L'Animation Guild, il sindacato che tutela i professionisti dell'animazione negli Stati Uniti, ha pubblicato un rapporto in cui invita lo Stato della California a potenziare il programma di incentivi fiscali, nel tentativo di contrastare la crescente fuga di talenti all’estero.
Attualmente, l'incentivo statale – pari a 330 milioni di dollari – è riservato esclusivamente alle produzioni live action, escludendo quindi l’animazione. I nuovi disegni di legge, SB 630 e AB 1138, puntano a portare il fondo a 750 milioni di dollari e ad estendere le agevolazioni anche all’animazione.
Tuttavia, secondo l’analisi commissionata dal sindacato e realizzata da CVL Economics, questa riforma non basterebbe: gli strumenti proposti, pur ampliando il sostegno economico, non sarebbero sufficienti a invertire il declino del settore e a riportare la produzione animata sul territorio americano.

Il report evidenzia come gli Stati Uniti abbiano perso terreno rispetto alle strategie adottate da altri paesi nella competizione globale per la produzione di contenuti animati. Quello che un tempo era un settore fiorente, oggi è seriamente compromesso dalla costante erosione del lavoro locale.
Un caso emblematico citato è quello di "Oceania 2": il film, inizialmente previsto per essere realizzato a Burbank, è stato invece prodotto in larga parte a Vancouver, nella sede canadese della Disney. Una scelta che, secondo il sindacato, è costata alla California 338 posti di lavoro diretti, che diventano 479 se si includono le mansioni indirette che una produzione interna avrebbe potuto generare.
Il documento sottolinea anche il ruolo sempre più marginale degli Stati Uniti nella post-produzione degli effetti speciali (VFX), una fase cruciale non solo per l'animazione, ma anche per i film live action. Da anni, infatti, questo lavoro viene esternalizzato in paesi come Canada, Regno Unito (Londra) e Corea del Sud (Seoul), dove si fa uso di tecnologie all’avanguardia. Proprio per questo motivo, secondo il sindacato, questa fase produttiva meriterebbe maggiore riconoscimento e sostegno fiscale.
Non è una questione nuova: già nel 1979 e nel 1982 ci furono scioperi contro l’outsourcing, ossia la delocalizzazione del lavoro all’estero. In quelle occasioni, l’Animation Guild aveva proposto di vietare il subappalto internazionale nei contratti, ma la Alliance of Motion Picture and Television Producers respinse la mozione.

La situazione è sempre più critica. Come sottolinea Jeanette Moreno King, presidente dell'Animation Guild, gli studi non stanno esternalizzando solo la manodopera più tecnica, come l'animazione in sé, ma anche fasi creative fondamentali come lo storyboarding e la regia. “Alcuni show non sono realizzati negli Stati Uniti in alcun modo”, dichiara con fermezza.
King è una delle voci più critiche nei confronti dei progetti di legge SB 630 e AB 1138, che considera inadeguati. Alcune tipologie di produzione, in particolare gli show per bambini, rischiano infatti di restare escluse dagli incentivi a causa dei requisiti minimi di budget e durata. Pur riconoscendo che potrebbe essere troppo tardi per modificarli, considera già un passo avanti il solo fatto di includere l’animazione tra le categorie ammesse al programma.
Il report guarda però oltre l’emergenza attuale, lanciando un appello per il futuro: per mantenere gli Stati Uniti ai vertici dell’industria dell’intrattenimento, non basta conservare i vecchi modelli produttivi, serve visione strategica. Come si legge nel documento, “ricostruire un nucleo creativo dedicato all’animazione non è un atto nostalgico, ma un passo necessario per restare competitivi”.
Al momento, il programma di incentivi fiscali della California prevede un bonus del 5% per le produzioni live-action che spendano almeno il 75% del budget per la post-produzione VFX all’interno dello Stato. Tuttavia, si tratta di un incentivo decisamente inferiore rispetto a quanto offerto da altre aree, come la British Columbia, che risultano molto più attrattive.
Questa disparità rende facile per molte produzioni combinare gli incentivi californiani con quelli esteri: filmano le riprese principali in California e spostano la post-produzione all’estero, dove i vantaggi economici sono maggiori. Un meccanismo che, di fatto, svuota di efficacia il programma attuale.

