli episodi durava solo mezz’ora, altrimenti sarebbe stato difficile reggere quaranta minuti per dieci episodi.
Il finale di una serie che tratta un argomento così importante mi ha molto delusa, sono sincera.
Questa serie poteva essere un buon modo per aiutare le coppie che devono convivere con questo problema, ma, visto come si è evoluta l’intera vicenda, direi che questa serie è un buon modo per far capire alle coppie che devono convivere con questo problema come non affrontarlo.
Purtroppo mi è impossibile commentare senza citare alcuni avvenimenti della storia.
Questa serie tv mi ha stupita perché la storia ha preso una piega inaspettata, in certi punti arrivando anche sul grottesco, a parer mio.
Partiamo dalla trama, che necessita di una piccola correzione: Kenichi e Kumiko si incontrano e si innamorano all’università, ma quando decidono di stare in intimità non ci riescono.
Nella trama riportata qui, e anche in alcuni siti inglesi, viene erroneamente detto che Kenichi è impotente, ma in realtà Kumiko soffre di vaginismo.
Per questo motivo, per quanto Kenichi ci provi, non riesce ad avere un rapporto penetrativo con Kumiko.
Nonostante ciò, Kenichi e Kumiko si sposano e vivono una vita senza sesso, ma tutto precipita quando Kumiko scopre che il marito frequenta con cadenza regolare un bordello.
Partiamo dal punto dolentissimo e più importante della serie: lungo tutta la storia, la parola vaginismo non viene mai nominata.
E, purtroppo, Kumiko non arriverà mai ad apprendere il nome del suo problema.
Kumiko è sottomessa alla vita stessa, lasciandosi travolgere dagli eventi senza cercare di reagire in alcun modo.
Il suo vaginismo la fa sentire qualcosa di anormale, alla stregua di un mostro che non dovrebbe esistere.
Non potendo dare a Kenichi ciò che desidera, Kumiko cerca di essere la moglie perfetta, ma tutto ciò non basta.
Quando scopre che Kenichi si reca tutti i sabati in un bordello, non prova neanche un pizzico di rabbia: anzi, si inchina davanti al bordello e, con la tipica formula giapponese, gli affida il marito affinché gli diano ciò che lei non può dargli.
Anche sul fronte lavorativo la situazione è un vero disastro: Kumiko non cerca neanche di tenere testa alla bambina che capeggia l’intera classe e che istiga i compagni a ignorare la lezione e a mettersi a giocare.
La discesa nell’oblio la si ha quando Kumiko, in cerca di conforto online, finisce su un sito di incontri (inizialmente senza rendersene conto), accettando poi di incontrare realmente un uomo.
Qui c’è una vera e propria violenza sessuale, ma Kumiko vi rimane completamente impassibile, non riflettendoci neanche, accettando altri incontri e lasciandosi semplicemente trasportare dagli eventi.
Il risultato è di assistere a scene anche grottesche (in particolare la scena in cui Kumiko è in macchina con uno degli uomini conosciuti online, che le ha portato dei dolcetti in regalo) e di cui, a serie terminata, ci si chiede se ce ne fosse davvero bisogno.
Kenichi, dal canto suo, non è che sia poi migliore di Kumiko.
Fa tanti discorsi filosofici sul fatto che il sesso non è amore, che per lui il matrimonio è solo questione di fiducia senza coinvolgere il sesso, ma poi si dà la zappa sui piedi da solo diventando cliente regolare di un bordello.
Anche la sua filosofia di insegnante riguardo al “se un bambino ha dei problemi non bisogna incolpare i genitori” non la vedo affatto corretta, ma il culmine lo raggiunge quando scopre che, in passato, Kumiko aveva già avuto qualcuno con cui perdere la verginità.
Qui ho trovato Kenichi davvero stupido: lui si sente pessimo perché non riesce a dare a Kumiko il sesso che lei desidera, per poi arrabbiarsi come non mai nello scoprire che in adolescenza la moglie aveva perso la verginità.
Kenichi pensa che Kumiko continui a stare con lui solo per prenderlo in giro, ma qui sarebbe stato il caso di tirargli un bel ceffone: secondo te una che vuole prenderti in giro guardandoti mentre non riesci ad avere un rapporto intimo starebbe con te da quasi nove anni?
