Suzume
Mamma mia.
Da che parte si può cominciare nel descrivere Suzume no Tojimari?
Quale prospettiva concettuale utilizzare?
Makoto Shinkai chi?
E Miyazaki dove?
Respiro.
Suzume è divisivo come tutte le opere di Shinkai, del quale non sono un fan, ma che dello stesso non posso che apprezzare la magnificenza (si, ho scritto bene) dell'involucro nel quale ci da in pasto il suo ultimo lavoro.
Siamo in un epoca dove l'apparire è più importante dell' essere, dove tira più il "bello" del "vero", dove bisogna emulare il canone imposto dalla corrente mainstream nella sua accezione più grandangolare del termine.
Vi piace più una città piena di luci che illumina le iridi ad ogni sguardo? O il paesino dormitorio di periferia? Ecco....
Fatte queste dovute precisazioni e vagamente posizionato Suzume al suo posto nel firmamento, posso affermare che Shinkai ha sfornato un piccolo capolavoro (ho scritto di nuovo bene) e ha reso fruibile il suo lavoro.
Mi spiego meglio...
I 121 minuti trascorsi insieme a Suzume,Sota, Daijin e compagnia, vogliono darci l'impressione di essere profondi, usando si delle importanti leve emozionali ma che scorrono intenzionalmente veloci e non affondano gli artigli nel inconscio dello spettatore più critico e dal background più profondo e consapevole.
Il fine ultimo era centrare il bersaglio, rendersi ulteriormente visibili, cavalcare l' onda della notorietà post pandemica dei prodotti dell'editoria e dell'animazione del Sol Levante.
Si doveva decidere se rendere l opera ottima per la critica e per lo zoccolo duro oppure ottima per una vastità di pubblico che prima non c'era.
Optando di fatto per quest ultima.
Entrando invece nell'altra "macroarea", squisitamente analizzando il lato tecnico, non si può non affermare che laddove mancano i contenuti, invece la potenza visiva ed estetica del film è sbalorditiva, lascia incollati allo schermo dall inizio alla fine, i fondali, le luci, la fotografia, la colonna sonora, come sempre sono gestiti magistralmente, siamo davvero, secondo me, di fronte ad una sconcertante eccellenza.
Tanto di cappello.
In Suzume no Tojimari di carne al fuoco ce ne sarebbe tanta, tantissima.
Addirittura si potrebbe pensare ad un prequel o ad uno spin-off per completare l opera e dare un taglio veramente di spessore e autoriale a tutti i punti volutamente non trattati o gestiti in modo a dir poco superficiale, a favor di biglietti staccati al box office.
Shinkai dovrebbe provarci, ci riuscirebbe di certo e probabilmente diventerei un suo irriducibile fan.
Al netto dei punti deboli, dei punti di forza e dei voluti compromessi concettuali intrinsechi, il film è comunque sicuramente consigliato e promosso...!
Da che parte si può cominciare nel descrivere Suzume no Tojimari?
Quale prospettiva concettuale utilizzare?
Makoto Shinkai chi?
E Miyazaki dove?
Respiro.
Suzume è divisivo come tutte le opere di Shinkai, del quale non sono un fan, ma che dello stesso non posso che apprezzare la magnificenza (si, ho scritto bene) dell'involucro nel quale ci da in pasto il suo ultimo lavoro.
Siamo in un epoca dove l'apparire è più importante dell' essere, dove tira più il "bello" del "vero", dove bisogna emulare il canone imposto dalla corrente mainstream nella sua accezione più grandangolare del termine.
Vi piace più una città piena di luci che illumina le iridi ad ogni sguardo? O il paesino dormitorio di periferia? Ecco....
Fatte queste dovute precisazioni e vagamente posizionato Suzume al suo posto nel firmamento, posso affermare che Shinkai ha sfornato un piccolo capolavoro (ho scritto di nuovo bene) e ha reso fruibile il suo lavoro.
Mi spiego meglio...
I 121 minuti trascorsi insieme a Suzume,Sota, Daijin e compagnia, vogliono darci l'impressione di essere profondi, usando si delle importanti leve emozionali ma che scorrono intenzionalmente veloci e non affondano gli artigli nel inconscio dello spettatore più critico e dal background più profondo e consapevole.
Il fine ultimo era centrare il bersaglio, rendersi ulteriormente visibili, cavalcare l' onda della notorietà post pandemica dei prodotti dell'editoria e dell'animazione del Sol Levante.
