È passato più di un ventennio da quel 2004, quando fu rilasciato su PlayStation 2 un videogioco tanto piccolo e discreto quanto enormemente impattante per la cultura videoludica. Già, perché in quell’anno, tra un Half-Life 2 e un Metal Gear Solid 3: Snake Eater c’era anche lui: Katamari Damacy. Partorito dalla mente geniale di Keita Takahashi, l’avventura del Principe e della sua palla rotolante si rivelò un fulmine a ciel sereno e un classico immediato, conquistando critica e pubblico, oltre che un posto di diritto in tutti i manuali e i corsi di game design esistenti.
Negli anni seguirono sequel ed episodi minori, che però non riuscirono a bissare la popolarità del capostipite, complice anche l’uscita di scena del creatore originale dall’azienda madre. Dopo il 2011, la serie fu messa in letargo, fatta eccezione per qualche fallimentare titolo mobile e per le due riproposizioni dei primi capitoli in versione Reroll. È stata quindi una sorpresa per tutti quando, durante il Nintendo Direct del 31 luglio, è stato annunciato ufficialmente Once Upon a Katamari, nuovo capitolo principale per le console di attuale generazione. Dopo un’attesa lunga quattordici anni, saranno riusciti gli sviluppatori di RENGAME a raccogliere l’eredità dei loro illustri predecessori?
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Con la sorpresa di nessuno, la trama di Once Upon a Katamari vede il Re del Cosmo distruggere (di nuovo) inavvertitamente i pianeti del cielo, chiedendo (di nuovo) al piccolo Principe di crearne di nuovi in sostituzione. Ma questa volta anche la Terra è andata distrutta: sarà quindi necessario rotolare il Katamari attraverso diverse epoche storiche, dalla preistoria fino alla prima modernità. E la storia, sostanzialmente, si ferma qui. Non aspettatevi colpi di scena o personaggi particolarmente approfonditi: chiunque abbia giocato ai titoli precedenti sa bene che la trama in Katamari è solo un pretesto, un esercizio di stile folle e istrionico, pensato per accompagnare il vero fulcro del gioco, ovvero il gameplay. Detto ciò, il nonsense dei dialoghi e le situazioni assurde non mancheranno di strapparvi più di una risata, soprattutto grazie al Re del Cosmo, sempre manieristico e ottuso come non mai.

Il gameplay rimane fedele alle origini: il giocatore controlla una sfera magica — il Katamari, appunto — capace di inglobare tutto ciò che tocca, crescendo progressivamente di dimensione. Si parte da oggetti minuscoli come tessere del domino e monete, per poi passare a bottiglie, palloni, gatti, sedie, cespugli, alberi, animali, palazzi, isole e persino continenti, in un loop ludico che conquista per immediatezza e senso di progressione. Se vi aspettate livelli di difficoltà selezionabili o sfide impegnative, siete fuori strada: in Katamari la parola d’ordine è “semplicità”.
Rispetto ai capitoli precedenti, il sistema di movimento è stato reso più accessibile grazie a una modalità semplificata che assegna separatamente direzione e spostamento ai due joystick, oltre a un reticolo attivabile a piacere che consente di visualizzare con maggiore precisione la traiettoria della sfera. Tali modifiche rendono l’esperienza più accogliente per i meno avvezzi al medium, ma va segnalata l’anacronistica mancanza di una modalità specifica per i daltonici.

Ogni stage propone al giocatore obiettivi specifici da completare entro un tempo limite: far raggiungere al Katamari un diametro prestabilito, raccogliere principalmente un certo tipo di oggetti oppure portare a termine sfide con un numero limitato di elementi attaccabili. Il tutto si svolge in ambienti sandbox di dimensioni relativamente contenute, ma caratterizzati da un intelligente level design multilivello che offre molteplici possibilità di esplorazione, variabili in base alla grandezza attuale del Katamari.
Per esempio, si può iniziare con dimensioni ridotte, dovendo affrontare piccole sezioni platform per salire sui mobili; successivamente, una volta cresciuti a dismisura, si finisce per inglobare l’intera stanza, uscire all’aperto e ritrovarsi in un intero quartiere, muovendosi tra strade ed edifici in un continuo cambio di scala e percezione dello spazio. I livelli, ovviamente, sono completamente disseminati di oggetti interagibili, pronti per essere inglobati dal Katamari.