Suvvia, un po’ di cervello.
Mentre la visione degli episodi proseguiva, continuavo a chiedermi: “Perché questi due non sono mai andati da un medico?”.
Per noi occidentali è assurdo vedere come questa coppia non cerchi di affrontare il problema, preferendo evitare di parlarne e autodistruggendosi tra bordelli e siti di incontri.
Ma purtroppo questa è la società giapponese, dove viene anche discusso il tema dell’avere figli.
Se una coppia si sposa, sembra che debba avere figli solamente per compiacere i propri genitori nel diventare nonni e per portare avanti la dinastia di famiglia, senza pensare a cosa voglia davvero la coppia in questione.
Quando finalmente Kumiko e Kenichi si parlano, arriva la decisione che dovevano prendere fin dall’inizio: andare da un medico.
Ma, come sempre, Kumiko si lascia nuovamente schiacciare da tutto ciò che la circonda, non spiegando il motivo per cui si trova lì.
Una cosa del genere fa veramente cadere le braccia: a questo punto, tanto valeva non andarci.
La serie aveva avuto un buon inizio, ma verso metà ha cominciato a diventare lenta, a tratti noiosa e grottesca.
Per fortuna che la maggior parte degli episodi durava solo mezz’ora, altrimenti sarebbe stato difficile reggere quaranta minuti per dieci episodi.
Il finale di una serie che tratta un argomento così importante mi ha molto delusa, sono sincera.
Questa serie poteva essere un buon modo per aiutare le coppie che devono convivere con questo problema, ma, visto come si è evoluta l’intera vicenda, direi che questa serie è un buon modo per far capire alle coppie che devono convivere con questo problema come non affrontarlo.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
“Otto no chinpo ga hairanai”, noto anche come "My Husband Won't Fit" è un dorama romantico del 2019 in dieci episodi trasmesso in Giappone da Fuji TV.
Il titolo è piuttosto curioso e nell'approcciare alla serie avevo il timore che potesse deludermi. Di primo acchito, dopo averla vista, non mi aveva convinto ed ero intenzionato a non scrivere una recensione positiva. Tuttavia, dopo una certo periodo di "meditazione", in cui mi sono sforzato di essere il più possibile oggettivo, credo che, in fondo, alla serie vada concessa una possibilità con una doverosa premessa: la serie per come è girata, e registrata, va vista e valutata considerando le consuetudini sociali e il contesto in cui sono ambientate.
In altre parole, è un errore giudicare "My Husband Won't Fit" secondo i parametri del modello sociale occidentale. Sia da alcuni anime, sia, soprattutto, da serie come questa, appare chiaro come noi siamo meno rigidi e formali rispetto alla opprimente società giapponese, vittima di sé stessa e della sua ipocrita (se portata all'eccesso) educazione infarcita anche da una certa dose di "misoginia".
D'altro canto, chi ha avuto la fortuna di conoscere la lingua giapponese è al corrente dei molteplici suffissi onorifici che utilizzano i nipponici per rivolgersi anche ai loro cari e alle persone con cui sono in confidenza, a dimostrazione di come questa società sia asettica e formale.
"My Husband Won't Fit" va interpretata proprio alla luce delle considerazioni sopra esposte, e allora si possono anche giustificare certe situazioni rappresentate nel dorama, in cui si percepisce chiaramente in alcune scene come anche tra familiari si possa arrivare ad annichilire non solo la personalità degli individui e la sicurezza in sé stessi, ma anche la loro sessualità.
Ecco che, allora, la storia di Kumiko Yamamoto (interpretata da una discreta Natsumi Ishibashi) e Kenichi Watanabe (interpretato da Aoi Nakamura) potrebbe acquisire agli occhi dello spettatore occidentale un significato più profondo e accettabile. Soprattutto la storia di Kumiko è di una tristezza senza pari. Timida, introversa e perennemente oppressa dalla frustrazione cagionata da una famiglia (in particolar modo da una madre anaffettiva, da un padre "assente", e due sorelle minori piuttosto petulanti e favorite dai genitori rispetto alla figlia maggiore), appare (ma forse è meglio scrivere "è") come una persona isolata, senza amici e incapace di esprimere non solo le proprie idee, ma anche e soprattutto i propri sentimenti. Aggiungendo che vive lontano dalle rutilanti luci della ribalta di Tokyo, in un contesto rurale, ancor più chiuso e tradizionale, ecco che si consuma il suo dramma che assume, sul tema sessualità, i contorni del grottesco e della sofferenza pura.