Si doveva decidere se rendere l opera ottima per la critica e per lo zoccolo duro oppure ottima per una vastità di pubblico che prima non c'era.
Optando di fatto per quest ultima.
Entrando invece nell'altra "macroarea", squisitamente analizzando il lato tecnico, non si può non affermare che laddove mancano i contenuti, invece la potenza visiva ed estetica del film è sbalorditiva, lascia incollati allo schermo dall inizio alla fine, i fondali, le luci, la fotografia, la colonna sonora, come sempre sono gestiti magistralmente, siamo davvero, secondo me, di fronte ad una sconcertante eccellenza.
Tanto di cappello.
In Suzume no Tojimari di carne al fuoco ce ne sarebbe tanta, tantissima.
Addirittura si potrebbe pensare ad un prequel o ad uno spin-off per completare l opera e dare un taglio veramente di spessore e autoriale a tutti i punti volutamente non trattati o gestiti in modo a dir poco superficiale, a favor di biglietti staccati al box office.
Shinkai dovrebbe provarci, ci riuscirebbe di certo e probabilmente diventerei un suo irriducibile fan.
Al netto dei punti deboli, dei punti di forza e dei voluti compromessi concettuali intrinsechi, il film è comunque sicuramente consigliato e promosso...!
Non è una novità che i film di Shinkai pecchino di autorialità, ma è una costante che da qualche anno a questa parte si è accentuata. L’enorme successo di Your Name ha decretato l’impiego di un canovaccio - la storia d’amore adolescenziale in contesti di cataclismi naturali, che si continua a ripetere. Suzume naviga in queste acque, spinto da logiche tristemente produttive più che creative: diamo ai fan quello che vogliono e tutto andrà bene, minimo rischio massimo risultato. Lo stesso regista inizialmente aveva pensato a un film diverso, in cui la storia d’amore doveva essere tra due ragazze. “All'inizio, volevo trasformare questa storia in un film su Suzume e un'altra ragazza in viaggio […] personalmente mi sentivo un po’ stanco di raccontare una storia d'amore in modo molto tradizionale”. Gli è stato suggerito di cambiare il sesso di una delle due.
Il risultato è un’opera che manca di incisività, che sa di già visto in tutte le sue parti. Sopravvive grazie al compartimento tecnico sempre altissimo (eccezion fatta per una CGI a volte poco convincente, soprattutto durante le scene del verme) e tante citazioni, sia al mainstream miyazakiano, sia come sempre a se stesso. Perlomeno questa volta ci vengono risparmiati cameo di personaggi provenienti da vecchi film. Sia chiaro, rispetto all’approccio all’animazione di maestri come Oshii o Kon, Shinkai ha sempre avuto un occhio di riguardo per le masse, ma sfruttare un archetipo consolidato e spremere latte dalla mammella finché ce n’è, è cosa ben diversa. È disorientante la facilità con cui si anticipano certi avvenimenti - finale in primis, perché identici a quelli di tutti gli altri film.
Suzume soffre di un approccio orientato all’azione sin dal primo minuto, in cui i protagonisti appaiono poco stratificati, piatti nei rapporti. Si incontrano ed è subito amore, entrambi disposti a sacrificarsi l’uno per l’altra. Ma un rapporto va costruito nei minuti della visione, altrimenti non è credibile o peggio, non interessa. E questo è proprio ciò che accade: potrebbero morire entrambi da un momento all’altro e non farebbe smuovere un muscolo, perché non ci viene detto abbastanza delle loro emozioni, caratteri, dei conflitti che li spingono ad agire. Dovrebbe essere un film sull’elaborazione del lutto, ma sul mondo interiore della protagonista non ci si sofferma: la storia parte in quinta, tralasciando quelle scene, anche quotidiane, anche piccole, utili a inquadrare un personaggio, a conoscerlo, a empatizzare. Suzume è una ragazza tremendamente neutra, un npc che si muove in un’area di superficialità nonostante il triste passato, da cui emerge unicamente in una scena sul finale. Il risultato è che nei momenti di catarsi è come se un interruttore si spostasse da 0 a 1, dal niente al tutto, dando vita a dialoghi sconcertanti o ancora peggio ridicoli, sortendo l’effetto opposto a quello desiderato - quello con la zia Tamaki per citarne uno.
