Recensione
Sankarea
4.5/10
Quando in un corpo, vivo o morto, è solo il cervello che ha smesso di funzionare.
La visione di una serie come "Sankarea" mi mancava. Avendo una particolare predilezione per le storie romantiche, sono sempre alla ricerca di nuovi titoli: ne ho visti e recensiti un po', ma uno come questo proprio non me l'aspettavo.
Se qualcuno pensasse che l’amore adolescenziale non fosse già abbastanza complicato, "Sankarea" mi ha fatto raggiungere un nuovo livello di "eccellenza": il protagonista, appassionato/ossessionato da film horror, prova interesse solo verso ragazze "zombie" dei film che vede, e non prende in considerazione le ragazze 3D. La protagonista, oppressa da un padre con l'ossessione per lei (che si spinge fino al limite della pedofilia aggravata dal rapporto famigliare), si presta a far da cavia a un assurdo esperimento che possa permetterle di vivere anche da dopo morta. E una volta che accidentalmente accade l'evento fatale per lei, inizia una interazione surreale tra i due.
Questa serie anime del 2012 è riuscita a sviluppare una trama in modo alquanto originale, personalizzando il concetto di necrofilia, arricchendola con le premesse piuttosto forti dei drammi famigliari (un padre con un vizietto particolare) e una narrazione schizofrenica che oscilla tra l'orrore (per gli standard di una sensibilità normale) e una tenerezza ingenua, che tuttavia conduce "Sankarea" a scadere nel ridicolo fino alla demenza.
Ma la trama in cosa consiste? Una rivisitazione di "Romeo e Giulietta" in chiave horror? Dei protagonisti ho già accennato: lui, Chihiro Furuya, è un liceale con la sua bella passione malsana per le ragazze decedute. E per trovare una soluzione alla sua passione così borderline, si mette a sperimentare pozioni magiche per resuscitare il suo gattino morto in un incidente. Entra in scena anche Rea Sanka, una ragazza benestante e bellissima, oppressa dal padre che sembra uscito da una di quelle storie di cronaca nera sugli abusi sui minori, che conosce per caso Chihiro e collabora con lui nei suoi folli esperimenti sulla pozione miracolosa. Rea muore... e torna viva, da morta. Et voilà, la fidanzata zombie è servita! Il resto lo risparmio: oltre a non voler 'spoilerare', è una spirale discendente verso il nulla mischiato al niente, condito da una pseudo-morale di cui scriverò sotto.
Ma allora, che serie sarebbe? Francamente, è difficile da inquadrare. A tratti è una commedia romantica scolastica con i soliti cliché, che alterna momenti da horror psicologico, poi da dramma familiare, poi di nuovo gag con gatti morti, nonno di lui sordo e affetto da decadimento cognitivo, una sorella minore di lui responsabile e "grillo parlante", scene ecchi con la avvenente cugina da sempre innamorata di Chihiro. È il classico esempio di meltin' pot in cui tutto è stato trattato e amalgamato male.
I personaggi principali che non brillano per profondità fanno sorridere per come sono stati rappresentati: di Chihiro abbiamo già scritto del suo necro-romanticismo, ama le morte, ma non si capisce perché; Rea, la zombie, che sembra più viva da morta, in una spirale discendente verso una imbarazzante decomposizione (nel vero senso del termine: in questa serie ho scoperto che gli zombie, se non stanno attenti a mantenersi freddi, marciscono); il padre di Rea, che maltratta la seconda moglie e la stessa Rea, col vizio di fotografare la figlia nuda ad ogni compleanno (e in questo Freud avrebbe pane per i suoi denti...); la cugina di Chihiro - Ranko - che assiste quasi impotente alla deriva necrofila dell'amato cugino (pur stuzzicandolo con le sue grazie in diverse scene ecchi), salvo poi mettersi in competizione con Rea-zombie in una sorta di triangolo "della morte".
Insomma: "Sankarea" è la prova che l’amore può superare ogni ostacolo... tranne la scrittura scadente. E l'ironia sorge spontanea: *Sankarea* ci insegna che l’amore vero non muore mai... ma può iniziare a puzzare.
A parte le battute più becere, "Sankarea" butta lì una serie di messaggi perlopiù inquietanti con questa stramba vicenda sull'adolescenza. E non mi sembrano propriamente assennati.
Nelle sue esagerazioni e forzature, si incontra un principio piuttosto bislacco: anelare la morte come liberazione e rinascita, per essere ciò che si vuole e quindi affermare la propria vera identità. Rea, prima di essere una zombie, era una ragazza in gabbia e in un certo senso anche abusata. Ma sia le premesse sia le conseguenze sono talmente folli e sviluppate male, che questa terza via (alternativa alle due più naturali: vivere subendo o morire per non subire) dell'essere una morta vivente è francamente una vera scemenza. Idem per l'ossessione di Chihiro per la morte, che dimostra solamente che anche lui voglia cercare una via alternativa per affermare la propria identità.
Se il problema adolescenziale dell'affermazione della propria identità è quello di essere ciò che si sente e non quello che vogliono imporci gli altri, "Sankarea" sembra scegliere e proporre la cosiddetta strada impossibile della fuga dalla realtà, creando una storia delirante (anche se metaforica) degna degli otaku più ossessivi. Ma, in fondo, chi da adolescente non ha mai pensato che il mondo adulto non era in grado di capire i cambiamenti in corso sia a livello fisico che mentale?
