Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Sono fermamente convinto del fatto che, nella testa di ogni essere umano, dopo che quest’ultimo è riuscito a portare a termine un impegno preso con sé stesso, scatti immediatamente il bisogno assoluto di relax. Tutto questo, almeno per me, si trasporta anche nel vastissimo mondo di anime e manga in cui sono immerso. Ecco perché, dopo la visione di una serie impegnativa, cerco sempre un’opera leggera, una di quelle da guardare senza nessun’aspettativa, che odora di mediocrità. “Megami-ryou no Ryoubo-kun” rientra, perfettamente, in questa categoria di anime. Una commedia-ecchi senza pretese, ma in grado di divertire lo spettatore.

Il protagonista è Koushi Nagumi, un adolescente dodicenne che va ancora alle medie e non ha nessun luogo d’appartenenza. Questo perché la sua casa è andata a fuoco e il padre lo ha abbandonato. Senza genitori, senza casa e senza soldi, non gli resta che vagare per strada. Un giorno, però, una donna di nome Mineru lo trova a terra su un marciapiede e decide di portarlo in un dormitorio femminile, dove ottiene il consenso delle altre quattro fanciulle per diventare la “Mother of the Goddess’ Dormitory”. Inizia, così, la nuova vita di Koushi, circondato da belle e problematiche ragazze.

Ad uno sano di mente, basterebbero le premesse per ‘droppare’. Un incendio di cui non si sa nulla; un padre che abbandona il proprio figlio, roba da servizi sociali; una madre non pervenuta e a cui non si accenna mai; e un ragazzino minorenne tra le grinfie di cinque, prosperose e dannatamente sensuali ragazze. Onestamente parlando, almeno all’inizio, l’ultimo punto mi sembrava quello più problematico. Diciamo che mi veniva difficile credere che un tale siparietto potesse funzionare, soprattutto per il fatto che il protagonista era, in poche parole, un lattante. Col tempo, però, questa scelta si è rivelata giusta, in quanto capace di innescare tante simpatiche e compromettenti situazioni, che, come è facile immaginare, sanno di già visto. Difatti, non manca nessuno dei cliché messi a disposizione per questo genere di opere: la gita fuori tutti insieme appassionatamente, con tanto di terme e giornata al mare, il festival scolastico e le feste natalizie. Insomma, non manca proprio nulla. A ciò aggiungiamoci una quantità spropositata di fanservice e oppai per ogni dove, e il gioco è fatto. In poche parole, l’anime perfetto...

Come spesso accade per questo genere di opere, a fare la differenza sono i personaggi, tutti degnamente caratterizzati: Mineru, la scienziata pazza e colei che, più di tutte, tiene d’occhio Koushi, e non per portarselo a letto; Frey, la prosperosa e super-invadente amante dei cosplay; Kiriya, il “maschiaccio” della famiglia, con tanto di capelli corti; Serene, l’apatica i cui hobby preferiti sono mangiare e dormire; Athena, la ragazza gentile e sensibile, a cui riesce difficile rapportarsi con gli uomini; e, per concludere, Sutea, compagna di classe, nonché amica d’infanzia leggermente tsunderina di Koushi. Invero, un quadretto niente male. Con loro sei in gioco, Koushi non avrà vita facile e, spesso e volentieri, si ritroverà in situazioni (s)piacevoli e ambigue, in grado di strappare un sorriso allo spettatore.

Comparto grafico e musicale sono di buon livello. L’opening, “Naughty Love”, rimane nella testa per qualche giorno e non riesco a trovarla su Spotify, maledetti! Il character design è interessante e perfettamente in linea con ciò che si vede oggigiorno.

Se avete del tempo da perdere, guardatela. Altrimenti, beh, riuscirete anche vivere senza.

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Il desiderio e l’emozione di vedere il proprio personaggio anime preferito prendere vita davanti ai propri occhi rappresentano il sogno di ogni "otaku". Questa è la magia del cosplay; regalare ai fan la gioia di realizzare un piccolo sogno, facendoli sentire più vicini ai loro personaggi preferiti e permettendo loro di immergersi, anche solo per un momento, in quel mondo fantastico dove hanno vissuto emozioni indimenticabili. È proprio questo uno dei tanti messaggi trasmessi da "2.5 Dimensional Seduction". Sebbene l’opera ruoti attorno al mondo del cosplay e dei cosplayer, non si limita a questo. Episodio dopo episodio, affronta un crescendo di tematiche, alcune anche molto serie, con un approccio maturo e coinvolgente.