Souta, il nostro coprotagonista, è caratterizzato persino peggio di Suzume: un ragazzo con un’antica famiglia alle spalle di cui non viene approfondito quasi nulla, neanche dopo un certo incontro annunciato come rivelatore ma che a conti fatti non aggiunge niente alla trama. Studia per diventare insegnante ma allo stesso tempo deve adempiere al ruolo di “chiudiporte” dettato dalla sua famiglia, generando un vago conflitto interiore che non viene mai esplorato sul serio, perché la superficialità prevale tanto quanto la necessità di passare all’azione, che oltretutto è reiterata per 3-4 volte durante il film - con l’apparizione del verme e la chiusura dei portali.
Infine, Suzume è manchevole persino nelle intenzioni allegoriche. Vi è un riferimento diretto ai cataclismi, anche recenti, che hanno coinvolto il Giappone, ma non è mai reso palese cosa possa aver significato per i giapponesi, come l’abbiano vissuto, cosa abbiano perso, mettendo in scena un teatro di vaghezza che poco c’entra con il tema in questione. Suggerisco film come Himizu per catapultarsi nel vero Giappone che ha dovuto fare i conti con un disastro naturale di quella portata per capire quanto Suzume cerchi di mostrare un Paese edulcorato e tutto d’un pezzo anche nella tragedia, che è infatti presente ma messa in secondo piano: nessuno si preoccupa veramente dei terremoti, che oltretutto avvengono in grandi quantità e in pochissimi giorni, perché l’attenzione è catalizzata sui protagonisti.
Resta godibile per le musiche e le animazioni superiori alla media, ma la sensazione è quella di un grande guscio vuoto, un film di maniera, di colori sgargianti e dialoghi strappalacrime, il cui scopo è ancorare il pubblico mainstream a storie che profumano di grande evento, ma che tolti i condimenti sono sempre la solita minestra.
Il risultato è un’opera che manca di incisività, che sa di già visto in tutte le sue parti. Sopravvive grazie al compartimento tecnico sempre altissimo (eccezion fatta per una CGI a volte poco convincente, soprattutto durante le scene del verme) e tante citazioni, sia al mainstream miyazakiano, sia come sempre a se stesso. Perlomeno questa volta ci vengono risparmiati cameo di personaggi provenienti da vecchi film. Sia chiaro, rispetto all’approccio all’animazione di maestri come Oshii o Kon, Shinkai ha sempre avuto un occhio di riguardo per le masse, ma sfruttare un archetipo consolidato e spremere latte dalla mammella finché ce n’è, è cosa ben diversa. È disorientante la facilità con cui si anticipano certi avvenimenti - finale in primis, perché identici a quelli di tutti gli altri film.
Suzume soffre di un approccio orientato all’azione sin dal primo minuto, in cui i protagonisti appaiono poco stratificati, piatti nei rapporti. Si incontrano ed è subito amore, entrambi disposti a sacrificarsi l’uno per l’altra. Ma un rapporto va costruito nei minuti della visione, altrimenti non è credibile o peggio, non interessa. E questo è proprio ciò che accade: potrebbero morire entrambi da un momento all’altro e non farebbe smuovere un muscolo, perché non ci viene detto abbastanza delle loro emozioni, caratteri, dei conflitti che li spingono ad agire. Dovrebbe essere un film sull’elaborazione del lutto, ma sul mondo interiore della protagonista non ci si sofferma: la storia parte in quinta, tralasciando quelle scene, anche quotidiane, anche piccole, utili a inquadrare un personaggio, a conoscerlo, a empatizzare. Suzume è una ragazza tremendamente neutra, un npc che si muove in un’area di superficialità nonostante il triste passato, da cui emerge unicamente in una scena sul finale. Il risultato è che nei momenti di catarsi è come se un interruttore si spostasse da 0 a 1, dal niente al tutto, dando vita a dialoghi sconcertanti o ancora peggio ridicoli, sortendo l’effetto opposto a quello desiderato - quello con la zia Tamaki per citarne uno.
Souta, il nostro coprotagonista, è caratterizzato persino peggio di Suzume: un ragazzo con un’antica famiglia alle spalle di cui non viene approfondito quasi nulla, neanche dopo un certo incontro annunciato come rivelatore ma che a conti fatti non aggiunge niente alla trama. Studia per diventare insegnante ma allo stesso tempo deve adempiere al ruolo di “chiudiporte” dettato dalla sua famiglia, generando un vago conflitto interiore che non viene mai esplorato sul serio, perché la superficialità prevale tanto quanto la necessità di passare all’azione, che oltretutto è reiterata per 3-4 volte durante il film - con l’apparizione del verme e la chiusura dei portali.
