Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Ikoku Nikki - Journal with witch
10.0/10
Raccolgo le parole per recensire quest'opera di Tomoko Yamashita dopo otto mesi dalla fine della sua pubblicazione. Credo che sia una delle opere più preziose, delicate e mature che abbiamo avuto il piacere di leggere in Italia. E allo stesso modo, credo che solo una mano sapiente e una mente sensibile avrebbero potuto partorire gli undici volumi di "Ikoku Nikki" proposti dalla casa editrice Flashbook.
Se avete letto il romanzo di Pollyanna e lo avete apprezzato, questa storia vi piacerà senz'altro perché la dinamica famigliare è esattamente identica. Ciò che cambia, oltre alla chiave moderna con cui è esposta la storia, è la capacità della protagonista di elaborare la perdita dei genitori.
Asa, studentessa delle superiori, dopo la morte improvvisa dei genitori viene ospitata nell'appartamento della zia. L'accoglienza non avviene stendendo alla nipote un tappeto rosso. Asa, infatti, è figlia della sorella con cui la donna aveva chiuso i rapporti. Makio è una donna riservata, che vive della sua scrittura e si rifugia nel suo spazio casalingo. Nonostante sia una scrittrice nota e riconosciuta nel suo ambiente, è insicura e instabile. Se non trasparisse il suo mondo interiore nei suoi libri, la si potrebbe definire arida e anaffettiva. Asa subentra in una routine fatta di brevi metri percorsi tra la scrivania e la cucina, obbligando Makio a stendere un fouton in più e ad affrontare dei mostri passati. Primo fra tutti la martellante idea, provocata dalla sua stessa sorella, che fosse un disastro in tutto. Come potrà legarsi alla figlia di una delle donne che l'ha più trafitta e crescerla? Proprio lei che è stata incapace di mantenere i rapporti solidi con la sua famiglia. Proprio lei che ha preferito la vita da lupo solitario a quella in coppia con un uomo al quale voleva bene.
"Quel giorno il suo sguardo, così simile a quello di un lupo separato dal branco scacciò il destino che mi attendeva, ovvero vivere senza alcun parente".
Asa, orfana di entrambi i genitori, trasferitasi in un luogo non suo e con un trasloco ancora non terminato, trova lentamente spazio nel caos della zia. Ogni giorno prova a rendersi utile per una donna sempre indaffarata e persa nel suo mondo. Si muove tra quei silenzi di cui la scrittrice ha bisogno per alimentare le sue storie e - soprattutto - la osserva. Lo fa con un'attenzione meticolosa, ammirata e desiderosa di essere accettata. La svolta che dà il senso al titolo del manga arriverà quando le due donne si trovano l'una di fronte all'altra, guardandosi negli occhi, confidandosi sulla natura dei sentimenti. La bellezza di Makio si rivela in tutta la sua sincerità e profondità, in quel momento la zia suggerisce alla nipote di tenere un diario come "faro" dei momenti difficili.
Il "faro" e la "vela" sono un binomio proposto a più riprese e quando emergerà il tema della traiettoria da percorrere. Asa è orfana, il faro e la vela sono il padre e la madre che non ha più. Sono due persone che l'hanno accompagnata e che poi per effetto di una tempesta sono sparite dalla sua vita, lasciando la sua barca in balia delle onde e di un mondo che non era preparata ad affrontare da sola. Quando la zia le propone di fare di quel diario il suo faro, lo fa perché saprà che le sarà utile nei giorni in cui Asa sarà costretta a svuotare la casa dei propri genitori oppure ad interrogarsi sul particolare rapporto con il padre. E oltre a questo enorme lavoro introspettivo che Asa fa su sé stessa, mantiene il suo contatto con una quotidianità scolastica, sceglie le sue amicizie e giorno dopo giorno - con una costanza ammirevole - edifica il suo rapporto con Makio. La sua salvezza, il suo unico parente e la "strega" dai capelli scombinati che si alza dalla sedia dopo una notte in bianco trascorsa a scrivere... solo per mangiare la colazione che le ha preparato.
Giorno dopo giorno il rapporto tra zia e nipote, accomunate all'inizio solo dagli stessi legami di parentela, diventa più solido. In alcuni momenti riescono a creare anche una nuova mappa famigliare, grazie al diverso legame vissuto da entrambe le donne con le stesse persone seppure in fasi diverse. Sono inoltre aiutate da personaggi secondari che condividono la loro quotidianità, ciascuno con un proprio posto al loro fianco e mai casuale. Mi sarebbe piaciuto conoscerli ancora un po', anche se la porzione più grande della narrazione andava chiaramente destinata alle due protagoniste.
Ikoku Nikki può essere una lettura dolorosa perché non sfugge i temi difficili e li "attraversa" tutti. Al contrario dell'allegra e zompettante Pollyanna che gioca alla felicità, trovando sempre un buon motivo per sorridere alla vita. Qui l'autrice propone di fermarsi un attimo e sentirla quella "cosa" che fa stare male, quel vuoto che va osservato, capito e metabolizzato. Lo fa con delicatezza e allo stesso tempo senza sosta. E' una lettura dedicata al proprio io sensibile ma guerriero che ha voglia di entrare nella vita di due persone ferite, per dare compagnia e crescere insieme. Normalmente scrivo perché suggerisco una lettura, mentre in questo caso mi sento di condividerne il piacere della lettura solo a chi in grado di arrivarci con la testa e con il cuore. Proprio come se si leggessero le memorie di qualcun altro, va letto con rispetto, a piccoli passi e chiedendo il permesso.