Il rapporto propone una modifica importante: escludere i lavori di post-produzione VFX dal tetto massimo di 100 milioni di dollari per progetto, attualmente previsto dalla normativa fiscale californiana. Questa misura favorirebbe la permanenza di posti di lavoro altamente specializzati sul territorio statunitense, rendendo il settore più competitivo a livello globale.
Viene inoltre evidenziata la necessità di una deroga specifica per l’animazione all’interno dello stanziamento annuale di 750 milioni di dollari previsto dai nuovi disegni di legge. Al momento, infatti, film e serie animate devono competere direttamente con le produzioni live-action per accedere ai fondi, basandosi su un sistema di punteggio legato al cosiddetto “rapporto occupazionale”. Questo svantaggia l’animazione, che ha dinamiche produttive diverse e rischia di restare fuori dai finanziamenti.
La questione è tuttora oggetto di negoziato: i legislatori stanno discutendo i dettagli con la Motion Picture Association e una coalizione di sindacati del settore spettacolo. Le versioni attuali dei disegni di legge prevedono di innalzare il credito d’imposta statale dal 20% al 35%, con la possibilità di ottenere un ulteriore bonus del 5% per le riprese live action effettuate in aree economicamente svantaggiate o al di fuori di Los Angeles.
Nel frattempo, anche l’Alliance of Independent Commercial Producers ha chiesto – finora senza successo – di includere le produzioni pubblicitarie tra le beneficiarie del programma di incentivi.
La partita è ancora aperta, ma le scelte che verranno prese potrebbero avere un impatto profondo sull’intero settore dell’animazione, non solo negli Stati Uniti. In un contesto globale sempre più competitivo, le decisioni politiche di oggi potrebbero determinare il futuro di un’industria creativa a 360 gradi.
Fonte consultata:
Report dell'Animation Guild
Variety
Praticamente hanno gli stessi problemi dell'animazione Giapponese(anche sé per motivi diversi), dove molti anime giapponesi praticamente vengono (quasi interamente) realizzati in Cina in subappalto e non in Giappone.
con al conseguenza che si formano artisti con il know how acquisito, basta vedere le piu recenti produzioni coreani e cinesi che adirittura almeno a livello tecnico hanno raggiunto livelli molto alti
Gli animatori americani fanno bene a protestare ma in un paese fondato sul principio che il capitalismo è sacro e intoccabile, le loro proteste purtroppo saranno invane. Senza contare che ora ci si mette pure l'intelligenza artificiale con la quale non ci sarà più manco bisogno di appalto.
stanno vivendo il sogno americano dove il profitto viene prima di tutto
e chi appalta lo fa per avere più introiti
e non mi sembra che gli americani stiano votando per far cambiare le cose anzi
potremmo dire lo stesso per i giapponesi che hanno sub appaltato all'intera Asia la sua produzione, comunque polemiche a parte , ci sono molte voci di dissenso in America, un noto comico(non mi viene il nome) ha chiaramente accusato Disney(ma la cosa si potrebbe estendere a qualsiasi studio) di essere troppo orientata la profitto, svuotando i suoi contenuti di ogni velleita' artistica, ovviamente non c'e' nulla di male a cercare di fare cassa, ma nella vecchia Holliwood si poteva fare entrambe le cose, prima che che i produttori fossero sostituiti da speculatori di Wall Street
La maggior parte dei grossi studi cinematografici, come quelli di Warner Bros., Paramount o Nickelodeon, affidano l'intera animazione a case terze (anche qui, Asia per il 2D, Canada o Francia per il 3D).
Le principali eccezioni sono:
- Sony Pictures Animation, la cui maggioranza dei film è animata dalla "sorella" Sony Pictures Imageworks...che è in Canada.
- Illumination, i cui film sono tutti animati dalla controllata Illumination Studios Paris...idovinate dov'è.
- DreamWorks Animation...ma che dopo l'acquisizione da parte di Universal ha iniziato un processo di esternalizzazione a studi terzi, interamente (Capitan Mutanda, Orion, Dog Man) o in parte (Il Robot Selvaggio era stato annunciato come l'ultima produzione interamente in-house).