All’interno dei livelli sono nascosti vari collezionabili, come le corone del Re, necessarie per proseguire nella storia, e i cugini del Principe, che una volta inglobati possono essere utilizzati e personalizzati. Novità di Once Upon a Katamari sono i power-up temporanei, sparsi per le mappe: il magnete, che attira oggetti più piccoli; il razzo, che accelera la rotolata (utile soprattutto in salita); l’orologio, che ferma il tempo per dieci secondi; e il radar, che mostra la posizione dei collezionabili, facilitando il completamento al 100% dello stage.

A rendere ancora più varia l’esperienza ci pensano le KatamariBall: sfide contro la CPU dove bisogna competere con altri tre Katamari in apposite arene, cercando di accumulare più oggetti e ottenere più punti. Questa modalità è disponibile anche online, ma senza il supporto al crossplay, e immaginiamo che in certi contesti, soprattutto tra amici, possa regalare momenti di competizione esilarante.
Una menzione speciale va alla creatività e varietà delle situazioni proposte: l’idea del viaggio nel tempo ha dato modo agli sviluppatori di sbizzarrirsi. Preparatevi dunque a una (letterale) corsa all’oro nel Far West, a incollare dinosauri nella giungla preistorica, o a rotolare in una nave pirata durante un abbordaggio. La longevità si attesta su buoni livelli: abbiamo completato l’avventura principale in circa una decina d'ore, ma per raggiungere il 100%, tra collezionabili e sfide opzionali, servirà sicuramente il doppio delle ore.

Graficamente, Once Upon a Katamari sfoggia l’ormai iconico stile low-poly, con colori brillanti e ambienti squadrati e infantili con una conta poligonale quasi inesistente e texture semplici e monocromatiche. Uno stile artistico che, anche dopo vent’anni, sorprende ancora per il suo efficace minimalismo: se vi aspettate illuminazione dinamica o elaborati effetti grafici finirete per rimanere delusi.
Anche sul fronte colonna sonora, il nuovo capitolo mantiene alta l’eredità dei suoi predecessori, con una playlist ricca, varia e sempre in linea con il contesto. Nulla che riesca a superare classici intramontabili come "Que Sera Sera" o "Katamari on the Rocks", ma chiunque avesse dubbi sulla qualità musicale può dormire sonni tranquilli. Confermiamo inoltre che il gioco è completamente localizzato in italiano.

Abbiamo giocato Once Upon a Katamari su PlayStation 5, dove il titolo gira stabilmente a 60 FPS con supporto al 4K. Stessi risultati su Xbox e PC, mentre sulle due Nintendo Switch il frame rate si ferma a 30 FPS. Le prestazioni sono risultate solide per tutta la durata della prova anche nelle situazioni più concitate, senza mai riscontrare rallentamenti, fenomeni di stuttering, bug o problemi tecnici rilevanti.
Il gioco è venduto al prezzo di lancio di 40€, una cifra che riteniamo adeguata alla qualità dell’offerta ludica, ma che prevediamo possa svalutarsi in tempi relativamente brevi. Per questo motivo consigliamo l’acquisto soprattutto ai fan più appassionati della serie. Ai neofiti, invece, suggeriamo di iniziare dalle edizioni Reroll dei primi due capitoli, così da familiarizzare con il particolare gameplay e approfondire al contempo la propria cultura videoludica.
GIUDIZIO FINALE
Un plauso a Bandai Namco per aver avuto la lungimiranza di risvegliare questa IP dal suo lungo letargo, nell'augurio che il Re del Cosmo e il Principe possano continuare a popolare i nostri schermi ancora per molti anni a venire.
Pro
- È un Katamari in tutto e per tutto
- I comandi sono stati resi più accessibili
- Colonna sonora di alto livello
- Buona longevità
Contro
- Per i meno avvezzi finirà per risultare ripetitivo

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