Recensione
Kujira (1952)
9.0/10
Recensione di HakMaxSalv92
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Attenzione: la recensione contiene spoiler
Un racconto molto semplice, ma anche molto particolare, dettagliato, e soprattutto denso di una certa carica psicologica, archetipica, che affonda le sue radici nella tradizione classica, favolistica, mitica e religiosa, e porta sul grande schermo temi piuttosto maturi che necessitano di una profonda analisi, sintesi, rielaborazione e collegamenti con altri temi, al fine di meglio comprenderne l'essenza. A scanso di equivoci, tocca precisare innanzitutto che il titolo "Kujira" non va confuso con "Gojira". Infatti, la creatura ivi coprotagonista ha poco o niente a che vedere con il kaiju tanto caro alla tradizione giapponese, se non il fatto che ha ispirato altrettanti capolavori cinematografici, rendendolo immortale.
Ma che cos'è "Kujira", qual è il suo messaggio e/o significato principale, e da dove trae ispirazione per manifestarsi?
Innanzitutto, potremmo pensare, dato il tema, che una notevole influenza per la realizzazione di questo cortometraggio sia stata presa indubbiamente dalla tradizione classica greco-romana. Questo ci diventa palese grazie al fatto che ci sono i tre mercanti che si contendono la ragazza che incontrano, ma i quali alla fine fanno una brutta fine. Il tema del combattere, uccidere altri uomini e possedere una donna è molto enfatizzato nella tradizione greco-romana. Altro elemento preso da questa tradizione è il fatto che la ragazza si scopre essere una sirena. Ma prima di tutto l'influenza è sicuramente giudaico-cristiana, per la presenza dell'elemento della balena, vera protagonista e/o coprotagonista della vicenda, la quale richiama l'episodio biblico di Giona, il quale visse tre giorni e tre notti nel ventre di una balena, e che ha ispirato anche la favola di Pinocchio. Possiamo magari pensare a una sorta di contatto dell'autore Noburou Ofuji con la cultura occidentale, e quindi la possibilità di questa vicenda di essere considerata come una sorta di tributo, che le permette anche di essere considerata come un'opera di rango universale.
La grafica è molto curata. Per la realizzazione dell'ambientazioni e delle sagome dei personaggi, l'autore, un tale Noburou Ofuji, impiegò la cosiddetta tecnica chiyogami, cioè l'utilizzo di una carta semitrasparente con cui realizzò le sagome dell'ambientazione e dei personaggi, per illuminarle dal retro e conferire loro una luminosità e una trasparenza uniche e suggestive, impiegando la tecnica dello yuzen, ancora oggi famosa e diffusa in Giappone per le decorazioni delle pareti delle case. I movimenti sono molto fluidi e scorrevoli, anche se vi sono certe sequenze dove i movimenti delle sagome sono più meccanici. Elemento innovativo è l'introduzione del colore nell'apertura che ci comunica che si sta gradualmente cominciando ad utilizzare di più il technicolor per definire i dettagli e i particolari dei disegni.
La colonna sonora è un misto di sonorità tradizionali giapponesi fuse con sonorità classiche occidentali, per sottolineare il carattere universale della vicenda e segnare un punto di collegamento tra le due sfere, giapponese ed europea, che si riflettono nella vicenda.
L'opera mira ad essere una sorta di riflessione sulla natura della vita umana, e ci pone dei quesiti universali, come la necessità di riflettere sulla propria condizione e cercare di cambiare in meglio, non demoralizzandosi e soprattutto evitando di accanirsi contro chi non ha colpe, per sminuirlo e considerarlo/a come causa delle nostre sciagure, disgrazie e malasorte.
Un piccolo/grande capolavoro della narrativa universale, da vedere e rivedere.
Voto: 9
Un racconto molto semplice, ma anche molto particolare, dettagliato, e soprattutto denso di una certa carica psicologica, archetipica, che affonda le sue radici nella tradizione classica, favolistica, mitica e religiosa, e porta sul grande schermo temi piuttosto maturi che necessitano di una profonda analisi, sintesi, rielaborazione e collegamenti con altri temi, al fine di meglio comprenderne l'essenza. A scanso di equivoci, tocca precisare innanzitutto che il titolo "Kujira" non va confuso con "Gojira". Infatti, la creatura ivi coprotagonista ha poco o niente a che vedere con il kaiju tanto caro alla tradizione giapponese, se non il fatto che ha ispirato altrettanti capolavori cinematografici, rendendolo immortale.
Ma che cos'è "Kujira", qual è il suo messaggio e/o significato principale, e da dove trae ispirazione per manifestarsi?
Innanzitutto, potremmo pensare, dato il tema, che una notevole influenza per la realizzazione di questo cortometraggio sia stata presa indubbiamente dalla tradizione classica greco-romana. Questo ci diventa palese grazie al fatto che ci sono i tre mercanti che si contendono la ragazza che incontrano, ma i quali alla fine fanno una brutta fine. Il tema del combattere, uccidere altri uomini e possedere una donna è molto enfatizzato nella tradizione greco-romana. Altro elemento preso da questa tradizione è il fatto che la ragazza si scopre essere una sirena. Ma prima di tutto l'influenza è sicuramente giudaico-cristiana, per la presenza dell'elemento della balena, vera protagonista e/o coprotagonista della vicenda, la quale richiama l'episodio biblico di Giona, il quale visse tre giorni e tre notti nel ventre di una balena, e che ha ispirato anche la favola di Pinocchio. Possiamo magari pensare a una sorta di contatto dell'autore Noburou Ofuji con la cultura occidentale, e quindi la possibilità di questa vicenda di essere considerata come una sorta di tributo, che le permette anche di essere considerata come un'opera di rango universale.
La grafica è molto curata. Per la realizzazione dell'ambientazioni e delle sagome dei personaggi, l'autore, un tale Noburou Ofuji, impiegò la cosiddetta tecnica chiyogami, cioè l'utilizzo di una carta semitrasparente con cui realizzò le sagome dell'ambientazione e dei personaggi, per illuminarle dal retro e conferire loro una luminosità e una trasparenza uniche e suggestive, impiegando la tecnica dello yuzen, ancora oggi famosa e diffusa in Giappone per le decorazioni delle pareti delle case. I movimenti sono molto fluidi e scorrevoli, anche se vi sono certe sequenze dove i movimenti delle sagome sono più meccanici. Elemento innovativo è l'introduzione del colore nell'apertura che ci comunica che si sta gradualmente cominciando ad utilizzare di più il technicolor per definire i dettagli e i particolari dei disegni.
La colonna sonora è un misto di sonorità tradizionali giapponesi fuse con sonorità classiche occidentali, per sottolineare il carattere universale della vicenda e segnare un punto di collegamento tra le due sfere, giapponese ed europea, che si riflettono nella vicenda.
L'opera mira ad essere una sorta di riflessione sulla natura della vita umana, e ci pone dei quesiti universali, come la necessità di riflettere sulla propria condizione e cercare di cambiare in meglio, non demoralizzandosi e soprattutto evitando di accanirsi contro chi non ha colpe, per sminuirlo e considerarlo/a come causa delle nostre sciagure, disgrazie e malasorte.
Un piccolo/grande capolavoro della narrativa universale, da vedere e rivedere.
Voto: 9