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demone dell'oscurità

Episodi visti: 39/39 --- Voto 10
Cosa può fare la semplicità di un autore, cosa può fare la semplicità di una storia, cosa può fare la semplicità di una trama di un anime? È molto semplice, produrre un capolavoro di siffatta fattura.
Lasciando perdere i variopinti colori e i disegni che possono benissimo fare da corollario per tutto l'anime e lasciando perdere il tratto che ne distingue i chara dei personaggi, qui abbiamo a che fare con un'opera che è rimasta nel cuore di molti, per i caldi temi che ne vengono trattati.
Infatti viene trattato il difficile problema della povertà, visto nella semplice allegoria di un ranocchio, in una favola di un principe azzurro che si potrebbe dire svoltasi al contrario. Ma qui non ci sono zucche che diventano carrozze o ceneri di ragazza che diventano principesse, niente di tutto questo e scordatevi ogni tanto i castelli disneyani, abbiamo sì a che fare con un capolavoro, ma dalle virtù artistiche e narrative di qualche spanna più in alto dei titoli menzionati.

Dicevo del tema della povertà, che viene qui affrontato, nonostante sia un anime destinato a ragazzini, con linee molto marcate, pur nella loro semplicità, che ci fanno subito capire il disagio sociale, la disperazione di chi non ha nulla, il pianto di un ragazzino che certo non ha voluto su di sé fin da piccolo una sorte simile.
Addirittura si è usato il ranocchio, come simbolo non certo di bellezza, anzi di crudità allegorica, per far pesare ancor più al protagonista il suo disagio, e proprio per questo che nascono le basi di ciò che saranno le avventure del protagonista. Infatti i pregiudizi e le lotte di classe a cui dovrà per forza di cose combattere lo metteranno in grande difficoltà, ma lui ha un'arma che non tutti possiedono: il rispetto.
Nonostante la sua precaria condizione di vita, ha il talento enorme di non darsi mai per vinto, anzi di vincere innanzitutto la sua triste condizione grazie alla ricchezza infinita del suo cuore, che riesce a far breccia persino in una ranocchia ricchissima, lui però non darà mai peso a quest'aspetto, a lui interessa solo di essere accettato per ciò che interiormente è, si denota un lineamento di Naruto, non è così?

Ebbene è perfettamente tracciata ora la morale dell'autore. Ovvero il discorso riguardante alla dignità umana.
Una persona può nascere ricca o povera, bella o brutta d'aspetto, sana o con forti handicap, di pelle chiara o altri colori, ma nessuno nasce senza dignità, l'abbiamo innata nelle nostre doti, come il talento, ogni tanto tendiamo a perderla per un immediato soddisfacimento dei nostri vizi e virtù, ma messi in difficoltà è sempre il lato migliore che facciamo uscire da sempre tutti noi, perché la vita, in mezzo a tante difficoltà fa accrescere la dignità, un tesoro che non conosce ladri, una stella che non conosce cieli, ma conosce molto bene tutti noi se sappiamo usarla sempre.


