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"La moralità è un lusso e la sopravvivenza ad ogni costo è l'unico principio?"

La seconda stagione di "Black Lagoon", intitolata "The Second Barrage" sembra voler portare a compimento quanto già visto di "buono" nella prima serie. Il mondo criminale, spietato e brutale, viene definitivamente messo a nudo da qualsiasi forma di illusione, mostrandolo per quello che è: corrotto e assetato di potere, ma anche sadico, senza alcun scrupolo. Un far west senza alcuna etica e rispetto, nemmeno tra i criminali.

La seconda serie diventa così un sequel più oscuro e brutale, sebbene mantenga sempre quel tono guascone in cui stride lo stile in cui si ride e si scherza senza alcun problema morale mentre si uccidono o si fanno a pezzi persone. Tale aspetto potrebbe rendere agli occhi dei più tale serie una scemenza di portata cosmica o farla assomigliare ad una caricatura parodistica dei western d'antan. E invece "The Second Barrage", sotto la crosta di una sorta di anime crudo e violento quasi gratuitamente, riesce a portare in superficie alcuni aspetti del lato oscuro dell'animo umano. E riesce anche bene nel suo intento.

Le vicende del primo arco dedicato ai gemelli "vampiri" Hansel & Gretel è uno dei più disturbanti e significativi dell’intera serie. Facendo un piccolo confronto, l'ho percepito come più feroce di quanto mi è capito di vedere in "Elfen Lied": un abisso dell’infanzia violata e della disumanizzazione. A confronto, anche la recente serie "Takopi's original sin" è lieve e spensierata.

Ciò che stupisce è trovare in questa serie una storia sull’infanzia come incubo. Il passato dei gemelli è intriso di abusi sessuali di ogni tipo, torture e omicidi. Cresciuti in un contesto simile, "The Second Barrage" affronta anche i meccanismi dei disturbi associativi dell'identità come meccanismo di difesa e in generale sfiora alcuni aspetti della psicologia del sadismo, non innato ma di necessità.

Attenzione: questa parte contiene spoiler

La loro fine è quanto di più triste e a suo modo lirico si potesse narrare: la freddezza sadica della gangster russa con cui vendica i suoi compagni uccisi uccidendo il primo gemello è parecchio disturbante, ma è oltremodo straziante la vendetta sulla gemella, cui viene riservata una vera e propria esecuzione stile mafioso, dopo che questa è riuscita a far emergere durante la breve fuga un minimo della sua umanità con l'esibizione di un canto tanto angelico quanto melodioso che Dutch commenta come un momento di grazia e di dono in mezzo all'orrore.
Non nascondo che il momento della morte di Gretel sia paragonabile alla fine del sicario Lèon, protagonista del film di Luc Besson, in cui poco prima di subire il colpo a tradimento assapora un attimo di pace e bellezza che tanto anelava e che mai era riuscito a godere, una flebile fiammella di umanità che una breve vita di asfissianti orrori non erano comunque riusciti a spegnere.
La mestizia del gruppo della Lagoon company è più esplicita di tante parole per descrivere la fine della loro missione.

Fine parte contenente spoiler

Il secondo leit motiv della serie è l'evoluzione del rapporto tra Rock e Revy (o meglio Reby - Rebecca) che viene sviluppato per bene nell'ultimo arco narrativo della serie, quello ambientato in Giappone.
Già nella prima serie era emerso in modo piuttosto evidente il confronto tra due personaggi che si ispirano a due visioni del mondo diametralmente opposte: quella tra esistenzialismo/idealismo disilluso di lui e il nichilismo di lei. Un confronto spesso rude e ostico che è culminato in varie occasioni anche in scontro fisico capace di mettere a repentaglio le loro vite, atteso il carattere fumantino e violento di Revy. In questa seconda serie le differenze si smussano perché i personaggi evolvono e acquistano quella tridimensionalità e sfaccettature che nella prima serie erano mascherate dalla loro assolutezza di principio.

E così Rock, all’inizio moralmente integro nella sua ingenuità, diventa sempre più furbo, quasi ipocrita e manipolativo. Da buon giapponese razionale e formale, si esalta nel suo ruolo di mediatore e stratega in un mondo criminale in cui lo spazio per la discussione speculativa è nullo. Il risultato è quello che inizia a scendere a patti con la sua coscienza e a cedere al c.d. lato oscuro o, perlomeno, a giustificare i sui compromessi come necessari.

La pistolera Revy, con il suo background di abusi e violenze, è una cinica nichilista che vive il confronto solo come un'affermazione brutale e senza compromessi delle proprie idee, per lo più con le sue amate Beretta. Eppure sin da subito si intuisce che, sotto la corazza dell'aggressività senza limiti, è vulnerabile e Rock sembra rappresentare la chiave per accedere alla vera Revy. E infatti lei diventa più protettiva nei suoi confronti, a sforzarsi di comprenderlo (vedi i momenti di debolezza di Rock quando si ritrova a valutare un possibile rientro in Giappone), a desiderarlo più che a disprezzarlo e in generale a rispettarlo per quello che è senza chiedergli continuamente di diventare ciò che non potrebbe mai essere: un killer. In un paragone con un altro personaggio della serie, Balalaika, è evidente che la vera killer spietata e sadica è proprio la russa...

Questi cambiamenti creano una particolare alchimia nelle loro interazioni che rendono questa serie molto intrigante. La loro relazione ambigua è così poco romantica ma così atipica e originale, una sorta di attrazione/repulsione dove lui è evidentemente impaurito dalla natura di Revy e dove lei non riesce ad ammettere il suo lato più femminile e dolce dovendo mantenere la sua maschera di sicario impermeabile a qualsiasi emozione che possa indebolirla.
Il peccato di "Black Lagoon" è quello di non andare oltre, proprio per mantenere quell'equilibrio tossico e folle tra due soggetti che si continuano a sfidare per principio ma che si completano a vicenda come una metafora della piena essenza dell'esistenza umana.

Se dal punto di vista della trama la seconda serie assume uno stile più cupo e propone una maggior introspezione dei personaggi, dal punto di vista tecnico lo stile visivo e sonoro resta sostanzialmente invariato rispetto alla prima stagione (anche nel già buon doppiaggio) con una più accentuata attenzione all'efficacia narrativa sia delle situazioni di tensione sia quelle più introspettive/filosofiche e melanconiche (ribadisco a titolo di esempio la lirica della scena finale della morte della gemella assassina o della giovane capo yakuza).
La forza di Black Lagoon consiste proprio nell'oscillazione tra gli estremi rappresentati sempre senza filtri sebbene gli attimi di bellezza in mezzo al susseguirsi di orrori e brutalità non riescono comunque a trasmettere segnali di speranza o redenzione.