Devo ammettere che mi ha infastidito vedere come Kumiko si conceda ad un partner occasionale, ai tempi delle scuole superiori, per il suo primo rapporto sessuale: in un contesto a dir poco alienante, in cui lei ad una festa tipo "matsuri", segue un uomo che, senza tanti preamboli, le chiede un rapporto sessuale, e alla domanda "Come ti chiami?" di lui, lei risponde che il suo nome non è essenziale per quello che dovevano fare, è, a dir poco, disturbante. Trasmette un'immagine della donna come se fosse un oggetto per il soddisfacimento dei bisogni maschili, con l'aggravante della dolorosa e ineluttabile accettazione da parte di chi la subisce. Un contesto di misoginia in cui la donna, come ai tempi dello "shogunato", possa essere solo "o moglie o prostituta", e non possa che accettare tale destino.
Destino di disagio che si realizzerà, in modo più chiaro e completo, quando Kumiko conoscerà Kenichi, e con la documentazione della loro storia d'amore, inclusa la loro intimità, in cui si manifesta la conseguenza delle sofferenze di Kumiko: l'impossibilità ad avere rapporti sessuali completi con lui.
E tale circostanza diventerà l'ossessione di Kumiko e di Kenichi, che dimostreranno di reagire in modo formalmente diverso ma nella sostanza simile a tale "disturbo" che, come si vedrà nei vari episodi, non consente alla coppia di vivere appieno la loro vita di coppia, prima come fidanzati e poi come sposati.
"My Husband Won't Fit", visto con questo criterio interpretativo, non è tanto la documentazione del disturbo fisico (a.k.a. "vaginismo") e delle sue conseguenze sulla vita di coppia, ma l'ipocrisia con cui entrambi affrontano il problema mentendo in primis a sé stessi e poi all'altro. Sotto questo punto di vista Kumiko e Kenichi non sono molto diversi dai loro rispettivi genitori per come vivono e concepiscono la vita di coppia, ossia, quel caparbio modo, tutto "giapponese", di fare qualsiasi cosa per evitare di discutere un argomento potenzialmente sconvolgente e di tensione, ed entrambi si preoccupano così tanto della felicità dell'altro da prendersi la "colpa" del problema che si potrebbe riassumere nel solito e classico "scusami" con tanto di formale ed educato inchino...
Se Kumiko è un tale stereotipo di donna giapponese sottomessa e poco comunicativa, dall'autostima così scarsa, tanto da risultare irritante, Kenichi, con il suo mettere sempre Kumiko al primo posto per farla sentire meglio con il suo corpo che lo "esclude", è altrettanto odioso quando si scopre che soddisfa i suoi bisogni sessuali in un bordello. E vedere Kumiko rassegnata e silenziosa alle scorribande sessuali del marito dà il senso della serie, al pari della circostanza in cui lei scopre, per caso, che il suo problema riguarda solo suo marito.
Altrettanto grottesca è la soluzione che escogitano entrambi per dichiararsi felici: scegliendo (?) di non volere figli e dichiararsi, comunque, contenti lo stesso e poter continuare a vivere insieme mentendosi reciprocamente.
"My Husband Won't Fit" lo posso apprezzare solo se il messaggio che vuole trasmettere sia quello di esortare chi vivesse una situazione simile ad affrontare il problema dell'intesa di coppia in modo comprensivo e dialogatorio nei confronti dell'altro partner. Di sicuro l'amore non può essere quello rappresentato dalla serie e credo che neppure i Giapponesi possano rassegnarsi ad una concezione della vita di coppia simile, in cui le apparenze possano contare più della vera felicità.