La visione di una serie come "Sankarea" mi mancava. Avendo una particolare predilezione per le storie romantiche, sono sempre alla ricerca di nuovi titoli: ne ho visti e recensiti un po', ma uno come questo proprio non me l'aspettavo.
Se qualcuno pensasse che l’amore adolescenziale non fosse già abbastanza complicato, "Sankarea" mi ha fatto raggiungere un nuovo livello di "eccellenza": il protagonista, appassionato/ossessionato da film horror, prova interesse solo verso ragazze "zombie" dei film che vede, e non prende in considerazione le ragazze 3D. La protagonista, oppressa da un padre con l'ossessione per lei (che si spinge fino al limite della pedofilia aggravata dal rapporto famigliare), si presta a far da cavia a un assurdo esperimento che possa permetterle di vivere anche da dopo morta. E una volta che accidentalmente accade l'evento fatale per lei, inizia una interazione surreale tra i due.
Questa serie anime del 2012 è riuscita a sviluppare una trama in modo alquanto originale, personalizzando il concetto di necrofilia, arricchendola con le premesse piuttosto forti dei drammi famigliari (un padre con un vizietto particolare) e una narrazione schizofrenica che oscilla tra l'orrore (per gli standard di una sensibilità normale) e una tenerezza ingenua, che tuttavia conduce "Sankarea" a scadere nel ridicolo fino alla demenza.
Ma la trama in cosa consiste? Una rivisitazione di "Romeo e Giulietta" in chiave horror? Dei protagonisti ho già accennato: lui, Chihiro Furuya, è un liceale con la sua bella passione malsana per le ragazze decedute. E per trovare una soluzione alla sua passione così borderline, si mette a sperimentare pozioni magiche per resuscitare il suo gattino morto in un incidente. Entra in scena anche Rea Sanka, una ragazza benestante e bellissima, oppressa dal padre che sembra uscito da una di quelle storie di cronaca nera sugli abusi sui minori, che conosce per caso Chihiro e collabora con lui nei suoi folli esperimenti sulla pozione miracolosa. Rea muore... e torna viva, da morta. Et voilà, la fidanzata zombie è servita! Il resto lo risparmio: oltre a non voler 'spoilerare', è una spirale discendente verso il nulla mischiato al niente, condito da una pseudo-morale di cui scriverò sotto.
Ma allora, che serie sarebbe? Francamente, è difficile da inquadrare. A tratti è una commedia romantica scolastica con i soliti cliché, che alterna momenti da horror psicologico, poi da dramma familiare, poi di nuovo gag con gatti morti, nonno di lui sordo e affetto da decadimento cognitivo, una sorella minore di lui responsabile e "grillo parlante", scene ecchi con la avvenente cugina da sempre innamorata di Chihiro. È il classico esempio di meltin' pot in cui tutto è stato trattato e amalgamato male.
I personaggi principali che non brillano per profondità fanno sorridere per come sono stati rappresentati: di Chihiro abbiamo già scritto del suo necro-romanticismo, ama le morte, ma non si capisce perché; Rea, la zombie, che sembra più viva da morta, in una spirale discendente verso una imbarazzante decomposizione (nel vero senso del termine: in questa serie ho scoperto che gli zombie, se non stanno attenti a mantenersi freddi, marciscono); il padre di Rea, che maltratta la seconda moglie e la stessa Rea, col vizio di fotografare la figlia nuda ad ogni compleanno (e in questo Freud avrebbe pane per i suoi denti...); la cugina di Chihiro - Ranko - che assiste quasi impotente alla deriva necrofila dell'amato cugino (pur stuzzicandolo con le sue grazie in diverse scene ecchi), salvo poi mettersi in competizione con Rea-zombie in una sorta di triangolo "della morte".
Insomma: "Sankarea" è la prova che l’amore può superare ogni ostacolo... tranne la scrittura scadente. E l'ironia sorge spontanea: *Sankarea* ci insegna che l’amore vero non muore mai... ma può iniziare a puzzare.
A parte le battute più becere, "Sankarea" butta lì una serie di messaggi perlopiù inquietanti con questa stramba vicenda sull'adolescenza. E non mi sembrano propriamente assennati.
Nelle sue esagerazioni e forzature, si incontra un principio piuttosto bislacco: anelare la morte come liberazione e rinascita, per essere ciò che si vuole e quindi affermare la propria vera identità. Rea, prima di essere una zombie, era una ragazza in gabbia e in un certo senso anche abusata. Ma sia le premesse sia le conseguenze sono talmente folli e sviluppate male, che questa terza via (alternativa alle due più naturali: vivere subendo o morire per non subire) dell'essere una morta vivente è francamente una vera scemenza. Idem per l'ossessione di Chihiro per la morte, che dimostra solamente che anche lui voglia cercare una via alternativa per affermare la propria identità.
Se il problema adolescenziale dell'affermazione della propria identità è quello di essere ciò che si sente e non quello che vogliono imporci gli altri, "Sankarea" sembra scegliere e proporre la cosiddetta strada impossibile della fuga dalla realtà, creando una storia delirante (anche se metaforica) degna degli otaku più ossessivi. Ma, in fondo, chi da adolescente non ha mai pensato che il mondo adulto non era in grado di capire i cambiamenti in corso sia a livello fisico che mentale?
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