Se avete letto il romanzo di Pollyanna e lo avete apprezzato, questa storia vi piacerà senz'altro perché la dinamica famigliare è esattamente identica. Ciò che cambia, oltre alla chiave moderna con cui è esposta la storia, è la capacità della protagonista di elaborare la perdita dei genitori.
Asa, studentessa delle superiori, dopo la morte improvvisa dei genitori viene ospitata nell'appartamento della zia. L'accoglienza non avviene stendendo alla nipote un tappeto rosso. Asa, infatti, è figlia della sorella con cui la donna aveva chiuso i rapporti. Makio è una donna riservata, che vive della sua scrittura e si rifugia nel suo spazio casalingo. Nonostante sia una scrittrice nota e riconosciuta nel suo ambiente, è insicura e instabile. Se non trasparisse il suo mondo interiore nei suoi libri, la si potrebbe definire arida e anaffettiva. Asa subentra in una routine fatta di brevi metri percorsi tra la scrivania e la cucina, obbligando Makio a stendere un fouton in più e ad affrontare dei mostri passati. Primo fra tutti la martellante idea, provocata dalla sua stessa sorella, che fosse un disastro in tutto. Come potrà legarsi alla figlia di una delle donne che l'ha più trafitta e crescerla? Proprio lei che è stata incapace di mantenere i rapporti solidi con la sua famiglia. Proprio lei che ha preferito la vita da lupo solitario a quella in coppia con un uomo al quale voleva bene.
"Quel giorno il suo sguardo, così simile a quello di un lupo separato dal branco scacciò il destino che mi attendeva, ovvero vivere senza alcun parente".
Asa, orfana di entrambi i genitori, trasferitasi in un luogo non suo e con un trasloco ancora non terminato, trova lentamente spazio nel caos della zia. Ogni giorno prova a rendersi utile per una donna sempre indaffarata e persa nel suo mondo. Si muove tra quei silenzi di cui la scrittrice ha bisogno per alimentare le sue storie e - soprattutto - la osserva. Lo fa con un'attenzione meticolosa, ammirata e desiderosa di essere accettata. La svolta che dà il senso al titolo del manga arriverà quando le due donne si trovano l'una di fronte all'altra, guardandosi negli occhi, confidandosi sulla natura dei sentimenti. La bellezza di Makio si rivela in tutta la sua sincerità e profondità, in quel momento la zia suggerisce alla nipote di tenere un diario come "faro" dei momenti difficili.
Il "faro" e la "vela" sono un binomio proposto a più riprese e quando emergerà il tema della traiettoria da percorrere. Asa è orfana, il faro e la vela sono il padre e la madre che non ha più. Sono due persone che l'hanno accompagnata e che poi per effetto di una tempesta sono sparite dalla sua vita, lasciando la sua barca in balia delle onde e di un mondo che non era preparata ad affrontare da sola. Quando la zia le propone di fare di quel diario il suo faro, lo fa perché saprà che le sarà utile nei giorni in cui Asa sarà costretta a svuotare la casa dei propri genitori oppure ad interrogarsi sul particolare rapporto con il padre. E oltre a questo enorme lavoro introspettivo che Asa fa su sé stessa, mantiene il suo contatto con una quotidianità scolastica, sceglie le sue amicizie e giorno dopo giorno - con una costanza ammirevole - edifica il suo rapporto con Makio. La sua salvezza, il suo unico parente e la "strega" dai capelli scombinati che si alza dalla sedia dopo una notte in bianco trascorsa a scrivere... solo per mangiare la colazione che le ha preparato.
Giorno dopo giorno il rapporto tra zia e nipote, accomunate all'inizio solo dagli stessi legami di parentela, diventa più solido. In alcuni momenti riescono a creare anche una nuova mappa famigliare, grazie al diverso legame vissuto da entrambe le donne con le stesse persone seppure in fasi diverse. Sono inoltre aiutate da personaggi secondari che condividono la loro quotidianità, ciascuno con un proprio posto al loro fianco e mai casuale. Mi sarebbe piaciuto conoscerli ancora un po', anche se la porzione più grande della narrazione andava chiaramente destinata alle due protagoniste.
Ikoku Nikki può essere una lettura dolorosa perché non sfugge i temi difficili e li "attraversa" tutti. Al contrario dell'allegra e zompettante Pollyanna che gioca alla felicità, trovando sempre un buon motivo per sorridere alla vita. Qui l'autrice propone di fermarsi un attimo e sentirla quella "cosa" che fa stare male, quel vuoto che va osservato, capito e metabolizzato. Lo fa con delicatezza e allo stesso tempo senza sosta. E' una lettura dedicata al proprio io sensibile ma guerriero che ha voglia di entrare nella vita di due persone ferite, per dare compagnia e crescere insieme. Normalmente scrivo perché suggerisco una lettura, mentre in questo caso mi sento di condividerne il piacere della lettura solo a chi in grado di arrivarci con la testa e con il cuore. Proprio come se si leggessero le memorie di qualcun altro, va letto con rispetto, a piccoli passi e chiedendo il permesso.
Tokyo After Hours
7.5/10
"Tokyo After Hourse" è una miniserie composta da tre volumi, nata da Yuta Nishio ed edita per l'Italia da JPop.
La storia parte in medias res, presentandoci l'incontro fortuito tra le nostre due protagoniste, Emi e Kei.
L'intera storia sembra volerci presentare la storia che nascerà da questo incontro fortunato, ma molto positivamente, l'autore spesso si concentra a fare una panoramica generale del mondo underground musicale di Tokyo, quella realtà che si risveglia quando solitamente il resto della popolazione si assopisce.