Infine, Suzume è manchevole persino nelle intenzioni allegoriche. Vi è un riferimento diretto ai cataclismi, anche recenti, che hanno coinvolto il Giappone, ma non è mai reso palese cosa possa aver significato per i giapponesi, come l’abbiano vissuto, cosa abbiano perso, mettendo in scena un teatro di vaghezza che poco c’entra con il tema in questione. Suggerisco film come Himizu per catapultarsi nel vero Giappone che ha dovuto fare i conti con un disastro naturale di quella portata per capire quanto Suzume cerchi di mostrare un Paese edulcorato e tutto d’un pezzo anche nella tragedia, che è infatti presente ma messa in secondo piano: nessuno si preoccupa veramente dei terremoti, che oltretutto avvengono in grandi quantità e in pochissimi giorni, perché l’attenzione è catalizzata sui protagonisti.
Resta godibile per le musiche e le animazioni superiori alla media, ma la sensazione è quella di un grande guscio vuoto, un film di maniera, di colori sgargianti e dialoghi strappalacrime, il cui scopo è ancorare il pubblico mainstream a storie che profumano di grande evento, ma che tolti i condimenti sono sempre la solita minestra.
Mi è piaciuto, bel film ma lo reputo inferiore a Your Name e Weathering With You. Proprio con quest'ultimo film mi preme fare il paragone perché è inevitabile. Sotto molti aspetti, Suzume è l'opposto di Weathering With You.
Weathering With You insegna ad accettare i disastri naturali (gli alluvioni) perché fanno parte dell'ordine naturale e cercare di controllarli, per quanto buone siano le intenzioni, farebbe solo male. Weathering With You parla anche di un ragazzo che sfida il destino, il dovere e la società, scegliendo invece l'amore. La storia ha un forte messaggio individualista, piuttosto raro in una società come quella giapponese che è invece collettivista e predilige il sacrificio per il bene della comunità. Forse è per questo che non ha incassato tanto quanto gli altri due film in patria..
Suzume è incentrato invece sulla lotta ai disastri naturali (i terremoti) ed è onnipresente la tematica dell'accettare il proprio posto nel mondo, prendersi le proprie responsabilità e dare il proprio contributo alla società, situazione comune a molti dei personaggi: Suzume non vuole lasciarsi da parte i traumi infantili e diventare adulta, Souta non vuole vivere come una persona normale, Daijin non vuole più essere una colonna portante, Tamaki non lo ammette ma non vuole più tenere Suzume con sé etc.
Il film può essere analizzato meglio se lo si guarda attraverso gli occhi di colui che è la forza scatenante della trama ovvero Daijin. Penso che lui e Sadaijin non siano solo pietre portanti o semidei, ma siano anche guide spirituali per chi chiude le porte. Sono lì per mettere alla prova la loro forza fisica, emotiva, spirituale e psicologica per il lavoro che stanno facendo. che mette a rischio non solo la loro vita ma quella di milioni di altri.
Ho visto le azioni e i comportamenti di Daijin come un tentativo di rappresentare il primo viaggio di coloro che chiudono le porte. Viaggiano, vedono luoghi, incontrano persone, fanno amicizia, bevono al bar, non prendono la cosa sul serio e rimangono legati alla loro natura infantile senza pensare alle implicazioni di questo comportamento. Daijin costringe a un viaggio difficile Suzume e Souta; Suzume per imparare la sua indipendenza da adulta e la sua libertà di fare le proprie scelte separate dalla sua città e dalla zia, Souta per affrontare la sua vera mortalità e i suoi limiti, ma anche per imparare a connettersi con le persone emotivamente e a fare affidamento sulle persone veramente piuttosto che solo a livello superficiale o il minimo indispensabile.
