logo AnimeClick.it

-

"Corriamo via tutto il tempo per evitare di trovarci faccia a faccia con noi stessi"

"Kowloon generic romance" ha rappresentato una originale eccezione nel panorama degli anime della sessione primavera estate del 2025. In mezzo a produzioni sempre più standardizzate (per quello che ho potuto appurare), credo che ci sia voluto del coraggio per traporre l'opera cartacea di Jun Mayuzuki, di cui ho già visto e apprezzato "Come dopo la pioggia" - "After the rain".

"Kowloon generic romance" mi ha permesso di scoprire che la città che da il nome all'opera è realmente esistita fino alla prima metà degli anni 90 del secolo scorso: Kowloon era una sorta di quartiere insistente su un'area molto piccola (poco più di 2 ettari) e abitato nei periodi più floridi anche da 50.000 persone nel distretto di Hong Kong. Si trattava di un'area ad altissima densità abitativa e, pertanto, l'edilizia e l'urbanistica si sono sviluppate di conseguenza: palazzi vecchi altissimi, stradine molto anguste e condizioni di vita definibili vagamente precarie, influenzate dalla promiscuità molto spinta che ha portato gli abitanti del luogo a sviluppare un forte spirito di appartenenza e di solidarietà reciproca.
Ovviamente questa realtà ha sempre rappresentato una sorta di "stato" a sè stante anche dal punto di vista dell'ordine pubblico, tanto che la criminalità si è insediata e ha utilizzato questa città come una sorta di fortino. Per ulteriori particolari storici e curiosità su Kowloon, invito il lettore della recensione a verificare in rete.

La premessa, un po' didascalica e scolastica, è stata doverosa per comprendere l'ambientazione dell'opera, che è a dir poco originale e così poco "giapponese". In un certo senso e nel suo unicum, Kowloon assomiglia più ad un quartiere storico e molto popoloso e popolare di una città occidentale che ad una città dell'estremo oriente: un groviglio intricato di vicoli e stradine percorribili solo a piedi, cupi, misteriosi, disordinati e sporchi. con una serie infinita di finestre disallineate di palazzi quasi tutti uguali, con fili elettrici che si irradiano in ogni dove. Un contesto anche inquietante che sembra esistere e vivere di una vita propria e in cui si muovono i protagonisti di una storia che si pone l'obiettivo di mixare (in un modo non sempre perfettamente riuscito) il mistery, lo sci-fi, il romance e il genere psicologico in una storia che risulta poco lineare e a tratti forse troppo velocizzata.

Ma si sa che "la vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare" (Arthur Schopenhauer) e "Kowloon generic romance" non sembra rinnegare tale ispirazione.
Partendo da premesse realistiche, costruisce una trama di fantasia con venature di fantascienza in cui si intreccia lo slice of life che tende a portare progressivamente lo spettatore a compiere una serie di riflessioni sull'esistenza umana, i suoi ricordi, i rimpianti e i rimorsi, gli amori e le amicizie, le aspettative e le aspirazioni individuali.
Definito così, "Kowloon" avrebbe tutti gli ingredienti per essere un'opera del genere che apprezzo maggiormente. Tuttavia il modo con cui sono stati mescolati e narrati mi ha un po' lasciato spiazzato non tanto nello stile narrativo in sé, quanto nel lasciare alcuni temi introdotti nella trama come appena abbozzati o per nulla spiegati come se in realtà fossero irrilevanti o frutto di una fantasia "infantile", alla deus ex machina.

"Kowloon" potrebbe essere interpretato come una metafora di una proiezione di sè e della propria mente in un metaverso simil realtà, una specie di delirio otaku o una "soul cage" in cui realtà e fantasia si amalgamano così bene che riescono a rendere veri ambientazioni idealizzate in cui si muovono personaggi veri (per la verità pochissimi) e molti frutto dei ricordi proiettati al di fuori di chi li sta pensando.
Non vado oltre, per non spoilerare troppo. Ma a questa considerazione ci si arriva in un modo per così dire troppo casuale, non frutto di un percorso che con degli indizi porta progressivamente lo spettatore a intuire quello che si scopre in un modo un po' casuale negli episodi finali, lasciando, ad esempio, il poliedro luminoso che staziona fisso nel cielo di Kowloon e denominato "gene terra" privo di qualche accenno sulla sua reale natura (a meno di non volersi cimentare in ardite interpretazioni del tutto personali sul suo ruolo e significato, almeno a livello simbolico).

E così, quella che sembra una storia sentimentale molto matura tra i due protagonisti Reiko, nella sua doppia veste del passato e del presente, e Haijime assume i connotati da un lato come quelli di un'esperienza alla scoperta e all'affermazione di sè con gli altri, un percorso di crescita e acquisizione di maggior consapevolezza di sè in un intreccio di eventi anche avvincenti e dall'altro dell'elaborazione di un lutto, del superamento della perdita tragica di un grande amore e del "coming back to life" una volta che Hajime riesce a decidersi di andare oltre e mettersi alle spalle il profondo senso di colpa per la perdita di Rejiko.

"Kowloon generic romance" ha nei parallelismi il suo vero punto di forza: mi riferisco a quello tra Rejko e Hajime e il loro personalissimo percorso di cambiamento nel senso sopra descritto, che va di pari passo in senso contrario con quello della città di Kowloon (da città immaginaria a cumulo di detriti) e quello degli altri personaggi che l'opera di mostra nella loro umanità fatta di debolezze e insicurezze sotto l'apparente maschera di sicurezza e determinazione.

Dal punto di vista tecnico, il chara design richiama molto quello piuttosto peculiare della mangaka Mayuzuki e della serie animata "After the rain": occhi grandi, allungati ed espressivi, visi affilati e figure slanciate. Così richi di dettagli e per me molto gradevoli. Per non citare sfondi (molto realistici e dettagliati) e animazioni fluide. Quello che mi ha colpito è l'atmosfera dal ritmo molto realistico, maturo e slice of life. Purtroppo tale caratteristica poi si scontra con alcuni passaggi piuttosto forzati e discontinui di trama che lasciano nello spettatore la sensazione di soluzione di continuità tra momenti della storia.
Ad onor del vero il manga è ancora in corso e il finale, pur nel flash forward in apparenza simil conclusivo, sembrerebbe lasciare una possibilità di poter vedere una possibile seconda serie.
In fondo, sognare non costa nulla, purché non diventi un espediente sostitutivo della realtà...