Personalmente ho apprezzato entrambe le anime che compongono quest'opera, però se il focus iniziale della storia, sembra essere Emi e la sua sempre maggior presa di coscienza e maturazione personale, man mano che si proseguirà, si andrà in parte a perdere e diluire quello che di tenero, emozionante, toccante e commovente che si era andato a costruire, per dare maggior spazio al lato più tecnico e organizzativo che roteano intorno al mondo dei rave, delle serate e dei locali con deejay e musica dal vivo.
Ovviamente ho amato anche questa seconda anima, descritta e presentata molto dettagliatamente, ma non pesante, riuscendo ad essere interessante e accattivante, ma talmente è stato raccontato in maniera cosi ammaliante, intima e delicata la relazione che lega le due protagoniste, che perdere tutta l'enfasi che si era creata cosi magicamente è veramente un gran peccato.
I personaggi non saranno moltissimi, l'intera storia gravita intorno ad Emi, e tutti gli altri membri del cast, non saranno molto approfonditi, essendo delle mere comparse, nonostante ciò ognuno di essi riuscirà a ritagliarsi un'aura di particolarità e singolarità che li renderà comunque parte integrante della storia e ben definiti, nel ruolo a loro assegnato.
Tale discorso è valido per tutti, al di fuori di Kei, l'altra grande protagonista della storia, che, immediatamente, riuscirà a trasmettere un magnetismo quasi irresistibile, grazie alla sua personalità, cosi forte ma anche femminile, che ben si contrappone alla nostra dolce e tenera Emi, che si ritroverà in balia delle paturnie che chiunque ha vissuto, almeno una volta nella propria vita, durante le decisioni più delicate della nostra vita, cioè cosa si vuole fare realmente da grandi.
Purtroppo la loro caratterizzazione risulterà blanda e ben poco approfondita, ad esclusione del loro rapporto privilegiato, quindi non avranno un background propriamente definito, avendo solamente qualche accenno che ci viene regalato dall'autore, che porta solamente ad una approssimazione di quello che sono diventate e delle decisioni che prendono.
Per la parte grafica, in questo frangente l'autore da veramente il meglio di sé, l'opera risulterà come avvolta in una continua tempesta di bolle di sapone, regalando scorci precisi e minuziosi della grigia città, che di notte si illumina e si ravviva grazie alla musica e all'energia di chi vive questo mondo, per poi virare bruscamente ed atterrare a una rappresentazione più morbida, dolce e simpatica dei nostri personaggi, riuscendo a creare un contrasto armonioso fra l'anima più romance della storia, e quello più descrittivo del mondo underground della musica.
L'edizione sarà veramente molto ben curata, solida, leggera, senza trasparenze, corredata di pagine a colori, che saranno ben inserite ad hoc in momenti che non ci si aspetta, ma che risulteranno comunque importanti e daranno giustappunto colore alla situazione in sé.
Le immagini delle sovra-coperte saranno molto carine, presentandoci immagini di vita quotidiana delle nostre due beniamine, particolareggiate da un'effetto simil foil, quindi traslucido, del nome della serie stampato sulle sovra-coperte, come se fosse stato appiccicato sopra con un adesivo.
Piccoli dettagli da segnalare per curiosità, i volumi saranno lievemente più piccoli delle normali edizioni e il terzo volume sarà praticamente grande quanto i primi due volumi messi insieme.
Infine l'edizione da me acquistata era anche corredata da un cofanetto, devo dire solido e compatto, unica pecca, lo spazio dove inserire i volumi sarà quasi millimetrico, preciso e quasi sagomato sulla grandezza dei volumi, quindi occhio, consiglio di prestare particolare attenzione quando ci si appresta a riporre la serie, per evitare danni indesiderati.
In definitiva, "Tokyo after Hours" è una serie che cerca di coniugare due anime diverse, che difficilmente si riuscirebbe a gestire in contemporanea e a farle risplendere adeguatamente come meriterebbero e purtroppo, con il proseguo della narrazione, l'autore si fa sfuggire tra le dita, la perla che era riuscito a creare nei primi volumi, lasciando andare a ramengo il rapporto tra le due protagoniste, per concentrarsi maggiormente sul lato musicale e dell'organizzazione degli eventi, prediligendo il contesto alla sostanza più pregiata che questo manga aveva da raccontare.
La storia parte in medias res, presentandoci l'incontro fortuito tra le nostre due protagoniste, Emi e Kei.
L'intera storia sembra volerci presentare la storia che nascerà da questo incontro fortunato, ma molto positivamente, l'autore spesso si concentra a fare una panoramica generale del mondo underground musicale di Tokyo, quella realtà che si risveglia quando solitamente il resto della popolazione si assopisce.
Personalmente ho apprezzato entrambe le anime che compongono quest'opera, però se il focus iniziale della storia, sembra essere Emi e la sua sempre maggior presa di coscienza e maturazione personale, man mano che si proseguirà, si andrà in parte a perdere e diluire quello che di tenero, emozionante, toccante e commovente che si era andato a costruire, per dare maggior spazio al lato più tecnico e organizzativo che roteano intorno al mondo dei rave, delle serate e dei locali con deejay e musica dal vivo.
Ovviamente ho amato anche questa seconda anima, descritta e presentata molto dettagliatamente, ma non pesante, riuscendo ad essere interessante e accattivante, ma talmente è stato raccontato in maniera cosi ammaliante, intima e delicata la relazione che lega le due protagoniste, che perdere tutta l'enfasi che si era creata cosi magicamente è veramente un gran peccato.