- Walt Disney Animation Studios...ma che nel 2022 ha aperto una sede in Canada per le serie Disney+, ora riarrangiata per dare supporto ai lungometraggi (comunque animati principalmente in California...per ora).
L'unico studio che realizza l'intera animazione negli Stati Uniti è rimasto Pixar (ma quanto durerà? Per Elio si parla di 300 milioni...).
A parte Disney, Pixar e DreamWorks, tutti gli altri dovrebbero creare nuovi studi e rivedere completamente le loro meccaniche produttive ormai usate da più di 20 anni. Non penso sia possibile.
La situazione del Giappone invece è un po' diversa. Lì il problema non è tanto l'esternalizzazione fuori dal paese per questione di costi, ma proprio il subappalto in sé. La maggior parte dell'outsourcing avviene comunque all'interno dello stesso Giappone, e la necessità di affidare lavoro a studi cinesi o sud coreani (ai quali comunque si cerca di affidare fasi minori, come in-between animation e clean-up) deriva proprio dalla mancanza di manodopera all'interno del paese stesso.
L'unica vera eccezione come sappiamo è Kyoto Animation, che ha giusto un paio di studi fidati a cui subappalta processi minori, tenendo i principali come la key animation interamente interni.
Quindi la situazione è più o meno questa:
Studio statunitense -> appalta il lavoro ad 1 o 2 studi (terzi o controllati) principalmente tra Canada e Francia.
Studio giapponese -> fa parte del lavoro internamente e ne subappalta altro a decine di studi esterni principalmente tra Giappone stesso, Cina e Corea del Sud.
In effetti per i lungometraggi animati (i Classici per intenderci) la Disney, così come la Pixar, ha sempre fatto ricorso solo al proprio studio personale in America, così da vantare una qualità consistente (anche se pure in questi casi non mancava l'altrettanto moralmente discutibile impiego di un gran numero di stagisti vergognosamente sottopagati). In compenso, per tutte le altre produzioni hanno sempre avuto studi all'estero. Ai tempi del Rinascimento, quando la produzione di serie, film e quant'altro era alla massima estensione, ne avevano addirittura quattro: in Canada, in Francia, in Australia e in Giappone.
Sul discorso del Giappone, è vero che in quel caso il problema è la mancanza fisica di manodopera più che il bisogno di contenere i costi, ma non sono sicuro riguardo la parte di limitare l'impegno degli studi esteri. La Toei ha uno studio nelle Filippine che si occupa principalmente di realizzare gli episodi filler di One Piece e il loro lavoro non si limita a fasi minori. Anche la A-1 Pictures ultimamente ha trasferito sempre più lavoro in Cina, soprattutto dopo che nel 2018-2019 un sacco di gente si è licenziata durante la produzione di Sword Art Online - War of the Underworld.
Spietato ma vero. Regola del capitalismo: se esiste un modo per risparmiare, lo faranno e chi ci rimette si attacca.
La cosa veramente divertente è che i Simpson stessi sono fatti in Corea.
Comunque in questo tutto il mono è paese, si tenterà sempre di subappaltare dove si hanno costi inferiori.
Sì naturalmente la tendenza è quella di esternalizzare sempre di più. Toei è un po' un mondo a parte quando si parla di outsourcing e sedi estere, ma anche lì alla fine si parla di un lavoro di supporto che va a sommarsi a tutto il resto. Semplicemente c'è bisogno di sempre più gente, tra Asia e ora anche Occidente.
Ma non potrebbero neanche permettersi di eliminare la produzione interna, che rimane essenziale nel "fare numero". La principale differenza con gli Stati Uniti è questa. Negli USA c'è stato un rimpiazzo della manodopera, mentre in Giappone si va a sommare a quella già esistente nel paese.
In questo grafico si vede l'aumento (o la diminuzione) per i vari paesi (fonte), che rende bene l'idea:
Oggi col progredire delle prestazioni tecniche l'asticella della specializzazione si alza sempre di più, e di conseguenza l'offerta lavorativa si abbassa sempre di più.
La delocalizzazione in questo modo diventa un colpo mortale per le ricadute lavorative interne.
Col progresso dell'automatizzazione poi si ottiene la tempesta perfetta.
Poi da qui ad applicarli e come (non si capisce se parli di prodotti esteri, prodotti USA in outsourcing, entrambi...) è un altro discorso.