Il rifiuto di Daijin da parte di Suzume e il suo maltrattamento rappresentano la sua difficoltà nel bilanciare l'adulta che sta diventando e la bambina interiore. Sadaijin non è per me l'antitesi di Daijin ma una parte naturale di esso, che lavora per tirare fuori tutte le parole, i pensieri e le emozioni mai pronunciate in modo che Suzume e Tamaki potessero affrontarsi e guarire ma andando avanti insieme. Laddove Daijin è l'inizio di un viaggio per Suzume, Sadaijin è una fase di transizione, una barca, un traghetto o un ponte, che la aiuta a passare da una fase della sua vita a quella successiva. Dall'infanzia all'età adulta. La transizione è difficile, devi affrontare cose dure che sai nel tuo cuore che non hai mai voluto affrontare o parlarne ad alta voce, ma a volte non riesci a trovare una soluzione a questi problemi finché non ammetti che esistono. Per chiudere una porta devi prima riconoscere che non solo è aperta, ma che esiste anche.
Con Souta, la tematica principale è la sua paura di entrare nel mondo reale (che poi, di nuovo, è il mondo degli adulti, del lavoro, delle tasse e dei problemi). Abbiamo visto chiaramente come stava evitando il suo futuro, saltando l'esame per diventare insegnante (non c'era modo per lui di tornare indietro in tempo per quello in ogni caso). Inoltre non aveva nemmeno studiato per esso, si stava auto-sabotando. Per paura, ansia, vergogna.. non lo sappiamo, ma è stato abbastanza facile capire che stava usando il suo viaggio e la responsabilità di chiudere le porte per evitare di affrontare ciò che sarebbe successo dopo. Il diventare adulto. Daijin ha portato via il suo senso di sé, il suo senso di identità come persona, lo ha trasformato in nient'altro che un altro pezzo di arredamento in una stanza dimenticato e scartato. Poi, come secondo colpo, ha iniziato a costringerlo ad affrontare la sua vera mortalità. Questo viaggio non è più solo qualcosa che può fare per sfuggire alla vita reale, potrebbe morire facendolo. E tutti i suoi sogni precedenti, i suoi piani futuri verrebbero strappati via perché non li ha presi sul serio? Un incubo che prende vita. Ma ciò che Daijin sta facendo è costringerlo a scegliere, scegliere di connettersi, fidarsi delle persone, fare affidamento su Suzume, legarsi a lei e non rinunciare alla speranza di poter vivere per realizzare i suoi sogni. Souta aveva bisogno di riconnettersi con il suo bambino interiore, era un'isola alla deriva senza un'ancora in vista. Daijin ha dovuto svegliarlo in modo molto duro, ma quando mai le lezioni impartite dagli dei sono comode o facili da imparare e digerire? Devono rimanere impresse permanentemente, anche se possono lasciare un po' di cicatrici.
Suzume è questo alla fine: un inno alla cresciuta, al superamento dei traumi, ai rapporti tra le persone, nel quale Shinkai ci infila tanti rapporti umani, una lezione sul riscoprire la capacità di incontrarsi e stringere amicizia dopo la pandemia e anche un po' di promozione del turismo locale. Suzume è un bel film con dei bei personaggi, delle belle animazioni e una bella storia (anche d'amore).
Weathering With You insegna ad accettare i disastri naturali (gli alluvioni) perché fanno parte dell'ordine naturale e cercare di controllarli, per quanto buone siano le intenzioni, farebbe solo male. Weathering With You parla anche di un ragazzo che sfida il destino, il dovere e la società, scegliendo invece l'amore. La storia ha un forte messaggio individualista, piuttosto raro in una società come quella giapponese che è invece collettivista e predilige il sacrificio per il bene della comunità. Forse è per questo che non ha incassato tanto quanto gli altri due film in patria..
Suzume è incentrato invece sulla lotta ai disastri naturali (i terremoti) ed è onnipresente la tematica dell'accettare il proprio posto nel mondo, prendersi le proprie responsabilità e dare il proprio contributo alla società, situazione comune a molti dei personaggi: Suzume non vuole lasciarsi da parte i traumi infantili e diventare adulta, Souta non vuole vivere come una persona normale, Daijin non vuole più essere una colonna portante, Tamaki non lo ammette ma non vuole più tenere Suzume con sé etc.
Il film può essere analizzato meglio se lo si guarda attraverso gli occhi di colui che è la forza scatenante della trama ovvero Daijin. Penso che lui e Sadaijin non siano solo pietre portanti o semidei, ma siano anche guide spirituali per chi chiude le porte. Sono lì per mettere alla prova la loro forza fisica, emotiva, spirituale e psicologica per il lavoro che stanno facendo. che mette a rischio non solo la loro vita ma quella di milioni di altri.