I personaggi non saranno moltissimi, l'intera storia gravita intorno ad Emi, e tutti gli altri membri del cast, non saranno molto approfonditi, essendo delle mere comparse, nonostante ciò ognuno di essi riuscirà a ritagliarsi un'aura di particolarità e singolarità che li renderà comunque parte integrante della storia e ben definiti, nel ruolo a loro assegnato.
Tale discorso è valido per tutti, al di fuori di Kei, l'altra grande protagonista della storia, che, immediatamente, riuscirà a trasmettere un magnetismo quasi irresistibile, grazie alla sua personalità, cosi forte ma anche femminile, che ben si contrappone alla nostra dolce e tenera Emi, che si ritroverà in balia delle paturnie che chiunque ha vissuto, almeno una volta nella propria vita, durante le decisioni più delicate della nostra vita, cioè cosa si vuole fare realmente da grandi.
Purtroppo la loro caratterizzazione risulterà blanda e ben poco approfondita, ad esclusione del loro rapporto privilegiato, quindi non avranno un background propriamente definito, avendo solamente qualche accenno che ci viene regalato dall'autore, che porta solamente ad una approssimazione di quello che sono diventate e delle decisioni che prendono.
Per la parte grafica, in questo frangente l'autore da veramente il meglio di sé, l'opera risulterà come avvolta in una continua tempesta di bolle di sapone, regalando scorci precisi e minuziosi della grigia città, che di notte si illumina e si ravviva grazie alla musica e all'energia di chi vive questo mondo, per poi virare bruscamente ed atterrare a una rappresentazione più morbida, dolce e simpatica dei nostri personaggi, riuscendo a creare un contrasto armonioso fra l'anima più romance della storia, e quello più descrittivo del mondo underground della musica.
L'edizione sarà veramente molto ben curata, solida, leggera, senza trasparenze, corredata di pagine a colori, che saranno ben inserite ad hoc in momenti che non ci si aspetta, ma che risulteranno comunque importanti e daranno giustappunto colore alla situazione in sé.
Le immagini delle sovra-coperte saranno molto carine, presentandoci immagini di vita quotidiana delle nostre due beniamine, particolareggiate da un'effetto simil foil, quindi traslucido, del nome della serie stampato sulle sovra-coperte, come se fosse stato appiccicato sopra con un adesivo.
Piccoli dettagli da segnalare per curiosità, i volumi saranno lievemente più piccoli delle normali edizioni e il terzo volume sarà praticamente grande quanto i primi due volumi messi insieme.
Infine l'edizione da me acquistata era anche corredata da un cofanetto, devo dire solido e compatto, unica pecca, lo spazio dove inserire i volumi sarà quasi millimetrico, preciso e quasi sagomato sulla grandezza dei volumi, quindi occhio, consiglio di prestare particolare attenzione quando ci si appresta a riporre la serie, per evitare danni indesiderati.
In definitiva, "Tokyo after Hours" è una serie che cerca di coniugare due anime diverse, che difficilmente si riuscirebbe a gestire in contemporanea e a farle risplendere adeguatamente come meriterebbero e purtroppo, con il proseguo della narrazione, l'autore si fa sfuggire tra le dita, la perla che era riuscito a creare nei primi volumi, lasciando andare a ramengo il rapporto tra le due protagoniste, per concentrarsi maggiormente sul lato musicale e dell'organizzazione degli eventi, prediligendo il contesto alla sostanza più pregiata che questo manga aveva da raccontare.
Chainsaw Man
9.5/10
Fujimoto ha spesso descritto "Chainsaw man" come un mix tra il manga "Abara" (manga di Tsutomu Nihei) e il folle anime "Gainax FLCL", io personalmente mi spingerei oltre e non mi vergognerei a definire "Chainsaw man" una moderna e pulp reincarnazione di "Devilman" il capolavoro di Go Nagai, ovviamente con tutto il dovuto rispetto a quest’ultimo. "Chainsaw man" ne incarna molto la volontà, ma in tempi più moderni e ovviamente diversi.
Ambientato in mondo simile al nostro (ma con delle differenze che verranno spiegate come la presenza dell’unione sovietica) in cui le paure delle persone prendono forma di diavoli la cui forza è maggiore più è grande la paura di cui portano il nome, racconta la storia dell’orfano Denji del suo rapporto con il piccolo diavolo Pochita e gli eventi che lo porteranno ad entrare nella divisione della Pubblica Sicurezza antidiavoli e a sviluppare un legame con diversi personaggi.
Se la premessa e il primo arco hanno una natura molto classica che quasi rientra nei canoni più standard del battle shonen, d'altronde abbiamo un personaggio in grado di trasformarsi per combattere i demoni niente di nuovo insomma, presto però Fujimoto imbarca i personaggi e il lettore in un rollercoaster di eventi a cui ha tagliato i freni (soprattutto da dopo il capitolo 40).
La caratteristica principale del manga è saper creare un incredibile mix di generi: horror, slice of life, romantico, surreale... dallo psicologico al battle più puro. La trama che non lascia il tempo di respirare è pura adrenalina, il sangue presto scorre anche sui personaggi che meno ti aspetteresti, quel che ha Fujimoto rispetto a molti mangaka è un grande coraggio evitando di mettere i personaggi, anche i più popolari, su un piedistallo o in una plot armor. Le morti si alternano tra significative e commuoventi a quelle meno importanti spesso anche comiche o addirittura quasi “meme”, ma sempre in grado di lasciare un segno grazie alla grande capacità registica del mangaka nell’eseguire le scene.