Tra l'altro c'è mancato poco che aprissero una filiale anche in Italia. Nel 1988 la Disney contattò Romano Scarpa per fare dei test per la serie di DuckTales ma poi optarono per realizzare la serie in Giappone perché costava meno. Immaginate quanto più sviluppata sarebbe stata l'animazione italiana se avessimo avuto modo di apprendere il know how dalla Disney, anche se per produzioni minori...
E' molto informativo, ti ringrazio. Notare che c'è anche l'Italia che per l'animazione campa di appalto da sempre. Purtroppo non credo che esistano abbastanza animatori in Italia da fare una serie o un film completamente in-house. Un sacco di cartoni italiani sono stati fatti da SEK, uno studio animato in Corea del Nord (alla faccia delle sanzioni). Altri sono stati fatti in Francia tipo i Gormiti (se ne occupava lo stesso studio delle Totally Spies) e La Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia.
Già, non oso immaginare che scompiglio sarà quando i programmi di creazione ad intelligenza artificiale saranno talmente evoluti che basterà caricare lo storyboard all'interno di un programma e digitare "animami queste scene con lo stile dello Studio Ghibli o della Disney" per avere un film intero. Fantascienza? Per ora...
Tra l'altro, questo discorso che stiamo facendo non vale solo per l'animazione come la intendiamo di solito noi (cartoni e anime) ma anche per la CGI, gli effetti speciali al computer usati per film, serie TV etc... se leggete i titoli di coda dei blockbuster americani noterete che sono citati un sacco di studio cinesi, indiani e giapponesi. E lo credo considerando che Godzilla Minus One ha vinto un Oscar per gli Effetti Speciali al prezzo di soli 15 milioni di dollari...
hai capito proprio tutto dell'articolo!
Il problema è che meno costi = più profitti e ciò piace a chi apre inizialmente il portafoglio per finanziare e poi lo riapre per incassare.
Non mi sento di escludere che qualcuno ai piani alti Disney abbia pensato "bene, 338 stipendi in meno da pagare! Proseguiamo così!"
D'altronde se i rapporti de costi dell'animazione sono come per i film dove un'intera troupe tecnica in ungheria costa come un singolo tecnico a new york (https://www.ilpost.it/2025/05/06/cinema-hollywood-dazi/) c'è poco da fare o vieti di commissionare i lavori all'estero o ti rassegni a come va.
Non sono riusciti a limitare neanche un po' la esternalizzazione in nome del profitto e del libero mercato e i dazi non li aiuteranno con l'avanzare della IA generativa, che impatta anche di più sui dati occupazionali rispetto al live action e paradossalmente potrebbe risucchiare quei soldi che gli arriverebbero se gli incentivi passano.
Serve una legge nazionale che garantisca una percentuale di produzione locale, non soldi e basta, quindi limitare il dissanguamento di posti, che è anche di competenze.
E' anche un problema di carattere culturale, per loro, ogni aiuto o incentivo statale e' visto con sospetto , se non con ostilita' tacciando il tutto per socialismo
Un problema in particolare da Reagan in avanti, dato che molti loro sindacati, specie in area culturale, erano stati fondati da anarchici o comunisti e diversi loro sceneggiatori, attori e registi erano di area socialista.
Ma quando stai in cima si fa in fretta a dimenticare, anche di cosa hanno portato i precedenti fallimenti liberisti.
Certo non era la bacchetta magica, e c'era chi tacciava di comunismo anche questo, ma in generale molta gente non aveva tanta voglia di sputarci sopra.
Magari oggi non siamo esattamente come nella Grande Depressione, ma per una serie di contingenze e l'eterogenesi dei fini non siamo neanche agli antipodi.
conta che negli Stati uniti , perdi il lavoro, perdi tutto, non esistono quei ammortizzatori sociali, che in Europa, anche nei paesi piu liberisti sono presenti, per non parlare della sanita', ormai il capitalismo non e' piu un mezzo per loro, ma una pura ideologia, mascherata da democrazia.
Ma voglio vedere cosa si inventeranno per continuare a sostenere questo sistema ad libitum ora che si sono presentati problemi strutturali e se ne stanno presentando di nuovi e inediti.
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