Ho visto le azioni e i comportamenti di Daijin come un tentativo di rappresentare il primo viaggio di coloro che chiudono le porte. Viaggiano, vedono luoghi, incontrano persone, fanno amicizia, bevono al bar, non prendono la cosa sul serio e rimangono legati alla loro natura infantile senza pensare alle implicazioni di questo comportamento. Daijin costringe a un viaggio difficile Suzume e Souta; Suzume per imparare la sua indipendenza da adulta e la sua libertà di fare le proprie scelte separate dalla sua città e dalla zia, Souta per affrontare la sua vera mortalità e i suoi limiti, ma anche per imparare a connettersi con le persone emotivamente e a fare affidamento sulle persone veramente piuttosto che solo a livello superficiale o il minimo indispensabile.
Il rifiuto di Daijin da parte di Suzume e il suo maltrattamento rappresentano la sua difficoltà nel bilanciare l'adulta che sta diventando e la bambina interiore. Sadaijin non è per me l'antitesi di Daijin ma una parte naturale di esso, che lavora per tirare fuori tutte le parole, i pensieri e le emozioni mai pronunciate in modo che Suzume e Tamaki potessero affrontarsi e guarire ma andando avanti insieme. Laddove Daijin è l'inizio di un viaggio per Suzume, Sadaijin è una fase di transizione, una barca, un traghetto o un ponte, che la aiuta a passare da una fase della sua vita a quella successiva. Dall'infanzia all'età adulta. La transizione è difficile, devi affrontare cose dure che sai nel tuo cuore che non hai mai voluto affrontare o parlarne ad alta voce, ma a volte non riesci a trovare una soluzione a questi problemi finché non ammetti che esistono. Per chiudere una porta devi prima riconoscere che non solo è aperta, ma che esiste anche.
Con Souta, la tematica principale è la sua paura di entrare nel mondo reale (che poi, di nuovo, è il mondo degli adulti, del lavoro, delle tasse e dei problemi). Abbiamo visto chiaramente come stava evitando il suo futuro, saltando l'esame per diventare insegnante (non c'era modo per lui di tornare indietro in tempo per quello in ogni caso). Inoltre non aveva nemmeno studiato per esso, si stava auto-sabotando. Per paura, ansia, vergogna.. non lo sappiamo, ma è stato abbastanza facile capire che stava usando il suo viaggio e la responsabilità di chiudere le porte per evitare di affrontare ciò che sarebbe successo dopo. Il diventare adulto. Daijin ha portato via il suo senso di sé, il suo senso di identità come persona, lo ha trasformato in nient'altro che un altro pezzo di arredamento in una stanza dimenticato e scartato. Poi, come secondo colpo, ha iniziato a costringerlo ad affrontare la sua vera mortalità. Questo viaggio non è più solo qualcosa che può fare per sfuggire alla vita reale, potrebbe morire facendolo. E tutti i suoi sogni precedenti, i suoi piani futuri verrebbero strappati via perché non li ha presi sul serio? Un incubo che prende vita. Ma ciò che Daijin sta facendo è costringerlo a scegliere, scegliere di connettersi, fidarsi delle persone, fare affidamento su Suzume, legarsi a lei e non rinunciare alla speranza di poter vivere per realizzare i suoi sogni. Souta aveva bisogno di riconnettersi con il suo bambino interiore, era un'isola alla deriva senza un'ancora in vista. Daijin ha dovuto svegliarlo in modo molto duro, ma quando mai le lezioni impartite dagli dei sono comode o facili da imparare e digerire? Devono rimanere impresse permanentemente, anche se possono lasciare un po' di cicatrici.
Suzume è questo alla fine: un inno alla cresciuta, al superamento dei traumi, ai rapporti tra le persone, nel quale Shinkai ci infila tanti rapporti umani, una lezione sul riscoprire la capacità di incontrarsi e stringere amicizia dopo la pandemia e anche un po' di promozione del turismo locale. Suzume è un bel film con dei bei personaggi, delle belle animazioni e una bella storia (anche d'amore).