Non conoscendo il manga originale, è stato sorprendente vedere come la maturità della storia crescesse gradualmente dopo un inizio che sembrava rappresentare tutt’altro genere di serie; una classica rom-com in cui tutte le ragazze carine si innamorano senza motivo dell’otaku protagonista, con i consueti momenti ecchi a fare da contorno. E poi, sorpresa! Un cambio di rotta inaspettato, sviluppato con gradualità, grazie all’introduzione di nuovi personaggi inseriti con un tempismo perfetto, ciascuno portando nuove tematiche e quella ventata di freschezza di cui la trama aveva bisogno.

Okumura è il presidente, nonché unico membro, del club di manga della sua scuola, ossessionato dal personaggio di Lilliel, protagonista di un manga che adora. Un giorno, nella stanza del club, fa il suo ingresso Ririsa, una ragazza che condivide la sua stessa ossessione. I due iniziano a collaborare per trasformare Lilliel in una figura il più reale possibile attraverso il cosplay. I sentimenti di Okumura per Lilliel vanno ben oltre la semplice passione di un appassionato di anime e manga; è profondamente innamorato di lei, al punto da non provare alcun interesse per le ragazze in carne e ossa. Questo è l’incipit della storia, che all’apparenza può sembrare banale, ma che si rivela ben più articolata grazie a una narrazione attenta e dettagliata, capace di sorprendere e suscitare anche una certa compassione.

Nessuno dovrebbe vergognarsi dei propri hobby o del modo in cui sceglie di viverli. Questo è uno dei messaggi centrali della serie, che ho trovato particolarmente rilevante e attuale. Ancora oggi, infatti, tendiamo a giudicare chi si dedica a passioni che riteniamo immature o futili, sminuendo ciò che per altri può essere davvero importante. Questo porta molte persone a sentirsi non accettate, addirittura sbagliate nel vivere in una contemporaneità dove è la società che stabilisce cosa sia giusto o meno fare, anche nel tempo libero. Non sentirsi liberi di esprimere sé stessi, anche in pubblico, per paura di essere criticati o etichettati come insignificanti.

Con l’introduzione di nuovi personaggi, la serie esplora anche tematiche più profonde. Tra queste, spicca in particolare quella dell’amicizia. È proprio grazie alla creazione di un gruppo affiatato che i protagonisti riescono a superare i propri problemi personali, trasmettendo il messaggio che ogni ostacolo può essere affrontato, se si ha il sostegno incondizionato di veri amici.

La serie presenta comunque alti e bassi. Ad esempio, la fase centrale del primo cour procede molto lentamente, prolungando eccessivamente alcune situazioni e facendo calare il ritmo. La gestione delle romance non è stata curata con molta attenzione, soprattutto per quanto riguarda le tempistiche. Nei primi episodi, infatti, la parte romantica è piuttosto presente e parte del contenuto, mentre nella fase intermedia diventa completamente assente, come se tutto ciò che era accaduto prima non fosse mai successo. Poi, nel finale, la trama riprende queste dinamiche, ma nel frattempo nella serie è passato davvero molto tempo.

I personaggi sono ben caratterizzati, sia dal punto di vista emotivo che nel design. Le figure femminili, in particolare, si distinguono per il loro fascino, sia nei costumi da cosplay che in abiti normali, ma considerando che l'anime ruota attorno al tema del cosplay, questo è un aspetto abbastanza prevedibile. Forse avrei dato un po’ più di spessore a Okumura, poiché in alcune fasi sembra sparire del tutto, e non è sempre chiaro chi sia effettivamente il protagonista della storia.

L’atmosfera è molto piacevole e vivace, soprattutto per chi è appassionato del mondo del cosplay. A tratti, evoca la stessa sensazione che si prova partecipando a una fiera del fumetto o a un evento dedicato agli anime e ai manga. L’intento è quello di creare un ambiente pacato e divertente, e anche quando vengono trattati temi più seri, la serie riesce a mantenere una leggerezza che non risulta mai pesante, ma che, anzi, talvolta riesce a colpire profondamente lo spettatore.