Una sensazione di follia controllata permane per tutto il manga, la narrazione non scorre mai nel mondo in cui il lettore si aspetterebbe e la capacità dell’autore nel sovvertire ogni aspettativa è senza fine (la “porta” di Denji ne è un grande esempio)... Proprio questa narrazione non risulterà semplice per tutti i lettori, la maggior parte dei manga soprattutto di questo target e genere tendono a imboccare costantemente il lettore con informazioni specialmente tramite personaggi o digressioni che spiegano di continuo quel che sta accadendo e come funzionano le cose o perché gli personaggi agiscono in un determinato modo, "Chainsaw man" getta via tutte queste forzature, il lettore è come uno spettatore seduto al cinema e gli eventi scorrono senza fermarsi e senza respiro ma le informazioni sono tutte lì nel sottotesto, nel paneling, nel simbolismo e nei dialoghi pieni di sottintesi e informazioni nascoste o semplicemente nelle azioni e anche solo gli sguardi dei personaggi. Il mangaka preferisce non prendere per mano i lettori, ma invece li invoglia ad unire i puntini tra loro, gli indizi e le spiegazioni sono tutti lì nelle scene e nei dialoghi dei personaggi, anche le cose volutamente assenti nel mondo in cui è ambientata l’opera hanno in realtà un preciso motivo ed importanza e soprattutto sono importantissimi i contratti stretti con i diavoli che muovono molte delle azioni e degli scopi dei personaggi. Proprio per questo l’opera richiede al lettore di rileggersi più volte gli archi narrativi, in particolare quelli nella seconda metà dell’opera, soprattutto dopo la loro conclusione per riuscire a capirne a pieno l’ottima costruzione. Ovviamente questo stile può piacere o meno e forse lasciare anche qualche lettore spiazzato e magari giustamente confuso, ma senza dubbio risulta perlomeno fresco in settore saturo da stili narrativi ormai fin troppo abusati e forzati.
Ovviamente le battaglie molto violente ed esagerate rappresentano una grossa parte del manga ma se dovessi pensare qual è il tema principale di questo manga probabilmente direi la difficile ricerca di uno scopo ma soprattutto un vero legame con qualcuno e nella capacità in alcune persone dal forte carisma di imporsi psicologicamente sulle altre.
Infatti nella storia non mancano anche attimi di vita quotidiana e momenti con una forte carica emotiva e psicologica o anche commuoventi, spesso permeati da un grande simbolismo e metafore visive estremamente calzanti e d’impatto, mai banali.
Come non mancano momenti fortemente comici e esilaranti, spesso incentrate su uno humor decisamente nero o non-sense.
I personaggi sono folli come lo è la storia, ma nonostante tutto riescono a risultare concreti e reali, molti sono sacrificabili, ma hanno comunque un loro ruolo nelle vicende e la maggior parte di essi ha sempre una crescita che li porta ad acquisire maggiore spessore emotivo. Soprattutto vanno fatti i complimenti alla forte presenza di personaggi femminili di grande spessore e carattere, in un mondo di battle shonen in cui la maggior parte dei personaggi femminili è di supporto o utilizzati per il fanservice Fujimoto invece le mette senza esitazione al centro totale delle vicende e dei combattimenti più brutali. Esempio più lampante è ovviamente Makima, figura misteriosa e centrale dell’opera, riesce ad essere spaventosa e bellissima, dominante e sensuale senza mostrare un centimetro di pelle e stando sempre in giacca e cravatta. Senza alcun dubbio uno dei migliori personaggi femminili che mi sia mai capitato di leggere.
In contrasto con queste figure abbiamo invece il nostro protagonista Denji, semplice per niente arguto, privo di istruzione e per questo facilmente manipolabile (soprattutto dal gentil sesso con cui per tutta la vita non ha mai avuto contatti). Sicuramente un protagonista atipico in confronto il classico battle shonen, ha sempre avuto una vita miserabile e proprio per questo i suoi sogni sono semplici ma allo stesso tempo più reali e concreti... non vuole essere un re, dominare o essere il migliore in qualche cosa, i suoi sogni sono “reali”: una ragazza, il sesso, del buon cibo, un letto comodo, dei videogame. Non farà mai la morale agli altri, è un ragazzino che non ha mai avuto affetto da nessuno e questo lo porta ad affezionarsi a qualsiasi persona che gli dà una “carezza” e da mangiare (come un cane). Ma gli eventi lo porteranno comunque a una crescita passando da persona egoista e apatica incapace di provare empatica ad essere una persona a cui importa di chi considera la sua famiglia, sempre però rimanendo molto onesto con se stesso.