“Otto no chinpo ga hairanai”, noto anche come "My Husband Won't Fit" è un dorama romantico del 2019 in dieci episodi trasmesso in Giappone da Fuji TV.
Il titolo è piuttosto curioso e nell'approcciare alla serie avevo il timore che potesse deludermi. Di primo acchito, dopo averla vista, non mi aveva convinto ed ero intenzionato a non scrivere una recensione positiva. Tuttavia, dopo una certo periodo di "meditazione", in cui mi sono sforzato di essere il più possibile oggettivo, credo che, in fondo, alla serie vada concessa una possibilità con una doverosa premessa: la serie per come è girata, e registrata, va vista e valutata considerando le consuetudini sociali e il contesto in cui sono ambientate.
In altre parole, è un errore giudicare "My Husband Won't Fit" secondo i parametri del modello sociale occidentale. Sia da alcuni anime, sia, soprattutto, da serie come questa, appare chiaro come noi siamo meno rigidi e formali rispetto alla opprimente società giapponese, vittima di sé stessa e della sua ipocrita (se portata all'eccesso) educazione infarcita anche da una certa dose di "misoginia".
D'altro canto, chi ha avuto la fortuna di conoscere la lingua giapponese è al corrente dei molteplici suffissi onorifici che utilizzano i nipponici per rivolgersi anche ai loro cari e alle persone con cui sono in confidenza, a dimostrazione di come questa società sia asettica e formale.
"My Husband Won't Fit" va interpretata proprio alla luce delle considerazioni sopra esposte, e allora si possono anche giustificare certe situazioni rappresentate nel dorama, in cui si percepisce chiaramente in alcune scene come anche tra familiari si possa arrivare ad annichilire non solo la personalità degli individui e la sicurezza in sé stessi, ma anche la loro sessualità.
Ecco che, allora, la storia di Kumiko Yamamoto (interpretata da una discreta Natsumi Ishibashi) e Kenichi Watanabe (interpretato da Aoi Nakamura) potrebbe acquisire agli occhi dello spettatore occidentale un significato più profondo e accettabile. Soprattutto la storia di Kumiko è di una tristezza senza pari. Timida, introversa e perennemente oppressa dalla frustrazione cagionata da una famiglia (in particolar modo da una madre anaffettiva, da un padre "assente", e due sorelle minori piuttosto petulanti e favorite dai genitori rispetto alla figlia maggiore), appare (ma forse è meglio scrivere "è") come una persona isolata, senza amici e incapace di esprimere non solo le proprie idee, ma anche e soprattutto i propri sentimenti. Aggiungendo che vive lontano dalle rutilanti luci della ribalta di Tokyo, in un contesto rurale, ancor più chiuso e tradizionale, ecco che si consuma il suo dramma che assume, sul tema sessualità, i contorni del grottesco e della sofferenza pura.
Devo ammettere che mi ha infastidito vedere come Kumiko si conceda ad un partner occasionale, ai tempi delle scuole superiori, per il suo primo rapporto sessuale: in un contesto a dir poco alienante, in cui lei ad una festa tipo "matsuri", segue un uomo che, senza tanti preamboli, le chiede un rapporto sessuale, e alla domanda "Come ti chiami?" di lui, lei risponde che il suo nome non è essenziale per quello che dovevano fare, è, a dir poco, disturbante. Trasmette un'immagine della donna come se fosse un oggetto per il soddisfacimento dei bisogni maschili, con l'aggravante della dolorosa e ineluttabile accettazione da parte di chi la subisce. Un contesto di misoginia in cui la donna, come ai tempi dello "shogunato", possa essere solo "o moglie o prostituta", e non possa che accettare tale destino.
Destino di disagio che si realizzerà, in modo più chiaro e completo, quando Kumiko conoscerà Kenichi, e con la documentazione della loro storia d'amore, inclusa la loro intimità, in cui si manifesta la conseguenza delle sofferenze di Kumiko: l'impossibilità ad avere rapporti sessuali completi con lui.
E tale circostanza diventerà l'ossessione di Kumiko e di Kenichi, che dimostreranno di reagire in modo formalmente diverso ma nella sostanza simile a tale "disturbo" che, come si vedrà nei vari episodi, non consente alla coppia di vivere appieno la loro vita di coppia, prima come fidanzati e poi come sposati.
