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Mi aspettavo molto di più, a essere onesta.

Di questo anime conoscevo solo le poche righe di trama riportate qui, e non ho mai letto la controparte cartacea.
Analizziamo la trama: Komura si prende una cotta per Mie, la sua vicina di banco arrivata da poco a scuola. Mie indossa gli occhiali, senza i quali non vede praticamente nulla. Peccato, però, che li dimentichi a casa in continuazione, o peggio ancora, li rompa. Tocca così a Komura dare una mano a Mie per superare le giornate a scuola, con il suo amore per lei che cresce poco a poco.

Innanzitutto, la trama presenta un problema abbastanza considerevole, che può ben individuare chiunque: come è possibile dimenticarsi sempre gli occhiali, specie se senza si è praticamente ciechi? Ma la cosa più assurda è che ogni tre per due Mie vada a comprarne di nuovi, come se fossero una spesa da niente.
Come fa Mie a dimenticarsi sempre gli occhiali? Mistero, non ci è dato saperlo. Anzi, in alcune situazioni la ragazza mi sembrava anche un po’ svampita, come quando non si rende conto che quello a cui sta cercando di fare le fusa non è un gattino, ma una busta di plastica abbandonata per strada. O come quando si risveglia dal pisolino durante la lezione e scambia Komura per suo padre, convintissima di trovarsi a casa. Ok non vedere nulla, ma le orecchie dovrebbero funzionarle bene, e dovrebbero sentire uno che continua a dirle: “Non sono tuo padre”.

Poi c’è Komura, che dopo pochi episodi diventa già terribilmente noioso per tutti i suoi viaggi mentali sullo stare a stretto contatto con Mie. Ed essendo la serie osservata dal suo punto di vista, lo spettatore non può evitare in alcun modo il sorbirsi tutte le sue turbe mentali. Komura è il classico ragazzino timidissimo che va nel panico solo perché la mano di Mie lo sfiora per più secondi del solito, e cose di questo genere. Ma in alcuni momenti rasenta il ridicolo, come quando si preoccupa perché Mie ha riso fino alle lacrime, vedendola come una cosa estremamente negativa, quando invece non lo era. O peggio ancora, quando un giorno nota che Mie è andata a casa, dimenticandosi gli occhiali sul banco. Non voleva nemmeno toccarli, vedendoli come una sorta di oggetto mistico, finendo per portarseli a casa e facendosi tutto un giro di pensieri assurdo e noioso (a un passo dallo sfociare in pensieri peccaminosi).

La serie è formata da siparietti che vanno a comporre le singole puntate. Alcuni siparietti durano al massimo un minuto, altri durano di più, ma in sostanza non rimangono “situazioni aperte” che passano da un episodio all’altro. Le gag lasciano un po’ il tempo che trovano, iniziando tutte nello stesso modo, ossia con Mie che dice se ha dimenticato o rotto gli occhiali, oppure se indossa le lenti a contatto, che però continuano a spostarsi, e quindi (tanto per cambiare) non vede nulla. Se all'inizio il fatto che Mie non abbia gli occhiali e sia praticamente costretta a sbattere la faccia sul libro per riuscire a distinguere le lettere può far sorridere, nel giro di poco diventa terribilmente irritante, perché la cosa continua a ripetersi in un ciclo senza fine. Non aspettatevi momenti di tensione o che vi faranno battere il cuore, è molto più facile che sbadiglierete dalla noia. Se per caso vi distraete (come mi è successo in un'occasione), non dovrete neanche prendervi il disturbo di tornare indietro per recuperare ciò che avete perso, perché saranno solo le pesanti turbe mentali di Komura.
Come forse avrete già intuito, data la tipologia di quest’anime, non c’è alcun finale. Semplicemente, l’ultimo episodio si conclude come un normalissimo episodio, lasciando lo spettatore con un senso di frustrazione enorme. Forse, un anime del genere avrebbe funzionato con episodi più corti, perché, a un certo punto, sorbirsi venti minuti tutti uguali stanca non poco.

Purtroppo, lo boccio completamente, e la cosa mi dispiace molto.
Se mai ci sarà una seconda stagione, non la guarderò.