PRESENZA DI SPOILER (LEGGERI)
Ero molto "preoccupato" per il ritorno di Shinkai al cinema dal momento che il suo precedente lavoro mi aveva assai deluso. Ma andiamo con ordine. Già dal titolo il regista ci vuol far capire una cosa: la protagonista assoluta è Suzume, ed è su di lei che la pellicola ruota attorno a differenza dei suoi precedenti lavori sempre divisi fra due comprimari almeno sulla carta egualmente importanti. Ciò ha permesso a Shinkai di riuscire a tratteggiare in modo piuttosto approfondito il carattere e la psiche della protagonista, a differenza degli altri film dove una buona caratterizzazione dei personaggi principali rappresentava una mancanza problematica. Ho letto una recensione con cui concordo che sosteneva come l'aver messo il focus sulla protagonista e sul suo viaggio nell'elaborazione del lutto e non sulla relazione romantica con l'altro comprimario abbia paradossalmente reso la direzione romantica cui si giunge molto più credibile forte di uno sviluppo naturale e conseguente alla vicenda narrata.
Tuttavia anche gli altri personaggi, Sota compreso, sono riusciti a brillare al massimo, ciascuno in proporzione al minutaggio assegnatogli, evitando così la pericolosa deriva di un cast di personaggi utili ai soli fini del proseguimento della trama. Tutti i personaggi contribuiscono infatti a portare sullo schermo un ricco patrimonio umano fatto di una quotidionità pregna di bellezza. Anche le relazioni tra i personaggi stessi sono rappresentate in modo molto più realistico e umano, segno di una maggiore maturità narrativa di Shinkai. Oltre a ciò, a differenza di weathering with you e per molti aspetti anche di your name, la storia ha saputo rispondere a quasi tutte le domande che mi sono sorte rispetto alla plausibilità degli eventi narrati. Vero che si tratta di una storia fanasy ma, appartenendo al genere del realismo magico, gli aspetti della trama legati alla realtà tout court dovrebbero sapersi rapportare in modo convincente a essa per evitare un'eccessiva sospensione dell'incredulità da parte dello spettatore. E, come detto prima, questa volta la storia riesce a reggere meglio il confronto. La struttura road movie mantiene il ritmo della narrazione sempre su buoni livelli. Per quanto riguarda il finale ho avuto l'impressione che Shinkai abbia cercato di dare più peso al messaggio di spinta alla vita e di solidarietà reciproca rispetto all'emotività fine a se stessa. Questo rende gli ultimi minuti meno emotivamente forti rispetto ad esempio a your name, che ha la forza e il pregio di colpire lo spettatore con un turbinio di emozioni. Tuttavia a mio parere questa scelta paga di più dal momento che Suzume resta con lo spettatore, che l'ha accompagnata lungo tutto il suo viaggio, e non se ne va via una volta terminata la pellicola.
Un plauso ovviamente anche alle musiche e alle animazioni (eccezion fatta per il verme 3D sopra Tokyo), ormai cavallo di battaglia di Shinkai.
Infine i difetti che secondo me si concentrano quasi tutti nella parte finale della pellicola. Non ho apprezzato l'incontro con il nonno di Souta che ho trovato un po' fine a se stesso, come del resto lo stesso Sota avrebbe meritato di un po' più di approfondimento psicologico magari anche attraverso qualche flashback. L'ultima parte del film non riesce a dare una conclusione soddisfacente ai due gatti guardiani, e anche le ultime riflession di Suzume per quanto cariche di significato perdono di potenza a causa dell'uso poco coraggioso di frasi un po' cliche.
In conclusione consiglio vivamente la visione di Suzume perchè segna un passo in avanti davvero significativo per Shinkai che mi sembra abbia avuto il coraggio di scrivere una storia più matura e per molti aspetti più rischiosa rispetto alla sua zona di Comfort.
P.S Ho amato your name e penso che al netto dei suoi importanti difetti di caratterizzazione e sceneggiatura riesce a far davvero emozionare lo spettatore, anche più di Suzume, ma come ho detto prima la maturità di questa storia risiede proprio nel fatto di riuscire a lasciare un messaggio profondo nel cuore dello spettatore.
Ero molto "preoccupato" per il ritorno di Shinkai al cinema dal momento che il suo precedente lavoro mi aveva assai deluso. Ma andiamo con ordine. Già dal titolo il regista ci vuol far capire una cosa: la protagonista assoluta è Suzume, ed è su di lei che la pellicola ruota attorno a differenza dei suoi precedenti lavori sempre divisi fra due comprimari almeno sulla carta egualmente importanti. Ciò ha permesso a Shinkai di riuscire a tratteggiare in modo piuttosto approfondito il carattere e la psiche della protagonista, a differenza degli altri film dove una buona caratterizzazione dei personaggi principali rappresentava una mancanza problematica. Ho letto una recensione con cui concordo che sosteneva come l'aver messo il focus sulla protagonista e sul suo viaggio nell'elaborazione del lutto e non sulla relazione romantica con l'altro comprimario abbia paradossalmente reso la direzione romantica cui si giunge molto più credibile forte di uno sviluppo naturale e conseguente alla vicenda narrata.
