Apri gli occhi, ed è quel giorno. Quel giorno che aspettavi, e che allo stesso tempo speravi non giungesse mai. Ti muovi in quel giorno come tanti, ostentando naturalezza. Non è un giorno come tanti, lo sai d'anticipo. E la spontaneità non c'è più: ti trovi a fissare la tua vita e quella di chi ti sta intorno come uno studioso, o un giocatore di pallone pronto a difendere la propria porta al primo scarto. E intanto osservi intorno a te la realtà che si realizza, così come sapevi sarebbe avvenuta, sperando di scorgere un segno che darà il pretesto per pensare "no, non andrà così, posso ancora decidere io".
Ma non hai mai scelto tu davvero fin dall'inizio, fin da prima che conoscessi Kakeru tutto era scritto, e la lettera era tra le tue mani. Nelle mani di Naho, sedici anni. Da quando la lettera è stata catapultata all'ingresso della sua abitazione, dal momento in cui questa dolce liceale ha ricevuto il messaggio dalla Naho del futuro, la sua vita è stata tracciata di avvertimenti, suggerimenti e racconti sui suoi giorni futuri. Che Naho si opponesse alle raccomandazioni o ignorasse del tutto il contenuto, che fosse disposta ad accettare il suo destino o a contrastarlo, il tutto avveniva in funzione di una vita già vissuta e ad ella rivelata con anticipo, giorno per giorno, nei suoi punti più salienti.
 

Ed è così anche per te, spettatore, che segui le vicende di Naho, Kakeru e dei loro amici, leggendo la lettera. Sai già cosa sarebbe dovuto accadere, e per tutti e 20 minuti ogni volta non hai da chiederti che: cambierà qualcosa? Quanto può essere determinante un singolo capitolo della propria vita, al punto tale che la storia possa essere riscritta interamente. E, domanda più compromettente, quanto potrà essere inesorabile il proprio fato dinanzi a tale sconvolgimenti. Mentre sposi le teorie futuristiche più disparate, la corsa si infittisce. Buchiamogli le ruote della bici, corri a destra, chiedi a sua nonna, noi andiamo a sinistra, Kakeru, dove sei, ci siamo noi qui, Kakeru, ti prego Kakeru, non farlo... corri al buio, urli a squarciagola mentre ansimi e ti manca il fiato anche solo per respirare ma sei già pronto a urlare di nuovo il suo nome, e solo i passanti in auto ti ascoltano ed è a loro che chiedi informazioni.
Quanto può essere possibile salvare una vita? Se tu avessi potuto sapere tutto dall'inizio e avessi potuto giocare la tua partita nella speranza che un futuro ideale possa farsi realtà, e scampare piuttosto ai rimorsi e ai sé di una vita che dieci anni più tardi resta segnata dalla mancanza. Da una particolare assenza, dalla sua speciale presenza. Kakeru, dove sei, ti prego.
 

Nonostante l'asprigno motore di questa storia, i chiari colori pastello dell'amicizia tingono uno degli anime sentimentali più popolari del 2016. Orange è il racconto tratto dal manga di Ichigo Takano, trasposto in 13 episodi. Lungo il percorso delle vicende di questo gruppetto di sei amici, lo spettatore si incuriosisce nello scoprire la lettera con la protagonista Naho. Successivamente, anticipato da un calo nella cura dell'aspetto grafico, la storia suscita tutt'altre considerazioni. Nonostante la gravità del malessere psicologico che tocca Kakeru - il protagonista delle lettere di Naho, il nuovo compagno di banco, il ragazzo da salvare - non pare che gli amici siano meno inclini ad abbandonare la fiducia dei buoni sentimenti, forti e genuini, che non si piegano nemmeno dinanzi alle proprie esigenze egoistiche e personali.

In tale promozione dei buoni sentimenti, c'è ben poco spazio ai chiaroscuri della mente di una persona fondamentalmente depressa. I nostri ingenui paladini, vitali e uniti nel combattere i mali di vivere, negano in questo modo il senso di empatia che poteva suscitare la matura scoperta di un sentimento che tanto comunemente può affacciarsi in varie e più o meno gravi forme nella vita di un uomo che prova a sopravvivere. Perché esser depressi non è non essere felici, non è non avere qualcuno che ti ami accanto, ma fondamentalmente non riconoscere nella felicità la propria fonte di benessere. Se potessimo risolvere la depressione di Kakeru facendogli aprire gli occhi, come tentano i nostri eroi di Orange, si chiamerebbe "cecità", e non in altro modo. E' inafferrabile la natura di questo essere dentro Kakeru, come anche è inafferrabile la tematica all'ideatrice della storia. O, probabilmente, banalmente ha preferito lasciarsi andare maggiormente sulle disquisizioni circa i mondi paralleli, i buchi neri, e il mistero del Triangolo delle Bermuda - che anche vengono toccati in maniera così poco originale che tanto meglio ci mettevano un'altra puntata circa l'importanza del risultato dell'ultima gara di staffetta tra i rimpianti della protagonista.
 

Nelle battute finali, l'anime riprende un po' della sua magia. Complice l'attesa della risposta ai quesiti molteplici di uno spettatore sempre più curioso di questioni materiali: che ruolo avrà Suwa? Che scelta sentimentale farà Naho? Che ne sarà del futuro così come avevamo sbirciato che sarà da principio?
Viene d'obbligo legarsi a Suwa, di poche e giuste parole, concreto e meno macchietta di molti altri. Il classico second lead che con molta apprensione viene praticamente favorito tra i più che lo vedono come un martire, e che non vedono l'ora di poter godere dello spin-off a lui dedicato e recentemente annunciato. Eppure, il fascino di Suwa, l'approvazione - seppure, con alcuni però - di Orange non nasce da un futuro che poteva essere e non è stato o che è stato e si è perduto.
 
Al di là dei ragionamenti di basso profilo, avidi, calcolatori, il messaggio di questo anime non sta nel comprendere gli ultimi secondi della scena finale o non è scritto in nessuna delle lettere inviate dal futuro. Il messaggio è dietro le lettere, è attorno ai ragazzi, li avvolge e li completa, li avvicina e li unisce. Tutto questo è stato fatto per amicizia, qualsiasi sia stata la fine.