logo AnimeClick.it


Tutte 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10


 0
megna1

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Sarà, ma io preferisco di gran lunga vedere Rintaro cimentarsi con queste commedie satireggianti a basso costo per la TV, che alle prese con i pompati kolossal cinematografici da centocinquanta e passa minuti tratti dalle opere sci-fi di Matsumoto (con tutto rispetto per l'imprescindibile Leiji).

Notevole è stata l'influenza di Isao Takahata sotto questo aspetto. Komatsubara, sakkan iperattivo all'epoca, ha supervisionato l'animazione e il chara con le 'riserve' della rinomata Oh! Productions, mentre le 'prime linee' erano ancora impegnate nel rush finale per il completamento di "Goshu il Violoncellista".

Il libro a cui è ispirato questo TV-special di 73 minuti è stato pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1905; è giunto nella nostra penisola all'alba del 2006, e diviene virale per gattofili e gattari italiani attraverso l'edizione tascabile Beat del 2010 (sempre a cura di Antonietta Pastore). "I'm a Cat" è un gioco di parole che deriva dall'originale "Wagahai wa Neko de Aru". "I" è un bizzarro gatto tuttologo che viene adottato da un eccentrico e squattrinato professore d'inglese, e, come vuole una leggenda del Sol Levante, dopo un po' di tempo riesce ad ascoltare e a capire i discorsi degli umani, diventando una specie di sedicente filosofo, lusinghiero o machiavellico a seconda delle situazioni. Il suo passatempo preferito è quello di appollaiarsi sulla credenza del soggiorno per osservare gli ospiti e contare tutti i difetti del padrone, non perdendo l'occasione di proferire critiche per la sua presunta dispepsia e di apostrofarlo con paroline non troppo gentili. I buffi felini presenti nel film camminano su due zampe e parlano fra di loro, ognuno con la sua personalità e con leggi e usanze da rispettare, un minimondo a parte, tale e quale a quello del fortunato lungometraggio con la pestifera Jarinko, uscito appena un anno prima. E non è una coincidenza fortuita dato che il neko-designer è la medesima persona. Insomma, leggetevi il libro e poi gustatevi l'anime, o se più vi aggrada fate l'esatto contrario, oppure puntate direttamente sul cartaceo se odiate i cartoni animati, tuttavia se disprezzate questi ultimi non credo che ora sareste qui a leggere la mia recensione.

Dirò solamente che la magistrale regia, i raffinati disegni, i poetici fondali del compianto Takamura Mukuo e del suo fido braccio destro Tadao Kubota valgono da soli la visione. La frizzante e movimentata Tokyo sotto la coltre di neve dell'era Meiji viene immortalata meglio di una diapositiva o di una fotografia d'epoca. Lo sferragliare dei tram, il canto dei fringuelli, il rumore silenzioso dei petali di ciliegio che cadono copiosi, lo splendore della rugiada, le fugaci nubi passeggere, il fruscio dei rami di paulonia mossi dalla brezza autunnale si fondono alla perfezione con le solenni arie di Vivaldi, che nella sigla finale lasciano il posto a una interpretazione strappacuore di Hiroki Ueno, con le fotografie della colonia di mici che gravitava nelle strade e nei cortili contigui al quartiere del noto studio di Nerima. Alcuni tragici eventi e la triste conclusione vengono però risparmiati ai giovanissimi telespettatori, mantenendo un tono sobrio e al tempo stesso scanzonato, quantunque non manchino i risvolti sentimentali e i momenti che suscitano commozione tipici dei terebi-drama nipponici. Lo spirito e la dialettica dell'opera di Soseki è rimasto comunque inalterato (non era ancora entrata in vigore la dissennata smania di modernizzare ogni cosa). Nonostante il budget risicato si cercava, ove possibile, di inserire tratteggi per dare vitalità ai personaggi, ombreggiature e chiaroscuri per conferire profondità all'azione e ricreare l'illusione delle tre dimensioni agli oggetti inanimati sugli sfondi, senza dover ricorrere all'uso smodato della multiplane camera (nozioni di base divulgate da qualsiasi manuale per aspiranti cartoonist, oggi soppiantate dalle nuove artefatte animazioni digitali e - dico sul serio - mi viene una sincope al pensiero di un rifacimento in flash ambientato ai giorni nostri).

È davvero un peccato che queste perle d'essai, capaci di regalare emozioni come e quanto i loro cugini per il grande schermo, non siano reperibili in alcun modo, se non in rare e costosissime vhs d'importazione, oltretutto usurate dal tempo e dalle cover quasi del tutto sbiadite. Infatti, con l'avvento del redditizio settore degli OAV, questi appuntamenti tradizionali (e transizionali) proposti con regolare cadenza dalle emittenti giapponesi furono bruscamente sospesi, salvo qualche sparuta eccezione in occasione di anniversari o memorial.

Nel 1983 è stato prodotto uno pseudo-sequel apocrifo dal nome molto simile, per cavalcare l'onda di share, ma il protagonista è un cane, e in tutti i casi non vi è alcun nesso tra i due titoli, a parte gli schizzi preparatori e la stesura della sceneggiatura che sono sempre opera della coppia formata da Etsumi Haruki e Kiyohide Ohara.