Discorso a parte va fatto per quanto riguarda il disegno, ho letto molte critiche ma c’è un motivo se il manga sotto questo punto di vista è invece molto elogiato da critici e mangaka in Giappone. Lo stile sicuramente risulta spesso grezzo o sporco (ma adatto all'opera) soprattutto nelle vignette più piccole, ma tutto questo è largamente compensato da una composizione eccezionale delle tavole, coreografie fantastiche e da una regia ottima spesso definita “cinematografica”, il mangaka cerca di ricreare il ritmo e il lavoro di camera dei film sia nei combattimenti che nei momenti più calmi. Ma soprattutto ogni combattimento è impreziosito da un paneling estremamente creativo. Le scene, soprattutto durante le battaglie, hanno un grandissimo dinamismo e sono piene di idee e trovate, si hanno paneling in cui le vignette sono divise o le tavole incorniciate dalle braccia o budella di chi sta combattendo mortalmente, attacchi e poteri dei diavoli esterne agisco dall’esterno del contorno della vignetta (a rappresentare il loro agire da una differente dimensione), vignette che si sovrappongono, corpi tagliati vengono usati per dare profondità di campo alle scene, le stesse onomatopee vengo usate per delineare molte vignette (ad esempio c’è una scena in cui un personaggio usa un attacco di fuoco e l’onomatopea delle fiamme viene usata sia per rappresentare l’attacco ma anche per creare la divisione in vignette della tavola stessa). Questi sono solo alcuni esempi delle creatività registica del mangaka che in questo modo riesce a rendere la resa degli scontri sempre originale e anche divertente da leggere.
Un ulteriore apprezzamento va mosso al character design dei diavoli, il mangaka crea un immaginario incredibile, spaventoso e spesso capace davvero di lasciare a bocca aperta (anche chi la pensa diversamente sono convinto si ricrederà completamente arrivando a leggere il capitolo 64) i Diavoli e Majin sono spesso raccapriccianti e ricoperti da una aura di insanità, interessanti e sempre capaci a pieno di rappresentare in modo quasi mai scontato la Paura che impersonificano.
Voglio fare anche un discorso dedicato alle numerose citazioni ad altre opere presenti nel manga, Fujimoto è un gran fruitore di manga e film come spesso si può evincere dai suoi commenti su shonen jump in cui spesso e volentieri consiglia opere varie. All’interno dell’opera infatti non mancano numerosissime citazioni in grado di far felice i lettori più navigati. Come già detto il manga è fortemente ispirato a "FLCL" e "Abara" (anche per questo noterete anche notevoli somiglianze con "Dorohedoro" dato che l’autrice Q-Hayashida era assistente di NIhei proprio su "Abara") ma quella è solo la punta dell’iceberg... nel manga ci sono molte alte altre citazioni, per citarne alcune abbiamo: "Gyo" di Junji Ito, "Un Chien Andalou", "Hunter x hunter", "The Raid", "Sharknado", "Devilman", "Jinroh", "Enomoto", "l’Immortale", "Emanon", "Mawaru-Penguindrum" o anche ad opere d’arte come “la caduta di Lucifero” ... lo scontro finale del manga ad esempio è una grande citazione ad Araragi vs Kiss-shot in "Kizumonogatari". Questa grande passione del mangaka per i manga, il cinema ed opere decisamente particolari si riflette bene nel suo manga e hanno decisamente contribuito a creare questa opera.
Se si vuole trovare un difetto all’opera, oltre che l’inizio forse un po’ sottotono dei primissimi volumi (soprattutto se messi in confronto con i successivi), lo si può trovare su alcune questioni che alla fine dell’opera rimangono decisamente nebulose, cosa che potrebbe lasciare insoddisfatto qualche lettore, in modo particolare quelle legate al gun devil che sembra avere una funzione più che altro di MacGuffin all’interno della storia. Ma dato che questa è solo la prima parte della storia niente vieta all’autore di dare a queste cose un maggiore approfondimento nel futuro proseguo dell’opera.
Tutto questo ad ogni modo non va ad inficiare sul finale di questa prima parte, in quanto gli eventi al centro della storia legati a Makima, Denji e la divisione della Pubblica Sicurezza vanno a concludersi in maniera estremamente soddisfacente e per nulla scontata, proseguendo in un capitolo finale che fa più che altro da prologo alla parte 2 e che per certi versi mi ha ricordato il finale de "L’Immortale".
Concludendo non ho problemi ad usare il termine capolavoro per definire questo manga all'interno del suo genere, unico e con un ritmo narrativo estremamente serrato che non perde tempo, un'esperienza quasi cinematografica capace a pieno di sovvertire e ribaltare ogni aspettativa nella mente del lettore, ma che richiede anche una certa pazienza e una attenta lettura per poterne apprezzare a pieno tutto il suo valore, sfumature e creatività.
Ambientato in mondo simile al nostro (ma con delle differenze che verranno spiegate come la presenza dell’unione sovietica) in cui le paure delle persone prendono forma di diavoli la cui forza è maggiore più è grande la paura di cui portano il nome, racconta la storia dell’orfano Denji del suo rapporto con il piccolo diavolo Pochita e gli eventi che lo porteranno ad entrare nella divisione della Pubblica Sicurezza antidiavoli e a sviluppare un legame con diversi personaggi.
Se la premessa e il primo arco hanno una natura molto classica che quasi rientra nei canoni più standard del battle shonen, d'altronde abbiamo un personaggio in grado di trasformarsi per combattere i demoni niente di nuovo insomma, presto però Fujimoto imbarca i personaggi e il lettore in un rollercoaster di eventi a cui ha tagliato i freni (soprattutto da dopo il capitolo 40).
La caratteristica principale del manga è saper creare un incredibile mix di generi: horror, slice of life, romantico, surreale... dallo psicologico al battle più puro. La trama che non lascia il tempo di respirare è pura adrenalina, il sangue presto scorre anche sui personaggi che meno ti aspetteresti, quel che ha Fujimoto rispetto a molti mangaka è un grande coraggio evitando di mettere i personaggi, anche i più popolari, su un piedistallo o in una plot armor. Le morti si alternano tra significative e commuoventi a quelle meno importanti spesso anche comiche o addirittura quasi “meme”, ma sempre in grado di lasciare un segno grazie alla grande capacità registica del mangaka nell’eseguire le scene.