"My Husband Won't Fit", visto con questo criterio interpretativo, non è tanto la documentazione del disturbo fisico (a.k.a. "vaginismo") e delle sue conseguenze sulla vita di coppia, ma l'ipocrisia con cui entrambi affrontano il problema mentendo in primis a sé stessi e poi all'altro. Sotto questo punto di vista Kumiko e Kenichi non sono molto diversi dai loro rispettivi genitori per come vivono e concepiscono la vita di coppia, ossia, quel caparbio modo, tutto "giapponese", di fare qualsiasi cosa per evitare di discutere un argomento potenzialmente sconvolgente e di tensione, ed entrambi si preoccupano così tanto della felicità dell'altro da prendersi la "colpa" del problema che si potrebbe riassumere nel solito e classico "scusami" con tanto di formale ed educato inchino...
Se Kumiko è un tale stereotipo di donna giapponese sottomessa e poco comunicativa, dall'autostima così scarsa, tanto da risultare irritante, Kenichi, con il suo mettere sempre Kumiko al primo posto per farla sentire meglio con il suo corpo che lo "esclude", è altrettanto odioso quando si scopre che soddisfa i suoi bisogni sessuali in un bordello. E vedere Kumiko rassegnata e silenziosa alle scorribande sessuali del marito dà il senso della serie, al pari della circostanza in cui lei scopre, per caso, che il suo problema riguarda solo suo marito.
Altrettanto grottesca è la soluzione che escogitano entrambi per dichiararsi felici: scegliendo (?) di non volere figli e dichiararsi, comunque, contenti lo stesso e poter continuare a vivere insieme mentendosi reciprocamente.
"My Husband Won't Fit" lo posso apprezzare solo se il messaggio che vuole trasmettere sia quello di esortare chi vivesse una situazione simile ad affrontare il problema dell'intesa di coppia in modo comprensivo e dialogatorio nei confronti dell'altro partner. Di sicuro l'amore non può essere quello rappresentato dalla serie e credo che neppure i Giapponesi possano rassegnarsi ad una concezione della vita di coppia simile, in cui le apparenze possano contare più della vera felicità.
Finalmente una serie che affronta il tema del vaginismo! Ho trovato questo titolo interessante, anzi quasi importante da un lato, ma la serie non è stata del tutto all'altezza delle mie aspettative e sotto certi punti di vista mi ha deluso. La storia parla di una coppia che non riesce a fare sesso, e non, come erroneamente indica la sinossi, perché il marito sia impotente, ma perché la protagonista soffre di un problema non così raro come si possa pensare, ma di cui non si parla mai per la natura intima del problema stesso, ovvero il vaginismo (l'impossibilità di avere un rapporto vaginale penetrativo completo a causa della contrazione involontaria dei muscoli vaginali che portano a chiudere letteralmente l'ingresso).
Sono stata quindi molto felice di poter vedere finalmente una storia che parlava onestamente di questo problema. Ho apprezzato molto il fatto che l'aspetto sessuale allo stesso tempo è al centro della narrazione (se ne parla già nel titolo), ma contemporaneamente non ne è protagonista, l'amore della coppia è protagonista.
Mi è piaciuto molto il fatto che si racconti e si metta l'accento su tutto quello che rende una coppia tale a prescindere dalla presenza del sesso. La serie descrive come nasce e cresce l'intesa tra i protagonisti, come si sostengono a vicenda, come si sviluppa il loro amore dai primi stadi della relazione al matrimonio. Ma non tutto può essere rose e fiori, quindi la serie non si tira indietro nel mostrare anche i dubbi, le difficoltà, la continua lotta con se stessa (in particolare vediamo il punto di vista della protagonista femminile) per capire da dove derivi il suo problema, per cercare di risolverlo e per venire a patti con esso.