In sostanza, questa serie è stata una piacevole sorpresa. Inizialmente affrontata con poche aspettative, mi sono ritrovato a scoprire una trama molto più dinamica e profonda di quanto sembrasse. La consiglio a chi cerca non solo una visione rilassante, ma anche a chi è in cerca di tematiche più mature e sviluppi più ampi.

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"Mahō Shōjo ni Akogarete" sarebbe potuta essere il tipo di opera di cui vengo a conoscenza per puro caso dopo anni dalla sua uscita, ma non è stato così, poiché un amico (che a quanto pare mi conosce davvero bene) si è premurato di consigliarmelo.
Non gliene sarò mai abbastanza grato, perché quest'anime può essere riassunto con due parole: ben fatto.

Ma partiamo dal principio.
Opera ascrivibile nella sua totalità al genere ecchi, e parodia del genere majokko, "Mahō Shōjo ni Akogarete" parla della storia di Hiiragi Utena (che non ha nulla a che fare con l'Utena di Ikuhara), una ragazza incredibilmente timida che nutre una forte ammirazione e passione per il trio di maghette che ogni giorno salva la sua città. Un giorno, Utena si imbatte in un misterioso animaletto magico che le promette di trasformarla in una maghetta. Lei, emozionata, accetta, solo per poi scoprire che è stata ingannata, poiché in realtà la creatura fa parte di Enormita, l'organizzazione malvagia che le maghette combattono. Utena, suo malgrado, è diventata una vera e propria antagonista delle maghette.
Ben presto si ritroverà a scoprire che, per quanto non lo voglia ammettere, la sua passione per le maghette è morbosa, e che la sua trasformazione è il modo ideale per dominarle sessualmente.

Premesse interessanti, nevvero?

La cosa che più mi ha colpito dell'opera è l'ottima qualità della sua coerenza interna, e del suo motore narrativo.
Mettendo la nostra analisi in prospettiva di ciò che l'opera vuole essere, ci ritroviamo a scoprire che come ecchi è molto intelligente. Non è mai gratuito (eccetto per l'episodio 8, abbastanza di pessimo gusto purtroppo), ma c'è una certa costruzione e anche delle motivazioni per cui si arriva a determinate scene: motivazioni non profonde, ma coerenti.
In particolare, soprattutto all'inizio, ho davvero apprezzato lo sviluppo in Utena del fascino per la dominazione. Nella sua semplicità, e nel suo non voler trattare approfonditamente l'argomento (non è "Nana e Kaoru"), è stata gestita con molta intelligenza e verosimiglianza.
Avendo lo stesso tipo di fantasie di potere, ho empatizzato davvero tanto, e sono certo che tante persone potranno empatizzare come me. Personalmente, credo di poter ritenere Utena uno dei personaggi migliori collegati a questo archetipo, che non ricade nei classici stereotipi degli anime quando si tratta di dominatrix.
Il che è anche un po' ironico, visto e considerando che, dato il genere dell'opera, nessuno (nemmeno io) si sarebbe lamentato se non fosse stato così.

E... non c'è molto altro da dire.
Dopotutto, cosa ci può essere da disquisire in un'opera semplice come questa?

A livello tecnico l'anime sicuramente non è un miracolo.
Ritengo che chi si lamenta delle animazioni non sappia cosa siano le animazioni brutte, ma è pur vero che non sono neanche chissà che cosa: semplicemente rimangono nella media, e almeno la regia è chiara. Il character design, basato sul manga chiaramente, invece è meraviglioso, soprattutto quello di Utena.
Il comparto musicale, al di fuori di opening ed ending, non mi è piaciuto particolarmente. Chiaramente non è parte delle estetiche principali di quest'opera, però sembra davvero uscito da una libreria di tracce copyright free.
Mancava solo qualche brano di Kevin Macleod.

Per il resto, guardatelo.
È bello.

Auf wiedersehen!

P.S. Ultimamente sto dando un sacco di 8. Significherà qualcosa? Naaah!