Una sensazione di follia controllata permane per tutto il manga, la narrazione non scorre mai nel mondo in cui il lettore si aspetterebbe e la capacità dell’autore nel sovvertire ogni aspettativa è senza fine (la “porta” di Denji ne è un grande esempio)... Proprio questa narrazione non risulterà semplice per tutti i lettori, la maggior parte dei manga soprattutto di questo target e genere tendono a imboccare costantemente il lettore con informazioni specialmente tramite personaggi o digressioni che spiegano di continuo quel che sta accadendo e come funzionano le cose o perché gli personaggi agiscono in un determinato modo, "Chainsaw man" getta via tutte queste forzature, il lettore è come uno spettatore seduto al cinema e gli eventi scorrono senza fermarsi e senza respiro ma le informazioni sono tutte lì nel sottotesto, nel paneling, nel simbolismo e nei dialoghi pieni di sottintesi e informazioni nascoste o semplicemente nelle azioni e anche solo gli sguardi dei personaggi. Il mangaka preferisce non prendere per mano i lettori, ma invece li invoglia ad unire i puntini tra loro, gli indizi e le spiegazioni sono tutti lì nelle scene e nei dialoghi dei personaggi, anche le cose volutamente assenti nel mondo in cui è ambientata l’opera hanno in realtà un preciso motivo ed importanza e soprattutto sono importantissimi i contratti stretti con i diavoli che muovono molte delle azioni e degli scopi dei personaggi. Proprio per questo l’opera richiede al lettore di rileggersi più volte gli archi narrativi, in particolare quelli nella seconda metà dell’opera, soprattutto dopo la loro conclusione per riuscire a capirne a pieno l’ottima costruzione. Ovviamente questo stile può piacere o meno e forse lasciare anche qualche lettore spiazzato e magari giustamente confuso, ma senza dubbio risulta perlomeno fresco in settore saturo da stili narrativi ormai fin troppo abusati e forzati.
Ovviamente le battaglie molto violente ed esagerate rappresentano una grossa parte del manga ma se dovessi pensare qual è il tema principale di questo manga probabilmente direi la difficile ricerca di uno scopo ma soprattutto un vero legame con qualcuno e nella capacità in alcune persone dal forte carisma di imporsi psicologicamente sulle altre.
Infatti nella storia non mancano anche attimi di vita quotidiana e momenti con una forte carica emotiva e psicologica o anche commuoventi, spesso permeati da un grande simbolismo e metafore visive estremamente calzanti e d’impatto, mai banali.
Come non mancano momenti fortemente comici e esilaranti, spesso incentrate su uno humor decisamente nero o non-sense.
I personaggi sono folli come lo è la storia, ma nonostante tutto riescono a risultare concreti e reali, molti sono sacrificabili, ma hanno comunque un loro ruolo nelle vicende e la maggior parte di essi ha sempre una crescita che li porta ad acquisire maggiore spessore emotivo. Soprattutto vanno fatti i complimenti alla forte presenza di personaggi femminili di grande spessore e carattere, in un mondo di battle shonen in cui la maggior parte dei personaggi femminili è di supporto o utilizzati per il fanservice Fujimoto invece le mette senza esitazione al centro totale delle vicende e dei combattimenti più brutali. Esempio più lampante è ovviamente Makima, figura misteriosa e centrale dell’opera, riesce ad essere spaventosa e bellissima, dominante e sensuale senza mostrare un centimetro di pelle e stando sempre in giacca e cravatta. Senza alcun dubbio uno dei migliori personaggi femminili che mi sia mai capitato di leggere.
In contrasto con queste figure abbiamo invece il nostro protagonista Denji, semplice per niente arguto, privo di istruzione e per questo facilmente manipolabile (soprattutto dal gentil sesso con cui per tutta la vita non ha mai avuto contatti). Sicuramente un protagonista atipico in confronto il classico battle shonen, ha sempre avuto una vita miserabile e proprio per questo i suoi sogni sono semplici ma allo stesso tempo più reali e concreti... non vuole essere un re, dominare o essere il migliore in qualche cosa, i suoi sogni sono “reali”: una ragazza, il sesso, del buon cibo, un letto comodo, dei videogame. Non farà mai la morale agli altri, è un ragazzino che non ha mai avuto affetto da nessuno e questo lo porta ad affezionarsi a qualsiasi persona che gli dà una “carezza” e da mangiare (come un cane). Ma gli eventi lo porteranno comunque a una crescita passando da persona egoista e apatica incapace di provare empatica ad essere una persona a cui importa di chi considera la sua famiglia, sempre però rimanendo molto onesto con se stesso.
Discorso a parte va fatto per quanto riguarda il disegno, ho letto molte critiche ma c’è un motivo se il manga sotto questo punto di vista è invece molto elogiato da critici e mangaka in Giappone. Lo stile sicuramente risulta spesso grezzo o sporco (ma adatto all'opera) soprattutto nelle vignette più piccole, ma tutto questo è largamente compensato da una composizione eccezionale delle tavole, coreografie fantastiche e da una regia ottima spesso definita “cinematografica”, il mangaka cerca di ricreare il ritmo e il lavoro di camera dei film sia nei combattimenti che nei momenti più calmi. Ma soprattutto ogni combattimento è impreziosito da un paneling estremamente creativo. Le scene, soprattutto durante le battaglie, hanno un grandissimo dinamismo e sono piene di idee e trovate, si hanno paneling in cui le vignette sono divise o le tavole incorniciate dalle braccia o budella di chi sta combattendo mortalmente, attacchi e poteri dei diavoli esterne agisco dall’esterno del contorno della vignetta (a rappresentare il loro agire da una differente dimensione), vignette che si sovrappongono, corpi tagliati vengono usati per dare profondità di campo alle scene, le stesse onomatopee vengo usate per delineare molte vignette (ad esempio c’è una scena in cui un personaggio usa un attacco di fuoco e l’onomatopea delle fiamme viene usata sia per rappresentare l’attacco ma anche per creare la divisione in vignette della tavola stessa). Questi sono solo alcuni esempi delle creatività registica del mangaka che in questo modo riesce a rendere la resa degli scontri sempre originale e anche divertente da leggere.