Tuttavia anche gli altri personaggi, Sota compreso, sono riusciti a brillare al massimo, ciascuno in proporzione al minutaggio assegnatogli, evitando così la pericolosa deriva di un cast di personaggi utili ai soli fini del proseguimento della trama. Tutti i personaggi contribuiscono infatti a portare sullo schermo un ricco patrimonio umano fatto di una quotidionità pregna di bellezza. Anche le relazioni tra i personaggi stessi sono rappresentate in modo molto più realistico e umano, segno di una maggiore maturità narrativa di Shinkai. Oltre a ciò, a differenza di weathering with you e per molti aspetti anche di your name, la storia ha saputo rispondere a quasi tutte le domande che mi sono sorte rispetto alla plausibilità degli eventi narrati. Vero che si tratta di una storia fanasy ma, appartenendo al genere del realismo magico, gli aspetti della trama legati alla realtà tout court dovrebbero sapersi rapportare in modo convincente a essa per evitare un'eccessiva sospensione dell'incredulità da parte dello spettatore. E, come detto prima, questa volta la storia riesce a reggere meglio il confronto. La struttura road movie mantiene il ritmo della narrazione sempre su buoni livelli. Per quanto riguarda il finale ho avuto l'impressione che Shinkai abbia cercato di dare più peso al messaggio di spinta alla vita e di solidarietà reciproca rispetto all'emotività fine a se stessa. Questo rende gli ultimi minuti meno emotivamente forti rispetto ad esempio a your name, che ha la forza e il pregio di colpire lo spettatore con un turbinio di emozioni. Tuttavia a mio parere questa scelta paga di più dal momento che Suzume resta con lo spettatore, che l'ha accompagnata lungo tutto il suo viaggio, e non se ne va via una volta terminata la pellicola.
Un plauso ovviamente anche alle musiche e alle animazioni (eccezion fatta per il verme 3D sopra Tokyo), ormai cavallo di battaglia di Shinkai.
Infine i difetti che secondo me si concentrano quasi tutti nella parte finale della pellicola. Non ho apprezzato l'incontro con il nonno di Souta che ho trovato un po' fine a se stesso, come del resto lo stesso Sota avrebbe meritato di un po' più di approfondimento psicologico magari anche attraverso qualche flashback. L'ultima parte del film non riesce a dare una conclusione soddisfacente ai due gatti guardiani, e anche le ultime riflession di Suzume per quanto cariche di significato perdono di potenza a causa dell'uso poco coraggioso di frasi un po' cliche.
In conclusione consiglio vivamente la visione di Suzume perchè segna un passo in avanti davvero significativo per Shinkai che mi sembra abbia avuto il coraggio di scrivere una storia più matura e per molti aspetti più rischiosa rispetto alla sua zona di Comfort.
P.S Ho amato your name e penso che al netto dei suoi importanti difetti di caratterizzazione e sceneggiatura riesce a far davvero emozionare lo spettatore, anche più di Suzume, ma come ho detto prima la maturità di questa storia risiede proprio nel fatto di riuscire a lasciare un messaggio profondo nel cuore dello spettatore.
Il film più completo di Makoto Shinkai, infatti al contrario di "Viaggio verso Agartha" che mi era sembrato semplicemente uno scimmiottamento di Miyazaki qui riesce a far convivere il suo stile Urban - Fantasy con quello del regista dello Studio Ghibli. La trama ricorda a grandi linee "Il castello errante di Howl" ma con tutti i punti forti di Shinkai. Molte situazioni riportano alla memoria "Your name" oppure "Wheatering with you" ma non è mero citazionismo, è prendere il meglio del passato per rendere ancora più efficace il presente . Un road movie che mi ha divertito, incollato allo schermo nelle scene più movimentate, lasciato a bocca aperta per le trovate visive e persino commosso. Probabilmente il film che lo renderà famoso al grande pubblico e quello nel complesso più convincente ma non il mio preferito. Ciò non vuol dire che non meriti di essere visto al cinema.