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Aduskiev

Episodi visti: 39/39 --- Voto 9
Erano i primi anni 70, il 1973 per l’esattezza quando l’allora giovanissimo Yoshiyuki Tomino (futuro creatore di Gundam e altri grandi successi come Daitan 3) guidava la regia e stendeva la storia di Demetan, noto in Italia come “La banda dei ranocchi”. Demetan, il protagonista per l’appunto, è un ranocchio di bassa estrazione che vive ai margini di quello che è il suo contesto sociale: lo stagno. Un giorno il nostro ranocchio, dalla faccia un po’ tonta e col cappello da baseball sulle ventitré incontra Ranatan, una ranocchia ricca ed altolocata. Tra i due sboccia l’amore (amicizia alquanto ambigua in Italia) ma il padre di lei si oppone strenuamente alla loro unione. Sembra una favola quella di Demetan e gli ingredienti per la classica storiella della buonanotte ci sono tutti : animali antropomorfi che ballano e cantano, una certa morale spiccia e palese, una trama avventurosa. Eppure non si può ridurre quest’opera al semplice ruolo di favola. Se dal canto suo il ruolo narrativo maschera con una certa sapienza i veri intenti scenografici, d’altra parte quello che è la vera atmosfera e soprattutto il fine di Tomino, dopo poco emergono. S’è detto che è il 1973, il mondo intero gorgoglia un certo vento di ribellione e presa di coscienza. Anche Tomino, come dimostrerà anche poi in Gundam, non è certo immune a questo andazzo. Ciò che colpisce è il modo in cui l’autore nipponico riesca in modo alquanto scaltro a celare una storia di profonda denuncia sociale spacciandola per un anonimo kodomo. Era il 1973, ricordiamo ancora questa data perché i primi anni ’70 per il Giappone furono (come in molti altri paesi) determinanti per sotterrare del tutto il vecchiume della società feudale. Tomino, attraverso le movenze di Demetan, in un innocuo stagno popolato di rane e crostacei, ricrea alla perfezione la gerarchia sociale nipponica, con i caporioni vestiti di malvarosa, che ancora parlano come samurai al vertice di questa struttura. Il padre di Ranatan li impersona in modo perfetto. Passando poi per la stessa protagonista, sognatrice e ingenua, ma schiacciata dall’egemonia paterna, che viene tratta alla stregua di un oggetto di proprietà. Demetan dal canto suo è uno spirito libero ed è lontano dagli stereotipi occidentali dell’eroe romantico. È un eroe giapponese degli anni ’70, che alza la testa dal fango e dalle ceneri radioattive, guardando verso un futuro migliore. Demetan, infatti, non arreca altra pretesa se non quella di sentirsi trattato come tutti gli altri. Ciò ovviamente non avviene. L’intero stagno-società , che prima semplicemente lo ignorava, ora lo deplora con acrimonia, tacciandolo di uno degli pseudo-crimini più odiosi : quello di “non saper stare al proprio posto”.
Questo scenario del povero che si riscatta è un format piuttosto abusato, ma è la maestria di Tomino a rendere Demetan un personaggio credibile, che come contorno gode di una storia piacevole, una fiaba per bambini, ma che sa far riflettere gli adulti.
Ad oggi la storia di Demetan e dei suoi compagni di avventure puzza un po’ di vecchio, un profumo di naftalina e lavanda lo avvolge, come quei cappotti lasciati per tutta l’estate nell’armadio. Eppure queste storie, proprio come certi cappotti, aspettano solo la stagione giusta per poter tornare in auge, perché il vero messaggio del nostro ranocchio è tanto semplice quanto attuale : le classi sociali, quando si creano, generano bolle di sapone impenetrabili con le semplici parole, ma basta allungare un dito per farle scoppiare tutte. Demetan è questo dito, l’evento primevo che mette in discussione tutta la struttura sociale dello stagno, dimostrando che chiunque può dire la sua impegnandosi per un obbiettivo.
Il disegno è allineato ai primi anni 70, ben confezionato e firmato da Tatsunoko, uno studio che all’epoca andava forte e che sarà una piccola incubatrice per autori di tutto pregio e che daranno il meglio di loro negli anni 80. Luce assente, colore piatto e scurito, come si usava allora. La key animation è gradevole ma le immagini sono ancora molto statiche con lunghe prese in stile “steady” su tavole ferme.
Nel complesso una anime per bambini, che attraverso un metafora si rivolge soprattutto ai grandi e che getta le basi per quello che sarà poi l’intero modus operandi di Tomino. Un opera storica, di grande pregio, ma che ormai trova posto solo nel cuore di qualche nostalgico. Da vedere, nove.


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Hadrill

Episodi visti: 39/39 --- Voto 6
Uno dei filoni sfruttati dalle vecchie produzioni Tatsunoko, era quello delle storie sentimentali, al limite del patetico, ambientate nel mondo animale.
Qui la classica vicenda dell'amore contrastato tra due giovani appartenenti a diversi classi sociali è trasportata in uno stagno e vede, come protagoniste, due raganelle.
L'ambientazione stride in effetti un po' con i toni drammatici e lacrimevoli della storia, lasciando lo spettatore piuttosto interdetto.
Il disegno è senza dubbio accattivante, molto colorato, con l'inconfondibile tratto di Tatsuo Yoshida, la regia è accurata e in generale si tratta di un prodotto di buon livello.
Il cast dei doppiatori italiani, per altro molto bravi, è forse troppo ristretto per una serie così piena di personaggi minori e capita di riconoscere le stesse voci.
La sigla italiana cantata dalle Mele Verdi è un capolavoro.

simona

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simona

Episodi visti: 30/39 --- Voto 8
Bella questa serie! Nonostante la sua drammaticità, devo dire che conserva dei valori importanti, come quello di imparare a rispettare gli altri e non credersi mai presuntuoso e al di sopra di tutti.
Tutto ciò era quello che accadeva al piccolo ranocchio protagonista, vittima di questi comportamenti, e con tutta la sua forza riusciva a combattere i malvagi. E' uno di quegli anime che riguarderei ancora molto volentieri. La sigla della Mele Verdi è stupenda!

Zooropa

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Zooropa

Episodi visti: 39/39 --- Voto 7
Nella mia memoria associo questo anime e la storia che racconta, a quello dell'Ape Magà. Era tragico in un modo analogo ed il character design era quasi lo stesso. Troviamo una serie di personaggi che sono parimenti antropomorfi e inseriti in un contesto drammatico. Era un prodotto destinato, nei primi anni '70, ad un pubblico giovane così come è l'età dei protagonisti che lottano per sopravvivere in un piccolo mondo dominato dalle angherie dei più forti ed arroganti. Non era malaccio nel complesso dato che, all'epoca, lo seguii più o meno tutto. E' uno di quegli anime che tutt'ora può essere ritrovato sui circuiti televisivi locali.