Un ulteriore apprezzamento va mosso al character design dei diavoli, il mangaka crea un immaginario incredibile, spaventoso e spesso capace davvero di lasciare a bocca aperta (anche chi la pensa diversamente sono convinto si ricrederà completamente arrivando a leggere il capitolo 64) i Diavoli e Majin sono spesso raccapriccianti e ricoperti da una aura di insanità, interessanti e sempre capaci a pieno di rappresentare in modo quasi mai scontato la Paura che impersonificano.
Voglio fare anche un discorso dedicato alle numerose citazioni ad altre opere presenti nel manga, Fujimoto è un gran fruitore di manga e film come spesso si può evincere dai suoi commenti su shonen jump in cui spesso e volentieri consiglia opere varie. All’interno dell’opera infatti non mancano numerosissime citazioni in grado di far felice i lettori più navigati. Come già detto il manga è fortemente ispirato a "FLCL" e "Abara" (anche per questo noterete anche notevoli somiglianze con "Dorohedoro" dato che l’autrice Q-Hayashida era assistente di NIhei proprio su "Abara") ma quella è solo la punta dell’iceberg... nel manga ci sono molte alte altre citazioni, per citarne alcune abbiamo: "Gyo" di Junji Ito, "Un Chien Andalou", "Hunter x hunter", "The Raid", "Sharknado", "Devilman", "Jinroh", "Enomoto", "l’Immortale", "Emanon", "Mawaru-Penguindrum" o anche ad opere d’arte come “la caduta di Lucifero” ... lo scontro finale del manga ad esempio è una grande citazione ad Araragi vs Kiss-shot in "Kizumonogatari". Questa grande passione del mangaka per i manga, il cinema ed opere decisamente particolari si riflette bene nel suo manga e hanno decisamente contribuito a creare questa opera.
Se si vuole trovare un difetto all’opera, oltre che l’inizio forse un po’ sottotono dei primissimi volumi (soprattutto se messi in confronto con i successivi), lo si può trovare su alcune questioni che alla fine dell’opera rimangono decisamente nebulose, cosa che potrebbe lasciare insoddisfatto qualche lettore, in modo particolare quelle legate al gun devil che sembra avere una funzione più che altro di MacGuffin all’interno della storia. Ma dato che questa è solo la prima parte della storia niente vieta all’autore di dare a queste cose un maggiore approfondimento nel futuro proseguo dell’opera.
Tutto questo ad ogni modo non va ad inficiare sul finale di questa prima parte, in quanto gli eventi al centro della storia legati a Makima, Denji e la divisione della Pubblica Sicurezza vanno a concludersi in maniera estremamente soddisfacente e per nulla scontata, proseguendo in un capitolo finale che fa più che altro da prologo alla parte 2 e che per certi versi mi ha ricordato il finale de "L’Immortale".
Concludendo non ho problemi ad usare il termine capolavoro per definire questo manga all'interno del suo genere, unico e con un ritmo narrativo estremamente serrato che non perde tempo, un'esperienza quasi cinematografica capace a pieno di sovvertire e ribaltare ogni aspettativa nella mente del lettore, ma che richiede anche una certa pazienza e una attenta lettura per poterne apprezzare a pieno tutto il suo valore, sfumature e creatività.
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L' ho letto un po' poi ho lasciato stare... Nella mia fumetteria di fiducia erano tutti entusiasti andava a ruba negli anni del lockdown... A me ha lasciato incredulo che una roba del genere abbia avuto tanto successo.
La scena del vomito poi rappresenta il peggior momento della storia di Weekly Shonen Jump 😱 come sia potuta passare una roba del genere su una rivista come Jump mi rende tutt'ora sconcertato!
Quando Chainsaw Man è passato su Shonen Jump + per me è stata una liberazione.
Chainsaw Man può essere un manga rivoluzionario, visionario, poetico tutto quello che volete ma non fa per me... Conosco bene la storia di WSJ per me Fujimoto non c'entra nulla con questa rivista.
P. S. Questa è soltanto una mia opinione già espressa in passato sul blog di Shonen Jump creato da Hangedman come quasi tutti gli utenti non sono un esperto di fumetti quindi posso sbagliare.
E' una scena iconica, il fatto che ti lascia sconcertato è proprio il punto. Ce ne fossero di più di manga con un umorismo così brillante. Su cosa debba stare o no sulle riviste lo decidono gli editori, ma per quanto mi riguarda è solo un bene che WSJ sia aperto anche a opere un po' diverse dal solito schema. Il successo ha seguito la qualità.
Grazie mille
Delle opere sopracitate, seguo solamente “Chainsaw Man”. Interessanti anche le altre due, magari in futuro...
Il mio voto a “Chainsaw Man” è 8,5. Ovviamente variabile, visto il proseguimento dell’opera.
Da rileggere con più attenzione.
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