Quello che un po' mi ha deluso è il fatto che la parola stessa vaginismo non venga mai neanche nominata nella serie, perdendo forse un'occasione preziosa per lanciare un messaggio alle coppie che guardano: queste cose esistono, non siete strani, non siete soli, sono disturbi riconosciuti medicalmente che si possono risolvere benissimo con un po' di pazienza, lavorandoci sù senza farsi prendere dal panico e dalla rassegnazione. Invece i protagonisti durante la storia si buttano a volte su rimedi, reazioni o catene di pensieri che sono più autodistruttivi che altro. Ma del resto anche questo fa parte della natura umana e va rappresentato.
Forse sto chiedendo all'opera qualcosa che non deve necessariamente dare, un drama non è un documentario. Vengono proposti nella storia, anche con flashback, vari elementi che possono essere concause dello sviluppo del problema, ma la sensibilità della narrazione è quella di descrivere senza interpretare, senza attribuire responsabilità.
È bello il fatto che la serie ponga tante domande, alle quali non dà risposte definitive, sta allo spettatore eventualmente darsi le risposte, ma sono domande importanti: che cos'è l'amore? che cos'è il sesso? qual è il ruolo del sesso nel matrimonio? è necessario o una coppia è definita da altro? ha senso stare insieme comunque? Ognuno trarrà le sue conclusioni.
Insomma, nonostante non abbia apprezzato come vengano affrontati certi aspetti della trama e la crescita dei personaggi, che pure scavano dentro di sé dolorosamente per anni, non sia arrivata al punto che speravo, consiglio questa serie, che è a suo modo molto romantica, intensa, introspettiva, a chi abbia voglia di vedere una storia d'amore un po' diversa dal solito.
Sono stata quindi molto felice di poter vedere finalmente una storia che parlava onestamente di questo problema. Ho apprezzato molto il fatto che l'aspetto sessuale allo stesso tempo è al centro della narrazione (se ne parla già nel titolo), ma contemporaneamente non ne è protagonista, l'amore della coppia è protagonista.
Mi è piaciuto molto il fatto che si racconti e si metta l'accento su tutto quello che rende una coppia tale a prescindere dalla presenza del sesso. La serie descrive come nasce e cresce l'intesa tra i protagonisti, come si sostengono a vicenda, come si sviluppa il loro amore dai primi stadi della relazione al matrimonio. Ma non tutto può essere rose e fiori, quindi la serie non si tira indietro nel mostrare anche i dubbi, le difficoltà, la continua lotta con se stessa (in particolare vediamo il punto di vista della protagonista femminile) per capire da dove derivi il suo problema, per cercare di risolverlo e per venire a patti con esso.
Quello che un po' mi ha deluso è il fatto che la parola stessa vaginismo non venga mai neanche nominata nella serie, perdendo forse un'occasione preziosa per lanciare un messaggio alle coppie che guardano: queste cose esistono, non siete strani, non siete soli, sono disturbi riconosciuti medicalmente che si possono risolvere benissimo con un po' di pazienza, lavorandoci sù senza farsi prendere dal panico e dalla rassegnazione. Invece i protagonisti durante la storia si buttano a volte su rimedi, reazioni o catene di pensieri che sono più autodistruttivi che altro. Ma del resto anche questo fa parte della natura umana e va rappresentato.
Forse sto chiedendo all'opera qualcosa che non deve necessariamente dare, un drama non è un documentario. Vengono proposti nella storia, anche con flashback, vari elementi che possono essere concause dello sviluppo del problema, ma la sensibilità della narrazione è quella di descrivere senza interpretare, senza attribuire responsabilità.
È bello il fatto che la serie ponga tante domande, alle quali non dà risposte definitive, sta allo spettatore eventualmente darsi le risposte, ma sono domande importanti: che cos'è l'amore? che cos'è il sesso? qual è il ruolo del sesso nel matrimonio? è necessario o una coppia è definita da altro? ha senso stare insieme comunque? Ognuno trarrà le sue conclusioni.
Insomma, nonostante non abbia apprezzato come vengano affrontati certi aspetti della trama e la crescita dei personaggi, che pure scavano dentro di sé dolorosamente per anni, non sia arrivata al punto che speravo, consiglio questa serie, che è a suo modo molto romantica, intensa, introspettiva, a chi abbia voglia di vedere una storia d'amore un po' diversa dal solito.